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Autore: Shily    16/11/2019    0 recensioni
Leanne Adams ha quindici anni, un equilibrio non invidiabile e una sorprendente tendenza al mettersi nei guai.
Alta un metro e sessanta raggiunto a fatica, con una famiglia esageratamente numerosa e invadente alle spalle e un'insolita quanto spiccata vena melodrammatica, Leanne non può fare a meno di invischiarsi in ogni situazione.
Sempre e comunque.
Sarà proprio a causa di questa sua abitudine che si troverà a fare da cupido insieme alla persona, per lei, più impensabile e si troverà incastrata, senza neanche sapere come, nelle conseguenze di questa sua decisione.
Ma soprattutto, sarà proprio per questo che finirà irrimediabilmente nei casini.
Se solo si fosse fatta gli affari suoi, almeno una volta nella sua vita.
Cosa ti aspetti che facciamo?" chiese lui passandosi una mano dietro la nuca con stanchezza. "Non possiamo mica entrare lì e fingere di essere innamorati ed essere tutti abbracci, baci  e parole dolci. Sarebbe ridicolo."
L'espressione di Noah a quelle parole fu inequivocabile.
"Tu sei pazzo," lo accusò Leanne. "Tu davvero non stai bene. Pensare che noi possiamo andare lì e fingere di... di... che schifo. È assurdo."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Un pomeriggio nel parco 

Jason Parker le aveva chiesto di uscire.

Jason Parker, nonostante la sua famiglia numerosa e invadente e la sua tendenza a dire sempre la cosa sbagliata nel momento sbagliato, le aveva chiesto di uscire.

Jason Parker, il più che carino Jason, le aveva chiesto di uscire.

Leanne dovette respirare a fondo, prima di ripetersi per l'ennesima volta quelle parole.

Non che, nel corso dei giorni passati, non ci avesse pensato costantemente e incessantemente, ma oggi quella che ormai era solo una frase ripetuta a oltranza diventava realtà.

Oggi, la semplice constatazione che "Jason Parker le aveva chiesto di uscire" diventava un fatto.

E che fatto!

Oggi, ad essere precisi a meno di un paio ore, lei usciva con Jason.

Quel pomeriggio.

Un appuntamento.

Lei.

Con Jason Parker.

Pregò silenziosamente che la lezione di Francese, che era l'ultima della giornata, terminasse il prima possibile o che, quanto meno, qualcosa mettesse fine al supplizio che, dopo un'ora di lezione il sabato mattina, poteva diventare il professor Poulain.

Era un uomo sulla sessantina e prossimo alla pensione, si vociferava che avrebbe lasciato l'insegnamento una volta che la sua classe, con cui lavorava dal primo anno e con cui avrebbe voluto concludere il suo percorso d'insegnante, avesse conseguito il diploma.

Lei ne era segretamente felice: le lezioni di francese non sarebbero state le stesse senza la erre tipicamente francese del professore, o i suoi continui sbuffi verso le loro mancanze, nonostante poi non gliele facesse mai realmente pesare.

Era bravo il professor Poulain, tutto sommato. Parlava del francese come della lingua dell'amore e aveva fatto nascere in Leanne il desiderio di visitare la famosa Parigi.

Chiudeva gli occhi e si lasciava trasportare da quelle parole intrise di magia e nostalgia. Parole che cercavano di racchiudere una città che i vincoli non li aveva mai accettati.

Lo vide sospirare, togliendosi i piccoli occhialetti tondi dal naso, e guardare l'orologio al suo polso.

"Immagino che, ormai, non ci sia più nulla per attirare la vostra attenzione. Sono quasi le dodici e nessuno è realmente interessato a cosa ha fatto Molière nel corso della sua vita, vero?" dalla classe si levò un leggero mormorio. "Ragazzi," richiamò all'attenzione, "Facciamo così: io oggi vi lasciò andare un po' prima e voi, per la prossima volta, mi portate una ricerca su Le malade imaginaire, d'accordo?"

Si levarono alcuni cenni d'assenso dai banchi e Leanne iniziò a riporre l'astuccio e il quaderno, per quella lezione ancora chiuso e inutilizzato, nella borsa.

Chiese distrattamente a Mary, sua vicina di banco, se avesse visto la sua penna azzurra con un gufetto disegnato sopra e al cenno negativo della ragazza non le rimase che sbuffare e arrendersi: era la quarta che perdeva quella settimana.

