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Autore: Ladyhawke83    12/11/2019    2 recensioni
[La chimera di Praga]
[La chimera di Praga]ATTENZIONE SPOILER del secondo volume “La città di sabbia”.
“Essere l’ultimo esemplare dei Kirin ancora in vita, ed in possesso del proprio corpo naturale, se si escludeva, ovviamente, la ragazza umana dai capelli blu, la resuscitatrice di chimere, colei che in un solo corpo conservava due anime, quella di Madrigal dei Kirin e quella di Karou, due vite, distanti nei mondi e nei tempi, ma legate a doppio filo a Eretz, alle Chimere e all’angelo Akiva, ecco questo giustificava quel suo soprannome il Fortunato.
Ziri, però, non si era mai sentito fortunato, solo un sopravvissuto. E guardare lei, Karou, e ricordare Madrigal, al tempo di quando lui era solo un bambino e lei una bellissima fanciulla, gli faceva ancora male.
Era un dolore sordo, il più delle volte, acuito solo dal pensiero che lei non lo avrebbe mai guardato come guardava lui, l’angelo dagli occhi d’ombra e di fuoco.”
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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“Tanto tempo fa

una ragazza viveva

in un castello di sabbia

creando mostri per mandarli in uno squarcio nel cielo.”

 

(La cittá di sabbia. Laini Taylor)

 

 

Ziri il Fortunato

 

Essere l’ultimo esemplare dei Kirin ancora in vita, ed in possesso del proprio corpo naturale, se si escludeva, ovviamente, la ragazza umana dai capelli blu, la resuscitatrice di chimere, colei che in un solo corpo conservava due anime, quella di Madrigal dei Kirin e quella di Karou, due vite, distanti nei mondi e nei tempi, ma legate a doppio filo a Eretz, alle Chimere e all’angelo Akiva, ecco questo giustificava quel suo soprannome il Fortunato.

Ziri, però, non si era mai sentito fortunato, solo un sopravvissuto. E guardare lei, Karou, e ricordare Madrigal, al tempo di quando lui era solo un bambino e lei una bellissima fanciulla, gli faceva ancora male.

Era un dolore sordo, il più delle volte, acuito solo dal pensiero che lei non lo avrebbe mai guardato come guardava lui, l’angelo dagli occhi d’ombra e di fuoco.

Ziri, il fortunato, l’ultimo della sua razza, non si sorprese più di tanto quando lo presero gli angeli, lo torturarono nella maniera più brutale possibile. 

Volevano umiliarlo, annichilirlo, farlo confessare, volevano fargli dire il nome del resuscitatore delle chimere

Ma Ziri, pensando a Karou, non aveva parlato, non aveva fiatato nemmeno quando con le lame avevano inciso la sua carne, le sue guance, per delineare un sorriso identico a quello che i ribelli lasciavano come firma sui corpi dei loro nemici con le ali, gli angeli.

Quando era stato riportato da Karou era più morto che vivo, privo di sensi, aveva quasi più sangue sugli abiti che in corpo, però il cuore batteva ancora, il cuore dell’ultimo Kirin ancora resisteva.

La ragazza dai capelli blu provò orrore e nausea a vedere quel guerriero, quel ragazzo, ridotto così.

Lo dovette risvegliare per curare le sue ferite, aveva bisogno del suo dolore perché la magia, il suo talento funzionasse, ma voleva anche sapere. 

Il Lupo Bianco voleva sapere.

Thiago il loro capo era ossessionato dalla guerra contro il nemico. Chimere contro angeli, bestie contro serafini, avrebbe sacrificato anche fino all’ultima chimera per combattere i nemici con le ali di fuoco.

E Karou? Karou era sua complice inconsapevole,  in quella guerra al massacro.

Lei non scendeva certo sul campo di battaglia, limitandosi a stare alla Kasbah limitandosi a far tornare in vita le anime dei caduti, fornendo loro un corpo nuovo, il quanto più possibile simile a quello che avevano prima, quello naturale.

Quando se ne stava lì nel laboratorio a preparare denti e incenso per i corpi, i ricordi di Madrigal, della sua precedente vita come chimera, tornavano a farle visita, senza permesso, entrando nella mente e nel cuore a tradimento.

E tra tutti quei ricordi di una vita diversa, lontana, eppure sotto l sua stessa pelle, c’era Sulphurus.

Colui che, volente o nolente, era stato il maestro di Madrigal, le aveva insegnato l’arte, e che infine, quando tutti le avevano voltato le spalle, lui l’aveva salvata, conservando la sua anima e i suoi ricordi creando per lei una nuova possibilità. 

