Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: KikiShadow93    15/11/2019    3 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prima di cominciare un grazie speciale a Il corsaro nero e Celeste98 per aver recensito il precedente capitolo 💕
Anche questo sarà lungo, mi spiace, quindi prendetela comoda 😅

 

 

𝟛. 𝐼𝓁 𝓇𝒾𝓉𝓂𝑜 𝒹𝑒𝓁 𝒸𝒶𝓂𝒷𝒾𝒶𝓂𝑒𝓃𝓉𝑜

 


Ha nuotato per ore senza mai fermarsi, il vestito stretto tra i denti e gli anfibi appesi al collo grazie alle stringhe. Non c’è stato modo di portarsi dietro la giacca, che comunque si sarebbe irrimediabilmente rovinata durante quella lunga traversata.
Il vestito adesso non è solo fradicio ma anche a brandelli, ad ogni passo sente un fastidiosissimo “splash”, davanti a sé il niente, solo campagna attraversata da una stradina sterrata.
È stanca per correre e per cacciare, deve riuscire a mantenere un minimo di forze per raggiungere il posto che ha scelto. Però ha un disperatissimo bisogno di nutrirsi, i crampi allo stomaco si stanno facendo dolorosi. Per una come lei, infatti, il cibo, anche in piccole dosi, è di fondamentale importanza se vuole mantenere buone le prestazioni: un esemplare digiuno che ha faticato in questo modo rischia davvero tanto.
Sforza olfatto e udito per scovare la presenza di qualche animale, seppur cosciente che catturarlo in quelle condizioni sarebbe un’ardua impresa, ma non c’è niente nei paraggi, giusto qualche uccellino.
Biascica una bestemmia a mezza bocca e si prepara a cercare delle disgustose radici quand’ecco alle sue spalle un rumore familiare e magnifico: un pick-up.
Si mette al lato della strada e fa gesto di fermarsi, sorridendo nel modo più gentile che può considerate le orrende circostanze.
L’autista si ferma e le sorride a sua volta, lo sguardo paffutello allegro e cordiale. La invita a salire, spostando la bottiglietta d’acqua abbandonata sul sedile del passeggero. Sherry lancia una fugace occhiata al cassone e subito le si accende un campanello d’allarme che però decide di ignorare.
All’interno della vettura c’è un forte odore di tabacco e cibo fast-food, ma sfortunatamente per lei non ve ne è rimasta una sola briciola. Si passa quindi le mani sul volto stanco e si abbandona sul sedile, senza neanche curarsi di abbassare il vestito che a stento nasconde la sua intimità lasciata nuda. In fondo è difficile che porti della biancheria, non ha proprio preso in considerazione l’idea di salvarla.
Sospira forte e chiude gli occhi mentre il suo salvatore si accende una sigaretta e si presenta con tono gentile. Le dice di chiamarsi Jim, ma non le importa. Si sente così strana, come se il corpo vibrasse di eccitazione, e la sensazione aumenta quando ripensa a ciò che l’attende.
Jim le offre dell’acqua e le chiede dove sia diretta. Alla sua risposta si lascia andare a un altro sorriso. Sorride un po’ troppo spesso, pensa Sherry. Ha denti piccoli e regolari, con i canini appuntiti come quelli di uno squalo, e ogni volta che le labbra si tendono verso l’alto creano un paio di fossette da bambino.

«È proprio dove sono diretto. Non mi hai detto come ti chiami, piccola.»
Stringe con forza i denti nel sentire quel nomignolo, ma lascia correre, così come lascia correre l’odore fastidioso che emana.
«Sherry. Cristo, quanto sono stanca…»
«Hai proprio l’aria di chi ha passato una brutta nottata! Da quanto cammini?»
«Ore. Non ho il telefono per chiamare qualcuno.» Ora che ci pensa, deve proprio trovare qualche tiro mancino per vendicarsi. Le servirebbe l’aiuto del Quartetto per una faccenda simile, ma sono troppo imprevedibili per poterli gestire se c’è di mezzo uno come quel fustacchione.
«Povera piccola, non è passato nessuno prima?» Domanda Jim con disappunto, gli occhi piccoli e chiari che di tanto in tanto saettano sul vestito sbrindellato di Sherry.
«Nessuno.» Risponde secca, guardando distrattamente fuori dal finestrino «Al posto tuo, io non mi sarei fermata, non con tutte le storie che si sentono.»
«Non hai il viso da assassina.» Altro sorriso. Sherry si domanda perché si ostini a sorriderle tanto. Vuole metterla a suo agio, forse?
«Gli assassini non hanno mai il viso da assassini.» Controbatte, osservando il cruscotto. È pieno di cartacce e ci sono un paio di quelle donnine che muovono i fianchi quando le tocchi.
Jim mugugna qualcosa, ma Sherry non ci bada. Nell’abitacolo cala il silenzio e lei ne approfitta per pensare ad una strategia. È piacevolmente sorpresa di non esserselo trovata davanti, ma allo stesso tempo questo la agita: non sa quando arriverà.
Chiude gli occhi. Il tepore proveniente dal condizionatore, unito al vibrare costante dell’auto, le mette un gran sonno, ma ogni volta che tiene gli occhi chiusi per qualche secondo di troppo rivede chiaramente quegli occhi d’onice che la sfottono.
«Puoi usare il mio cellulare per chiamare il tuo ragazzo o qualche amica, se vuoi. O magari i tuoi genitori. Saranno in pensiero per te.»
«Nessuno è in pensiero per me, so badare a me stessa.» Si rende conto di avergli risposto malamente senza motivo. Lui in fondo non c’entra niente con quel gioco scemo. «Grazie.»
«Allora… perché sei tutta sola? So che non sono affari miei, ma trovarti così nel niente con un vestito stracciato un po’ mi preoccupa. Se non vuoi parlarne, però, lo capisco. Ma ti avverto che odio i silenzi imbarazzati.» Sorride ancora, Sherry si innervosisce sempre di più. Non sa se è per quei continui sorrisi o per il suo odore, sa solo che l’idea di saltare giù dalla macchina è sempre più allettante.
«Uno stronzo mi ha lasciata da sola.» Soffia in risposta, cercando di essere gentile in qualche modo contorto. Non le piacciono gli estranei.
«Quel giovanotto non sa cosa si perde, allora.» Sorriso. Questa volta falso, però. I suoi occhi si stringono leggermente, mutando la sua espressione, e per un attimo Sherry ha l’impressione che sia così stupido da provare ad aggredirla. Poi torna tutto normale e Jim si concentra di nuovo sulla strada. Prendono una grossa buca e Sherry mastica una nuova bestemmia.
«Una bella ragazza come te non dovrebbe mai stare sola.» Si lascia andare a una risata sorprendentemente roca, quasi cattiva.
Piantala, si ammonisce Sherry, il solito piacevole ma pericoloso ronzio nelle orecchie. Piantala, non puoi ucciderlo, non ti ha fatto niente. Si sente inquieta però, quell’uomo non le piace per niente. Si è ripromessa di non uccidere un essere umano se non l’attacca per primo, e un commento uscito molto male non è una motivazione sufficiente.
«Mi sembri nervosa… ho detto qualcosa di male?» Domanda con candore poco convincente, urtandola ancora di più.
No, Jim. Non hai detto niente di male… ma io ho fame.

