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Autore: piccina    21/11/2019    2 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Susan i BRACCIOLI. Ho detto i BRAC-CIO- LI! Mi sono rotto il cazzo!”
“Eh?”
“L’anno prossimo altro che danza, yoga e cazzate varie, fila in piscina a fare un corso. Visto che si caccia sempre in acqua che almeno impari a nuotare. Mica ho studiato da bagnino io!”
Justin aveva sogghignato davanti all’ennesimo tentativo di Brian di nascondere con il sarcasmo l’ansia che provava per le spericolatezze della figlia.
“Buona idea, sig. Kinney, ce la accompagni tu?”
Con la consueta aria di superiorità aveva risposto che se fosse stato necessario si sarebbe organizzato, al che il marito non si era potuto trattenere da sghignazzargli in faccia.
“Cosa ridi?” aveva ribattuto sostenuto mentre infilava i braccioli alla bimba.
“Niente, niente …, ma povera Susan che porterà i braccioli fino al college”
“Sei un coglione, se ce la devo portate io, ce la porto!”
“Certo una volta su tre, per impegni improrogabili e considerando poi che per il governatore si vota fra 11 mesi, stiamo freschi proprio”
Brian aveva sbuffato, che Justin non ricominciasse con questa assurda antipatia verso il suo ultimo incarico.
La mattina successiva si erano alzati all’alba e approfittando del fatto che Susan dormisse ancora alla grande si erano concessi un tuffo fra le onde appena rischiarate dal sole nascente. Due bracciate al volo, con il cuore leggermente accelerato per il senso di colpa di averla lasciata incustodita per qualche minuto, per quanto dal mare riuscissero perfino a vedere la grande finestra della camera della bambina. Poi erano rientrati, Brian si era fatto la doccia velocemente mentre lui era salito a controllare Susan che dormiva beata, poi era sceso ad apparecchiare il tavolo in terrazza. Il sole era un po’ più alto e iniziava a scaldare le assi di legno del pavimento, così aveva lasciato le ciabatte in casa e si godeva l’odore del mare, il silenzio e la prima tazza di caffè della giornata. Brian era arrivato strofinandosi i capelli e nell’aria si era confuso salino e profumo del bagno schiuma, portava un paio di pantaloni di cotone leggero, morbidi sui fianchi e una maglietta chiara, anche lui a piedi nudi. Aveva afferrato e sbucciato una banana mentre si versava del caffè dalla caraffa, si era seduto e Justin aveva allungato le gambe, mettendogli i piedi in grembo. Gli aveva sorriso.
“Mancherete anche a me” aveva risposto a una muta affermazione.
Aveva annuito, Brian doveva rientrare a casa e le sue ferie erano lontane ancora tre settimane, quindi avevano davanti almeno due we da pendolare sui cieli d’America per lui e da papi single al mare per Justin. Si sentiva un po’ stupido, ma tutte le volte, il lunedì mattina, quando Brian finiva di prepararsi e lui chiamava il taxi che avrebbe portato il marito in aeroporto cadeva preda di una sottile malinconia. 
Non avevano sparecchiato ed erano rientrati in camera insieme. Justin si era lanciato sul letto e Brian aveva tirato fuori dall’armadio un completo, poi si era soffermato qualche secondo davanti alle quattro o cinque cravatte che aveva portato in Florida, si era girato con una di Ferragamo nella sinistra e una di Marinella nella destra: “Quale delle due?”
“Lui è il tuo tipo, lo so bene. A te piacciono sempre gli stessi”
Brian l’aveva fissato senza capire, poi aveva avuto l’illuminazione “Non dire cazzate e aiutami a scegliere la cravatta” poi siccome Justin non dava segni aveva continuato “eh sì, infatti ho scelto una testolina di cazzo bionda per marito. Allora? Ferragamo o Marinella?”