Una vita umana diversa da tutto ciò che Madrigal aveva visto e conosciuto, è così lei era diventata Karou, ma era anche Madrigal, le sue due anime sembravano convivere in armonia in quell’unico corpo umano di ragazza.

In quel momento, con Ziri ferito e Thiago incalzante, la ragazza fu contenta di essere solamente Karou e non Madrigal. Se fosse stata ancora la Kirin, forse non avrebbe avuto la forza necessaria a salvare il soldato e congedare, almeno per il momento, il Lupo Bianco.

Quando Ziri si svegliò sentì un odore strano arrivargli alle narici, si ritrovava su un letto, e al suo fianco addormentata e sfinita c’era Karou.

Karou

Lui ebbe un’esitazione, un’emozione lo travolse, Ziri la riconobbe. Era innamorato di Madrigal da sempre, da che ne aveva memoria, e ora lei, col suo nuovo corpo umano, Karou, che era un po’ anche Madrigal, era nel letto accanto a lui.

Le guardò il viso, si soffermò sulle labbra. Respirava piano, la pelle pallida, il volto tirato e smunto dalla stanchezza e provato da quella vita dura alla Kasbah. 

Non sembrava bella, di quella bellezza immediata e folgorante, eppure lo era. 

C’era qualcosa in quella ragazza che riportava a Madrigal, forse la determinazione, forse il suo sogno, la sua gentilezza, i suoi occhi.

No, Ziri non riusciva a pensare agli occhi di Karou, senza richiamare alla mente quelli vacui e terrorizzati di Madrigal mentre veniva costretta ad appoggiare la testa sul ceppo, per essere giustiziata senza pietà.

Ziri all’epoca, diciotto anni prima, era solo un bambino, ma rammentava con vividezza quel giorno nefasto, il giorno dell’esecuzione pubblica dell’ amante dell’angelo, come la schernivano tutti ormai, Thiago in testa.

Ziri era troppo piccolo per capire, ma nella sua mente di bambino era rimasto impresso anche l’urlo straziante, lacerante, disperato dell’angelo Akiva, mentre in ginocchio e in catene era stato costretto a guardare mentre la testa di Madrigal rotolava via dal corpo, dopo che il boia aveva calato il braccio su di lei.

Le sue lunghe e flessuose, bellissime corna, eredità dei Kirin aveva cozzato sul pavimento intriso di sangue.

Madrigal e Akiva si amavano, si erano amati al di sopra di ogni cosa, di ogni differenza sociale, culturale , al di sopra di ogni guerra.

E Madrigal era morta a causa di quell’amore clandestino, incompreso.

E Karou amava Akiva. 

Sarebbe morta anche lei per inseguire lo stesso medesimo sogno dell’anima di Madrigal?

Le loro anime si erano ritrovate, però, pur in un altro mondo, in un altro tempo, quale meraviglioso miracolo poteva essere l’amore vero? 

Quei due erano destinati, e forse anche il loro sogno lo era: destinato e prezioso, luminoso e azzardato.

La pace tra le loro genti.

E chi era lui, Ziri, per intromettersi? 

Per pensare che anche il suo sentire potesse valere qualcosa per lei?

La verità era che Karou non lo avrebbe mai guardato come guardava l’angelo dagli occhi di fuoco.

Lo sguardo del giovane Kirin si posò di nuovo sulle labbra di lei, e il guerriero si lasciò sfuggire un sospiro.

Chissà se fosse vissuto abbastanza da provare quel sentimento prezioso verso qualcuno, quella doveva essere la vera fortuna, non il conservare il corpo naturale.

Lui, l’ultimo della stirpe dei Kirin, una chimera, aveva forse diritto a credere nell’amore?

Fino ad allora la sua fortuna, quella a cui doveva il suo soprannome, gli era servita solo per sopravvivere, per mantenere intatto quel prezioso corpo, ultima scintilla, ultima forma. Dopo di lui non ci sarebbero più stati Kirin, cancellati dalla storia e dalla memoria.

Karou si svegliò gridando, scuotendo Ziri dai suoi pensieri sul futuro. 

Una pioggia di scintille esplose, inosservata, alla finestra.

“Stai bene?” Chiese Ziri a Karou, mettendo una certa distanza tra sé e la ragazza.

“Sì, credo di sì” rispose lei, ma la sua bocca diceva una cosa, mentre gli occhi ne esprimevano un’altra.

Ziri non era uno sciocco.