«No, non ti preoccupare.» Si stringe l’addome con le braccia, impegnandosi per mantenere il controllo. Lentamente lascia scivolare una mano sulla maniglia dello sportello, ma l’affermazione di Jim attira la sua attenzione.
«Prima hai detto che tu non avresti mai dato un passaggio a un autostoppista, perché spesso si rivelano dei criminali.»
Lo guarda con aria quasi di disprezzo, la mascella serrata. Il suo odore le aveva fatto capire immediatamente più cose sul suo conto, così come i fili collegati per far andare il pick-up. Lei almeno si prendeva la briga di nasconderli un poco, così da non far imbestialire troppo la donna che l’ha cresciuta quando le diceva che era un prestito.
«Non ti è mai passata per la testa la possibilità opposta? Non hai mai pensato che il pazzo possa essere il tizio che fa salire l’autostoppista sulla sua macchina?»
«Certo che sì. È un fenomeno abbastanza comune. Ma, come ti ho detto prima, so badare a me stessa.» Non può far altro che avvertirlo così, cercare di fargli capire solo guardandolo che uno come lui, per quanto cattivo possa essere, non può darle alcun tipo di problema.
La macchina rallenta e Jim, dopo averle sorriso con uno strano luccichio negli occhi, si lascia scivolare un grosso revolver sulla gamba.
«Siamo quasi arrivati.»
«Io ti ho avvertito…» Mormora Sherry mentre torna ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino, completamente a suo agio. Se fossero questi i problemi per una come lei!
L’altro ridacchia. È stata una notte movimentata, ha derubato una famiglia che era stata massacrata dal suo compagno, poi lo ha fatto fuori sparandogli in testa. Era indebitato fino al collo per un debito di gioco, una rapina in un posto così sperduto era stata una trovata geniale, ma l’idea di avere più soldi alla fine è stata ancora più geniale per Jim.
Si ferma a un lato della strada, si sgancia la cintura e si volta completamente verso Sherry. Si era creduto tanto fortunato da aver trovato una puttana sul ciglio della strada, ma gli è bastato caricarla in macchina per capire che non lo è. Ma che importanza può mai avere? Ormai la frittata è fatta, è un criminale fatto e finito, tanto vale togliersi tutti gli sfizi prima di essere presi, un domani.
«Via il vestito, piccola.»
«Se è uno scherzo, Jim, giuro su Dio che-»
«Ti sembra uno scherzo, questo?» Le punzecchia una tempia con il revolver, gli occhi ridotti a due fessure. Un uomo che non ha più niente, Sherry lo aveva capito subito. Un uomo che si è ripulito in fretta e furia le mani dal sangue, che è nervoso, con un cadavere da scaricare sul cassone, un uomo ridotto ormai ad un fascio di nervi che voleva scoparla dal momento in cui è montata sul furgoncino.
«Ti ho detto di toglierti il vestito, subito.»
Si guarda attorno. La strada è deserta. Non c’è traccia di case o negozi. La città più vicina è a chilometri di distanza, la sua destinazione circa a metà.
«Ho bisogno che tu guidi fin dove ho detto. Facciamo finta che niente di tutto questo sia accaduto, forza.»
Ha già infranto le proprie buone intenzioni quella sera al Neon. Voleva andare a vivere in città come le persone normali, provare a crearsi qualcosa, stare lontana dai guai ed evitare di uccidere  altri umani. Ma quelli l’avevano provocata, avevano pure provato a farle del male, si è solo difesa. Certo, non era necessario ucciderne un paio, ma è successo e amen. Il tizio nel bosco era come lei e quindi lo avrebbe ucciso in ogni caso, buoni propositi o meno. Ma questo? La sta minacciando con una pistola, ma non le ha ancora fatto del male. Se si ferma in tempo non gli farà niente, pur avendo una fame che non ci vede.
«Ora!» Il proiettile le passa a pochi centimetri dalla testa. Il dado è tratto, Jim ha firmato la propria condanna. «Se non vuoi che il prossimo proiettile ti trapassi da parte a parte, obbedisci. Coraggio, ti piacerà.»
Sherry non si è mossa di un millimetro, lo sguardo ancora perso fuori dal finestrino. Respira piano, mentre le unghie affondano nella carne tenera dei palmi.
Beh, tutto sommato…
«Non hai ancora capito, Jim?» Sorride, le zanne candide fanno capolino dalle labbra carnose, i muscoli tremano d’eccitazione.
La macchina posso guidarla anche da sola…
«Non sono io quella in pericolo, qui dentro.» La mano scatta e afferra la pistola, Jim non la vede neanche muoversi. Sente solo che la mano adesso è vuota e il finestrino accanto alla sua testa va in frantumi.
E posso anche rimediare un pasto…
«Sei tu.» Lo guarda con i suoi veri occhi, le zanne lunghe e affilate lasciate nude in uno spaventoso e grottesco sorriso, il volto orribilmente deturpato.
Jim trema, boccheggia, incapace di chiedere aiuto. Si appiattisce contro la portiera mentre Sherry lo avvicina, quel sorriso mostruoso ad una decina di centimetri dal suo viso.
«C-c-che…co-c-cosa s…s-sei?»
Reclina un poco la testa di lato, Sherry. Lo guarda con aria divertita mentre gli carezza la gola con la mano ormai deformata.
«Che importanza può avere?»

Si gode per gli ultimi due secondi il terrore nei suoi occhi e scatta non appena la implora di risparmiarlo. Le zanne affondando nel collo molliccio, il sangue le schizza in gola. Rimane ferma così, le mani a bloccargli i movimenti e la mascella che stringe per strangolarlo. Di solito preferisce che le sue prede siano vive mentre comincia a mangiarle, ma adesso non ha proprio tempo: deve mangiare più carne che può nel minor tempo possibile se vuole avere una possibilità di vittoria contro l’uomo scimmia.



