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Autore: Journey    13/11/2019    1 recensioni
Che cosa succederebbe se Lucifer e Chloe si fossero incontrati quand'erano ragazzi per poi perdersi di vista e ritrovarsi solo da adulti? E che cosa succederebbe se nei loro giorni di gioventù avessero avuto una figlia che hanno rincontrato solo dopo diciotto anni? In questa FF un po' AU, un po' OCC, e sicuramente What If? i nostri protagonisti si troveranno a fare i conti con questa nuova nuova situazione.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9

Lucifer entrò nella sua Penthouse con il viso grondante di sangue. Le nocche sbucciate e i vestiti strappati e malridotti quasi quanto il suo viso. Si sedette sul divano e gettò la testa all’indietro. Respirava affannosamente. Poggiò la mano sulla spalla e notò che c’era qualcosa che spuntava da una delle ferite. La estrasse non curandosi delle conseguenze. Era un pezzo di vetro. Lo gettò via e qualche istante dopo perse i sensi.
 
Chloe non vedeva Lucifer da quando aveva riaccompagnato a casa Abigail disperato. Erano passati due giorni ormai. Cominciava a preoccuparsi. Che fosse andato via senza neppure salutarle sta volta? Non c’era altro da fare che andare a casa sua. Arrivata davanti all’edificio entrò nell’ascensore e aspettò che il mezzo la scortasse direttamente all’appartamento del suo partner. Quando le porte si aprirono non fu accolta dalla solita luce soffusa proveniente dal bar, l’intero appartamento era avvolto nell’oscurità. Si addentrò al suo interno e cercò, tastando il muro con la mano, un interruttore. Quando lo trovò e riuscì finalmente ad illuminare quel posto, vide Lucifer ferito sul divano e corse in suo soccorso. Si tolse in fretta il giubbotto e lo gettò da qualche parte. Immediatamente gli mise due dita sul collo per sentirgli il polso. Fortunatamente c’era. Cercò di chiamarlo per fargli riprendere conoscenza. Lui aprì gli occhi per un istante.
“Non preoccuparti, chiamo subito un’ambulanza”
“Non farlo” fu l’unica cosa che riuscì a dire, prima di perdere di nuovo i sensi.
Chloe entrò in bagno alla ricerca di un kit di primo soccorso. Ma non trovò nulla. Prese allora degli asciugamani e una bottiglia di alcol dallo scaffale del bar e tornò da lui. Avrebbe sofferto come un cane nell’istante in cui gliel’avrebbe versato sulle ferite, ma le avrebbe disinfettate e probabilmente gli avrebbe fatto riprendere conoscenza. Bagnò l’asciugamano e cercò di tamponare il più delicatamente possibile il suo volto. Come previsto Lucifer riprese conoscenza e la guardò con occhi spaventati.
“Che ci fai qui, detective?”
“Ero preoccupata per te. E a quanto pare avevo ragione”
“Non sei al sicuro qui. Non sei al sicuro con me, devi andare” disse piano lui.
Ma Chloe non aveva alcuna intenzione di muoversi di lì. Lo guardò stringere i denti mentre il liquido penetrava e puliva le ferite. Lo aiutò a togliere la giacca e, lentamente, gli sbottonò e aprì la camicia, rivelando numerose lacerazioni superficiali e una nettamente più profonda sulla spalla.
“Oh Lucifer” disse guardando il modo in cui era ridotto.
Lui non disse nulla. Rimase in silenzio prima di lasciarsi andare ad un grido rotto nel momento in cui la detective gli disinfettò la ferita più preoccupante. Prontamente la donna gli passò un asciugamano costringendolo a morderlo mentre cercava di medicarlo. Quando terminò si accorse che era sfinito.
“Sei sicuro di non voler andare in ospedale? La ferita alla spalla sembra molto profonda”
“No, detective. Ho solo bisogno di restare qui. Accompagnami al letto. Non ce la faccio da solo” disse mettendosi in piedi a fatica.
Chloe immediatamente si spostò al suo fianco e cercò di sorreggerlo. Lo accompagnò a letto e si sedette sul bordo aspettando che si addormentasse. Non ci volle molto perché accadesse. Non se la sentiva di lasciarlo da solo, non in quelle condizioni. Non poteva rischiare che qualche complicazione facesse peggiorare la sua situazione durante la notte. Decise, perciò, che sarebbe rimasta lì a vegliare su di lui. Prese il telefono e chiamò Dan.
