Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: EcateC    18/11/2019    4 recensioni
Sherlock Holmes ha concluso moltissimi casi e risolto altrettanti enigmi nella sua vita, eppure ne esiste uno particolarmente complesso, che mette a dura prova le sue ben note capacità deduttive. Questo rompicapo è biondo e si chiama John Watson.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
Quando Mary morì, la prima cosa a cui pensò John fu Rosie, la loro figlia piccola. Si era sentito subito smarrito e disperato, abbandonato a sé stesso con il gravoso compito di crescere una figlia tutto da solo.
Non si sentiva capace di farlo. Nessuno si sarebbe sentito all’altezza, a dire il vero, ma John e la sua intrinseca umiltà rendevano ancora più insormontabile quell’ostacolo che la vita gli aveva posto davanti.
Rosie non aveva neanche un anno e già aveva perso la madre, il destino per lei era già segnato, più duro di quello degli altri bambini.
Continuare a vivere in quella casa, dove vedeva in ogni angolo la presenza della defunta moglie, le sue abitudini e le sue cose, era fuori discussione. Anche l’analista gli aveva consigliato di trasferirsi, per ricominciare daccapo e lasciarsi il passato alle spalle.
E fu così che John Watson tornò ad abitare nel 221B di Baker Street, solo che ci tornò con una nuova ospite di appena dieci mesi.
E fu lo stesso Sherlock a proporgli di tornare. John non si sarebbe nemmeno azzardato a chiederglielo, dato che sapeva quanto il detective mal sopportava i bambini e quanto agognava il silenzio, eppure Sherlock aveva insistito.
-Sono allergico ai crostacei, non ai bambini- gli aveva comunicato per telefono, sempre con quel suo tono ovvio e apparentemente freddo.
John alla fine aveva ceduto ed era tornato da lui, con la consapevolezza che si sarebbe potuto ritrasferire altrove, quando la pazienza di Sherlock si sarebbe del tutto esaurita.
Ma tre anni passarono, e John e Rosie rimasero lì, nel 221B.
Accaddero molte cose in quel lasso di tempo, ci furono quattro casi importanti, uno dei quali impegnò il famigerato consulente investigativo per molti mesi e altrettante notti.
Solo che sul muro, vicino ai calcoli e ai complessi ragionamenti di Sherlock, iniziarono a spuntare anche dei cuoricini, dei fiorellini e degli altri disegnini colorati.
A Rosie non sembrava vero di poter disegnare indisturbata sui muri di casa. D’altronde zio Sherlock lo faceva…
-Non sono suo zio. Perché tua figlia si ostina a chiamarmi zio?-
-Perché i bambini fanno così, Sherlock. Credono che ogni adulto faccia parte della loro famiglia- gli rispose John, cercando di non mostrargli quanto la cosa lo divertisse.
-È sciocco e infantile-
-Ha quattro anni-
-Appunto-
-Zio Sherlock, la mia bambola è morta-
Sherlock non amava i bambini, per lui erano come delle scimmiette chiassose e contagiose come il raffreddore. Ma, pur essendo ben lungi dal voler interagire con quella piccoletta, ogni volta che lei lo chiamava, lui si ritrovava a risponderle. Ignorarla gli risultava incomprensibilmente difficile.
-Non è morta, si è rotta- sentenziò, secco.
-No, è morta!- cinguettò lei, insistente.
-Ribadisco che si è rotta-
-No, guarda, zio Sherlock! È stata uccisa!- proruppe Rosie, mettendogli una Barbie decapitata sotto il naso.
E John ogni volta li guardava, di sottecchi. Vedere quei due conversare era lo spettacolo più bizzarro e tenero a cui avesse mai assistito.
-Rosie, dai, lascialo in pace- esclamò alla figlioletta, ma con ben poca convinzione.
-No, non preoccuparti, John. Ovviamente so già chi è il colpevole. Sei stata tu, signorina Watson. Adesso chiamo Lestrade, così ti porta in prigione e butta via la chiave-
-No! Non è vero!- replicava la biondina con fervore, tirandolo per i pantaloni.
-Sì, invece, lo sto chiamando- le rispose Sherlock, mettendosi il cellulare all’orecchio -Pronto, Lestrade?-
-PAPÀ!!!- gridava a quel punto Rosie, correndo disperata da suo padre.
E, in tutto questo, John cercava di non dare troppo peso al fatto che sua figlia per giocare parlasse di cadaveri, di assassini e di investigatori. D’altronde, i bambini assorbivano tutto come delle spugne ed era incredibile che Sherlock Holmes, il suo imprevedibile e cervellotico amico, avesse fraternizzato con lei in maniera così semplice e spontanea. John li guardava e sorrideva fin troppo spesso, pensando che, alla fine, non tutto il male era venuto per nuocere.
Mary sarebbe stata contenta.
 