"Mi raccomando, niente ricerche tutte uguali e con testi copiati interamente da libri o siti."

Con un lieve sorriso, passò a fianco al professore e lo salutò, prima di uscire dall'aula.

Le lezioni, per quella giornata, erano finite.

"Ci vediamo in biblioteca per la ricerca allora, ciao," salutò Mary e si caricò la borsa in spalla.

Una volta lasciata l'aula alle sue spalle, però, trovò una sorpresa ad attenderla.

"Jason," esclamò sorpresa, andandogli incontro.

Possibile che si ricordasse male l'orario?

E soprattutto, perché non si era data una sistemata ai capelli uscendo dall'aula?

"Spero non ti dispiaccia se ho pensato di anticipare," le sorrise, "Non vedevo l'ora di vederti."

Ci si può innamorare ancora prima che inizi il primo appuntamento?

Ormai aveva deciso: un giorno sarebbe stata la signora Parker!

"No, figurati. Anzi, sono contenta, hai avuto un ottima idea."

Se solo, si disse mentalmente, lei non avesse appena finito due ore distruttive di francese e non indossasse ancora la divisa scolastica.

Pensare che il pomeriggio precedente l'aveva passato a scegliere con Annabeth qualcosa da indossare che fosse carino ma non troppo eccessivo.

"Carina ma non troppo. Deve notare che sei diversa ma senza capire tutto l'impegno che c'è dietro, sennò poi si monta la testa," erano state le sagge parole di Annabeth mentre poco ci mancava che si infilasse nel suo armadio.

Jason invece, che al contrario suo aveva avuto tutto il tempo di cambiarsi, non indossava più la divisa scolastica e aveva optato per un semplice jeans con sopra una felpa grigia chiusa.

Aveva già detto che era davvero carino?

Si voltò verso di lei e, dopo averle sorriso, si staccò dal muro al quale era appoggiato per andarle in contro.

"Sei molto carina."

Leanne abbassò brevemente lo sguardo e gli sorrise imbarazzata.

La divisa non le era mai sembrata così bella come in quel momento.

"Ti va di fare un giro nel parco o hai freddo?" propose e, nel frattempo, le sfilò la borsa dalla spalla.

"Il parco va benissimo."

Così come qualunque altro posto in cui non rischiamo di incontrare qualcuno della mia famiglia, continuò poi mentalmente.

"Ma quanto pesa?" rise Jason, accennando alla sua borsa. "Hai svaligiato la biblioteca?"

"È colpa del professor Barry. Non gli basta traumatizzare giovani menti, deve anche infliggere sofferenze fisiche."

"Ho sempre paura di incrociare i suoi occhi," ammise Jason, "Quasi potesse pietrificarmi. Anche se sarebbe un'ottima scusa per non aver fatto i compiti, non credi?"

"Oh certo," annuì convinta, "La prego di giustificarmi per non aver fatto i compiti, ma il professor Barry mi ha pietrificato col suo sguardo glaciale."

"Devo dire che è una bella sfida tra lui e Milton, quasi da pari merito," Jason si sedette su una panchina, invitandola a seguirlo.

Leanne cercò con tutta se stessa di rimanere tranquilla quando lui le passò un braccio intorno alle spalle, mettendosi più comodo e avvicinandola a sé.

Sarebbe potuta morire proprio in quell'istante e sarebbe stata ugualmente felice.

"Vedo che fai parte anche tu del gruppo di studenti che ha traumatizzato," rispose, ricordandosi le parole, o per meglio dire la disperazione, di Annabeth e Rebecca.

Sii naturale. Sii te stessa. Non farti prendere dal panico.

Facile a dirsi, a farsi non poi così tanto.

"Sì," confermò Jason, "Direi che non c'è termine migliore di traumatizzante per definire le sue lezioni di sabato mattina."

"Me ne hanno parlato abbastanza male, effettivamente."

"Si dice che sia sposato, sai?"

"Non ci credo," Leanne si voltò a guardarlo, leggermente disgustata all'idea. "Esiste qualcuno di così pazzo?"

"Pare abbia anche dei figli," annuì lui tragicamente.

"Speriamo abbiano preso da lei."

"E chi ti dice che tra i due non sia lui quello normale?"

Si scambiarono uno sguardo terrorizzato, pensando all'eventualità che l'affermazione di Jason fosse vera, per poi lasciarsi andare ad una breve risata.

