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Autore: piccina    17/11/2019    3 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aggiornamento corposo per farmi perdonare la latitanza. 

“Che palle però Brian, è la terza volta in meno di venti giorni e non è che possiamo rompere il cazzo sempre a Gus, speriamo che la baby sitter sia libera”
“Possiamo sempre chiedere a tua mamma o a Debbie” aveva suggerito per attenuare il cattivo umore del marito.
“Ma certo, tanto è un pacco, un po’ con un uno un po’ con l’altro, vanno bene tutti, l’importante è presenziare a ste cene del cazzo con il tuo nuovo amico. Che diciamolo, deve essere un politico di merda se non riesce a programmare bene neppure il calendario degli eventi. Due giorni prima, porca vacca, te lo dice?”
“Veramente sono io che mi sono scordato di dirtelo per tempo” aveva risposto un po’ in colpa, poi aveva riflettuto sulle parole precedenti di Justin e un lampo nervoso era transitato veloce nei suoi occhi. “Ah io tratto Susan come un pacco, dì un po’ sei scemo o solo stronzo? Pensavo di chiamare le nonne, non il postino eh? In ogni caso io ci devo andare, è lavoro, se accompagnarmi ti disturba a tal punto, poco male, vado da solo. Certo sarebbe meglio ci fossi anche tu”
“Ovvio, che se non faccio la brava moglie al tuo braccio poi iniziano a insinuare che ci sia crisi e la cosa appannerebbe di riflesso l’immagine del bel dottorino”
“No, coglione, sarebbe meglio per me, perché con te reggo meglio anche queste fottute serate di raccolta fondi. Non ho capito bene da quando hai iniziato a pensare che a me piaccia andarci.”
Non penso che ti piaccia andare alle raccolte fondi, penso che ti piaccia andate alle raccolte fondi del brillante dott. Hamilton, ecco cosa avrebbe voluto dirgli, invece di abbozzare e digitare veloce un wa al quale era seguita un’altrettanto veloce risposta. “Steffy può, quindi ti accompagno” aveva borbottato ruvido.
Erano stati i primi ad arrivare, Brian voleva discutere di alcuni dettagli del discorso con Brad, parlargli di alcune idee che gli erano venute all’ultimo momento, ma che pensava interessanti. Da tanto non lo vedeva così attento e impegnato personalmente per un cliente e pensare che Brian non era mai stato particolarmente attento alla politica e alle sorti dei vari politicanti, come li chiamava, per quanto questa non fosse la prima campagna che la Kinnetic portava avanti.  Si stava esponendo in prima persona e metteva in mostra anche lui, la loro unione, la prossima tappa sarebbero stati i figli, ne era certo. Una famiglia gay, come manifesto per il sostegno a questo brillante medico democratico, che incredibilmente aveva infiammato l’animo civico del marito.
Brad aveva tutto per piacere a Brian, era alto, moro, aveva da poco superato i quarant’anni, un fisico invidiabile e una dentatura perfetta, maniere eleganti, ma non leziose. Veniva da una ricca famiglia del sud con una lunga tradizione in politica, peccato che fosse una tradizione repubblicana e che lui, la pecora nera, fosse invece dichiaratamente gay e molto, molto democratico. Questo gli aveva assicurato la freddezza da parte del padre e il quasi ripudio dal resto della famiglia che contava, rendendolo però molto apprezzato e spendibile nel campo avverso. Era ambizioso e non faceva nulla per nasconderlo, sapeva parlare e scaldare gli animi. Giocava per sé, ma per arrivare riteneva che la via migliore fosse giocare anche per la comunità e scelta questa strada vi si era dedicato con passione e intelligenza. Brian trovava che fosse un ottimo politico, proprio perché non era spinto esclusivamente da ideali irrealizzabili, voleva il meglio per sé, dimostrare di essere un cavallo di razza e questo lo rendeva, ai suoi occhi, più affidabile di tanti sognatori. Non che avesse torto, il dott Hamilton era un gran figo, in tutti i sensi, peccato che lui proprio non riuscisse a farselo piacere. Forse il problema era semplicemente che piaceva troppo a Brian.