La rottura del loro strano ma piacevole equilibrio avvenne poco tempo dopo, con l’arrivo inaspettato di una persona, una donna, che entrambi gli uomini conoscevano ma che, col placido trascorrere del tempo, avevano finito per dimenticare… Più o meno.
Una donna, La Donna, come amava definirla Sherlock.
Irene Adler, la femme fatale per antonomasia, non aveva mai dimenticato Sherlock Holmes. Si era innamorata di lui a prima vista e durante tutti quegli anni non aveva mai smesso né di scrivergli, né di chiamarlo. E ciò valse malgrado il suo amato non avesse mai risposto a nessuno dei suoi incessanti messaggi, a nessuna lettera o telefonata. Sherlock la ignorava deliberatamente, ma la Adler non si dava mai per vinta. Lo amava, lo voleva e l’avrebbe avuto, punto.
E poi si era convinta che il suo mutismo protratto fosse dovuto sia alla sua patologica timidezza, che lei trovava tenera e attraente, che alla sua più generale stranezza ed eccentricità. Non le era sorto nemmeno in forma embrionale il dubbio di non essere ricambiata. Conosceva, o quanto meno, supponeva di conoscere il mistero che racchiudeva Sherlock Holmes.
Egli era freddo, distante e indifferente solo in apparenza, perché la sua brutale -geniale- schiettezza era in realtà una barriera contro il mondo, una maschera di cera che celava un animo sensibile, dolce e soprattutto ferito.
Non era facile essere diversi in un mondo di replicanti e fotocopie. E Irene Adler era andata oltre l’apparenza, aveva intuito questo suo potenziale d’amore. Solo che, evidentemente, non era stata l’unica.
John Watson era un rivale difficile da debellare. Ecco, una cosa che la donna non aveva compreso di Sherlock era proprio la sua sessualità. Alleggiava un grande mistero attorno ad essa. Il suo amato poteva essere tranquillamente vergine e omosessuale, oppure l’esatto contrario. In entrambi casi, Irene non sarebbe rimasta sorpresa.
Ma se Sherlock era davvero omosessuale, allora la battaglia contro Watson era persa in partenza. Perché il medico di guerra, coraggioso e da sempre un incallito corteggiatore delle donne, era semplicemente pazzo di lui.
E se l’aveva capito lei, figuriamoci se non l’aveva capito Sherlock Holmes.
 
 

