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Autore: IamNotPrinceHamlet    22/11/2019    0 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel capitolo precedente: Eddie e Angie si svegliano a casa di lei. E’ la terza volta di fila che dormono assieme ma, sebbene Eddie la stuzzichi in continuazione, non hanno ancora fatto l’amore. Angie comincia a farsi paranoie anche su questo ed è convinta ci sia qualcosa che non va. Eddie, Stone e Mike si recano da Roxy la mattina stessa, proprio durante il turno di Angie. Lui le fa delle battutine, le lancia dei messaggi d’amore subliminali attraverso le canzoni del juke box, poi la segue nel retro e la bacia; lei pensa lo faccia apposta per far sì che i loro amici li scoprano. I due discutono brevemente, ma poi si riappacificano subito. Meg rivela ad Angie il suo nuovo progetto: diventare una tatuatrice. Capisce inoltre che Angie ha qualche preoccupazione e fa in modo di far sputare il rospo all’amica, che le confessa i suoi dubbi circa l’attrazione fisica di Eddie nei suoi confronti. Meg cerca di farla ragionare e le suggerisce di organizzare un’altra serata con Eddie, stavolta particolarmente romantica.


 

“Ian, puoi venire qui un secondo?” chiamo il mio collega mentre sfoglio il blocco da disegno che la mia coinquilina mi ha appena passato in cassa assieme agli acquisti.
“Che c'è?” lo sento rispondere in lontananza.
“Ho bisogno di te”
“Non puoi fare da sola? Quel tizio che ha fatto cadere il ragù alla bolognese ha combinato un casino!”
“Pff se quello è ragù alla bolognese io sono Julia Roberts!” il commento mi scappa proprio nel momento in cui Hannigan, probabilmente attratto dal trambusto, ritorna dal magazzino.
“ANGIE?” mi guarda in cagnesco e io vorrei sotterrarmi.
“Ehm nel senso che è una salsa prodotta nella nostra amata America! Sano cibo americano, gustoso e nutriente... che trae ispirazione da una ricetta italiana per... per...” cerco di recuperare rivolgendomi al mio pubblico costituito da Meg, che mi guarda come se stesse per scoppiare a ridere, il mio capo e due clienti perplessi, un ragazzo e una signora sulla cinquantina.
“Per darne una nuova interpretazione?” suggerisce il ragazzo dal reparto snack.
“ESATTO! Una nuova interpretazione. Diversa dall'originale”
“Ma altrettanto valida” aggiunge il boss.
“Validissima!” esclamo a denti stretti.
“E' mezza italiana.” spiega Meg parlando ai clienti “Deve rompere il cazzo su tutto, ma il sugo è buono”
Il ragazzo ridacchia e la signora scuote la testa e si dirige verso i surgelati.
“Avrei gradito evitassi l'uso della parola cazzo, ma hai riassunto perfettamente il mio pensiero” il volto di Hannigan si rasserena e io forse ho ancora un posto di lavoro.
“Comunque è tutta colpa di Ian” preciso non appena vedo apparire il mio collega alle spalle del capo.
“E io che c'entro?”
“Ti ho chiamato e non sei venuto”
“Beh adesso sono qua, che c'è?”
“Adesso c'è lui, non ho più bisogno”
“Mi spiegate che cazzo succede? Non ci sto capendo un cazzo” sbotta il capo nel mezzo del nostro battibecco.
“Pensavo che la parola cazzo non si potesse dire” Meg interviene alzando la mano come se fosse a scuola.
“Ai clienti no, ai dipendenti sì”
“Meg deve comprare del vino” indico la mia coinquilina e la bottiglia che ha piazzato sul bancone.
“E allora? Stacchi alle 13, hai ancora dieci minuti” Ian mi rivolge uno sguardo da pesce lesso e in questo momento gli infilerei due dita negli occhi.
“Non è per l'orario, è che io non posso venderglielo...”
“Ah già! Beh, ci pensi tu?” domanda al nostro principale.
“Sì, certo Ian! Ci penso io, sono già qui! D'altronde perché far lavorare i miei dipendenti stipendiati quando posso fare tutto da me, no?”
“Uhm... allora vado a buttare un altro po' di segatura su quella macchia” Ian si allontana e Meg stavolta non si trattiene e scoppia a ridere senza ritegno.
“Ahah non ce la fa! Comunque fa ridere che non puoi vendermi il vino, considerato che poi te lo berrai tu alla faccia mia” commenta Meg mentre Hannigan batte lo scontrino della sua spesa: bottiglia di rosso, pane in cassetta, salmone, formaggio, burro e snack vari.
“Certo che anche tu, non ce la fai proprio, eh?” mi nascondo la faccia tra le mani.
“Potresti evitare di dirmelo, almeno...” borbotta il capo scuotendo la testa.
“Che? Dire cosa? Non ho parlato! Oops, stavo per dimenticarmi il dolce, aspetta un secondo!” Meg capisce di aver fatto una stronzata e fa la gnorri, allontanandosi verso il reparto dolci.
“Comunque scherzava eheh” ribadisco sperando non noti che sto sudando.
“Ovviamente”