Leanne, al suono della risata del ragazzo, si rilassò notevolmente e si appoggiò alla sua spalla: il pomeriggio, nonostante tutti i suoi peggiori pronostici, stava andando nel migliore dei modi.

Tutte le preoccupazioni e gli argomenti di discussione che si era preparata, sotto le prese in giro di Josh per paura che si creasse un silenzio imbarazzante, erano state spazzate via non appena avevano iniziato a parlare con semplicità e naturalezza. 
Senza contare che stare lì, a parlare abbracciata a un ragazzo si stava rivelando più semplice di quello che pensava. Niente imbarazzi, niente disagio e soprattutto niente mente sovraffollata da mille incertezze.

Jason si stava rivelando un ragazzo simpatico e la cui compagnia non annoiava, come invece aveva pensato lei, temendo di essere creata un'immagine del ragazzo lontana dalla realtà (da qualsiasi realtà, le aveva detto Rebecca, troppo perfetta per essere vera).

Insieme a lui, fu felice di constatare, il pomeriggio passò così velocemente e così rapidamente che quasi non percepì l'alzarsi del vento che la portò a tremare e battere i denti.

Fu infatti Jason che, interrompendo un discorso particolarmente animato sul cane di lei, Willow, e sul suo nome più che bizzarro, la esortò a rientrare nella scuola.

"Leanne," si alzò dalla panchina, "Stai gelando."

"No, possiamo restare, davvero," tentò lei, non volendo ancora rientrare e interrompere quella strana atmosferica che si era creata.

"Non ti darò una scusa per saltare le lezioni lunedì," scherzò, facendola alzare.

Lei gli fece una linguaccia in risposta e, iniziando effettivamente a sentire il freddo, si alzò per seguirlo.

Si guardò per un momento spaesata intorno, notando i lampioni che circondavano il cortile accesi: si era fatto buio e lei neanche se n'era accorta, troppo presa da altro.

Provò a muovere le dita delle mani che, ormai intorpidite dal freddo, quasi le bruciavano e si affrettò per raggiungere Jason, che la precedeva di qualche passo.

Il ragazzo sporse un braccio verso di lei per prenderle una mano, ma al tocco si allontanò trattenendo un sussulto divertito: "Sei gelida," esagerò, prendendola in giro. Leanne tentò di sporgersi per dargli una spallata ma, nel farlo, si sbilanciò in avanti e rischiò di cadere.

Ciò non fece che aumentare l'ilarità di Jason, alla quale si unì immediatamente, arrivando quasi alle lacrime.

Continuarono così, ridendo e prendendosi in giro, fino a che non arrivarono al bivio che separava i dormitori maschili da quelli femminili.

Si fermarono l'uno di fronte all'altro, lui con le mani nascoste nelle tasche della felpa e lei che si dondolava sui piedi in imbarazzo.

Era stato un bel pomeriggio, migliore di qualsiasi aspettativa che potesse avere, ma il tanto temuto momento del saluto era arrivato e Leanne non sapeva come comportarsi.

"Sono stato bene," parlò Jason, dopo un breve silenzio.

"Anche io, sono felice che tu sia stato così coraggioso da invitarmi lo stesso," scherzò, riferendosi all'intimidazione che il ragazzo aveva ricevuto, qualche giorno prima, dai suoi fratelli.

"Questo e altro per una ragazza carina," continuò con lo stesso tono, facendole un breve inchino. 

Lo spintonò senza molta forza, scuotendo la testa con un sorriso.

Quella situazione, ne era certa, l'avrebbe fatta impazzire.

Stava ormai per perdere ogni speranza, salutarlo e dirigersi alla sua stanza,  quando Jason si lasciò andare a un lungo e rumoroso sospiro.

"Ascolta Leanne," cominciò e lei sentì il cuore iniziare a battere a mille, "Sono stato davvero contento di aver passato questo pomeriggio insieme. E di aver trovato il coraggio di invitarti, a dirla tutta."

"Jason..."

"Fammi finire, per favore," le chiese dolcemente, "O non finirò mai. Mi sono ripetuto questo discorso talmente tante volte che ormai lo so a memoria."

Gli sfiorò una mano, spinta dalla dolcezza che era traspirata dalla sua voce e lo esortò a continuare.

"Avrei voluto invitarti già dalla prima volta che ci siamo seduti vicini in biblioteca e abbiamo parlato. Avrei voluto farlo ognuna di quelle volte ma non mi sembrava mai il momento giusto."