 
Quando costei ebbe l’opportunità di tornare a Londra e di suonare al campanello del 221B, colui che le aprì la porta fu proprio John, che ovviamente l’accolse in modo non particolarmente caloroso.
-Che cosa ci fai tu, qui?-
-Dov’è lui?- le rispose costei, di getto.
-Se ti riferisci a Sherlock, non è in casa-
La Adler sospirò, assumendo un’espressione drammatica. Era bellissima come John la ricordava, elegante, truccata e dotata di una sensualità fuori dal comune. Dopotutto era una spia, un’astuta doppiogiochista, che utilizzava l’arma della seduzione per ottenere le informazioni che cercava. Ci aveva provato anche con Sherlock, ma senza successo.
-Dopo tutto il coraggio che ho dovuto racimolare per venire fin qui, lui non c’è- si lamentò, ma lo fece con grazia -Riesce sempre a sorprendermi-
-Che cosa vuoi da Sherlock?- le chiese allora John, sulle difensive. Ella sollevò gli occhi azzurri su di lui, pungendolo con lo sguardo.
-Non voglio qualcosa da lui. Voglio lui- lo rese edotto senza filtri o esitazioni -Lo amo. Lo amo disperatamente-
Watson rimase turbato. Quella dichiarazione d’amore lo maldispose, era come se si sentisse minacciato personalmente.
-Mi dispiace, ma ho ragione di credere che Sherlock non ricambi il tuo sentimento- la informò, duramente
-Non puoi saperlo con certezza. Lui è criptico, è impenetrabile, imprevedibile- elencò con tono morbido, avvicinandosi a ogni parola -Non puoi sapere cosa gli passa per la testa-
-Forse, ma in questi anni ho imparato a conoscerlo- replicò John, irritato -E ti posso garantire che non vuole avere niente a che fare con te-
Lei ci rimase male, ma non lo diede a vedere.
-Non ho intenzione di rinunciare a lui senza combattere- lo sfidò la Adler con lo sguardo.
-Come vuoi, ma sappi che è una guerra persa in partenza-
-Ha un’altra?- gli chiese allora lei.
-No-
-Un altro?- socchiuse gli occhi, guardandolo con eloquente sospetto.
-No-
-Sicuro?-
John colse la frecciatina.
-Non ci crederai mai, ma io continuo a essere eterosessuale, proprio come lo ero qualche anno fa, quando mi sono sposato con mia moglie- le rispose, sarcastico.
Lei tacque e lo guardò negli occhi con aria indisponente, come a volerlo smentire con lo sguardo.
-Sai, ho conosciuto miliardi di uomini nella mia vita e sono andata a letto con altrettanti, so riconoscere una bugia, quando la sento-
John si irrigidì -Allora ti consiglio di cambiare mestiere, perché io non ho detto nessuna bugia-
-Va bene, allora rispondi a questa domanda. Con chi preferiresti andare a letto, con Sherlock o con me?- gli domandò, sardonica. John la guardò dritto negli occhi, spazientito, lei gli sorrise.
-Preferirei chiunque a te-
-Ecco, ti sei dato la risposta. E dopotutto ti capisco, è difficile resistere a un uomo come Sherlock. È intelligente e ha una grande sensibilità, e poi è bellissimo-
John alzò le spalle, distogliendo lo sguardo -Non lo so. Suppongo di sì-
-Nessuno mi ha fatto sentire così nuda e disarmata come ha fatto lui-
-Non mi sembra una gran bella sensazione- le rispose John, sostenuto.
-Fidati, per una donna come me, lo è. Sono stata pagata per prendervi in giro, abbindolarvi e sedurvi e Diavolo, ci siete cascati tutti ogni volta- gli rispose, con una punta di disprezzo -Tutti uguali, tutti inetti, tutti incapaci di controllarvi e di mantenere un briciolo di dignità. Tutti, tranne lui- fece un sorriso triste al pensiero dell’amato -Per una volta che avevo di fronte un uomo che mi piaceva, con cui avrei fatto l'amore volentieri...-
-Sherlock non è il tipo che si fa incantare dalle prostitute- le rispose, secco -Sono altre le cose che lo colpiscono-
-Oh, lo so. È per questo che lo amo. Ti ha mai parlato di me?-
-No, mai- mentì l’altro, tacendo il fatto che Sherlock, in realtà, leggeva i suoi messaggini e non si era mai del tutto sbarazzato delle sue lettere.
La donna annuì, per nulla dispiaciuta o preoccupata.
-Capisco. Lo attenderò nella sua camera-
-Non se ne parla- John le afferrò il polso -Se proprio vuoi aspettarlo, lo aspetterai fuori, non in casa nostra-
-Vostra?- sottolineò, beffarda -Sei perso e non te ne rendi neanche conto-
John le mollò subito il polso, come se scottasse. Scosse la testa e fece un sorriso nervoso.
-Ora basta. Questo gioco inizia a diventare noioso, non fa più ridere- le rispose, serio -Io non sono gay-
-Lo dicevo anche io, tanto tempo fa- gli ammiccò, con quelle sue labbra rosse e tentatrici -E lascia che ti sveli un segreto. Non occorre essere gay per innamorarsi, succede e basta. Arrivederci… John? Dico bene?-
Watson non le rispose. Rimase fermo, guardandola andarsene con lo stesso astio con cui si osserva il virus di una malattia al microscopio.
-Chi era quella, papà?- domandò Rosie, sbucando dalla cucina con la Barbie senza testa in mano.
-Niente di importante, tesoro. O almeno spero-
John lo sperava, eccome se lo sperava.
Ora che avevano trovato finalmente un loro equilibrio e che erano diventati una famiglia, seppur atipica e deliziosamente strana, doveva intromettersi lei e rovinare tutto.
Certo, John non vantava nessun diritto nei confronti di Sherlock: era solo il suo coinquilino, che per avventura era diventato il suo migliore amico, il suo partner di lavoro e il parente più amato da sua figlia, anche se parente di fatto non era. Solo che…
Solo che.
Watson assistette all’incontro tra i due, stando appostato alla finestra. Sherlock non aveva sorriso né aveva dato alcun segno di gioia o sorpresa, nel momento in cui Irene gli era andata incontro. Ma d’altronde, questo aveva poco significato, Sherlock non era un tipo emotivo, cambiava raramente espressione.
In compenso, però, si era accorto immediatamente di essere spiato. Aveva alzato di scatto lo sguardo verso la finestra e aveva aggrottato le sopracciglia, come a dire “Cosa hai da guardare, John?”
John si allontanò prontamente dalla finestra e si mese con la schiena rasente al muro, dandosi dell’idiota.

