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Autore: Journey    22/11/2019    2 recensioni
Che cosa succederebbe se Lucifer e Chloe si fossero incontrati quand'erano ragazzi per poi perdersi di vista e ritrovarsi solo da adulti? E che cosa succederebbe se nei loro giorni di gioventù avessero avuto una figlia che hanno rincontrato solo dopo diciotto anni? In questa FF un po' AU, un po' OCC, e sicuramente What If? i nostri protagonisti si troveranno a fare i conti con questa nuova nuova situazione.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11


Amenadiel e Uriel entrarono nella camera d’ospedale di Abigail. Si credeva che fosse affetta da una patologia estremamente contagiosa, motivo per il quale, Lucifer e Chloe indossavano delle tute particolari. Era al reparto infettivo, ma i due angeli, consapevoli della loro immortalità e immunità, entrarono in quel luogo, sprovvisti di ogni accortezza. Chloe era accanto a sua figlia, le teneva la mano e con l’altra le accarezzava la testa. Il volto, seppur parzialmente nascosto dal casco che la proteggeva, era segnato e gonfio per le continue lacrime. Lucifer dava loro le spalle. Aveva una mano sul muro e con il viso chino, guardava per terra. Quando sentirono la porta chiudersi, entrambi si girarono speranzosi. Ma, non appena il diavolo vide suo fratello Uriel, scattò, in un impeto di rabbia, verso di lui. Lo afferrò dal collo e lo attaccò al muro. Chloe immediatamente lo raggiunse e appoggiò la sua mano sul braccio del suo partner.
“Che stai facendo, sei impazzito?” domandò “Lascialo andare, subito”
“Chloe, non posso. È lui il motivo per cui Abigail è in questo stato” esclamò lui cercando di non guardare la donna al suo fianco. Ma la presa su suo fratello cominciava già a farsi più debole a causa di quella mano posata sul suo braccio.
“Non mi interessa, Lucifer. Lascialo andare, immediatamente!” esclamò lei.
Lui la guardò per un attimo e i suoi occhi cambiarono. Lasciò la presa su suo fratello che si massaggiò il collo e si chiese perché nella sua famiglia tutti amassero prendersela con il suo povero collo. Poi tornò in sé e notò il modo in cui suo fratello guardava quella donna. Come se fosse la cosa più preziosa al mondo. E per un istante, uno soltanto, si sentì incredibilmente in colpa. Ci teneva a lei. Glielo si leggeva chiaramente in faccia. Aveva vissuto con quel diavolo per eoni e per altrettanti era stato confinato all’inferno a compiere il lavoro più vile dell’universo. E quello bastò a ricordargli perché non poteva permettere che suo padre spedisse lui laggiù a far da guardiano e da torturatore a quelli ignobili bestie. Voleva disperatamente che Lucifer tornasse a regnare all’inferno ed era disposto a sacrificare la vita di quelle due persone, anche se Chloe sembrava tremendamente gentile e sua nipote non era così male. Ma non era disposto a sacrificare la vita di centinaia di altre anime umane. E quello era esattamente ciò che sarebbe potuto succedere se non avesse spiegato ai suoi fratelli per quale motivo Abigail stesse così male. Lui lo sapeva per un motivo: aveva già visto quel momento. Ma nelle sue visioni sarebbe arrivato anni dopo. Abigail stava per ricevere le ali e la luce divina da queste emanate, alla loro prima comparsa, con tutta la sua potenza, avrebbe potuto disintegrare tutti i mortali lì presenti.
“Che ci fai tu qui? Se non vai via immediatamente, ti ucciderò” disse convinto.
“Luci lascialo parlare” lo interruppe Amenadiel.
“So come aiutare tua figlia, fratello” gli disse.
“E come, idiota?” domandò lui.
“È molto semplice in realtà, dobbiamo portarla via di qui, immediatamente. Abbiamo poco tempo”
“Non ti aspetterai davvero che io porti via mia figlia dall’unico luogo in cui potrà ricevere aiuto solo perché me lo dici tu, lurido traditore?” continuò Lucifer.
“So che non ti fidi di me. E io non mi fido di te. Voglio che tu vada via da questo posto tanto quanto tu vuoi uccidermi. Ma nonostante i miei piani non posso permettere a tua figlia di compiere un omicidio di massa” disse Uriel.
“Di che sta parlando?” domandò Chloe.
“Di niente, sta tranquilla” rispose Lucifer.