Sta avvinghiata ad un tronco caduto come se fosse un alligatore immobile in una palude. L’aria tanto umida da sembrare liquida dà forza all’illusione, e le rigature della corteccia diventano le sue stesse rigature quando preme la carne contro il legno. Aggriccia le dita dei piedi e si gusta il rumore delle unghie che scavano solchi nel tronco. L’odore di marcio e muschio umido si fa più intenso man mano che graffia la corteccia, fin quando l’aria non è come quella di un cimitero. Di nuovo immobile e muta, lascia che il crepitante coro degli insetti monopolizzi il bosco col suo eterno rumore di fondo fatto di cigolii, squittii e trilli. Ha sempre invidiato tanta cacofonica serenità.
Scatta in posizione d’attacco in un attimo, attirata da un fruscio e da un bagliore. Distende i muscoli quando si accorge che altro non è che il sole calante che filtra tra le foglie mosse da un’improvvisa e quasi impercettibile brezza che preannuncia la sera.
Si gira a guardare. A ovest il cielo è acceso di vermiglio come se fosse zuppo del sangue della notte e lei non può far altro che tornare al suo nascondiglio.
L’erba le frusta le caviglie, il crepuscolo le lecca il viso. Quando raggiunge una notevole velocità, sente di potersi arrampicare su una scala invisibile fino al cielo.
Entra nella grotta e risistema la prima roccia, poi entra nell’unico passaggio che aveva lasciato aperto e richiude pure quello. Ha controllato le trappole che aveva disseminato negli anni anche negli altri tunnel, trovandoli intatti. Le pare di capire, quindi, che malgrado la cerchino non hanno il coraggio di buttarsi in un luogo stretto con lei. Questo la rassicura parecchio, tutto sommato.
Scende nella terra, tanto in basso che forse potrebbe toccare il fondo. Svincola spesso e talvolta richiude con i massi, talvolta lascia la strada aperta. Se riuscisse a trovarla e a scendere tanto in basso, potrebbe arrivare ad offrirgli una cena come premio.
Mentre scende nell’oscurità, gli occhi come catarifrangenti che scrutano tutto, sfiora con i polpastrelli le pareti rocciose che la circondano. Si domanda in quanti abbiano scavato con gli artigli durante gli anni, in quanti abbiano creato quella rete sotterranea, in quanti siano rimasti in quella tana. Lei e gli altri la scoprirono da adolescenti che già era abbandonata, qualche reietto come loro ci passava qualche notte, e di tanto in tanto loro ci bivaccavano dentro, così da sentirsi grandi e indipendenti come i guerrieri adulti. Poi tornavano a dormire a casa di Fern e lei li sgridava sempre perché tornavano ricoperti di polvere e sangue, i vestiti ridotti a stracci buoni solo a lavare per terra.
Erano bei tempi, quelli, quando ancora poteva dirsi libera. Poteva correre per quelle terre quasi prive di traccia umana per ore, poteva saltare e arrampicarsi a mani nude sui fianchi delle montagne; poteva buttarsi nuda nei laghi o nel mare stesso; poteva giocare con i suoi amici a fare la lotta, poteva cacciare con loro. Erano imbattibili a quel tempo: nessuno si sarebbe mai avvicinato a casa loro a cuor leggero, lo avrebbero fatto a pezzi e divorato boccone dopo boccone.
Ma poi qualcosa si è rotto.
È successo poco più di sette anni fa, quando avvenne l’impensabile. Jäger ha ucciso il Re del Nord, il loro Re. Lo ha ucciso nel sonno, come un vigliacco. E con lui ha ucciso la consorte del Re, i suoi figli e le sue figlie, e per sicurezza i suoi fedeli più stretti. Chiunque potesse rivendicare qualche diritto a regnare ha smesso di esistere quell’orrenda notte di tempesta. Assieme al sole, quel giorno, è sorto il nuovo Re dei territori del Nord.
Da allora è braccata come un animale pericoloso. Non ne capisce il motivo, e nessuno di quelli che sono stati mandati a catturarla sapevano il reale motivo di tanto accanimento. Che la odiasse era chiaro, quando aveva cinque anni la definì “il pasto che desiderava da una vita”, non riuscendo a divorarla per un soffio.
L’ha picchiata così tante volte in quegli undici anni alla tana che ha perso il conto, ma il suo corpo è rimasto segnato da ogni scontro o cattiveria subita, come quando, con un’artigliata data senza motivo, le ha strappato un pezzo di orecchio.
L’idea che possa muoversi in prima persona per catturarla le fa venire i brividi. Prova a non pensarci, a ricacciare quel orrendo pensiero, ma di tanto in tanto riaffiora prepotentemente. Dopo quanto successo tredici anni prima, sente il sangue gelarsi nelle vene e il cuore galopparle nel petto al solo pensiero dei suoi occhi.
Non ha mai raccontato a nessuno quanto accaduto, neanche a Bree. Non voleva che sapesse che quel folle sociopatico voleva sì ucciderla, ma non prima di averle strappato un paio di forti eredi. Ma se lo immagina Bree, e Sherry lo sa. Perché portarla via appena tre giorni dopo, sennò? Perché pregarla con le lacrime agli occhi di scappare lontane dai loro territori? In fondo era ed è noto a chiunque tra la sua gente che i loro geni si sposano alla perfezione, che la loro unione genererebbe qualcosa di eccezionale. Forse è proprio per questo motivo che il Re intervenne appena in tempo e lo allontanò da lei, per evitare una progenie troppo forte ed incontrollabile.
Sì, Sherry è sicura che Bree sappia cosa Jäger ha provato a fare quel giorno, ma non sa tutta la verità e mai gliela dirà, il solo ricordo le dilania l’anima.
È rimasta immobile nell’oscurità per un tempo indefinito. Non sa se può uscire, se la mezzanotte è già sopraggiunta e il suo pseudo-aguzzino abbia già tentato e fallito, ma non può rischiare di scoprirlo. Dovrà aspettare ancora, finché il suo stomaco non tornerà a ruggire, indice che sono trascorse una ventina di ore dall’ultimo pasto.
Si lascia scivolare a terra, la schiena viene graffiata dalla roccia. Sente tutto il corpo vibrare di eccitazione, così forte da stordirla.
Malgrado i ricordi le abbiano attraversato la mente come un fiume in piena, non riesce a provare una vera paura. Non è certamente tranquilla, solo un idiota potrebbe essere tranquillo pensando a Jäger, ma si sente insolitamente bene. E questo non era mai successo.
È merito di questo rifugio sicuro, pensa ingenuamente. Ma cos’altro potrebbe pensare? Non c’è nessuno là fuori capace di difenderla dalle sue grinfie, non c’è nessuno che possa aiutarla. Bree è un appoggio utile che abbandonerà non appena fiuterà il minimo pericolo, così da non metterla nei casini.
Respira piano, liberando la mente da ogni pensiero. Ha una sfida da vincere contro un avversario difficile, deve rimanere concentrata.
Aprendo gli occhi, però, legge delle frasi scritte nella roccia. Una dedica per lei, un pensiero del suo primo amore infantile, incisa con gli artigli nella dura e fredda pietra.
Non si era neanche resa conto di aver camminato fino a lì, il luogo esatto in cui perse la verginità con quel buffone che tanto la faceva ridere. Un amore infantile, certamente, ma non per questo poco intenso.
Le dedicava canzoni, la corteggiava appassionatamente facendole perdere la testa. Ha tolto faticosamente i primi mattoni del muro che aveva eretto attorno all’anima e l’ha amata con un’intensità che al tempo le sembrava titanica.

ᐯEᗪO Iᒪ ᗰIO ᖴᑌTᑌᖇO ᑎEI TᑌOI OᑕᑕᕼI
Iᒪ TᑌO ᑕᑌOᖇE è TᑌTTO ᑕIò ᑕᕼE ᑭOᔕᔕIEᗪO
ᔕᗩᖇò TᑌO ᑭEᖇ ᔕEᗰᑭᖇE ♡
ᄊ+