 


 
-Non sono intelligente come te e non ho le tue capacità deduttive, ma l’ovvio credo di capirlo. Irene Adler ti ama, Sherlock, e tanto-
Il suddetto rimase fermo, disteso sul divano a osservare il soffitto.
-Sherlock?- lo chiamò John Watson, con fare speranzoso -Hai sentito cosa ho detto?-
-Ho sentito, non sono sordo-
-E quindi?- lo spronò John -Cosa hai intenzione di fare con lei?-
-No, la domanda è: cosa ha intenzione di fare lei, con me-
John alzò le sopracciglia, preso alla sprovvista -Che intendi?-
-Che cosa vuole La Donna da me, John? Perché ama proprio me? Ci ho pensato e ci sto pensando anche in questo momento, a dire il vero, ma non riesco a trovare una risposta soddisfacente. Solo banalità-
-Beh, a volte ci si innamora proprio delle banalità- tentò John, senza guardarlo.
-Non esiste niente di più insulso e mortificante delle banalità- replicò il detective, duramente.
-Sherlock, l’amore non è un rebus da risolvere. Ci si innamora e basta, non c’è un motivo- gli rispose l’altro, stancamente -E smettila di pensare che innamorarsi di te sia impossibile, sei meglio di quanto che credi-
Sherlock allora scattò a sedere con un colpo di reni e gli puntò i suoi occhi di ghiaccio.
-Perché?- gli domandò, scattante.
-Perché, cosa?- replicò John, sulle difensive.
-Perché devo supporre che sia facile innamorarsi di me?-
John si sentì arrossire -Bhe, perché… Io non so il perché, però so che sei geniale. Hai questo fantastico dono e lo usi nel modo giusto, per far del bene. Questo ti rende onore-
-Non lo uso per far del bene, lo uso per combattere la noia. È dal 2004 che lo ripeto, ma nessuno mi crede- gli rispose prontamente.
-Oh, suvvia. Sai meglio di me che potresti sfruttare queste tue capacità per la mafia o per altre organizzazioni criminali in cambio di tonnellate di soldi-
-Non mi interessano i soldi-
-Appunto, non è da tutti- insistette John, calmo -E questo sicuramente è un pregio che può piacere-
-Quindi, tu credi che La Donna mi ami perché sono intelligente e poco attaccato al denaro?- c’era un pizzico di ilarità nella sua voce.
-Non lo so, forse…- gli rispose John, a disagio, omettendo di dirgli ciò che sapeva -Comunque, stiamo parlando pur sempre di una spia, di una donna senza scrupoli e senza pelo sullo stomaco. Potrebbe aver inscenato questo ritorno per altri motivi. Secondo me non c’è da fidarsi, faresti bene a starle lontano-
Sherlock tacque, perdendosi a guardarlo. John continuava a radunare i giocattoli di Rosie con ostentata disinvoltura, cercando di apparire tranquillo e di non palesare quanto quello sguardo lo rendesse nervoso.
-Starle lontano, dici?-
-Sì- mentì John, teso -Io non mi fiderei-
-Hmm-
Il medico iniziò a sentirsi agitato, e non solo perché percepiva l’occhio vigile del detective sulla schiena. Aveva infatti commesso un errore madornale e non sapeva nemmeno lui perché: gli aveva mentito. Conosceva bene qual era il motivo per cui la Adler si era innamorata di lui, ma per una strana, pazza idea aveva fatto finto di non saperlo. Aveva mentito a Sherlock Holmes e mentire a Sherlock Holmes equivaleva a un suicidio, era la cosa più folle, stupida e autodistruttiva che si potesse fare sulla faccia della Terra. Perché Sherlock non lo stava semplicemente fissando, lo stava leggendo, viste le sue ben note capacità deduttive, e probabilmente lo aveva già beccato dal modo in cui stava sbattendo le palpebre o muovendo i piedi.
E ogni volta che si era sentito l’oggetto indesiderato delle sue deduzioni, John aveva avuto l’impulso di scappare e nascondersi da qualche parte, perché vivere con Sherlock Holmes era anche questo. Non poteva nascondergli niente, nemmeno le cose più imbarazzanti e personali, perché tanto il detective le scopriva semplicemente guardandolo in faccia…
 