Uriel fece un cenno col capo a Lucifer e questi lo seguì nel corridoio. I due fratelli rimasero soli dopo il loro ultimo incontro.
“Non voglio fregarti. Ma so cos’ha tua figlia”
“Come fai a saperlo?”
“L’ho visto!”
“Allora aiutala!” esclamò Lucifer.
“Sono qui per questo. Tua figlia sta ricevendo le ali. È come per i mocciosi umani quando mettono i denti. Soffrono come cani, gli viene la febbre e poi dimenticano tutto quel dolore. Ma se la lasci qui la tua preziosa detective e probabilmente gran parte della gente in questo edificio morirà” disse Uriel cercando di banalizzare la cosa.
“Come può Abigail far loro del male, Uriel? Non capisco”
“La luce divina! È troppo potente, potrebbe ucciderli tutti. E potrebbe uccidere anche te qualora tu fossi accanto alla detective. Lucifer, lei ti rende umano” gli disse il fratello.
“Lo so, lo so che mi rende umano, che mi rende vulnerabile” sbottò quello.
“E continui a starle accanto? Tu sei fuori di testa, da quanto lo sai?”
“Lo so da un bel po’. Lo scoprii qualche tempo dopo l’assassinio di Delilah. E sì, continuo a starle accanto. È la madre di mia figlia e se devo essere sincero, non mi sembra un motivo valido per decidere di starle lontano” affermò sicuro.
“Cavoli tuoi. Ascolta dobbiamo trovare un posto in cui portare Abigail, un posto in cui nessuno possa essere carbonizzato dalla luce divina. Un luogo isolato, insomma” disse Uriel.
“Ok, la mia Penthouse può andare bene?”
“No Luci, c’è troppa gente che va e viene da quel posto. Ci serve un luogo isolato”
“Ok, portiamola in mezzo al deserto”
“Questa è un’idea migliore” concordò Uriel.
“Vado a firmare le carte di dimissione. Ce la portiamo via di qui il prima possibile” disse Lucifer.
 
“Lucifer, che sta succedendo? Che state facendo?” domandò agitata la detective.
“Portiamo via Abigail, Chloe”
“No, non potete portarla via. I medici non sono ancora tornati con i risultati. Non sappiamo cos’abbia. Potrebbe essere letale, deve rimanere in ospedale. Solo loro possono curarla. Lucifer, ascoltami. Che stai facendo?” domandò disperata Chloe continuando a seguire l’uomo che preparava la ragazza al trasporto.
“Detective!” l’ammonì lui.
Si voltò a guardarla e notò che le tremavano le mani, le lacrime avevano ripreso a scendere violente sul suo viso e a stento si reggeva in piedi. Le si avvicinò e la sorresse, la condusse davanti ad una sedia e la fece accomodare. Si piegò sulle ginocchia. Le mani sulle gambe di lei che aveva il viso basso.
“Lo so, può sembrarti assurdo. Ma è l’unico modo”
“Lucifer, ti prego non portarla via. Non sono pronta a dirle addio. Dovevamo recuperare la nostra vita insieme e sei mesi non sono abbastanza. Io non posso lasciartelo fare. Lei ha bisogno di cure, deve restare qui” continuò la detective tra le lacrime e i singhiozzi.
“Chloe, Abigail starà bene. Non devi dirle addio, devi solo fidarti di me e”
“E di chi? Di quell’uomo che fino a poco fa hai cercato di strangolare proprio in questa stanza? Lo stesso che ti ha conciato in questo modo?” domandò riferendosi ai suoi lividi “Basta guardare la sua faccia per capire che è con lui che hai fatto a botte”
“È assurdo. Non c’è spiegazione plausibile che tu possa comprendere, detective. Lo capisco e ti sto chiedendo di fare un atto di fede molto grande. Ma sono certo che Abigail starà bene. Tu le vuoi bene sopra ogni cosa, lo so. E, potrà sembrarti strano, ma io provo lo stesso. E non permetterei mai a nessuno di farle del male. Voglio che questo sia chiaro. Voglio che tu lo sappia. Non sono il tipo di uomo che parla di sentimenti, non ne sono capace, forse per orgoglio, forse perché mi renderebbe ancora più vulnerabile. E ultimamente lo sono già troppo, ma non posso nasconderti come mi sento in questo momento. Io voglio bene a questa ragazza” disse indicando la ragazza sul suo letto d’ospedale “con tutto me stesso. Perciò fidati di me, Chloe” concluse lui cercando di tranquillizzarla.