**

“Sono fighissimi!”
“Grazie Meg per aver fatto la spesa per me e averla portata su per quattro piani... hai detto questo, vero?” la mia amica sistema tutto in frigo mentre io continuo a sfogliare il suo album di schizzi.
“Precisamente”
“Comunque non devi dire che ti piacciono solo per farmi contenta, voglio un parere sincero”
“Sono sincera! Devo dire che preferisco quelli in bianco e nero”
“Vero? Non mi sento ancora sicura col colore. Cioè, non è che non sappia fare disegni a colori, solo che nel momento in cui faccio qualcosa e lo coloro e penso che dovrebbe andare sulla pelle di qualcuno, finisce che mi sembrano tutte delle cagate, ne ho fatti pochissimi colorati”
“La serie dei fiori è perfetta, anche quella degli animali” è davvero brava a disegnare, l'ho sempre sostenuto.
“Sono solo scarabocchi per cominciare, per provare un po' di temi e stili diversi”
“Non sono scarabocchi... e questo?” mi soffermo su un disegno fatto su un foglio volante, piegato e inserito in mezzo al blocco, che mi cade a terra mentre giro le pagine.
“Quale?” Meg si volta distrattamente per poi sbattere lo sportello del frigo e correre a prendermi il foglietto dalle mani non appena vede di che si tratta “Oh questo? Questo non è niente, questo... l'ho fatto l'altra sera al salone nei tempi morti, è una schifezza” 
E' una pagina composta interamente da tessere di un puzzle, tutte diverse per forma e sfumatura, che però non compongono nessun disegno. Sono tutte vuote e riempiono il foglio completamente, tranne che per un piccolo spazio, una tessera mancante. Al posto della tessera, nello strato sottostante, s'intravede ciò che sembra carne viva e tessuto muscolare, che è anche l'unica parte colorata del disegno. 
“E' semplice, ma di effetto. Quello potrebbe essere davvero un tatuaggio”
“Dici?”
“Sì! Sembra anche molto realistico. E inquietante, ma in senso positivo! Mi piace”
“Oh beh, grazie”
“Che significa?”
“Che ti ringrazio del complimento?”
“Ahaha no, che significa il tatuaggio?”
“Ah”
“C'è sempre un significato dietro, no? Quale sarebbe il significato di un tatuaggio così?”
“Beh ma... ma questo non è un tatuaggio è solo un esercizio di stile, non c'è un ragionamento dietro”
“No?”
“No! Ok, presumo che potrebbe rappresentare, boh, un pezzo mancante nella vita di una persona? Voglio dire, tutti abbiamo un vuoto dentro, no? Nessuno si sente completo al 100%, c'è sempre una tessera del puzzle che non troviamo o che abbiamo perso per strada. E può essere tante cose: una persona, una passione, uno scopo nella vita. Tu che dici?”
“Che sarebbe un tatuaggio di coppia perfetto”
“Di coppia? Ahahah non ti facevo così sentimentale!”
“Non necessariamente coppia di fidanzati. Anche solo tra due veri amici. O fratelli. Pensaci, uno si tatua il puzzle incompleto e l'altro si tatua il pezzo mancante, che si incastra perfettamente”
“E' un'idea. Dovrebbe rappresentare un legame forte. Tra fratelli... o anche tra un genitore e un figlio”
“Sì beh, anche” non è detto che sia sempre forte.
“Una madre... una madre potrebbe farsi questo, con uno o più pezzi mancanti a seconda di quanti figli ha. E i figli saranno le tessere mancanti” e se invece i pezzi perduti fossero i genitori?
“E poi tu gli tatuerai quelle belle braccine pacioccone da neonati”
“Ahahahah scema, lo possono fare da grandi. OPPURE... le tessere mancanti si possono fare nello stesso tatuaggio, un po' più in là” Meg prende il blocco dalle mani e comincia a fare uno schizzo mentre mi parla, presa da un improvvisa ispirazione. 
“Ci puoi mettere anche il nome. O le iniziali”
“Di chi?”
“Del bambino. Nel pezzo del puzzle”
“Certo, a sapere il nome”
“In che senso? Ahaha come fai a non sapere il nome?”
Meg mi guarda stranita, poi sorride: “Nel senso, se solo mi venisse in mente un nome per fare una prova”
“Prova con Angie” le dico ridendo sotto i baffi. 
“Uno a caso”
“A casissimo”
“E' inutile che ci provi, tanto non me lo faccio un tatuaggio di coppia con te, scordatelo” scuote la testa mentre inizia a tratteggiare una A in corsivo all'interno del disegno.
“FIGURATI! Ho paura dei buchi alle orecchie, secondo te adesso mi faccio un tatuaggio, sei pazza?!”
“O te lo vuoi fare con Eddie?”
“Dai, muoviti, c'è dello shopping che ci aspetta”
“Ahah questo entusiasmo da parte tua mi sorprende, l'astinenza fa brutti scherzi”
“MEG!”