“Dan, sono io, devo chiederti un favore”
“Dimmi” rispose lui dall’altro lato del telefono.
“Ho bisogno di prendermi la giornata libera domani. Per favore, pensa tu ai miei casi”
“Certo, sarà fatto. Chloe, tutto bene?”
“No, ma ti racconterò tutto domani”
“Fa’ attenzione!” si premurò Dan.
“Come sempre” rispose lei.
Poi compose il numero di Abigail e le chiese di badare a Trixie perché avrebbe passato la notte fuori. Non se la sentì di farla preoccupare raccontandole cosa fosse successo a Lucifer, perciò rimase vaga su cosa avrebbe fatto. Dopodiché si accomodò sulla poltrona difronte al suo letto e cercò di rimanere sveglia per monitorarlo. Ma purtroppo, complice la stanchezza, ad un certo punto si addormentò, solo per risvegliarsi a causa delle urla dell’uomo. Quando aprì gli occhi lo vide contorcersi per il dolore alla spalla. Corse da lui.
“Ehi, ehi, Lucifer sono qui, guardami” gli disse.
I suoi occhi, poteva giurarlo, erano rossi, rosso fuoco. E non arrossati, il colore delle sue iridi era rosso. In quel momento non importava, lui stava soffrendo e lei doveva fare qualcosa per fermare quel dolore.
“Che ti succede? Come posso aiutarti? Ti prego lascia che ti porti in ospedale, mi stai spaventando” esclamò lei.
“Detective, aiutami!” esclamò nel dolore lui prendendole la mano e stringendogliela.
Le stava facendo male, ma non le importava. Se quello fosse bastato a ridurre il suo dolore, avrebbe lasciato che gliela stritolasse.
Il viso di Lucifer era ancora gonfio e tutt’intorno al suo occhio destro, la pelle cominciava a diventare violacea. Istintivamente si fece più vicina a lui e con la mano libera gli accarezzò il volto.
“Come posso aiutarti?” gli chiese di nuovo, più dolcemente questa volta.
“Non lo so, ma non portarmi in ospedale” insistette lui.
Lei lo guardò dritto negli occhi che avevano ripreso il loro normale colore e si domandò se non se lo fosse immaginato quel rosso per via della stanchezza. Non sapeva come poter fermare il suo dolore, ma sapeva come poterlo distrarre. Mentre lui cercava di resistere a quella estenuante sofferenza, la detective posò gentilmente le sue labbra su quelle dell’uomo cogliendolo di sorpresa. Erano quasi vent’anni che non succedeva e si meravigliò di quanto piacevole e giusto le sembrasse quel contatto. Come se le loro labbra fossero sempre appartenute l’una all’altro. Si ripeté che lo stava facendo solo per distrarre il suo collega e che, in fondo, quel bacio non significava nulla. Questo mentre Lucifer schiuse le sue labbra per lasciare che la detective approfondisse quel contatto. Cosa che lei fece senza pensarci un secondo. La mano di lui lasciò quella di lei che fino a poco prima stava stritolando e si spostò dietro la sua schiena, per tenerla più vicino a sé. Quella di lei raggiunse l’altra sul viso dell’uomo, toccandolo con delicatezza per non arrecargli ulteriore dolore. Quando il bacio terminò, entrambi aprirono gli occhi lentamente.
“Scusami, era l’unica cosa che mi veniva in mente per distrarti dal dolore” si giustificò la detective mentre, tra sé e sé si chiedeva se fosse davvero quella la ragione.
“Chiaramente ha funzionato, perciò grazie detective” rispose lui cercando di abbozzare un sorriso.
“Ok, ora cerca di riposare” gli disse lei.
La mano di Lucifer ancora sulla sua schiena. Le sue ancora sul volto suo tumefatto.
“Lo so che è strano, ma puoi restare qui con me?” domandò lui col viso segnato dal dolore.
“Sì, certo, sarò sulla sedia lì difronte tutto il tempo”
“No, detective. Puoi restare qui accanto a me?” precisò lui.