Justin aveva indicato quella più chiara con un gesto del capo, Brian aveva lanciato la cravatta perdente sul letto e si era voltato verso lo specchio per indossare l’altra, quando aveva sentito il tepore del petto del marito passare attraverso la leggera stoffa di lino della camicia e l’erezione spingere sul suo culo. Gli dava piccoli colpi muovendo a scatti le anche, che la sentisse bene. Il viso era nascosto dalle spalle di Brian e non si vedeva l’espressione riflessa nello specchio. Senza voltarsi gli aveva afferrato le mani e se le era spostate sul suo cazzo che stava spingendo contro la zip nascosta dalla patta dei pantaloni.
Justin aveva iniziato a mormorare umido sulla fine trama del lino: ”Sei bello, sexy, sensuale, sei sempre tu: Brian Kinney e io ti voglio”
“E’ così che mi vedi? Ancora?”  
“Non sono il solo, anche il tuo amico ti vede così e so perfettamente cosa vorrebbe che gli facessi”
Fissando la propria immagine nello specchio Brian aveva chiesto a voce bassa: ”Vuoi che ti faccia vedere cosa ho voglia di fare solo con te?”
Justin lo aveva stretto forte alla vita, gli aveva dato un morso sulla schiena, sotto la scapola, abbastanza forte da farlo sussultare e da lasciagli il segno attraverso la camicia.
“Sei felice Brian?”
Finalmente si era girato, agli aveva passato le mani lungo le braccia nude, sentendo sotto i palmi il solletico dei peli di Justin, lo aveva massaggiato per poi prendergli il viso fra le dita. “Sì, sono felice e vorrei lo fossi anche tu”
Justin aveva sussultato, come se si fosse risvegliato:” Lo sono e tu devi prendere un aereo” gli aveva sistemato la cravatta sotto il colletto e stretto il nodo. Si era alzato sulle punte, lo aveva baciato sulla bocca e si era allontanato per chiamare un taxi.
Brian aveva fatto un salto in camera di Susan per poi infilarsi le scarpe mentre la macchina si fermava davanti alla porta. Le dita di Brian a scendere con fatica fra i capelli biondi un po’ stopposi di salino e ancora umidi, un bacio con la mano già sulla maniglia della portiera e via.
“Ci sentiamo stasera” “Fai buon viaggio” 
Susan non si sarebbe svegliata che un’ora dopo, si era quindi diretto con calma verso la terrazza con l’intenzione di riassettare, ma il richiamo della caffeina era stato vincente, seduto con i piedi sulla balaustra sorseggiava la bevanda ancora calda, anche se non più bollente come piaceva a lui. Qualche salutista correva lungo la battigia e i gabbiani si rincorrevano, tuffandosi nell’orizzonte. Aveva sospirato e si era stiracchiato, non aveva ancora fatto la doccia dopo il bagno in mare e la pelle iniziava a tirargli, era un fastidio piacevole.
Gli era sembrato di sentire la porta di entrata aprirsi e chiudersi, ma aveva pensato di essersi sbagliato, la cosa era stata però sufficiente a distoglierlo dalla contemplazione dell’oceano e indurlo ad alzarsi. Con un le mug in una mano, tenute per i manici e un piatto nell’altra, appena messo piede in casa, aveva sbattuto contro Brian quel po’ di bevanda rimasta sul fondo era entrata in tumulto e una goccia era caduta dritta per terra atterrando sul suo alluce nudo.
“Brian?!”
“Tu la devi proprio smettere! Hai capito biondino?!” Gli aveva tolto il piatto di mano e l’aveva appoggiato alla ben e meglio sul cuscino del divano, poi lo aveva baciato con insistenza, c’era amore e cazziatone in quell’inseguire la sua lingua e il suo respiro. Quando si erano staccati, si era passato una mano fra i capelli e raddrizzato la cravatta.
“Non dovresti essere in strada per l’aeroporto?”
“Dovrei… e se il taxista vuole il centone in più e mi sbrigo forse ce la faccio ancora”
“Sei pazzo. Fila via” gli aveva dato con una pacca sul sedere e un sorriso a tutta bocca.  
“Vado e tu PIANTALA! Ci vediamo venerdì”
Justin l’aveva salutato con un bacio camminando verso il taxi e si sentiva anche un po’ un coglione, ma un coglione leggero.  
  
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