Sorride appena, passandosi le mani sul volto. Sembrano passati secoli da quel giorno.
Devo richiamarlo… lui e il resto del Quartetto, pensa mentre con una mano sfiora quelle lettere incise nella roccia. Pensa con un certo divertimento che quel “per sempre” è durato circa sei mesi e poi ha cessato di esistere. Non sarebbe divenuta la sua compagna, non era proprio cosa. Però lui ha continuato a starle vicino allo stesso modo, cercando pure di non farsi beccare quando scopava con qualche altra ragazza, scioccamente convinto che potesse ferirla.
Pensa a tutto questo quando ecco che sente la roccia dell’ingresso che viene spostata: lui è arrivato… lui sta barando.
Sghignazza divertita e, dopo esser scattata in piedi come una molla, piena di energia e con l’adrenalina che le scorre nelle vene, comincia a correre nell’oscurità più totale: non c’è niente ad ostacolarla, sa bene dove stanno le trappole, davanti a lei si snoda solo una lunga strada che conduce in basso. Svolta facendo leva con un braccio contro la parete, l’insenatura che ha creato negli anni è così stretta che lui non potrà proprio passarci. Inoltre ci sono altre cinque micro-insenature come quelle solo in quel cunicolo,  due delle quali senza uscite, tutte che richiedono di proseguire strisciando sui gomiti. Un uomo della sua stazza non ci passerebbe mai, non quando pure per lei è difficile.
Sono cunicoli che si diramano per una cinquantina di chilometri, scendendo e risalendo nella terra, e ci sono solo due vie d’uscita. Alcuni li ha creati lei stessa, altri erano già presenti, ma tutti sono stati creati a posta per avere sempre una via di fuga sicura da eventuali attacchi. Seppur negli anni non siano mai serviti, se non per giocare a guardia e ladri o nascondino, adesso si accorge che siano incredibilmente utili, tanto da averlo completamente seminato.
Si lascia andare ad una risata derisoria, senza mai smettere di strisciare sui gomiti: non sente più la presenza dell’avversario, l’ha persa, perdendosi in chissà quale tunnel sotterraneo.
Se non ha un buon senso dell’orientamento ci morirà qui dentro, pensa divertita, decidendo poi di comportarsi come una brava persona che lo andrà a cercare dopo la mezzanotte. O direttamente il giorno dopo, o forse quello dopo ancora. Insomma, lo lascerà lì dentro per un po’, ma non tanto da farlo morire.
Quello che però Sherry non sa, è che Radish potrebbe frantumare tutto con un colpo. Non lo fa per il semplice ed elementare fatto che non sa quanto il suo giocattolo sia resistente, distruggere tutto potrebbe ridurla ad una poltiglia irriconoscibile e questo proprio non gli va.
Non gli ci è voluto niente a trovarla. Lo sapeva in partenza che sarebbe stato un gioco da ragazzi contro una persona che non sa abbassare la propria aura, motivo per cui ha cenato con calma, si è fatto una doccia, è andato a fare a botte al Neon per tirar su un po’ di soldi che certo non guastano e solo verso le 23.00 ha deciso di andare a cercarla. Sapeva che si sarebbe nascosta in un posto lontano dalla città, ma sapeva altrettanto bene di poterlo raggiungere in volo con facilità.
È però rimasto interdetto nel trovarsi davanti ad una montagna.
Una montagna come un’altra, senza alcun segno distintivo. Ci ha girato attorno per cinque minuti buoni finché non ha capito che la forza che sentiva veniva da dentro. Così ha cominciato a ragionare un poco, a studiare l’ambiente che risultava privo di entrate, quando dopo altri cinque minuti buoni ecco svelato l’arcano: una roccia è stata messa davanti ad un’insenatura a mo’ di porta.
Si è ritrovato così in una grotta buia, l’aria pesante che gli faceva storcere il naso, la sua assenza che gli faceva girare le palle.
Davanti a sé ha trovato altri tre massi, e Dio solo sa in quale tunnel sia entrata, dove portino e anche quanti altri ce ne siano!
Ma la fortuna ha deciso di sorridergli ancora: la sua aura tanto forte ha cominciato a spostarsi, così Radish ha deciso di uscire da quel labirinto sotterraneo e si è alzato in volo per capire da dove sarebbe sbucata.
È furba, niente da dire in merito. Se non avessi barato, avrei perso sicuramente. Quest’ultimo pensiero lo infastidisce non poco. Questa sfida è senza dubbio l’unico aggancio che ha per tirarla a sé e continuare a divertirsi. Senza contare che è pure l’unico passatempo quasi divertente dalla sconfitta di Cell.
Soffoca un lamento frustrato ed incrocia le braccia al petto, rimanendo a mezz’aria. Si gode per qualche istante l’aria fresca sulle braccia, il vento leggero che gli scompiglia i capelli. Alzando gli occhi al cielo, si ritrova a sospirare di sollievo: se la Luna fosse stata piena, non sarebbe potuto uscire di notte. Certo, l’avrebbe fregata andando di pomeriggio, togliendole così il tempo di preparare una strategia, ma non sarebbe stato altrettanto divertente. Si sorprende di ritrovarsi a pensare una cosa simile: un tempo avrebbe agito in modo decisamente più meschino.
Questi terrestri mi hanno fatto uno strano effetto… posso definirlo buono? Beh, in fondo quel rimbambito di mio fratello mi ha lasciato vivere per questo cambiamento. Troppo sbagliato non può essere.
Torna stancamente a concentrarsi su di lei. Si sta ancora muovendo e ormai è lontana da lui. Deve avvicinarsi, stando comunque ad una buona distanza per non farsi notare. Perché il Saiyan è sicuro che pure lei abbia qualche asso nella manica che gli permette di accorgersi della presenza altrui, ma è anche altrettanto sicuro che possa farlo entro un certo limite. Oltretutto la ragazza sa che può volare, quindi controllerà anche in aria ed è consapevole che quella ragazzina vede perfettamente anche al buio.
Si avvicina pigramente alla sua direzione, pensando ai fatti propri. In particolare ripensa a Chichi e alla sua boccaccia quando la sera prima, a cena, gli ha detto di trovarlo diverso in qualche modo. Radish ha scherzato sul fatto che avesse i capelli raccolti in una coda di cavallo, ma la cognata affermava con una fastidiosissima sicurezza che fosse un altro il motivo. Lo guardava con un’aria indagatrice così invadente che per un attimo Radish ha pensato di tirarle un pugno dritto sul naso. Poi è fortunatamente tornata a concentrarsi sul figlio e sulla sua istruzione, e lui si è rilassato di nuovo.
Visti i loro trascorsi, Chichi lo tiene sempre sotto osservazione e, per quanto gli dia fastidio, non può certo darle torto.
Preso com’è dai suoi pensieri, Radish non si è accorto assolutamente che il suo bersaglio ha cominciato a muoversi velocemente. Troppo velocemente per qualsiasi essere umano. Lui stesso faticherebbe a cose normali!
Si affretta a sua volta, arrivando a capire che la sua velocità oscilli tra i 350 e i 400 km/h.
La vede mentre sfreccia tra la vegetazione e gli sembra impossibile: i suoi piedi a malapena toccano il suolo, il suo corpo si muove con una grazia indescrivibile mentre l’oscurità sembra quasi abbracciarla. Gli sembra un tutt’uno con la natura incontaminata che la circonda e questo gli strappa un lieve sorriso. Cosa diavolo sei…?!
Sente un fastidioso rumore di bassi farsi sempre più nitido fino a diventare assordante e, prima ancora che abbia la lucidità per pensare di abbassarsi e afferrarla, chiudendo così la partita, la vede buttarsi in scivolata sul fianco, un braccio alzato per mostrargli il dito medio e, ci scommetterebbe la coda, un sorrisino malizioso ad incresparle le labbra.
«Fottuta bastarda!» Se solo sapesse quanto ci ha preso con questo insulto, probabilmente scoppierebbe a ridere dicendolo.
Non appena poggia i piedi a terra si ritrova spintonato da un gruppo di ragazzine ubriache. Ridono mentre si voltano a guardarlo, i volti inebetiti dall’alcol e Dio solo sa cos’altro.
Lo ha condotto senza che neanche se ne rendesse conto in una vecchia fabbrica, dove è stato allestito un rave party.
Radish non era mai stato ad un evento del genere, così lontano da ciò che lui considera normale. Non ha mai visto tanti giovani terrestri ballare a tempo di ritmi frenetici e furiosi, così tanti che risulta impossibile riuscire a scorgere i visi dei corpi che vorticano danzanti. Ballano, si strusciano. Il sesso è palpabile nell’aria. I drink colorati passano di mano in mano come offerte di pace in chiesa.
Il suo sguardo nuota tra quella calca di esaltati, ma la caccia gli risulta estremamente difficile: saltano, i capelli ondeggiano come onde nell’aria, le luci psichedeliche rendono difficile distinguere un colore dall’altro. Cercare semplicemente la sua aura, in quel delirio, non è sufficiente, soprattutto perché ce ne sono un paio simili.
Sherry, ben nascosta tra un gruppo di punk che salta e urla, osserva attentamente Radish: se ne sta in alto su una cassa, la cerca freneticamente, il tempo ormai agli sgoccioli.
Lancia una fugace occhiata all’orologio afferrando il polso di uno dei ragazzi: mancano sei minuti. Sei minuti, quaranta secondi e sarà libera.
La musica risuona a tutto volume in quel luogo affollato, tanto forte da aver attirato l’attenzione anche di creature assai poco raccomandabili, e gli alcolici scorrono come fiumi in piena. Non ci sono regole, puoi fare tutto quello che vuoi. E Sherry ne è più che consapevole. Non conta neanche più le volte in cui, verso i quattordici/quindici anni, scappava di casa con gli amichetti per andare a caccia in posti simili. È infatti sicura di aver fiutato qualcuno già incontrato in passato, ed è anche altrettanto sicura che non le verrà dato fastidio.
C’è odore di pelle, di alcol, di ubriachi e di sudore. Rumore di musica che rimbalza nel petto, che rompe i timpani. Occhi che si chiudono, si aprono, si abituano al caos, agli effetti devastanti degli allucinogeni.
Sherry però, proprio come un tempo faceva Radish, si lascia entusiasmare troppo dalla vittoria ormai a portata di mano e quindi decide di festeggiare anticipatamente: afferra il bicchiere di uno sconosciuto, non perde neppure tempo a fiutare il contenuto e beve un sorso. Sputa subito via metà del liquido in un lungo spruzzo, al secondo è consapevole di cosa aspettarsi e va meglio, anche se ogni goccia le scava un solco di fuoco nelle viscere. Il terzo sorso è più lungo e pieno, e porta con sé i primi effetti dell’oblio e dell’euforia desiderati.
Si lascia afferrare dalle mani sudate e tatuate di un ragazzo esagitato e si lascia sollevare per aria senza neanche provare a reagire. Butta la testa all’indietro e ride forte, il bicchiere di plastica rossa ancora stretto in mano.
Questa, senza ombra di dubbio, è la mossa più stupida che potesse fare.
Radish infatti scatta fulmineo tra la folla, consapevole che un uomo che vola non è proprio ben visto dalle persone normali, e si dirige verso di lei a grandi falcate.
Una ragazza dai bizzarri capelli rosa big-bubble e un abbondante seno lasciato nudo lo avvicina sorridendo maliziosa, ubriaca persa. «Che belli i tuoi capelli, posso toccarli?»