Stava ammirando i Turner che impreziosivano le pareti della grande sala da pranzo, ma con la coda dell’occhio osservava i due parlare. Uno di fronte all’altro, piuttosto prossimi. Belli da togliere il fiato, eleganti e sicuri, in confidenza. Quella dannata mano di Brad che si muoveva per aria a sottolineare un concetto e poi planava decisa sulla spalla di Brian, si fermava un attimo e stringeva, ecco lui quella fottuta mano l’avrebbe volentieri amputata, che poi ci sarebbe voluto altro che un chirurgo come Brad per riattaccarla.  
Si dava fastidio da solo, non poteva credere di essere diventato una checca gelosa. A questo gioco non sapeva giocare, fra di loro, quello possessivo era stato sempre e solamente Brian. Non conosceva le regole e gli sembrava di avere pessime carte in mano.  
L’occhiolino, pure l’occhiolino gli aveva fatto, dopo aver concluso il discorso. Cristo! Terminata la parte barbosa adesso toccava al momento divertente della serata con un piccolo spettacolo di cabaret e poi danze. Per quanto lo riguardava ne aveva avuto abbastanza, ma sapeva che sarebbe stato chiedere troppo sperare che potessero dileguarsi così presto. Brian infatti si era sistemato comodo sulla sedia, aveva sorriso a Brad, aveva allentato di poco, ma quanto bastava per respirare meglio, il farfallino e si apprestava a godersi lo spettacolo. Stava andando tutto secondo i piani, il discorso era stato di spessore ed emozionalmente forte, Brad era riuscito con maestria a inserire in modo coerente e fluido i suggerimenti dell’ultimo minuto, la platea aveva reagito come Brian si aspettava, le donazioni sarebbero state buone, ma quel che più gli importava era aver capito ancora meglio come indirizzare le prossime mosse del suo cliente.
Justin aveva sospirato e si era accasciato stanco, appoggiando con poca eleganza i gomiti sul tavolo, mentre le luci si abbassavano e gli artisti facevano il loro ingresso sul piccolo palco.
La mano di Brian si era impadronita leggera della sua e le aveva spostate entrambe in basso appoggiandole sulla sua coscia. Con il pollice gli accarezzava il dorso con movimenti circolari, era un gesto così usuale, anche mentre guardavano la tv a casa, che a Justin era sembrato che Brian neppure si stesse rendendo conto di farlo. Questo pensiero lo aveva portato a togliere improvviso la mano alla cura del marito, che aveva impiegato qualche secondo a reagire, impegnato com’era a ridere di una battuta. 
“Tutto ok, Jus?” gli aveva chiesto a bassa voce e gli aveva preso di nuovo la mano.
“Mmm sì, sono solo stanco” aveva troncato di nuovo il contatto e si era alzato, stando attento a non disturbare il vicino “vado in bagno”
Aveva pisciato e dopo essersi lavato le mani si era sciacquato il viso con l’acqua fresca, sperando che servisse anche a ristabilirgli l’umore. L’immagine che gli aveva rimandato lo specchio l’aveva fatto incazzare e questa volta non con Brian. Non era una femminuccia che piagnucolava in bagno aggiustandosi il trucco, porca di quella troia. Si era passato la mano fra i capelli, sistemandoli, aveva raddrizzato le spalle ed era rientrato in sala. Le luci si erano accese, lo spettacolo finito, sul palco stava prendendo posto l’orchestra e il pubblico si stava alzando dai tavoli, per sgranchirsi le gambe e andare a prendere qualcosa da bere all’open bar. Brad era dietro alla sedia di Brian, gli stava dicendo qualcosa e nel farlo gli aveva appoggiato entrambe le mani sulle spalle. Doveva essere qualcosa di divertente perché Brian era scoppiato a ridere e aveva buttato la testa all’indietro, sfiorando con i capelli la camicia di Brad che si era aperto la giacca. Justin doveva ammettere che risultava parecchio sexy in smoking, ma con l’aria sciolta, un po’ stropicciata. Gli era chiaro da chi avrebbe voluto farsi stropicciare per bene il nostro neurochirurgo di stocazzo.  E quel coglione di Brian rideva e buttava la testa all’indietro. Fanculo. Con due passi decisi si era avvicinato, aveva sorriso a 32 denti al padrone di casa, si era complimentato per il discorso e non aveva neppure degnato di uno sguardo Brian, fino a quando gli aveva afferrato la mano, tirato in piedi con un leggero strattone. “Tu – gli aveva detto – a ballare. Subito” e lo aveva rapito sulla pista.
“Hey Sunshine, che ti prende? passata la stanchezza?” aveva chiesto sorridente e tutto sommato contento di vederlo di nuovo vispo.