“È stato di tuo gradimento? Ti sei appena masturbato, John, si vede lontano un miglio”
“Hai di nuovo guardato un porno? Ma perché sempre lo stesso?”
“Io non salirei su quella bilancia, se fossi in te...”
 
 
E questo era niente.
-John?-
“Ecco, ci siamo” pensò il suddetto, rassegnato.
-Dubito che La Donna sia interessata a me per quello che hai detto. Sono cose che piacciono a te, non a lei. Non è verosimile-
L’altro emise silenziosamente un sospiro di sollievo, ma non cantò vittoria.
-L’amore non è qualcosa di verosimile, e non può essere spiegato attraverso concetti o prove scientifiche. Devi rassegnarti e prendere le cose così come stanno-
Possibile che Sherlock non l’avesse beccato!?
-Tutto può essere oggetto di prova- gli rispose Sherlock, ostinato -Tutto accade per una ragione e ogni evento, umano e materiale che sia, è prodotto da un intricato rapporto di causa e di effetto. Lei si è innamorata di me, questo è l’effetto. Ma qual è la causa? E l’evento che ne consegue? Cosa vuole Irene Adler da me? Portarmi a letto? Sposarmi? Incastrarmi con un figlio? Cosa vuole? Voglio saperlo-
-Chiediglielo- esclamò tranquillamente John, alzando le spalle.
-No- rispose prontamente.
-Perché no?-
-Perché voglio arrivarci da solo-
-Secondo me perché hai paura- gli disse, accennandogli un sorriso.
-Non dire banalità, John. Sai che mi irritano-
-Comprendere l’animo femminile e capire cosa vuole una donna, credo sia impossibile anche per te. Senza offesa, naturalmente-
-Nessuna offesa-
-Però, se lei ti piace- sottolineò John, guardandolo in viso e attirando tutte le sue attenzioni -Puoi provare a scoprire cosa vuole, standoci insieme. Chissà, magari desiderate le stesse cose-
Sherlock non rispose e distolse lo sguardo, iniziando a riflettere. L’impresa era più complessa del previsto.
-Tu ti comporteresti così, se fossi al mio posto?- 
-Mi comporterei così, se lei mi piacesse-
-E come faccio a sapere se mi piace?- gli chiese il detective, studiandolo con lo sguardo.
John a quel punto si voltò e lo guardò, incredulo -Dai, mi prendi in giro? Se te la vuoi portare a letto, la risposta è sì, ti piace, altrimenti è no, tutto qua. Quindi? Ti piace o no?-
Sherlock gli accennò un sorriso e non gli rispose, lasciandolo sulle spine.
-Ti piace o no, Sherlock?-
John era stato sempre un uomo diplomatico, oltre che pacato e straordinariamente paziente. Sherlock non si capacitava di quanto potesse essere sconfinata la pazienza di John Watson. Egli lo sopportava quotidianamente e questo era incredibile, perché Sherlock si sentiva l’uomo più insopportabile dell’universo.