Ma non appena si alzò e le diede le spalle, sentì un rumore metallico estremamente familiare. Si voltò. Chloe gli stava puntando addosso una pistola.
“Dì immediatamente ai tuoi amici di allontanarsi da mia figlia o ti sparo”
“Puntualizzo: sono i miei fratelli. Che stai facendo, detective? Da dove hai tirato fuori quella pistola?” domandò lui.
“Sono una poliziotta, ne ho sempre una addosso per le emergenze, anche in questa tuta assurda. Ora, lentamente, rimettete tutti quei congegni a posto e lasciate la stanza” continuò lei sicura.
“Detective sei sconvolta, lo capisco. Ma devi fidarti di me”
“Basta, Lucifer! Non mi fido di te. No! Vuoi portarla via. Morirà! Come posso fidarmi di te?”
“Non morirà, stupida umana! Morirete voi se non la portiamo via di qui, immediatamente!” si intromise Uriel.
“Non chiamarla stupida umana o ti prendo a pugni” intervenne Lucifer.
“Smettetela!” urlò Amenadiel. “Lucifer esci immediatamente!” gli ordinò l’angelo.
Lucifer sbuffò e uscì dalla stanza.
L’arma della detective era ancora puntata contro di loro. Amenadiel si avvicinò alla donna con le mani alzate e lo sguardo fisso.
“Chloe stai soffrendo, lo capisco. Ma sparare a uno di noi potrebbe non essere una buona idea. Soprattutto mentre c’è tua figlia nella stanza. Non ti chiederò di fidarti di me o di noi” disse indicando Uriel “non hai motivo per farlo. Ma Lucifer non farebbe mai nulla per ferirti. Questo ormai dovresti saperlo”
E mentre l’angelo continuava a parlare distraendo la detective, Uriel trasportava, molto silenziosamente, la ragazza nel corridoio. Quando Chloe sentì il rumore della porta chiudersi, si spostò per guardare oltre Amenadiel e vide che sua figlia era sparita. Il tempo di girarsi a guardare l’uomo con cui stava parlando ed era sparito anche lui. Uscì nel corridoio, ma di loro con c’era traccia. Corse velocemente verso l’ascensore e si infilò al suo interno mentre le porte si chiudevano. Si tolse di dosso quella tuta fastidiosa. Arrivata nel parcheggio sotterraneo, li vide. Stavano adagiando Abigail nella macchina di Lucifer. Decise che li avrebbe seguiti. Ma come? Non aveva l’auto, avevano preso quella del suo partner per andare in ospedale. Si guardò attorno. Vide un uomo avvicinarsi ad un’auto. Lo seguì. Gli mostrò il badge facendogli segno con il dito di tenere la bocca chiusa.
“L.A. P. D. devo sequestrare il suo veicolo” disse.
L’uomo annuì e le consegnò le chiavi dell’auto.
 
Per tutta la durata del viaggio, Chloe si chiese dove diavolo stessero portando sua figlia. Sperava, in cuor suo, che Lucifer non avesse perso del tutto la testa e stesse trasportando Abigail in una struttura specializzata in cui avrebbe potuto ricevere le cure adeguate. Ma più il tempo passava e più si allontanavano da Los Angeles. Si erano inoltrati nel deserto afoso, arido e secco della California e, ormai la detective aveva messo da parte la fantasia. Stava per accadere qualcosa di losco, se lo sentiva nelle ossa. I pensieri più tragici cominciarono ad affollarle la mente. Volevano scaricare il corpo di sua figlia nel deserto? Volevano abbandonarla lì, lontano da ogni anima viva per evitare che contagiasse altre persone? Qualunque fosse la loro motivazione, non avrebbero portato a termine il loro piano. Lei li avrebbe fermati. E li avrebbe fermati a costo della sua stessa vita. Aveva ritrovato sua figlia dopo diciotto anni, non avrebbe permesso a niente e a nessuno di portargliela via di nuovo.
Nel frattempo, Lucifer alla guida della sua auto d’epoca, discuteva animatamente con i suoi fratelli, mentre la povera Abigail giaceva sofferente e inerme sul sedile posteriore. La sua testa sulle gambe di Uriel.