Chloe guardò la parte di letto vuoto alla sua sinistra e poi tornò a guardare Lucifer. Annuì e finalmente tolse le mani dal suo viso. Si mise seduta accanto a lui, la schiena appoggiata alla testata del letto. Si liberò dell’elastico che le raccoglieva i capelli in una coda e se lo mise al polso. Nel frattempo, Lucifer aveva appoggiato la testa sulle sue cosce. Lei prese ad accarezzargli dolcemente i capelli e lui cullato da quel gesto continuo, si addormentò. Chloe lo guardò per un po’ prima di ritrovarsi a fissare il soffitto chiedendosi cosa diavolo stesse facendo.
La notte passò in fretta, e quando le prime luci del giorno si fecero strada nel cielo, illuminando la stanza, la detective si svegliò. Lucifer era ancora addormentato su di lei. Stringeva la sua maglia tra le dita. Cercò di alzarsi senza svegliarlo, ma non ci riuscì.
“Dove vai?” gli chiese lui mormorando e tirandola a sé.
“Torno a casa”
“No, ti prego, resta” la implorò.
“Lucifer io, io non credo sia il caso” disse lei sottraendosi alla sua presa e alzandosi.
A quel punto l’uomo si mise seduto e la guardò per un attimo. Era ancora confuso e dolorante, ma gli si poteva comunque leggere la delusione negli occhi.
“Non guardarmi così” disse lei.
“Così come?” domandò lui.
“Come se ti stessi pugnalando alle spalle” rispose lei.
“Allora non andartene e resta qui con me” propose lui.
“Non posso, Lucifer” protestò lei.
“Va bene, lascia un uomo moribondo e dolorante tutto solo. Quando rinverranno il mio cadavere, ti autorizzo a sentirti in colpa” disse lui poggiando la testa sul cuscino e chiudendo gli occhi. Solo per poi riaprirne uno per controllare cosa stesse facendo la detective.
Chloe rise e lo guardò per un attimo. Lui le fece segno con la mano di raggiungerlo e nonostante fosse convinta di stare facendo un’idiozia, si andò a sdraiare di nuovo accanto a lui che prontamente aprì gli occhi guardandola con un ghigno impertinente e la tirò più vicina a sé.
“Non andrai da nessuna parte stamattina detective, mi dispiace” esclamò tenendola stretta tra le sue braccia.
“Vedo che la spalla va meglio”
“Quel bacio di ieri sera ha chiaramente velocizzato la mia guarigione, magari dandomene un altro potresti guarirmi del tutto”
“Furbo, ma non succederà mai”
“Oh, detective, succederà, eccome se succederà. Lo so io e lo sai tu” affermò lui prima di chiudere di nuovo gli occhi.
 
Chloe provò ad alzarsi dal letto un’altra volta durante la mattinata. E Lucifer prontamente l’attirò più vicino a sé per non permetterglielo.
“Lucifer non sto andando via, devo fare pipì” si giustificò lei.
Lui a quel punto la liberò dalla sua presa e girò la testa dall’altro lato.
“Hai due minuti, dopodiché ti verrò a prendere di peso”
“Sì, come no. Con quella spalla, ma fammi il piacere e rimettiti a dormire” scherzò lei alzandosi e avviandosi verso il bagno.
“Hai già sprecato sei secondi” la punzecchiò lui.
“E ne sprecherò altri sei per mandarti a quel paese” continuò lei.
Dopo aver fatto pipì, Chloe si lavò le mani, tolse l’elastico dal polso e lo appoggiò sul lavandino e si sciacquò la faccia. Si guardò nello specchio per un attimo, dopodiché uscì. Ma, non appena fu fuori si ricordò di aver lasciato l’elastico sul lavabo e tornò indietro, solo per sbattere il piede sul marmo del gradino davanti alla porta e lasciarsi scappare un gridolino di dolore seguito da un’imprecazione. Poi spostò la porta, riprese l’elastico e quando si voltò Lucifer era davanti a lei che la guardava spaventato.
“Che è successo?” le chiese.
“Come?” domandò lei confusa.
“Ti sei fatta male?” domandò ancora.
“Ah, non è nulla. Ho sbattuto il piede sul gradino, ma non è niente Lucifer” lo rassicurò guardandolo un po’ divertita.