-Va bene, non me lo dire. Non che mi interessi, naturalmente, sono poi affari tuoi-

 
E dopotutto Sherlock suonava il violino a qualsiasi ora del giorno e della notte, svegliando e facendo piangere la piccola Rosie. Scriveva sui muri, gli scaricava il credito del cellulare, gli prendeva i soldi dal portafogli, si dimenticava la porta di casa aperta, lo svegliava in piena notte, aveva finto di essere morto, lo aveva imbrogliato, raggirato, messo in pericolo e tantissime altre cose orribilmente spiacevoli, eppure John era ancora lì, nel 221B.

-Molto maturo da parte tua, Sherlock. Davvero molto maturo, mi sembra di essere alle medie-

E Sherlock, col tempo, aveva capito perché John fosse stato così comprensivo e paziente con lui. Non era stata un’ardua sentenza, anzi, era una conclusione piuttosto banale se paragonata ad altri rompicapi che aveva risolto, ma era talmente utopica e inverosimile che all’inizio Sherlock non l'aveva accreditata. Aveva sposato la tesi, più dolorosa ma ben più attendibile, di fargli semplicemente pena. Successivamente, però, si era dovuto ricredere. Gli era occorso un po’ di tempo e molto coraggio, ma alla fine Sherlock Holmes era giunto all’audace conclusione che la pazienza, la sensibilità e la comprensione di John Watson derivavano solo da una cosa: l’amore.
 
-Ascolta, non è che ti devi vergognare. Desiderare qualcuno è normale, sarebbe più strano il contrario-
 
John lo amava, ecco l’azzardata verità. Per quanto ciò gli sembrasse incredibile e assurdo, era così. E non lo amava come un fratello, perché un fratello non è disposto a sopportare tutto questo. Forse nemmeno un padre, magari lo sarebbe una madre, ma Sherlock era abbastanza sicuro che John non si sentisse né suo padre né tanto meno sua madre. Dunque, John lo amava come si può amare una moglie, una fidanzata, un partner o quello che è. La Donna, Irene Adler, non avrebbe sopportato lui e le sue stranezze nel lungo periodo, perchè non lo amava quanto lo amava John. Sherlock ne era certo e lo ricambiava, per questo. Avrebbe voluto inginocchiarsi e ringraziarlo mille volte, scusarsi altrettante, baciarlo ancor di più, ma non ci riusciva. Non si sentiva capace di farlo. Ma forse John lo aveva capito, anzi sicuramente lo aveva capito. Era più intelligente di quello che credeva, John. 
Anche se, in alcune cose, aveva bisogno di una spintarella, un aiutino…