**

“E secondo te una sottoveste da puttanella la troviamo al negozio dell'usato?” Meg non modera il tono della voce quando mi fermo davanti all'entrata di Rummage Hall.
“Shhhhhh! Non devo comprare una sottoveste da puttanella, che cavolo dici?”
“Come no? Siamo uscite espressamente per questo”
“Avevi detto che dovevo mettere qualcosa di carino, senza esagerare. Non voglio esagerare, se no Eddie capisce...”
“Scusami, lo scopo del tutto non è proprio quello? Far sì che capisca?”
“Beh sì”
“E allora, puttanella sia!” Meg entra nel negozio e io la seguo a ruota.
“Shhhhhhhhhhhhhhh”
“Comunque qui non troveremo un cazzo” la mia amica si dirige a lunghe falcate nel reparto abbigliamento.
“Dove mi volevi portare, da Nancy Meyer? Non ho i soldi per quella roba”
“No, ma Fantasy Unlimited è qui a due passi”
“MA QUELLO- ehm... quello è un sexy shop” alzo la voce anch'io senza rendermene conto, per poi zittirmi da sola.
“Appunto, devi essere sexy stasera, no? E comunque hanno cose molto carine, ci ho preso un sacco di roba, che per la cronaca uso anche per andare a ballare. Beh, ormai solo per quello” commenta facendo spallucce mentre esamina una vestaglietta in simil-raso, per poi rimetterla a posto.
“A te bastano due triangoli di stoffa per essere vestita e stare bene, Meg, per me è leggermente diverso”
“Ci vogliono solo dei triangoli un po' più grandi, che problema c'è?”
“Il problema è che non esistono triangoli abbastanza grandi per me”
“Ma figurati!”
“E poi non so se a Eddie piacerebbe, insomma, non so i suoi gusti” magari questo tipo di artifici di seduzione non gli piacciono, magari preferisce uno stile più semplice, un approccio più naturale. Perché cazzo non sono naturalmente figa? 
“E' un ragazzo, è etero, quali vuoi che siano i suoi gusti? Più carne vede più è contento” è la risposta alquanto semplicistica di Meg.
“La mia carne?”
“Sì, perché?”
“Ce n'è fin troppa nel mio caso, forse sarebbe più sensato nasconderla” chi voglio prendere in giro? Non basta mettersi una cosa addosso per trasformarsi in una ragazza attraente. Bisogna anche essere in grado di portarla e sentirsi a proprio agio in quei panni. Io non mi sento a mio agio nemmeno adesso che ho il cappotto. Non sono mai a mio agio, tranne a volte, con Eddie. Perché rovinare tutto? Mi faccio trovare così, col cappotto. O con la vestaglia di pelo, tanto ormai è abituato ai miei look di merda, niente di nuovo sotto il sole.
“Angie, che cazzo dici?? Vuole vedere la tua carne perché gli piaci, pensavo che questo punto fosse ormai chiarito”
“Gli piaccio, nell'insieme”
“No, fanculo l'insieme, fanculo il cervello e le altre cazzate”
“Cazzate?”
“Angie, gli piaci fisicamente, gli fai sangue, ti vuole”
“Mi vuole così tanto che devo vestirmi da puttanella per farmi notare?” 
“Il punto non è farti notare, è qui che non hai capito un cazzo. Ti ha già notata, praticamente state insieme! Il punto è solo fargli capire che sei pronta e disponibile al passo successivo. E stimolarlo un pochino, scaldare un po' l'ambiente” 
“Se lo dici tu” scaldare l'ambiente eh?
“Angie, cazzo, mi farai venire un esaurimento!” Meg si stringe la radice del naso tra le dita e temo che stia davvero per sbottare.
“Non urlare! C'è gente” protesto guardandomi attorno imbarazzata e sperando che nessuno stia sentendo la nostra conversazione.
“Scusa una cosa, quando siete insieme non noti niente in lui?”
“In che senso?”
“Quando vi baciate o vi abbracciate... quando pomiciate, insomma”
“Beh, sembra preso... sì, sembra molto coinvolto e mi guarda sempre in maniera molto-”
“Ok ok, gli occhi dell'amore, ma a parte quello, non senti niente?”
“Che devo sentire?”
“Dico, dormite pure assieme”
“Puoi essere più chiara”
“Non hai mai sentito... bussare?”
“Bussare?”
“Mini-Eddie non si alza per dirti ciao?”
“Mini... MEG MA CHE CAZZO??”
“Gli viene duro? L'avrai notato, no?”
“MA SEI IMPAZZITA?!”
“Shhh non urlare, c'è gente” Meg sghignazza e io la prenderei a testate.
“Tu sei da ricovero” la prendo per la manica della giacca e faccio per trascinarla fuori dal negozio con me, ma lei mi spinge nel reparto libri. 
“Mamma mia come sei bacchettona”
“Non sono bacchettona, sono solo... discreta!”
“Ok, discretamente, non hai mai sentito se gli viene duro o no?”
“A parte il fatto che non vuol dire niente”
“Oh certo, adesso a Eddie vengono erezioni random, dopotutto è in piena età puberale!”
“Tu scherzi, ma guarda che è vero. L'erezione non è necessariamente legata solo all'eccitazione sessuale. Sai che si possono avere erezioni anche in punto di morte in determinate condizioni?”
“Oh davvero? E quante volte è morto Eddie di recente?” ribatte sorniona.
“Comunque, a parte questo... non sono affari tuoi” mi giro dall'altra parte, facendo l'offesa, e guardando verso il reparto abbigliamento, dove eravamo fino a cinque minuti fa, avvisto una cosa che non avevo notato prima.
“Tanto lo so già!” mi urla dietro Meg mentre mi allontano verso l'oggetto del mio interesse, prima di raggiungermi alle spalle sbuffando “Dai non ti arrabbiare, ti chiedo scusa. Volevo solo provare la mia tesi! E stuzzicarti un po'”
“Che ne dici di questa?” mi volto mostrando alla mia amica il capo che ho appena tirato giù dallo stand.
“Dico che... considerato che si tratta di Eddie, neanche da Fantasy Unlimited troveremmo una cosa migliore per stimolare la sua fantasia. Aggiudicata!”