Il Saiyan non fa neanche in tempo a dirle di no che la ragazza viene trascinata per i fianchi da un'amica, trasportata in quella folla impazzita. È sparita, persa per sempre.
Scuote la testa e sbuffa forte, domandandosi come ci si possa ridurre così, ma la verità è che non gli importa niente. Cammina veloce, pregustando la vittoria.
La vede mentre sguscia tra la folla, dirigendosi verso l’interno dell’edificio pericolante e fatiscente.
Sherry non è il tipo di persona che sa tenere l’alcol, Radish lo capisce quando la vede barcollare appena e sorreggersi al muro. Le cammina dietro con calma e, trentatré secondi esatti prima dello scoccare della mezzanotte, l’afferra per un polso e la spinge contro il muro alle sue spalle. Vede nei suoi occhi scuri e vagamente annebbiati un miscuglio di emozioni contrastanti: gli pare euforica, delusa, eccitata, rabbiosa.
Poggia i gomiti ai lati della sua testa, bloccandola al muro. È sorpreso, davvero. Era sicuro che gli avrebbe urlato contro, che avrebbe cercato una scappatoia e che magari, almeno stavolta, avrebbe provato a colpirlo. Ma lei rimane tranquilla e, contro ogni logica, gli sfiora i bicipiti con la punta delle dita.
«Credevi veramente di sfuggirmi?» Domanda con strafottenza Radish, gli occhi che seguono attentamente quelle dita forti e sottili piene di cicatrici. Lo sfiorano delicatamente e di tanto in tanto saggia i muscoli con un tocco lieve.
Ha sempre avuto un debole malsano per le braccia grosse, forti e toniche, è la prima cosa che nota in un uomo. Quando ha visto Radish, le ha trovate più simili a dei tronchi che non a delle braccia e, solo per un istante, ha pensato che non le sarebbe dispiaciuto farsi stringere per saggiarne la consistenza ad occhio granitica.
«Sono un’inguaribile ottimista.» A cose normali non lo farebbe, ma adesso le circostanze sono molto particolari per Sherry: ci sono determinati momenti per le femmine come lei in cui la presenza di un uomo forte come quello che ha di fronte è il più potente e pericoloso degli afrodisiaci. Il fatto di essere stata messa in trappola, che sia riuscito a braccarla senza problemi, adesso altro non è che una grandissima qualità in più che lo rende ancor più appetibile.
Se davanti a lei ci fosse stato Tensing*, Vegeta o anche Piccolo, probabilmente avrebbe reagito allo stesso modo: il suo cervello è momentaneamente alterato dall’assenzio che ha bevuto a stomaco vuoto, il suo organismo la implora di trovare un maschio forte adatto alla riproduzione.
Non sa bene come reagire, Radish, e si sente ancora più confuso quando sente uno strano verso risalirle dalla gola, basso e caldo, mentre inarca la schiena, lascia scivolare la testa di lato e abbassa la spalla, offrendogli il collo.
Sherry, sopraffatta dagli eventi, non sa cosa le stia succedendo, non riesce a capirlo e, in realtà, adesso non le importa poi molto. Eppure, se non fosse sempre tanto impegnata a pensare solo a crearsi delle tane introvabili o a cacciare, saprebbe benissimo cosa le sta succedendo.
Il Saiyan, stranito da questo atteggiamento, la lascia andare. Non gli piacciono le prese in giro, a dirla tutta lo mandano proprio in bestia, ma non riesce davvero a capire se effettivamente lo sia o meno. Che sia davvero così ubriaca?
Sherry gli si avvicina con calma, senza abbandonare neanche per un istante quel diabolico sorriso malizioso che lo confonde, e poi comincia a girargli lentamente attorno, sfiorandogli la pelle scoperta  delle braccia con la punta delle dita. Fissa rapita i muscoli forti e solidi, il collo da toro che desidera ardentemente mordere.
I loro petti si sfiorano e il Saiyan non riesce a far altro che fissarla con sguardo serio, ma allo stesso tempo arrogante e malizioso. La sovrasta completamente, stordendola con il suo forte odore di maschio che le penetra nelle narici. Gli si avvicina piano, Sherry, per potergli cingere il collo con un braccio e abbassarlo al suo livello per poterlo baciare, sorridendo dolcemente contro le sue labbra. Un bacio violento e dolce come una carezza di fuoco.
«Devo pagare pegno…»
Radish, che del tutto scemo proprio non è, decide di giocare ancora un po’: l'afferra con irruenza per i fianchi esili e se la tira addosso, baciandola con foga, strusciando il bacino contro il suo, facendole così sentire quanto quella situazione lo stia eccitando, succhiandole appena il labbro inferiore quando si separano un secondo per riprendere fiato.
Posa il palmo sul suo torace, Sherry, sentendo i muscoli definiti attraverso la stoffa leggera della canottiera nera, che velocemente fa sparire, lacerandola, facendolo rimanere a petto nudo.
«Mi piacciono queste iniziative.» Sussurra imitando il suo gesto, lanciando chissà dove il vestito rosso che già di partenza era ridotto ad una schifezza irrecuperabile, lasciandola così con addosso solo gli anfibi neri.
Si lascia andare contro di lui, mugolando come una gattina, lasciandosi poi trasportare fin sul tavolo di metallo impolverato poco distante, sopra la quale viene costretta a sedersi.
Senza tante esitazioni Radish si mette tra le sue gambe, tenendola saldamente per i fianchi e baciandola appassionatamente, come se da sempre fosse stata sua.
Lei non obietta assolutamente, anzi gli allaccia le braccia attorno al collo muscoloso, lo afferra per i capelli alla base e si stringe il più possibile a lui, lasciandosi sfuggire dei gemiti più forti al tocco esperto del Saiyan, inarcando la schiena in una muta richiesta di darle di più. Richiesta che Radish non si fa certo ripetere due volte. La penetra rudemente con due dita, mordendole con una certa brutalità il capezzolo, facendola gemere senza ritegno alcuno.
Radish, totalmente preso da quella strana situazione, comincia a baciare ogni centimetro di pelle nuda che riesce a trovare, scendendo lentamente fino al suo inguine. Ci gira attorno, baciandola piano, sfiorandola con la punta delle dita mentre risale piano fino a tornare sui seni. Non può concludere come vorrebbe, ne è consapevole. È verissimo che gli piace giocare sporco, ma non ha alcuna intenzione di farsela solo perché ha perso una scommessa stupida: vuole vincere la vera partita, vuole che lo supplichi di farla sua e vuole che lo faccia quando è completamente lucida.
Sente la mano di Sherry affondare tra i suoi capelli e tirarli violentemente alla cute, facendolo gemere di dolore. Lo alza verso l’alto e gli stringe le gambe attorno alla vita.
«Hai fretta?»
Non gli risponde, limitandosi a baciarlo come se fosse di estrema importanza. Lo stringe a sé mentre con una mano gli abbassa con forza pantaloni e boxer, ma prima che riesca a spingersi in avanti col bacino per placare quell’improvviso e malato desiderio, la mano di Radish blocca la sua, tenendola così in stallo.
«Lo sai, vero, che non è questo il mio premio?»
Rimangono immobili per qualche secondo. Radish la guarda dritto negli occhi, notando il suo più totale smarrimento. Questa affermazione è stata come una secchiata d’acqua gelata dritta in faccia per Sherry, e le ci vuole qualche istante di troppo per metabolizzarla.
«C…cosa?» Ritrae di scatto le mani, sconcertata.
Quando mai un maschio ha rifiutato le mie attenzioni?! Dannazione, sono la figlia bastarda di Mezcal e Leila, nessuno mi ha mai detto no!, pensa furiosa, il cuore che le martella nel petto e rimbomba ne
lle orecchie con più forza dei bassi.
Sherry non è mai stata la più bella tra le belle. È una bella ragazza che però passa quasi inosservata se affiancata ad donna come Bree, ha un suo fascino, sa come ammaliare se vuole, ma non ha mai avuto bisogno di grandi sforzi se voleva attirare a sé uno dei loro maschi. È il suo sangue a farlo per lei, un richiamo silenzioso e assordante per quelli come lei.
Radish scoppia a ridere di fronte alla sua espressione, così delusa e furiosa, a tratti inebetita. Non credeva davvero che si sarebbe divertito così tanto, non credeva proprio possibile che un terrestre potesse farlo. Nessuno dei suoi amici ci riesce.
Le afferra il mento tra le dita e le alza il viso, notando ancora una volta quello strano screzio color rubino nelle sue iridi.
«Ti allenerai con me per due settimane a partire da domani. Beh, in realtà, oggi.» L’avverte, ritrovandosi in un attimo con la schiena sbattuta contro la parete alle sue spalle. Non si è neanche reso conto della sua mossa, ha fatto appena in tempo a sentire le sue mani premute con forza contro i pettorali. Possibile che le sia bastato aprire le cosce per farmi abbassare la guardia così? Dannazione, ha ragione Piccolo: devo concentrarmi di più nella meditazione e ritrovare la calma.
«STRONZO!» Scende con stizza dal tavolo e s’incammina verso la porta, i muscoli tesi e le mani imbrattate di sangue.
Radish nota quest’ultimo dettaglio e si guarda di slancio il petto per constatare i danni, non notando assolutamente niente. Cosa cazzo sei?!
Le cammina dietro per potersene andare a sua volta e la vede perdere il controllo per un secondo: un ragazzo ubriaco le afferra  rudemente una natica, e non ha colpe per questo dal momento che gli è sfilata accanto completamente nuda, e lei, in tutta risposta, si è rigirata e gli ha rotto la mascella con un pugno. Il ragazzo ora sta a terra, i suoi amici non sembrano quasi accorgersene. Gridano che ha bevuto troppo, lo sfottono e cercando di tenerlo in piedi mentre continuano a ballare.
Sherry, confusa e frustrata, sfila la camicia lasciata aperta ad un ragazzone abbronzato con un vistoso tatuaggio sul petto, e la indossa in fretta e furia. Questi prova ad afferrarla per un braccio, rivuole la propria camicia, ma Radish gli blocca il braccio a mezz’aria prima che possa toccarla. È il suo giocattolo, ha bisogno che rimanga in forze per il loro primo allenamento dove ha intenzione di spingerla oltre ogni limite per il puro gusto di farlo; non permetterà ad un moccioso ubriaco di prendersi queste forze.
Lo spinge in mezzo a quei ragazzini e ricomincia a camminarle dietro. Sente un sacco di mani che lo sfiorano, che gli stringono le braccia. Come sensazione non è niente male, soprattutto se si considera la voglia di sesso che gli è rimasta addosso e l’erezione quasi dolorosa tra le gambe, ma non ha tempo, non stasera.
Deve continuare a seguire quella pazza violenta che cammina nella vegetazione, le braccia strette attorno al corpo per infondersi calore - o almeno così crede. Gli fa tenerezza, in un certo senso.
«Hai intenzione di camminare fino a casa?» Le urla dietro, affrettando il passo.
Non si sorprende nel constatare che non sia sorpresa di averlo alle spalle. Sapeva che era lì, lo sentiva. Ora deve solo capire come.
«La cosa ti creerebbe problemi?» Gli sputa contro mentre lascia che gli occhi seguano con malato interesse una coppia che va ad infrattarsi nella boscaglia. Possono dirsi fortunati, per un certo verso. Un tempo li avrebbe braccati e terrorizzati, forse pure sventrati, ma adesso è decisa a non sfiorarli neanche con un dito.
Per rimarcare questa sua decisione e per far sì che pure gli altri ne siano consapevoli, incide un triskele in una corteccia, impregnandolo col proprio sangue. Un simbolo chiaro e semplice, che sta a significare sì protezione, ma anche una rivendicazione del territorio. Adesso lì è suo, se vorranno cacciare nel suo territorio dovranno chiederle il permesso o, in caso ciò non avvenga, sfidarla.
«In realtà sì.» Le si para davanti, Radish, e osserva il disegno nell’albero. Inarca un poco un sopracciglio e decide di lasciar perdere. Non gli interessano questo genere di stronzate, non sono proprio nelle sue corde.
Sherry, dal canto suo, lo fissa dritto negli occhi, cercando così di capire dove voglia andare a parare. Le viene il dubbio di aver capito quando, contro la comune logica, lui si alza un poco sopra di lei, i piedi sospesi ad una ventina di centimetri dal suolo e un ghigno perverso ad arricciargli le labbra sottili.
«Non ci pensare neanche…» Gli ringhia contro, provando a scattare di lato una frazione di secondo in ritardo: Radish infatti l’ha già presa per un braccio e la tira in alto, tenendola sospesa a mezz’aria. Scoppia a ridere di gusto quando la vede scalciare terrorizzata, con una forza tale da far volare in mezzo alla vegetazione gli anfibi, e solo quando la sente tremare come scossa dalle convulsioni decide di tirarla a sé, permettendole di stringerlo come una piovra. Fa male, ma non può dire che sia del tutto spiacevole.
Sherry alza per un secondo il viso dall’incavo del suo collo, un secondo soltanto, giusto per urlargli direttamente nell’orecchio un sonorosissimo: «STRONZO!»