-Ci rinuncio, mi sembra di parlare con un muro-
-Tu cosa volevi da Mary?- gli chiese all’improvviso Sherlock, tentando un altro approccio.
John alzò lo sguardo, esterrefatto da una domanda del genere. Anche perchè di solito Sherlock non si prendeva la briga di domandare, lui deduceva le risposte e basta. Comunque John ci pensò su, sorridendo amaramente al pensiero della defunta moglie.
-Beh, io volevo avere una persona che mi stesse accanto, che mi capisse e mi spalleggiasse. Qualcuno su cui contare sempre e comunque-
Sherlock annuì -In altre parole, volevi me-
Lo sguardo di John fece uno scatto repentino -Cosa?-
-Io ti sto accanto, viviamo insieme- iniziò a spiegargli molto banalmente -Io ti capisco. Non capisco La Donna, ma capisco perfettamente te, sei un libro aperto, so come ragioni. E ti spalleggio, o quanto meno non ti ostacolo-
-Beh, ma… Non è la stessa cosa-
-Perché no?-
-Perché Mary era mia moglie e ci andavo a letto- replicò Watson, con imbarazzata ovvietà.
-Quindi l’unica differenza che c’era tra me e Mary, era il fatto che con lei andassi a letto e con me no?-
John era interdetto.
-Non ho detto questo-
-Hai detto proprio questo, John-
-Oddio, Sherlock! Non puoi paragonarti alla mia defunta moglie! Tu sei il mio migliore amico, non … Andiamo!-
Sherlock però non pareva molto convinto di quel discorso. Cioè, era perfettamente conscio che l’amore e l’amicizia erano due sentimenti diversi e non accostabili, seppur contigui. L’amicizia era un corollario dell’amore, una sua estensione, eppure aveva motivo di credere che c’era qualcos’altro, sotto.
-Sherlock?- lo chiamò John, preoccupato, vedendo che l’amico si era messo a fissare il vuoto.
-Tu sapevi perché La Donna si è innamorata di me, John- lo rese edotto, con la sua gelida tranquillità -Anche io lo so, ovviamente. Non ci vuole Sherlock Holmes, per capirlo. Lo sapevi ma non me l’hai voluto dire. Perché?-
-Scusa?- sussurrò il medico, a bocca aperta e con un nodo alla gola.
-Irene Adler è una dominatrice che brama con tutta se stessa di essere dominata- iniziò a spiegargli -E io, ignorando i suoi approcci sessuali, è come se l’avessi fatto. Le ho dimostrato di essere ben al di sopra di lei e dei suoi giochetti. Mi crede unico, diverso, speciale e tutte quelle altre sciocchezze che pensano le donne. E questa è una deduzione a prova di idiota, John, perfino Lestrade ci sarebbe arrivato. E tu lo sapevi, ma hai taciuto. E sai perché lo hai fatto?-
John scosse la testa, ammutolito.
-Perché eri geloso, visto che mi ami- concluse Sherlock, senza nemmeno sbattere le palpebre da quanto era teso.
John rinsavì all’improvviso. Arrossì come un papavero e spalancò la bocca -Cosa!? I-io non ti amo… Ma dico, sei impazzito?!-
-Non sono pazzo, sono un genio- lo confutò Sherlock, celando bene l’insicurezza che in realtà stava provando -E tu mi ami, lo capirebbe anche un sasso-
-Non è vero! Smettila subito!-
-Ho ragione. Tu, Irene Adler, Molly, tua figlia, mi amate tutti- esclamò, perplesso -Perfino Mycroft, ma io non riesco a capire il perché e nessuno me lo vuole dire. Perché siete tutti così fissati con me? Cos’ho di così speciale?-
Dire che John fosse imbarazzato era un eufemismo.
-Ascoltami bene- gli disse, puntandogli il dito contro. Sherlock allora congiunse le mani e ci appoggiò il mento, tanto per metterlo più a disagio. John lo sapeva, il detective lo stava fissando con aria concentrata e probabilmente aveva messo in moto tutta la sua maestosa materia grigia. Si fece coraggio, tanto ormai si era impelagato.