“Ho solo voglia di ballare e di far vedere a tutti quanto è sexy MIO marito. Problemi al riguardo?”
“Mai avuto problemi quando ti strusci così” l’aveva acchiappato meglio, cercando però di mettere fra di loro quel minimo di distanza che l’ambiente richiedeva “ma non siamo al Babylon e mi stanno per scoppiare le mutande.”
“In effetti non c’è una dark room, ho controllato – gli aveva sussurrato con voce bassa all’orecchio – però ci sono dei bagni bellissimi. Li vuoi vedere?”
“Hai capito il biondino …”
“Mr Kinney è ancora abbastanza sfrontato da seguirmi?” e l’aveva lasciato in mezzo alla pista. Si era diretto ai bagni con passo calmo, mani in tasca, ondeggiando impercettibilmente il culo, sapendo che gli occhi del marito erano incollati proprio lì. O forse sperandolo.
Brian aveva scosso la testa, incredulo, gli occhi piantati sulla schiena e poi sul culo che il malefico biondino metteva in mostra sollevando i lembi della giacca grazie alle mani in tasca. Prima di uscire dalla visuale, quel piccolo satana, si era girato un attimo, quasi per caso, aveva incrociato i suoi occhi e poi aveva tirato dritto. Brian aveva deglutito una volta di troppo, aveva controllato il bottone della giacca che non aveva alcun bisogno di essere controllato e finalmente aveva ritrovato la mobilità. Un passo dietro l’altro e si era trovato a girare la maniglia della toilette degli uomini, di Justin nessuna traccia, poi nel silenzio dell’ambiente, per fortuna in quel momento deserto, da dietro la porta di un separé aveva sentito fischiettare Sex Machine. Aveva aperto la porta ed era lì, appoggiato alla parete, i piedi incrociati e le mani ancora in tasca. Gli occhi che brillavano di desiderio e le labbra lucide, per la lingua che le accarezzava, mentre lo fissava. “Ah sei venuto?” Brian si era impossessato della sua bocca, mentre chiudeva con una mano la porta, poi aveva incorniciato il viso del marito con entrambi i palmi per baciarlo con violenza. Gli aveva mormorato sui denti “tu sei pazzo, girati”. Con le dita aveva attaccato la fibbia della cintura di Justin, che gli aveva inaspettatamente fermato la mano e non dava mostra di volersi voltare. Era stato lui ad aprirgli i pantaloni, con un gesto rapido aveva portato braghe e boxer ad afflosciarsi sulle caviglie del marito, quindi aveva alzato il mento, l’aveva guardato ridacchiando e senza dire una parola si era inginocchiato. Brian aveva dato un colpo secco alla paratia con la nuca quando Justin l’aveva preso in bocca tutto, in una botta sola. Lo accarezzava con la lingua, lo bagnava e poi risaliva, senza farlo uscire mai del tutto. Un suono strozzato dalla gola e le mani nei capelli biondi a tenere giù una testa che non aveva alcun desiderio di alzarsi. Lo aveva strattonato piano, per farlo spostare un poco, in modo da avere un’angolazione migliore e Justin si era prestato senza sforzo, poi aveva succhiato forte, una due, tre volte, per tutta la lunghezza. Stava per venire e lo aveva abbandonato. Il freddo dell’aria dove prima c’era quella bella bocca calda. Aveva abbassato lo sguardo un po’ annebbiato verso il marito che lo guardava con un’espressione lussuriosa che gli fece sobbalzare il cazzo alla sola vista.
“Chi è il padrone del tuo piacere?” 
“Tu, cristo, tu”
“Bene e allora vieni” appena riavuto in bocca era stato invaso dall’umore caldo, forte e conosciuto del marito.
“WOW” aveva commentato con il respiro affannato, mentre accarezzava con forza i capelli di Justin che indugiava ancora qualche momento in ginocchio davanti a lui. Si era alzato e si era poggiato al suo fianco. Aveva il volto arrossato e gli occhi lucidi. Brian lo trovava bellissimo e il cuore gli batteva forte non tanto per l’effetto dell’orgasmo che già scemava, quanto per lo stupore che questo giovane uomo riuscisse ancora, dopo tanti anni, a lasciarlo senza fiato sempre. Gli aveva tirato il capo ad appoggiarsi sulla spalla e gli aveva baciato la fronte.