Delusione, dolore, nostalgia, bisogno, questo diceva lo sguardo di Karou e tutti questi sentimenti, certo, non erano per lui, tranne forse la delusione. Ziri si vergognò un po’ a pensarlo, ma avrebbe voluto essere l’angelo, almeno per un momento, desiderava davvero sapere cosa si provasse ad essere bramati e amati così, a sentire di appartenersi.

“Finalmente siamo soli...” Le disse Ziri, rendendosi conto solo dopo averle dette, che quelle parole potevano essere facilmente fraintese.

Karou infatti si accigliò e scostò lo sguardo a disagio.

“No... ecco... io non intendevo dire in quel senso...” si corresse Ziri in imbarazzo, cosciente del fatto che i suoi sentimenti per lei fossero fin troppo palesi.

“Devo parlarti di Thiago... c’è qualcosa che non sai...”

Si costrinse a dire il Kirin che non voleva tradire il Lupo Bianco, ma non voleva neanche continuare a mentire a quella ragazza che aveva fatto tanto per le chimere, per lui.

“Voglio dire, perché devo raccontarti che cosa è successo. Prima che lui torni...”

Karou iniziò a sentirsi in agitazione, ma sollevata dal fatto che finalmente qualcuno di loro si fidasse di lei a tal punto da parlarle di cosa stesse accadendo veramente.

“Io desideravo, e avrei dovuto, parlare con te. Lui ci ha ordinato di non farlo, ma mi è sempre parso ingiusto...”

Karou si sentì tradita, ma avrebbe dovuto immaginare che dietro quei loro silenzi e sguardi ostili c’era lo zampino di Thiago, lui era il Lupo Bianco, loro erano i suoi più fidati combattenti, perché non avrebbero dovuto credergli?

“Ci ha ricordato, spesso, il tuo… tradimento.”

Ziri parlava con un filo di voce, le spalle curve in avanti. 

Ha ribadito più volte che tu hai venduto il nostro segreto ai serafini...”

Karou si sentì mancare, lei non aveva mai detto nulla, a nessuno, né tantomeno all’angelo Akiva.

“Non gli ho mai detto della resurrezione. Lo giuro.” Karou lo disse con troppa enfasi, ma aveva un disperato bisogno che Ziri le credesse, doveva poter contare almeno su di lui, ora che sapeva che Thiago glieli aveva messi tutti contro.

“Io ti credo” Le disse Ziri.

Lei si contorse per la nausea e per tutto il peso di quella verità che era difficile da sopportare.

Thiago l’aveva tenuta isolata, facendole credere che fosse per il suo bene, invece voleva solo controllare lei, e la sua magia, come se fosse solo una pedina della sua personale scacchiera strategica.

Ziri allungò una mano esitante e poi la ritrasse.

 “Mi dispiace”, disse angosciato, voleva confortarla abbracciarla, ma sapeva che quello sarebbe stato troppo. C’era un sottile confine tra loro due, che lui non doveva varcare, per quanto lo desiderasse, quindi si costrinse a rimanere immobile, mentre lei cercava di abbozzare un sorriso.

Ziri si sentì davvero fortunato, nonostante tutto: era vivo, aveva ancora il proprio corpo e le proprie mani funzionanti, nonostante le torture, e tutto per merito di Karou, che adesso era lì, sfinita e amareggiata, ma gli credeva. Tutto il resto avrebbe potuto anche aspettare. Mise a tacere il suo sciocco cuore di bambino innamorato e si preparò mentalmente a confidarle tutto il resto.

“C’è dell’altro...”

 

***

 

 

Note dell’autrice: 

eccomi, con la mia primissima fanfiction dedicata ai meravigliosi personaggi della saga fantasy “La chimera di Praga” di Laini Taylor, più conosciuta forse per “Il sognatore” e “la musa degli incubi”.

Questa storia si colloca verso la metà, o poco più, del secondo volume della trilogia “La città di sabbia”. Per quanto io ami i due protagonisti Akiva e Karou, Ziri mi ha preso il cuore, e credo che sia il personaggio secondario meglio riuscito di tutta la saga.

La sua vita, la sua evoluzione, la sua introspezione, il suo spirito di sacrificio fanno sì che Ziri ciba di luce pediatra quasi oscurando il bellissimo e tormentato Serafino Akiva.

Alcuni passi che ho messo vengono proprio dal testo, spero vi piaccia e credo scriverò ancora di lui in futuro.

Buona lettura!

Fatemi sapere cosa ne pensate...

Ladyhawke83

   
 
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