“Ti giuro che se questa cosa non dovesse funzionare e mia figlia dovesse morire, ti farò a pezzi. Letteralmente a pezzi” esclamò Lucifer girandosi a guardare suo fratello.
“Lucifer, occhi sulla strada!” lo ammonì Amenadiel.
“Sei un idiota!” commentò sottovoce Uriel.
“Che hai detto? Dimmelo in faccia” lo istigò l’altro girandosi verso il fratello.
“Lucifer, la strada!” continuò Amenadiel.
“Sei un idiota! Guidi senza guardare la strada”
“Non insultarmi, idiota!” esclamò il diavolo dando un pugno sulla spalla del fratello.
“Smettetela di fare i bambini!” esclamò innervosito il maggiore. “Lucifer, guarda la strada e Uriel tieni per te i tuoi commenti”
Lucifer guardò il più piccolo dallo specchietto retrovisore e alzò il dito medio. Uriel fece una smorfia di fastidio e incrociò le braccia al petto.
“Siamo arrivati, qui mi sembra piuttosto isolato” affermò il diavolo lasciando la strada e inoltrandosi nel deserto californiano.
“Lasciamo la macchina lì dietro, non vogliamo attirare l’attenzione di eventuali passanti su di noi” commentò Amenadiel. Gli altri due annuirono. Lucifer nascose l’auto dietro un imponente masso roccioso. Prese tra le braccia sua figlia. Era ormai pomeriggio inoltrato, ma faceva tremendamente caldo.
“Che dobbiamo fare adesso, Uriel?” domandò Amenadiel.
“Dobbiamo aspettare” rispose l’altro.
“Quanto?” chiese Lucifer.
“Non lo so con esattezza, ma so per certo che succederà di notte”.
Lucifer a quel punto guardò sua figlia. I farmaci che l’aiutavano a sopportare il dolore stavano svanendo. Aveva ripreso a sudare e la febbre, stabile fino a quel momento, aveva ripreso a salire. Le accarezzò il viso.
“Andrà tutto bene” le disse.
Amenadiel osservò suo fratello. Non l’aveva mai visto così preoccupato. Amava quella ragazzina, era chiaro. Uriel si trovò a pensare alla stessa cosa. Il modo in cui la guardava, la gentilezza e l’attenzione con cui le accarezzava il viso, avrebbe fatto di tutto per quella persona… anche tornare all’inferno. Aveva avuto un’idea geniale. E quando questo contrattempo si sarebbe risolto, avrebbe ripreso il suo piano.
Nascosta dietro i massi rocciosi del deserto, Chloe Decker continuava a spiare quei tre da lontano. Lucifer aveva tra le braccia Abigail, ogni tanto l’accarezzava. E poi, con gli altri due, non facevano assolutamente nulla. Parlavano, poi si zittivano e poi riprendevano a parlare. Erano più di due ore che andava avanti quella storia. Il sole era tramontato da un po’ e l’oscurità stava inghiottendo quel posto. Doveva trovare un modo di avvicinarsi a loro oppure, una volta diventato completamente buio, non avrebbe più visto molto.
 
“Ci siamo quasi” disse Uriel chiudendo gli occhi e inspirando profondamente. “È ora che tu la metta giù”
“Ma è tutto sporco ed è scomodo, preferirei tenerla in braccio” si giustificò Lucifer.
Ma non ingannò nessuno. La verità era che non voleva assolutamente lasciarla andare. Nonostante una parte di lui era sicura che suo fratello non lo stesse prendendo in giro, ce n’era una assai più fastidiosa che non voleva dargli retta e che cercava di proteggere a costo della sua stessa vita quella ragazzina.
“Lucifer, devi lasciarla andare. Sta per ricevere le ali, non puoi tenerla in braccio” gli disse Amenadiel mettendogli una mano sulla spalla in segno di conforto.
“Va bene” rispose lui. Poi guardò Uriel. “Se le accade qualcosa, ti ammazzo”.
Adagiò lentamente sua figlia sul terreno sabbioso del deserto. E si allontanò leggermente.
“Mani in alto!” esclamò una voce estremamente familiare alle sue spalle.
Si girò lentamente e l’espressione sul suo viso si fece più preoccupata.
“Ovviamente sei qui, detective! Va’ via, non sei al sicuro”
“Se pensi che ti lascerò uccidere mia figlia, non hai capito niente. La difenderò a costo della mia vita e a costo della vostra” esclamò la detective avvicinandosi a lui.