Ma a lui non sembrava altrettanto divertente. La superò entrando in bagno, si guardò attorno. Nel frattempo, lei gli dava le spalle e si legava i capelli in una coda.
Le si piazzò davanti con l’espressione ancora preoccupata. Lei gli poggiò una mano sul viso e glielo accarezzò dolcemente.
“Lucifer sto bene. È una sciocchezza, davvero” lo rassicurò.
“Detective voi umani credete che tutto sia una sciocchezza, ma questo potrebbe essere un avvertimento. Potrebbe essere lui”
“Lui chi, Lucifer? Non c’è nessuno qui, siamo solo io e te”
“È inutile che io cerchi di spiegartelo, non mi crederesti”
“Ieri sera, quando sono arrivata, mi hai chiesto di andare via. Mi hai detto che non ero al sicuro con te. Stamattina non volevi che andassi via. E ora, solo perché ho sbattuto il piede sul marmo per una casualità qualunque stai andando fuori di testa. Che ti succede? Di chi hai paura?”
“Di chi ho paura? Di nessuno. Per chi ho paura? Per te e per Abigail”
“Ma perché? Stiamo bene entrambe. E sì, il mio lavoro è pericoloso e può portare a farmi dei nemici, ma non è questo il caso”
“Non è il tuo lavoro il motivo per cui voglio tenervi al sicuro. Il problema sono io, sono io quello che ha un nemico e che vi sta mettendo in pericolo”
“Chi, Lucifer? Dimmelo, io posso aiutarti. È lo stesso che ti ha conciato così?” domandò lei indicando la sua spalla e notando che la ferita sembrava nettamente rimpicciolita da come la ricordava.
“Detective non puoi aiutarmi” disse lui dandole le spalle.
E fu in quel momento che Chloe vide qualcosa che non aveva notato la sera prima. Qualcosa che sapeva non fosse lì anni prima: due cicatrici sulla schiena. Improvvisamente si fece più cupa e preoccupata. Si avvicinò a lui e questo lo fece girare.
“Che è successo alla tua… oh mio dio” disse riferendosi chiaramente alle cicatrici sulla schiena.
“Oh, beh, sì, immagino sia colpa sua”
“Colpa di chi?” chiese lei.
“Di mio padre” rispose lui tranquillamente.
“Quelle te le ha fatte tuo padre?” domandò profondamente dispiaciuta lei.
“No, no, lì è dove mi sono tagliato le ali” rispose lui.
“Cosa?” chiese lei.
“Beh, non proprio io, ma Maze. Le ho chiesto io di farlo”
“No, davvero…” continuò lei poggiandogli una mano sulla spalla e facendolo girare il necessario per poterle guardare meglio. “cosa son-” cominciò a dire mentre la sua mano si avvicinava a toccarle. Ma le parole rimasero sospese in aria perché Lucifer, voltandosi di scatto, le afferrò con forza il polso impedendole di completare l’azione. La guardò con gli occhi scuri. In quelli di lei paura e soprattutto preoccupazione.
“Non farlo, ti prego” la implorò.
Il suo sguardo cadde per un secondo sulla sua mano, stretta attorno al polso di lei. Ma fu quando incontrò i suoi occhi che realizzò di averla spaventata e immediatamente si sentì in colpa. Si sentì pericoloso, si sentì tremendamente sbagliato. Poi il suo sguardo cambiò, per un secondo e in un secondo, cambiò. E lui lo vide. Lo vide senza capire cosa significasse.
“Ok” disse lei piano.
E lui le lasciò andare il polso allontanandosi e lasciandola lì.