Lo guardò con le labbra leggermente dischiuse e il cuore che, ancora a mille, le risuonava nel petto, nello stomaco e nella testa. In tutto il corpo.

Le aveva buttato addosso tutto quell'insieme di parole senza che lei potesse anche solo immaginarlo e, presa alla sprovvista, disse forse la cosa meno adatta del mondo.

"Pensavo ti sedessi al mio stesso tavolo perché c'era la luce migliore."

Jason la guardò stranito, essendosi aspettato e immaginato mille risposte diverse meno che quella.

"No, sciocca," le sorrise dolcemente, "È capitato la prima volta per caso, ma le altre ti posso assicurare che sono state ben diverse." Le si avvicinò, sfiorandole una mano: "Credi che rischierei il linciaggio dai tuoi fratelli se ti chiedessi di uscire un'altra volta?"

"Direi di correre il rischio."

Jason si lasciò andare a una leggera risata e si abbassò lentamente alla sua altezza.

Improvvisamente una lampadina scattò nella testa di Leanne.

Stava per baciarla.

Lo capiva dal mondo in cui la guardava e da come, in modo sempre deciso, si stesse avvicinando al suo viso, con gli occhi che slittavano un po' ovunque e la mano che traballava freneticamente.

Stava per baciarla e no, non era un'esercitazione.

Urgeva calmarsi e non farsi prendere dal panico.

Stava per ricevere il suo primo bacio e non aveva assolutamente idea di cosa dovesse fare.

Aveva sentito, in passato, qualche racconto da Rebecca e Annabeth, ma niente all'altezza di quello, niente che l'avesse preparata a reagire nel modo giusto.

Certo, c'era stata quella volta, a tredici anni, quando Bobby Chandler, che abitava dall'altra parte della strada, l'aveva baciata ma non era del tutto sicura che potesse definirsi un bacio.

Era stata semplicemente afferrata per le spalle e spinta verso di lui, incontrando due linee sottili quanto serrate.

L'unica cosa che aveva pensato era che Bobby avesse un urgente bisogno di un burro di cacao per le sue labbra screpolate.

Si impose di non pensare a quel non bacio, preferendo invece concentrarsi su quello che avrebbe ricevuto di lì a poco e all'imminente tragedia che rischiava di schiacciarla se non fosse stata capace.

La domanda che più le risuonava nella testa era come avrebbe fatto a baciare il ragazzo, non rischiare l'apnea e dare l'impressione di sapere cosa stesse facendo tutto insieme.

La testa bionda di Jason coprì tutta la sua visuale e la portò a chiudere gli occhi: l'unica cosa che sentì dopo furono delle labbra che non avevano niente a che vedere con quelle rovinate dal freddo Bobby Chandler.

Il resto, con grande sorpresa, venne inaspettatamente spontaneo.

Dovette solo ricordarsi di avere due mani e di poterle usare per avvicinare a sé il ragazzo.

O ancora di avere una lingua e di doverla muovere, possibilmente.

E di respirare, ad un certo punto dovette accorgersi che era un bisogno quantomeno necessario per la sua incolumità.

Tutto sommato però fu un gran primo bacio, che non gliene volesse Bobby Chanlder.

🌼 🌼 🌼

Entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle con leggerezza e spensieratezza, come se stesse volteggiando a tre metri da terra invece di muovere un passo dopo l'altro.

"Leanne, allora?" le corsero incontro sia Annabeth che Rebecca.

"Buonasera ragazze," mormorò con un grande sorriso e un tono sognante.

"Non dici niente?" insistetté Annabeth.

Leanne non si voltò neanche a guardarla, troppo distratta: si buttò sul letto di schiena e rimase in contemplazione del soffitto.

"Ma perché sorride in quel modo? Avrà mica sbattuto la testa?"

"Leanne, ma ci vuoi rispondere? LEANNE!"

"Non vuoi andare a mangiare? È ora di cena... rispondici almeno!"

Mangiare? E chi aveva più bisogno di mangiare, Jason Parker l'aveva baciata.






 

Nuovo giorno, nuovo capitolo, nuova avventura.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbiate apprezzato Jason almeno la metà di quanto lo abbia fatto Leanne. 
Come sempre, un grazie davvero sentito a tutti voi che leggete! 
Siete preziosi!

 

   
 
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