“Detective se non vai via di qui immediatamente, il tuo coraggio ti costerà per davvero la vita. Ad Abigail non succederà nulla, ne puoi stare certa. Ma tu, tu non avresti scampo”
“Lucifer sono stanca delle tue stramberie. Abigail verrà via con me e se provate a mettervi in mezzo, non avrò pietà di voi. Mi dispiace” affermò lei mentre una lacrima le scese sul viso.
Proprio in quel momento, una fioca luce bianca proveniente da Abigail cominciò a farsi strada nell’oscurità della sera. Chloe sbarrò gli occhi e, tremolante tentò di avvicinarsi a lei.
“È troppo tardi, Lucifer. Dovete andare via di qui. Siete in pericolo entrambi” eslcamò spaventato Amenadiel.
“Non ce la faranno mai” aggiunse Uriel.
La luce diventava sempre più intensa e prepotente. Si stava diffondendo sempre di più. Immediatamente Lucifer si gettò su Chloe aprendo le sue ali e coprendola.
“Lucifer! Lasciami andare, che succede? Dove siamo?” domandò quella cercando di divincolarsi stretta nelle sue braccia.
“Chloe io vi proteggerò sempre a costo della mia vita” quelle furono le sue ultime parole.
La luce di Abigail stava illuminando, come il sole in un giorno d’estate, il deserto della California.
 
“E tu, in che modo sei meglio di lui? Perché gli umani pensano di poter redimere un atto cattivo con un altro atto cattivo? È chiaramente la prima volta che questo verme ama davvero una donna e questa è la sua ricompensa?”
“Stai lontano da lei!” esclamò il fratello della ragazza cercando di attaccare Lucifer alle spalle.
Lui, senza neppure girarsi, gli sferrò un colpo alla gola mettendolo k.o. La pistola della ragazza ancora puntata verso il diavolo che per un attimo le mostrò il suo viso terrorizzandola e facendola arretrare.
“O mio dio!” esclamò lei. “Mi dispiace”
“Ti dispiace?”
“Per favore, non farmi del male!” continuò quella alzando le mani.
“Perché tutti dicono la stessa cosa prima di essere puniti?” si chiese Lucifer facendosi sempre più vicino a lei che ormai, seduta per terra strisciava all’incontrario sul pavimento come un verme tremolante e singhiozzante di paura.
“Non uccidermi!” lo implorò.
“Lucifer, non muoverti!” lo avvertì la detective arrivando alle sue spalle.
“Detective dovresti andare via” rispose lui mentre guardava la ragazza nascondere il viso nelle braccia.
Il volto di Lucifer cambiò ancora una volta e, in quel momento, Chloe intravide il suo riflesso su una superficie metallica.
“Chi sei tu?” domandò abbassando l’arma, spaventata.
Lucifer si girò lentamente.
“Cosa sei?” continuò la detective.
L’espressione di lui era sicura, ferma, dura. Non l’aveva mai visto così. Non aveva mai avuto paura di lui, ma in quel momento ne ebbe. Quello non era l’uomo che conosceva. Il battito si fece accelerato e il respiro pesante. Le mani cominciarono a sudarle mentre i suoi occhi scuri la scrutavano. Attorno a loro tutti erano al suolo, sofferenti per motivi diversi. Il fratello della presunta vittima subiva ancora le conseguenze del pugno alla gola. Il playboy fasullo gemeva per la ferita d’arma da fuoco e la ragazza se ne stava rannicchiata in un angolo spaventata e con la testa ancora tra le braccia.
“Sei stato tu?” domandò Chloe riferendosi a quei tre.
“Ho cercato di dirtelo, sono il diavolo” rispose Lucifer.
“Non è possibile” continuò lei.
“Te lo assicuro, detective. Lo è. Insomma, l’hai detto tu stessa che ci sono cose che non riesci a spiegarti. Vuoi un’ulteriore prova? Hai la pistola, sparami”
“Non posso spararti” gli rispose lei.
“Sì che puoi, avanti. Spara così saremo pronti per andare avanti” le disse lui incitandola e sorridendole.
Lei scosse la testa contrariata. Non avrebbe mai potuto sparargli.
“No”, rispose.