Ma cos’era che aveva visto lei? Chloe, seppure all’inizio fosse stata colta di sorpresa da quel gesto che le aveva fatto provare paura, vide qualcosa negli occhi di lui. Per la prima volta da quando si conoscevano lo vide veramente nudo, spogliato di ogni difesa, vulnerabile. Quelle cicatrici dovevano essere il simbolo di un trauma che l’aveva segnato profondamente. E capì una cosa mentre guardava quegli occhi e quell’uomo diventare sempre più fragile davanti a lei. Capì che le importava di Lucifer più di quanto volesse ammettere. Mentre lo guardava negli occhi, dovette ammettere a se stessa di essere innamorata di lui, di essere ancora irrimediabilmente e profondamente innamorata di lui. E, in quel momento, avrebbe solo voluto abbracciarlo, stringerlo a sé e dirgli che qualunque cosa fosse successa, l’avrebbero superata insieme e che lei ci sarebbe stata per lui, sempre. Ma non ebbe il coraggio. Non ebbe il coraggio di premere una volta ancora le sue labbra su quelle di lui per placare il suo dolore e il suo tormento. Perciò lasciò che tornasse in camera senza proferire parola. Voleva fare qualcosa, voleva proteggerlo da chiunque gli stesse facendo del male. Ma non le diceva tutta la verità e non sapeva come aiutarlo. Continuava a nascondere i suoi dolori dietro queste metafore celestiali e Chloe continuava a torturarsi chiedendosi chissà quali traumi si nascondevano al loro interno. Si sentì impotente, amava qualcuno e non sapeva come aiutarlo. Tornò in camera da lui e lo vide chiudersi i bottoni di una camicia bianca di lino che aderiva al suo corpo in modo sublime accentuando la sua fisicità. Il viso aveva cominciato a sgonfiarsi, mentre attorno all’occhio, l’ematoma diventava ancora più scuro.
“Che stai facendo?” gli domandò.
“Ti riaccompagno a casa” rispose lui.
“No, voglio restare qui. Con te.”
“Sì, invece. Sono stato egoista e ti sei fatta male. Adesso ti riporto a casa e farò in modo che tu, Abigail e Trixie ci rimaniate. Chiederò a Maze e Amenadiel di restare da voi. Sarete al sicuro finché ci saranno loro”
“Che stai dicendo? È ancora per la questione del piede? È stato un incidente”
“Credimi, gli incidenti non esistono” rispose lui alzandosi in piedi e infilandosi la giacca.
“Non ti lascio andare da nessuna parte. Non in queste condizioni. Vuoi che vada via? Andrò via da sola. Tu mettiti a letto. E compra un dannatissimo disinfettante!” lo rimproverò lei raccogliendo la giacca e mettendosi le scarpe.
“Non puoi andare in giro da sola. Non finché tutto non sarà tornato a posto”
“Adesso basta. Sono stanca. Non sono un burattino, Lucifer. Dici che sono in pericolo, che devi proteggermi e non so da chi dovresti proteggermi. Ti comporti in maniera strana, appari, scopari per giorni. Poi ti trovo svenuto sul divano pestato a sangue da chissà quale animale. Ti aiuto perché mi importa di te e non hai nemmeno la decenza di dirmi la verità. Mi vuoi accanto a te, mi cacci. Che diavolo vuoi da me, Lucifer? Io so cosa voglio da te, è chiaro. Voglio aiutarti. Tu cosa vuoi da me?” esplose lei.
“Voglio proteggerti”
“Non ho bisogno di protezione”
“Di solito sarei d’accordo con te, ma questa volta è diverso”
“Cos’è diverso, Lucifer? Parlami! Dimmi la verità!”
“E va bene, ma so che non mi crederai. Mio fratello è in città ed è estremamente pericoloso, lui conosce il futuro, è capace di alterare gli eventi. E non c’è nulla che possiamo fare. Devo decidere se proteggervi andandomene per sempre questa volta. Oppure restare e rischiare che vi uccida tutte e due”
“Lucifer nessuno ha la capacità di giocare con gli eventi. Nemmeno tuo fratello Amenadiel”
“Non è di Amenadiel che parlo. Amenadiel è un angelo profondamente fastidioso, ma non è uno stronzo. Sto parlando di Uriel”
“Immagino che questo Uriel sia anche lui un angelo”
“Lo è, detective”
“Sai Lucifer, prima trovavo questa cosa strana, ma dolce. Adesso, adesso sono stufa” esclamò lei avvicinandosi all’ascensore e premendo il tasto per prenotarlo.
Lui la seguì e le si piazzò davanti.
“Non dico bugie, detective. Non sto mentendo e tu sei in pericolo, non posso lasciarti andare via da sola. Mi dispiace. Devo impedirtelo a tutti i costi”
“Non puoi” rispose lei.