“Bisogna che torni di là, ma mi devo ricomporre. Fammi tirare su i pantaloni e dare una sciacquata alla faccia”
Justin si era fatto da parte e lo aveva osservato infilare la camicia nei pantaloni, lisciare la piega, rimettere dritto il farfallino, lavarsi il viso e infine tentare di pettinarsi i capelli con la mano. A quel punto era uscito dal separè e lo aveva fermato. “Perché?” Brian gli aveva lanciato uno sguardo interrogativo attraverso l’immagine dello specchio.
“Perché ti pettini? Sei bellissimo così. Tutti dovrebbero vederti”
“Perché si capirebbe benissimo quello che abbiamo fatto qui dentro e non credo che Brad lo troverebbe conveniente e professionale” aveva risposto sorridendo e continuando a pettinarsi. Le labbra erano un rosso vivo e gli occhi ancora un po’ liquidi dal piacere.
“Trovo che non ci sia nulla di più bello da guadare che il tuo viso dopo l’orgasmo. Un piacere che ti ho regalato io, ma hai ragione questa visione non se la merita né Brad né nessun altro” e gli aveva messo apposto un ciuffo ribelle.   
“Sei strano stasera Sunshine … “ l’aveva baciato piano “e sei bellissimo pure tu: prima, dopo, durante l’orgasmo. Sempre” aveva fatto scivolare la mano lungo il braccio del marito e si era girato verso la porta. “Ritorno in sala. Ti dai una rinfrescata e mi raggiungi?”
Justin aveva annuito, ma era rimasto appoggiato al lavello.
Brian aveva la straordinaria capacità di rientrare in modalità operativa in meno di un secondo, e infatti era già il brillante professionista della comunicazione quello che aveva trovato qualche minuto dopo rientrando nel salone della festa. Stava intrattenendo alcuni ospiti, nella mano stringeva un whiskey e niente lasciava pensare alla passione che avevano condiviso poco prima. Justin, però, sapeva che adesso Brian odorava di lui, aveva il suo profumo sulla pelle, il suo sapore nella bocca e per quella sera il nodo allo stomaco stringeva meno forte.
Si era fatto versare due dita di liquore pure lui, ma era rimasto in disparte, di chiacchierare a vuoto non aveva alcuna voglia e non aveva che conoscenze superficiali con gli altri invitati. Dopo meno di un’oretta era stato abbracciato senza preavviso, il viso di Brian spuntava da dietro la spalla.
“Che ne dici se andiamo? Posso ragionevolmente dichiarare chiusa la serata e tu mi sembri un tantino annoiato”
“Non sarò certo io a trattenerti qui” e si era rivolto spedito verso il guardaroba che custodiva i loro soprabiti.
“Hey, calma straniero, almeno salutiamo Brad” lo aveva frenato. Così avevano perso ancora mezz’ora prima a cercare il dott. Hamilton sparito chissà dove e poi per le chiacchiere che si erano messi a fare quei due, si vede che la serata appena trascorsa non era sembrata loro sufficiente a esaurirle. A Justin era scoppiato il mal di testa e invece di ignorarlo si era lamentato vistosamente, inducendo il marito a un commiato più rapido di quanto aveva, evidentemente, in programma. 
Aveva ingurgitato un antidolorifico e si era buttato a letto, come un naufrago. Brian si era preparato per la notte con più calma, era passato a controllare Susan poi l’aveva raggiunto. Justin aveva l’avambraccio piegato sugli occhi e non sembrava granché in forma. Gli aveva spostato il braccio e aveva sentito la temperatura sulla fronte con le labbra. “Non mi sembri caldo”
“Non ho febbre, solo mal di testa, adesso dormo e mi passa. Susan?”
“Ronfa come un sassolino. Vieni qui” e così dicendo l’aveva accolto fra le braccia e gli aveva massaggiato le tempie e la fronte.
“Stasera sei stato una piaga, cosa hai?”
“Solo mal di testa …” e si era accoccolato meglio.
Si era concentrato sulle tempie con una leggera pressione delle dita, poi con l’indice aveva seguito il profilo delle sopracciglia. “Cerca di dormire adesso e grazie di avermi accompagnato”
“Marito piaga e cliente sexy, meraviglioso” aveva borbottato soffocato sul cuscino.
“Piaga sexy. Dormi” E una mano era scivolata leggera ad accarezzare il retro del collo.
 
  
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