“Oh, avanti sparami, detective. Per favore. Così finalmente…” cominciò a dire Lucifer, ma non ebbe il tempo di finire perché Chloe aveva premuto il grilletto e gli aveva sparato. L’aveva preso alla gamba. Non se lo sarebbe mai aspettato, ma stava provando un dolore insopportabile. Era impossibile. Lui era immortale. Niente e soprattutto nessuno avrebbe potuto ferirlo. Serrò la mascella. “Buon per te!” esclamò “Vedi, non fa quasi male” disse. “Ok, un attimo, sta facendo un po’ male. Dio, sta facendo davvero male” continuò mettendo una mano sulla ferita.
Chloe lo guardava scioccata e incredula per avergli sparato. Lui tirò su la mano e notò che stava sanguinando.
“Sto sanguinando” disse.
“Stai sanguinando” disse lei.
“Sto sanguinando” continuò lui.
“Ovviamente stai sanguinando. Oddio cosa ho fatto!” si chiese lei ad alta voce portandosi una mano sulla fronte.
“Io non sanguino” disse lui prima cadere in ginocchio sofferente.
Chloe gli si avvicinò immediatamente. Si inginocchiò davanti a lui.
“Lucifer, mi dispiace. Stai bene?” gli domandò.
“Cosa significa?” chiese Lucifer guardandola.
“Significa che ti ho sparato e che sono un’idiota. E mi dispiace”
“Oh, fa malissimo!” continuò a lamentarsi lui accasciandosi ancora un po’.
Il necessario per trovarsi faccia a faccia con la detective. La guardò negli occhi.
“Che mi sta succedendo?” le chiese.
Ma lei non gli rispose, si limitò a guardarlo.
 
La luce divina proveniente da Abigail aveva ormai acceso il cielo propagandosi così violentemente da costringere Amenadiel e Uriel a coprirsi gli occhi con le mani. Bruciava prepotente sul corpo di Lucifer che si lasciò andare a delle urla di dolore. Il suo corpo mortale non riusciva più a reggere tanta potenza.
 
“Non capisco, com’è possibile che tu sia ancora vivo?” domandò Maze guardando Lucifer mentre se ne stavano seduti al bancone del bar.
“Beh, è proprio questa la domanda, no Maze? Perché certe volte sono immortale” ribatté lui cercando di tagliarsi con un coltellino svizzero il palmo della mano senza provocarsi neppure un graffio “e altre volte sono fin troppo umano” concluse guardando l’amica.
Maze sembrava più confusa di lui. Si voltarono entrambi a guardare il muro davanti a loro. Poi, Lucifer ebbe una specie di epifania.
“Oh, questo sì che è interessante” disse.
“Cosa?” domandò Maze girandosi a guardarlo.
“Devo andare a testare una teoria” affermò e andò via, tenendo sempre ben stretto tra le mani quel coletellino.
 
Sentiva ogni centimetro della sua pelle bruciare. Il dolore era insopportabile, intollerabile. Le sue ali bianche erano spuntate all’improvviso. Le aveva tagliate, com’era possibile che adesso circondassero la detective per proteggerla? Sentiva il sangue colare sulla pelle ustionata e bruciata. Ma, nemmeno per un secondo ebbe voglia di mollare la presa sulla detective. Continuò a stringerla a costo di farle male. Non poteva permettere che le succedesse qualcosa. Sapeva, nell’istante in cui si era buttato su di lei, che probabilmente non sarebbe uscito vivo da quella situazione. Ma non gli importava, l’importate era che Chloe e Abigail stessero bene. Lui sarebbe potuto morire, non gli interessava. Ma loro due dovevano essere protette.
 
Lucifer bussò alla porta di casa di Chloe. Era tardi. Abigail e Trixie probabilmente dormivano già. Vide il suo volto tra le tendine poste sulla parte superiore. Aveva un’espressione compiaciuta. Gli aprì subito.
“Posso entrare?” domandò lui.
“Chi? San Lucifer o il Diavolo?” chiese lei di tutta risposta rivolgendogli un accenno di sorriso.
“San Lucifer è andato in pensione” rispose.
Lei si spostò dalla porta e gli fece segno col braccio di accomodarsi.
“Davvero? Perché ho ricevuto un messaggio da Kyle che diceva che qualcuno ha dato dei soldi per la borsa di studio Emmet Toussant. Abbastanza per un ciclo completo. Un donatore anonimo” disse lei guardandolo con un’espressione compiaciuta.
“Buon per Emmet, mi fa piacere che tutto sia andato per il meglio”
“Mh mh…” commentò lei fiera.
“Ascolta detective”
“Io volevo”
Dissero all’unisono.