Le ha tenuto una mano a sorreggerle la schiena per tutto il tragitto.
L’ha tenuta stretta al suo corpo e gli è sembrata una cosa incredibilmente normale, giusta.
In quei cinque anni ha notato che Vegeta evita il contatto fisico con Bulma pur essendo suo marito, e che suo fratello sembra non avere idea di cosa voglia dire avere una moglie al proprio fianco, risultando ogni tanto imbarazzato dalle sue attenzioni. Quindi cosa è normale? È forse sbagliato sorreggere con decisione la ragazza che lo sta stritolando in modo tanto doloroso per cercare di infonderle un poco del suo coraggio?
«Smettila di tremare. Non ti lascio cadere.» L’avverte con tono duro, un poco derisorio.
Abbassa la testa per provare a guardarle il volto, ma non può visto che l’ha nascosto tra i suoi capelli e pare decisissima a non riemergerne più.
Solo adesso nota uno strano dettaglio: le ciocche bianche sono in punti ben precisi e perfettamente simmetrici, le punte che sfumano passando dal nero al grigio ed infine al bianco anche, e sono tutte naturali. Ad un primo impatto pensava che fossero una strana tinta come va di moda tra i terrestri, invece si sbagliava.
Storce la bocca e trattiene un lieve lamento quando la sente aumentare la presa attorno al suo corpo, facendogli male.
«Ehi, mi hai sentito?»
«Sì, ma non mi fido.» Sputa in risposta, non riuscendo a concentrarsi su niente all’infuori del tenersi saldamente attaccata al suo corpo. Se vuole giocarle qualche brutto tiro, ci rimetterà almeno un braccio e di questo è più che certa.
Radish sbuffa sonoramente mentre sorvola la città. Si sente incredibilmente calmo adesso, come se ogni rottura della sua vita fosse scivolata via. Si sente di buon umore per la vittoria che si è portato a casa, ma allo stesso tempo lo urta incredibilmente il fatto che quella mocciosa con i capelli strani non si fidi minimamente di lui. Diavolo, avrebbe potuto spezzarla in due con il minimo sforzo in qualsiasi momento, invece non le ha fatto niente. Malgrado lei non lo sappia, era pure andato a dare un’occhiata durante la notte per essere sicuro che non fosse morta o cose del genere, trovandola tranquilla davanti ad un fuoco mentre disegnava qualcosa sulla sabbia e mangiava delle radici.
Non è stato un atteggiamento da lui, non ha mai dato attenzioni a nessuno, ma quando ha accettato la sfida, sicuro di vincerla, gli è venuto in mente Piccolo. È a conoscenza del periodo in cui ha allenato Gohan e di come l’ha fatto, quindi ha pensato di provare a replicarlo, seppur in maniera grossolana.
Se ne è tornato a casa in tutta tranquillità quando l’ha vista stendersi sulla sabbia, l’espressione concentrata su qualche pensiero e i muscoli incredibilmente rilassati, indice che non era una situazione nuova per lei.
Entrambi assorti dai loro pensieri non si sono neanche resi conto di essere ormai arrivati sopra al palazzo in cui abita Sherry.
Radish, dopo aver dovuto fare dietrofront una volta superatolo, si abbassa con calma verso la sua finestra, il braccio ancora stretto attorno alla sua vita.
Sente il suo corpo scosso da tremori simili a convulsioni e improvvisamente prova compassione per lei, sentimento a lui praticamente sconosciuto. Lascia così scivolare anche il secondo braccio attorno al suo corpo, stringendola maggiormente.
Si sente incredibilmente ridicolo in quel momento, stretto a mezz’aria con una ragazza mezza nuda tra le braccia.
«Siamo arrivati.» L’avverte con tono stizzito ed imbarazzato. Abbassa lo sguardo solo quando la sente biascicare una fantasiosa bestemmia a mezza bocca, trovandola intenta a fissare con astio la finestra chiusa.
«Mi prometti di non farmi cadere?» Domanda fissandolo dritto negli occhi.
Malgrado il panico dovuta all’altezza, gli sembra comunque a suo agio in questo momento, a dieci centimetri scarsi di distanza dal suo volto. In fondo non hanno passato momenti tanto normali o idilliaci assieme.
Ma ora non è il momento per soffermarsi a pensare che sia strana e che ha una sfera emotiva probabilmente più strana e forse bloccata della sua, quindi si limita ad annuirle.
Allenta un poco la presa per permetterle di rigirarsi tra le sue braccia, rimanendo di sasso quando con un calcio sfonda il vetro della finestra. E ci rimane ancora peggio quando, con un colpo di reni, schizza dentro la stanza, i piedi nudi sui vetri infranti.
La osserva mentre si passa le mani tra i capelli arruffati, una piccola pozza di sangue che si allarga ai suoi piedi.
Sherry lo osserva a sua volta, mordendosi la lingua e dandosi della scema: questo genere di cose poteva farlo davanti a Fern, può farlo davanti a Mimì, ma non davanti ad uno sconosciuto.
«Problemi?» Cerca di mostrare una profonda indifferenza, inarcando un sopracciglio e poggiandosi con le mani alla parete, mentre dentro è vicina al panico. Non si è mai trovata con un avversario che non può neanche seminare. Un avversario che non sembra intenzionato a volerle fare del male e, adesso può dirlo, neanche a farsela. Cosa Diavolo vuoi da me?!
Radish rotea gli occhi al cielo e per la prima volta in tre giorni si domanda per quale ragione l’abbia seguita quella sera nel bosco. Ok, ha un bel visetto e un didietro da capogiro, ma di belle donne ne è pieno il mondo, l’universo anche di più, non è certo per il suo aspetto che la segue. Si era convinto che fosse per scoprire che cosa sia in realtà, ma dentro sa che non è solo per quello. Si sente schifosamente calamitato verso di lei, in un modo così forte da fargli venire il voltastomaco.
«Ci rivediamo tra qualche ora, bambolina.» Fa per allontanarsi quando si sente strattonare per la coda e, senza neanche pensarci un secondo, si rigira fulmineo e l’afferra per la gola. La tiene abbastanza stretta da farle male, non notando però alcuna paura nei suoi occhi.
Sherry lo guarda di rimando, sorridendo con aria furbetta ed un poco complice. In fondo anche a lei darebbe fastidio, non può proprio prendersela per questa reazione. Il suo però non è stato un gesto dettato dalla perfidia, non voleva recargli offesa o fargli un dispetto, ma era l’unico modo per bloccarlo senza berciare.
«Qual è il tuo nome?» Domanda semplicemente, mollando la presa da quella coda tanto soffice. Nella sua testa era convinta che l’avrebbe trovata un poco ispida, come la pelliccia delle scimmie che ha mangiato negli anni, invece è morbida come il pelo di un gattino.
La toccherò ancora, questo è poco ma sicuro. Piuttosto mi farò rompere un braccio, ma la toccherò.
Il Saiyan la osserva con espressione confusa, completamente preso in contropiede. Se un attimo gli pare di aver inquadrato la ragazza che ha di fronte, l’attimo dopo agisce in modo incredibilmente opposto.
Reprime la confusione che ha dentro con un sospiro frustrato, rispondendole in modo quasi freddo mentre molla la presa dal collo pallido: «Radish.»
Mentre si allontana la vede sorridergli senza arroganza per la prima volta, mentre si punta un dito sottile verso il viso: «Sherry.»
Sorride a sua volta, Radish, annuendo distrattamente mentre si allontana con calma.
«Lo so.»
Sherry vorrebbe davvero saltare fuori dalla finestra, aggrapparsi ad una sua gamba e, dopo essersi a fatica arrampicata sul suo corpo, prenderlo a cazzotti fino a fargli dire come può sapere il suo nome, ma lascia cadere la faccenda. In fondo è questione di ore prima di rivedere quella faccia da sberle, può anche attendere.
«BREE!» Urla a pieni polmoni quando sente la porta del bagno chiudersi e il rumore dei passi delle due amiche passarle davanti alla porta. È un poco sorpresa dal fatto che non sia spuntata magicamente nella sua stanza con un’espressione fastidiosamente maliziosa quando l’ha sentita rompere il vetro e parlare con Radish - e sa benissimo che li ha sentiti -, ma non le frega poi molto. In fondo Bree ha reazioni strane quanto le sue, difficile dire con esattezza cosa stia per fare.
Quando la vede entrare completamente nuda, i capelli bagnati e l’espressione rilassata e soddisfatta, comprende immediatamente perché non sia arrivata subito.