-Ascoltami bene, Sherlock. Io… Io ti voglio bene, ma non ti amo- lo informò John, intimidito -Perché non sono gay e Dio solo sa quante volte ho dovuto ribadirlo negli ultimi sei anni. IO-NON-SONO-GAY, D’ACCORDO!? Non sono gay, non lo sono mai stato né lo sarò mai! È chiaro o devo ripeterlo un’altra volta?!- concluse, sforzandosi di guardarlo negli occhi.
Aveva il respiro tremulo, John, si sentiva agitato più che mai. Quando poi Sherlock gli accennò un sorriso, uno di quei suoi rari sorrisi soddisfatti e divertiti, il povero Watson ebbe l’impulso di gettarsi fuori dalla finestra. Distolse subito lo sguardo e cercò di rassicurarsi mentalmente, perché no, non poteva essere vero, aveva quarant’anni, aveva una figlia! Non poteva essere…
Il poveretto guardò Sherlock, il quale aveva alzato un sopracciglio, in attesa.
-Sherlock-
-John-
-Sono gay, vero?- capitolò John, con una punta di disperazione. Il sorriso del detective si allungò.
-Devo rispondere a un quesito così elementare, Watson?-
-Fantastico- esclamò subito il medico, imbarazzato a morte -Davvero fantastico, la mia vita è una menzogna-
-John…?-
-No! Non dire niente, Sherlock! Hai già detto abbastanza!-
-John- lo richiamò il detective, più dolcemente -Sono le cinque, ci facciamo un tè?-
Il medico sollevò il capo e lo guardò negli occhi, incredulo. Tra tutte le uscite che poteva fare Sherlock in quel momento, quella era senza dubbio la più inutile e inopportuna.
"Ho appena scoperto di essere omosessuale, non me ne frega un accidente del tè!" fu la risposta pensata di John.
-Mi sembra un'ottima idea- fu invece ciò che gli disse realmente.
-Ho proprio un nuovo tè bianco da farti provare. Ti ricordi il caso di quella vecchia duchessa trovata morta nella sua cabina armadio?-
John annuì, ancora impacciato.
-Non puoi immaginare la collezione di té pregiati che nascondeva in salotto-
-Oh, Sherlock- constatò John -Non dirmi che hai rubato il té a una delle nostre vittime?-
-E perché no?- replicò costui con tono ovvio -Lei era morta, chi mai l'avrebbe bevuto?-
John in realtà aveva diversi argomenti per replicare, ma preferì accenargli un sorriso e scuotere la testa -Tanto hai sempre ragione tu-
-Vedi che sei intelligente?- gli fece notare Sherlock, ricambiando il suo sorriso.
John si sentì arrossire e lo guardò mentre si avviava verso la cucina.
"Oh, merda" pensò, passandosi una mano tra i capelli corti "Sono gay. E adesso?"
Sarebbe cambiato qualcosa tra loro? John non avrebbe saputo dirlo con certezza, sapeva solo che ora avrebbe bevuto il tè con lui, nel loro appartamento al 221B di Baker Street.
Il resto non importava.

Sherlock intanto era arrivato in cucina. Mise sul fuco la teiera e digitò un messaggio sul cellulare, velocemente.
 
 
“Grazie. SH”
“Prego, amore mio” gli rispose Irene Adler “Ti amo ancora”
 
 
 



 
 

 
 
Note
Non poteva mancare almeno una fanfiction dedicata alla Johnlock nella mia pagina, sarebbe stata una lacuna imperdonabile, visto quanto mi è piaciuta la serie  <3
Comunque, se non si fosse capito, Sherlock e Irene Adler qui erano d’accordo e hanno organizzato tutto per vedere come avrebbe reagito John, il quale ha reagito proprio come Sherly si sarebbe aspettato.
La Adler acconsente perché lo ama davvero e farebbe di tutto per lui, perfino aiutarlo a trovare l’amore, o almeno questo è ciò che penso. Sappiate che ho dovuto lottare con me stessa per non inserire "Moriarty" nella lista delle persone innamorate di Sherlock ;)
Infine il titolo non è legato solo all'amore inossidabile di Irene, ma anche a quello di John, che continua ad amare Sherlock malgrado tutti i "dispetti" (chiamiamoli così) con cui il suo amato lo ha messo alla prova.
A presto, 

Ecate


 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: EcateC