Lui le prese le mani e la guardò dritta negli occhi. Chloe odiava quando lo faceva, perché i suoi occhi avevano un potere incredibile su di lei.
“Ti prego, lascia che ti accompagni a casa. Dopodiché sparirò dalla tua vita, te lo prometto. Tornerò da dove sono venuto e non dovrete più preoccuparvi per niente. Porterò via tutti i miei problemi e le assurdità che mi seguono ovunque vada”
“Lucifer non è quello che voglio. Non voglio che tu sparisca dalla mia vita o che tu vada via. Non lo capisci? Io ti voglio nella mia vita e anche Abigail. Ma voglio che tu mi dica la verità” rispose lei.
“Ti ho sempre detto la verità, Chloe” sbottò lui. “Io sono il diavolo e tu non ci vuoi credere. Mio fratello ha minacciato di farvi fuori per costringermi a tornare all’inferno cosicché lui non debba prendere il mio posto. Non so come altro dirtelo”
Chloe era davvero dispiaciuta di quella situazione. Sentiva e vedeva Lucifer soffrire, ma non riusciva a trasmettergli la fiducia necessaria perché potesse sentirsi libero di dirle la verità. O, almeno, questo è quello che cominciava a credere. Lo amava, di questo ne era certa. Forse lo sapeva sin dal primo istante in cui aveva guardato quegli occhi al Lux dopo l’omicidio di Delilah. Forse i sentimenti che aveva provato per lui da ragazzina non erano mai veramente svaniti. Forse averlo accanto costantemente sul lavoro le aveva fatto credere che fosse suo, in qualche modo, e di nessun’altra. Aveva puntato il dito contro di lui quando si era sottratto ai suoi doveri di partner e mai una volta si era fermata a pensare cos’è che pensava Lucifer di lei? Si sentiva al sicuro quand’erano insieme? Si fidava di lei? Cosa aveva fatto per farlo sentire apprezzato? Probabilmente nulla. Probabilmente aveva fatto esattamente il contrario. E adesso lui non si fidava di lei. Era questo ciò che stava accadendo? Era per questo che aveva ripescato le assurdità sull’essere il diavolo? Poi le tornarono in mente quegli occhi rossi, gli stessi che aveva creduto di vedere altre due volte, la prima nel riflesso di uno specchio mentre giaceva sofferente al suolo dopo essere stata sparata dall’assassino di Delilah, la seconda nel riflesso su una superficie d’acciaio durante un caso di rapimento. E se fosse stato davvero il diavolo? No, non poteva essere vero. Lucifer era un uomo, l’aveva visto soffrire su quel divano solo la notte prima e stava soffrendo come un mortale. Il diavolo non è un mortale.
Lo guardò con gli occhi lucidi, incapace di passargli oltre e lasciarselo alle spalle. Lo guardò manifestando tutta la sua tristezza in quello sguardo. E lui lo capì. Lui capì prima che potesse parlare.
“Lucifer io” disse solo, ma non fu capace di continuare.
Lui, che fino a un attimo prima le teneva le mani, le accarezzò dolcemente il volto e fece scivolare la mano sotto il mento di lei. La guardò per un istante senza proferire parola.
“Non è mai stata mia intenzione farti questo, farti soffrire. Lo vedo nei tuoi occhi che stai soffrendo ed è colpa mia, detective. Sono profondamente dispiaciuto. Non voglio che tu mi creda, non voglio che tu capisca, voglio solo che tu sia bene. So di essere un pericolo per voi e sono disposto a sacrificarmi per proteggervi” disse avvicinandosi pericolosamente alla detective. La fronte di Lucifer contro quella di Chloe. “Farei di tutto per proteggere te, Abigail e Trixie. Ti chiedo solo di lasciarmelo fare. Di fidarti di me per quest’ultima volta”
“Forse non ti è chiaro” cominciò a dire lei mettendogli le mani sul viso rimanendo però, nella stessa posizione “Io non voglio che tu debba sacrificare nulla. Abigail e Trixie ti vogliono bene, Lucifer. E non penso ci sia bisogno che io ti dica quanto significativa è la nostra partnership per me. Le ragazze hanno bisogno di te, io ho bisogno di te. Perciò voglio aiutarti, voglio cercare di trovare una soluzione che non includa il tuo sacrificio. E so che non me lo lascerai fare perché sei incredibilmente testardo quanto orgoglioso. Ma sappi che io ci sono per te, in qualunque momento e che ti voglio bene” concluse.