«Stavolta passi perché siamo tornate tipo venti minuti fa, ma se insisti a far casino di notte non fermerò Mimì quando ti metterà pezzi di vetro nel cibo.»
Sherry le sorride con la sua solita aria strafottente e reclina un poco la testa di lato. Arriccia per un attimo le labbra nel vano tentativo di trattenere un commento, che però subito dopo le esce di prepotenza: «È così che ti ha addestrata?»
La bionda scoppia a ridere, realmente divertita. L’hanno sempre fatta ridere questo genere di battute sceme, Fern ce li massacrava ogni volta che assumevano un comportamento per lei bizzarro.
«Hai qualcosa da mettere che può essere distrutto?» Le domanda poco dopo Sherry mentre si estrae con disinvoltura i pezzi di vetro dalla pianta dei piedi. Le ferite si rimarginano non appena il corpo estraneo viene estratto, non lasciando alcuna traccia della ferita.
«Tutto quello che indossiamo lo distruggiamo prima o dopo. Perché?»
«Dovrò allenarmi con lui per due settimane.»
Bree rimane ferma sulla porta, le braccia incrociate al petto e la testa poggiata contro lo stipite, gli occhi sgranati. Non prova neanche a fermarla mentre le passa accanto per andare a farsi una doccia, restando immobile a fissare il niente cosmico.
Quando poi Mimì le sfiora il braccio, preoccupata per lo strano stato di trance in cui pare essere caduta, Bree scatta come una molla e si rigira, correndo verso il bagno.
«Scusa?» Le domanda realmente scioccata. Ha fiutato il suo odore non appena l’altra è entrata dalla finestra e, a giudicare dal suo abbigliamento, era convinta che avessero già consumato e che quindi la faccenda potesse dirsi conclusa. Aspettava solo di ricevere una conferma dalla diretta interessata per poter agire, ma a quanto pare deve rivedere velocemente i suoi piani.
«Ho perso la partita, devo pagare pegno.» Impegnata com’è a sciacquassi in fretta e furia non si è accorta dello sguardo perplesso dell’amica, all’oscuro di tutta la faccenda. In fondo l’ha vista sparire il giorno precedente, come può sapere di cosa stia parlando?
«Ero convintissima che mi avrebbe imposto del sesso, invece preferisce questo… non lo trovi strano?»
«Un vero gentiluomo, sì, ma ti rendi conto di cosa rischi?» Le risponde sbrigativa mentre le porge un grosso asciugamano color acquamarina.
Il suo dubbio è più che fondato in fondo: già per quelli come lei mostrare la propria natura ad un umano ti fa marchiare come traditore con conseguente esilio nella migliore delle ipotesi, per lei la faccenda potrebbe rivelarsi maledettamente pericolosa.
Cazzo, non ti ho salvato il culo perché tu facessi questo genere di stronzate! Fern era un’altra faccenda, lei sapeva per colpa dei Quattro, non abbiamo infranto noi il segreto… ma con quel tipo?! Maledizione! Vacci a letto e falla finita, non tirare tanto la corda! Anche se, devo ammetterlo, dubito che tra i nostri possa esserci qualcuno tanto pazzo da volerglisi avvicinare…
Sherry fa semplicemente spallucce mentre si lava velocemente i denti, più che intenzionata a liberarsi della presenza momentaneamente ingombrante dell’amica di tutta una vita e buttarsi in quel letto cigolante per dormire almeno cinque ore di fila.
Sputa il dentifricio nel lavandino e si sciacqua la bocca, osservando il proprio riflesso nel piccolo specchio ovale giusto per un attimo, notando una lieve ombra bluastra sotto gli occhi.
«È più che deciso a voler scoprire cosa sono, non mollerà facilmente la presa.» Si giustifica così mentre butta il telo nella cesta dei panni sporchi, dirigendosi poi verso la propria stanza. Bree la segue a ruota per provare un poco a farla ragionare e metterla in guardia soprattutto da sé stessa. Sa bene che non è il momento migliore per prendere certe decisioni, soprattutto per lei.
«Sher…»
«In questi territori sono allo stesso livello di Jäger, quindi-»
«Quindi tu per prima dovresti tenere fede alle nostre leggi.» La riprende con durezza, toccando un tasto assai dolente.
Se la prima voleva dire che ha abbastanza potere sia legislativo che fisico per poter prendere una simile decisione, l’altra insinuava, come spesso ha fatto, che dovrebbe essere lei a detenere tutto quel pesante potere, insinuazione che l’ha sempre fatta infuriare.
Ma stavolta non reagisce, non come al solito.
Si limita a guardarla con i suoi veri occhi e ad emettere un lieve suono gutturale come ammonimento.
«So trattenermi.»
«Non se quello si mette a fare sul serio. Senza contare il secondo problema…»
Sospira forte, Sherry, passandosi stancamente una mano dietro al collo. La discussione l’ha stufata, non vuole più sentire niente, ma se Bree si mette in mente qualcosa è quasi impossibile farla desistere. Dovrebbe giocarsi una carta speciale, e proprio vorrebbe evitarlo.
«Quale?»
«A ventiquattro anni ancora non controlli il calendario, Sher?» Si lascia andare ad una risatina derisoria ed un poco isterica, mettendosi comodamente seduta sul bordo del letto: «La tua pelle parla chiaro, mia adorabile bastarda: sei in calore. Vuoi mettere al mondo tanti adorabili Mezzosangue?»
«Ma falla finita!» Sbuffa, infastidita da tale affermazione. Sia chiaro, non ha mai avuto niente contro i Mezzosangue o contro coloro che li mettono al mondo, odiando invece con ferocia coloro che li discriminavano solo perché per metà umani, ma non ha alcuna intenzione di metterli al mondi lei stessa. Non vuole proprio avere figli, la minaccia che esercita Jäger su di lei è troppo forte.
Assottiglia lo sguardo, Bree, reclinando un poco la testa di lato mentre riporta alla mente un evento significativo dell’infanzia dell’amica: «Com’è finita l’ultima volta?»
Certo, Bree non è mai stata una Santa, non ci si è mai avvicinata a tale titolo, ma ha sempre avuto molto più autocontrollo dell’amica, probabilmente proprio grazie al DNA della madre.
«Avevo tredici anni, da allora ho imparato a controllarmi.»
«Certo, come no. Allora per quale ragione odori di sesso in modo imbarazzante? E perché c’era tanta delusione nella tua voce quando hai detto che lui non ha voluto scoparti?»
A questo punto, ormai stufa di tutte le sue fastidiose insinuazioni, Sherry scatta contro di lei, bloccandola contro il materasso e tenendole con forza i polsi bloccati ai lati della testa. La guarda con rabbia, gli occhi brillanti e vermigli: «Sei la mia migliore amica, una sorella per me, ma vedi di non scordarti qual è il tuo posto.»
Bree rimane immobile per qualche secondo, dandole il tempo di calmarsi e rimettersi in piedi. Non c’è rimasta male, sa bene che usa questa carta solo quando qualcosa la mette a disagio o cose del genere, non le farebbe mai del male e non le mancherebbe di rispetto.
Si limita a sbuffare un poco infastidita mentre va a prenderle una vecchia tuta, una di quelle che usa quando va a cacciare. Trova Mimì addormentata, la luce dell’abat jour ancora accesa e, con una delicatezza che stona molto sulla sua persona, le sistema la coperta sulle spalle prima di tornare da Sherry.
Poggia i vestiti sulla cassettiera e, prima di andarsene, le butta sul letto una scatoletta rettangolare ancora avvolta nella plastica da imballaggio. Non avrebbe dovuto prenderglieli, potrebbero rallentare la faccenda esattamente come avrebbe potuto farlo il suo discorso, ma 1- non farlo avrebbe potuto in qualche modo insospettirla, e 2- non poteva resistere ad una simile battuta.
«Te li ho presi l’altro pomeriggio: usali quando arriverà il momento!»
Sherry, incuriosita, afferra l’oggetto e di slancio le lancia dietro la scatola di preservativi XL che l’altra le ha simpaticamente regalato, facendola scoppiare a ridere come impazzita.
«Non c’è di che!»
Si butta nel letto e, dopo interminabili secondi, si lascia sfuggire una lieve risatina. Se non le fosse scattata subito la mosca al naso, avrebbe potuto incuriosirla a morte e poi non darle alcun dettaglio dicendo che, forse, forse, aveva pure azzeccato taglia.