“Scusa, prima tu” continuò poi lui.
Chloe sorrise e si avvicinò a Lucifer. Era nervosa, continuava a giocherellare con le mani.
“Ehm… Ci ho pensato molto ultimamente, riguardo l’altra notte. Al perché mi sono presentata ubriaca a casa tua. Al perché non sei voluto venire a letto con me e… credo che noi, questa cosa che abbiamo, forse va oltre il solo lavoro o il sesso” disse lei.
“Quale sesso? Congratulazioni. Sei la prima donna che ha fatto venire le palle blu al diavolo” sdrammatizzò lui facendola sorridere.
Chloe gli si avvicinò ancora un po’.
“Ad ogni modo, io… io… posso abbassare la guardia quando sono con te. Non lo faccio con nessun altro. Tu mi rendi… vulnerabile. E… forse va bene così.” Confessò lei.
Lucifer, con le mani dietro la schiena e in una di queste lo stesso coltellino svizzero di poco prima, tentò di tagliarsi il palmo della mano.
“Detective” cominciò a dire portando quella mano davanti e notando che, questa volta, c’era riuscito a ferirsi. Fu in quell’istante che lo realizzò. “Se può essere di consolazione al tuo orgoglio, sembra proprio che anche tu mi renda vulnerabile” confessò.
La guardò, la guardò come se non l’avesse mai vista prima. Quella donna lo rendeva vulnerabile. Non sapeva perché, sapeva solo che era così.
 
Il suo volto cominciò a cambiare, il suo corpo cominciò a cambiare, le sue ali cominciarono a cambiare. L’aspetto umano di Lucifer lasciò il posto a quello demoniaco. Tutta la sua energia la stava incanalando nel proteggere quella donna e non poté interrompere il suo cambiamento fisico quando il dolore, insopportabile, tirò fuori il mostro, la bestia che aveva in sé, l’unico capace di poter sopportare quel tormento insostenibile.
“Lucifer!” urlò Chloe spaventata prima di svenire tra le sue braccia.
Ma lui non la sentiva, continuava a reggerla a costo della sua vita. Continuava a lasciare che la luce divina lo inghiottisse e divorasse ogni parte di lui.
 
A qualche metro di distanza, Abigail fluttuava nel cielo luminoso di Los Angeles in uno stato di trance. Le sue ali bianche e voluminose la sostenevano. Il suo viso risalassato, la sua pelle candida emanava luce da tutti i pori, i suoi capelli ondeggiavano sulle sue spalle. Uriel cadde in ginocchio di fronte a quella vista e ad Amenadiel mancò il fiato. Era il primo esemplare di nephilim dai tempi della coniatura di quel termine, nell’antico testamento. Non avrebbe mai creduto che qualcosa del genere potesse mai accadere. Che una mortale e un angelo potessero avere un figlio. Eppure, adesso era lì, ad assistere allo spettacolo più raro e bello della sua esistenza. Abigail non aveva a che fare con quelle stupidaggini raccontate dalle leggende. Non era un gigante, ma sì, sua madre aveva fatto innamorare un angelo e lei ne era il risultato. Né lui, né Uriel si preoccuparono di Lucifer. Quello spettacolo li aveva rapiti totalmente, facendogli dimenticare qualunque cosa. E mentre loro guardavano l’ascesa della nipote, il diavolo moriva un po’ di più. Quando le ali raggiunsero il loro massimo splendore e la loro esatta forma, Abigail aprì gli occhi e la luce sparì. Toccò lentamente terra e, con lo sguardo fisso avanti a sé, sempre in uno stato di trance, si avvicinò a Lucifer.
 
La luce era scomparsa e diavolo liberò Chloe dalla sua presa. L’adagiò a terra prima di accasciarsi al suolo, sfinito. Proprio in quel momento la detective riprese conoscenza e lo vide. Il suo Lucifer, nella sua forma mostruosa, giacere sofferente al suolo. Aveva paura, era terrorizzata.
“È tutto vero” sussurrò.