La verità era che Chloe avrebbe voluto allontanare la sua fronte da lui, solo per poter avvicinare le sue labbra a quelle di Lucifer. Avrebbe voluto dirgli che non gli voleva solo bene, ma lo amava. Che la loro partnership era importante, sì, ma averlo accanto, in qualunque modo, era più importante. Avrebbe voluto dirgli che la parola sacrificio le faceva attorcigliare le budella e che il solo pensiero di non rivederlo più le faceva accapponare la pelle. Avrebbe voluto dirgli che le si era spezzato il cuore vedendolo dolorante la notte prima. Avrebbe voluto dirgli che ogni volta che non riusciva a trasmettergli fiducia, si sentiva sconfitta perché ci teneva a lui. Anzi, ci teneva era un termine riduttivo, lo amava. E lo amava profondamente come quand’era ragazzina. Con la stessa assurda e distruttiva intensità. Com’era possibile? Dopo di lui nessuno era stato in grado di farla sentire così viva emotivamente. Com’era possibile che riuscisse ad amare solo lui. Com’era possibile che averlo accanto era l’unica cosa a cui riusciva a pensare? Com’era possibile che quando discutevano non aveva neppure voglia di mangiare, di alzarsi dal letto? Perché la faceva sentire come una ragazzina, di nuovo? Cos’è che provava lui? Anche lui stava male se non si vedevano per qualche giorno? Anche a lui mancava il respiro ogni volta che entrava in una stanza e la vedeva? Anche lui combatteva costantemente con la voglia di lasciarsi inebriare dal suo profumo, di sentire le sue labbra sulle sue, le sue mani sul suo corpo e di fare l’amore con lei?
“Detective voglio solo darti il tempo che meriti con le persone che ami. Potrai volermi bene, ma non amerai mai nulla e nessuno come ami le tue figlie. Perciò sì, io sono sacrificabile. Tu non lo sei. Ora ti prego, lascia che ti accompagni io a casa” disse Lucifer parlando a voce bassa.


Nel prossimo capitolo:
Chloe ringraziò Lucifer per il passaggio e scese dall’auto, convinta che lì si sarebbe fermata anche la sua scorta. Ma non successe, ovviamente. Quando fu davanti alla porta sentì una presenza alle sue spalle e voltandosi lo vide dietro di lei. Scosse la testa e girò la chiave nella serratura. Tutto era incredibilmente silenzioso. Trixie era a scuola, ma Abigail avrebbe dovuto essere a casa. Probabilmente, si disse, era andata in centrale a cercarla. La detective guardò l’orologio, era quasi mezzogiorno.
“Abigail?” la chiamò.
Ma nulla si mosse. C’era un silenzio profondamente disturbante. Ormai Chloe non era più abituata a tutta quella calma. Si voltò verso Lucifer e notò che aveva uno sguardo preoccupato sul viso. Capì immediatamente dove la sua mente lo stava portando. Perciò prese il telefono, nel tentativo di tranquillizzarlo, e chiamò la loro figlia. Il rumore della suoneria della ragazza fece accigliare la detective che subito cercò di capire da dove provenisse. Veniva dal bagno. Bussò, ma non ricevette alcuna risposta. Che Abigail avesse dimenticato il cellulare prima di uscire? Provò ad aprire la porta e ci riuscì. Non era chiusa a chiave. Quello che vide la lasciò sconcertata, senza parole, terrorizzata, pietrificata.


Journey's Corner:
Eccoci qui! Come promesso, ecco a voi il capitolo extra che vi avevo promesso. La pubblicazione, dopo questo, riprenderà normalmente tornando al venerdì. E vi prometto che non farò più confusione con i giorni. Spero che la piega che sta prendendo la storia vi piaccia e tutto verrà spiegato a tempo debito.
Vi ringrazio molto per la costanza con cui seguite e recensite questa storia. 
Continuerò a cercare di fare sempre meglio.
A venerdì
-Journey
   
 
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