* Ho deciso di usare l’adattamento italiano (nel suo caso per non sbagliare a scriverlo) e sono passata ad usare “Radish” perché ho notato che è così che viene sempre scritto 😅


ANGOLO DELL’AUTRICE
E sono in ritardo anche con questo aggiornamento… perdonatemi!
È stata una settimana piuttosto pesante con tutti gli impegni e, per stare sempre allegri, sono rimasta praticamente zoppa perché il ginocchio mi ha detto ciao chicca!, quindi nulla… presto dovrò operarmi. YEEE!
Ma, ehi, ‘sticazzi gente! Un ginocchio è mal di poco. Parliamo del capitolo!
Sì, Sherry è una calamita per la gente cattiva che raggiunge livelli imbarazzanti. Ma forse è normale: le persone cattive attirano persone cattive. Che poi anche no, ma facciamo di sì!
Lei è sempre vissuta tra questa gente (anzi, un tempo stava con gente davvero cattiva e malata di testa), quindi un assassino che pensa stupidamente di metterle le mani addosso è una barzelletta per lei.
In una recensione, Il corsaro nero ha fatto un’osservazione giusta: “conosciamo dei dettagli della vita di Sherry sia passata che presente... da quel poco che si è visto, la sua banda non è composta da brava gente... anzi, mi è sembrato che assomigliassero molto ai Saiyan!”. Sì, hanno qualcosa in comune, sono entrambe razze spietate che non si fanno tanti scrupoli a far fuori qualcuno anche senza ragione. Ma si differenziano per un paio di cosucce che vedremo più avanti.


E niente. Non ho altro da dire.
Sono arrivata in fondo che sono sfinita 😅 Quindi alla prossima, dove i nostri protagonisti cominceranno a conoscersi sul serio e ad intaccarsi a vicenda le corazze che si sono costruiti negli anni.

Un bacione

Kiki 🤙🏻

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: KikiShadow93