Nonostante ogni fibra del suo essere volesse scappare da quel posto, si avvicinò a lui e posò la sua mano sul suo volto addolorato. Sentì una presenza vicina e quando alzò lo sguardo vide Abigail, aveva lo sguardo perso. Due ali bianche e bellissime sulle spalle. Si chinò verso di lei, come fosse guidata da qualcosa, come se non avesse il controllo di sé. Chloe si accorse che la stava vedendo, ma non la stava guardando. Cercò di chiamarla, di attirare la sua attenzione, ma sua figlia non era lì. La vide posare una mano sulla testa e l’altra sull’addome di suo padre. Poi, una luce flebile cominciò a scintillarle tutt’attorno. Amenadiel e Uriel corsero verso di lei cercando di capire cosa stesse facendo. Ma nessuno aveva mai visto qualcosa del genere. Pochi istanti dopo, il corpo di Lucifer riprese la sua forma naturale e, come per miracolo, lui riaprì gli occhi. Era vivo. Il naso di Abigail prese a sanguinare e lei cadde a terra. Chloe si affrettò a raggiungerla. Le sollevo la testa e l’appoggiò sulle sue gambe. Le accarezzò il viso chiamando il suo nome.
“Mamma?” disse lei aprendo gli occhi.
Il cuore della detective prese a battere all’impazzata. Abigail non l’aveva mai chiamata mamma fino a quel momento. Gli occhi pieni di lacrime e il sorriso più radioso che Lucifer avesse mai visto sul suo volto.
“Sì tesoro, sono io” le disse lei lasciandole un bacio sulla fronte “Stai bene?” le chiese Chloe aiutandola a mettersi seduta.
“Sto bene” disse portandosi una mano alla testa. Poi si girò di scatto preoccupata “Dov’è lui?” domandò.
“Chi tesoro?”
“Dov’è mio padre, dov’è Lucifer?” chiese agitata.
“Sono qui” rispose Lucifer dolorante alle sue spalle.
Lei si alzò in fretta e corse ad abbracciarlo.
“So quello che hai fatto per me. So quello che hai fatto per lei. Grazie papà” gli disse stringendolo.
 
“Ho saputo che è grazie a te se sono qui e non ho ucciso chissà quante persone” disse Abigail avvicinandosi a Uriel.
L’uomo la guardò mettendo su la sua espressione più imperscrutabile, ma dentro si stava godendo ogni secondo di quella vittoria. I suoi fratelli, per la prima volta, avevano avuto bisogno di lui. Per un attimo avevano apprezzato il suo lavoro, per un attimo avevano riposto la loro fiducia in lui. Lo stesso angelo a cui facevano i dispetti e che non consideravano quand’erano tutti assieme.
“È così” rispose.
La ragazza lo abbracciò lasciandolo senza parole. E mentre ancora gli stringeva le braccia al collo disse qualcosa che lo lasciò un attimo perplesso.
“So che hai paura. Nonostante questo, mi hai aiutato e te ne sono grata. Quando ti ho conosciuto sembravi uno psicopatico, ma non sei poi così male, zio Uriel” disse sciogliendo quel contatto e sorridendogli.
Lui rimase a guardarla. Zio Uriel? Un brivido gli corse lungo la schiena. Faceva troppo strano sentirsi chiamare così. Per un secondo si pentì delle minacce rivolte al fratello, per un secondo ci ripensò, per un secondo desiderò semplicemente di prendere parte alla vita dei suoi idoli, di coloro a cui voleva così tremendamente somigliare quando c’era la pace nella Città d’Argento: Lucifer e Amenadiel. Poi la consapevolezza che quei due non lo avrebbero mai perdonato, che non l’avrebbero mai considerato alla loro altezza e che non l’avrebbero mai apprezzato si fece strada nella sua mente. Ormai aveva cominciato quel progetto e doveva portarlo a termine. Sarebbe stato tutto più facile se non avesse conosciuto quelle due donne. Sarebbe stato più facile liberarsi di loro se le avesse considerate solo due inutili e insulse umane. Anche se, una di loro, tecnicamente era solo umana per metà.
Lucifer si avvicinò al fratello, lo guardò dapprima con aria severa. Poi, all’improvviso, proprio quando nessuno se lo aspettava, lo abbracciò.
“Sei un idiota, Uriel, ma grazie” disse semplicemente.
“Prego, Lucifer” rispose quello imbarazzato.
“Ottimo lavoro, fratello” aggiunse Amenadiel dandogli una pacca sulla spalla.
“Grazie” gli disse Chloe sfiorandogli appena il braccio.
Il senso di colpa cominciò a divorarlo. Doveva fermare il suo piano. Non poteva andare avanti. Non poteva ucciderle. Forse era arrivato il momento di tornare a casa e di accettare il suo tremendo destino.
   
 
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