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Sono a metà strada tra il primo e il secondo piano quando mi rendo conto di aver preso le scale anziché l'ascensore. Mi fermo un attimo, con un piede su un gradino e l'altro su quello più in alto, contemplando quanto sono scemo e cercando di risalire al momento in cui ho inserito il pilota automatico e concludo di aver perso un po' la lucidità nel momento in cui ho parcheggiato sotto casa di Angie. Il portone era aperto? Credo di sì, perché non ricordo di aver suonato e me lo ricorderei se avessi sentito la sua voce, anche attraverso quel merdoso citofono gracchiante. A quanto pare, passare più tempo assieme non ha cambiato l'effetto che l'idea di vederla ha su di me. Spero non cambi mai. Scuoto la testa e riprendo a salire le scale, due per volta, per arrivare prima. Non ho propriamente corso, ma quando arrivo al quarto piano mi sento accaldato. Faccio un bel respiro, mi sistemo meglio lo zaino in spalla e mi avvio lungo il corridoio verso l'appartamento di Angie. La prima cosa strana che noto è un suono: il suono di un sassofono, che diventa sempre più forte man mano che vado avanti. La seconda stranezza mi si presenta non appena giro l'angolo e vedo che la porta di casa di Angie ha qualcosa che non va. Avvicinandomi mi accorgo che la lampada del corridoio proietta un sottile fascio di luce sulle piastrelle del pavimento all'interno dell'abitazione ed è lì che capisco che la porta è semi-aperta. Da quel che so, Angie si chiude a chiave a doppia mandata anche quando va in bagno ed è sola in casa, non lascerebbe mai la porta d'ingresso aperta. Mi avvicino lentamente e nel frattempo apro lo zaino e ci infilo la mano dentro per trovare un oggetto contundente da usare come eventuale arma di difesa. Mi scoccerebbe sprecare del buon vino fracassando la bottiglia sulla testa di un fantomatico ladro, ma dubito che la videocassetta di Harold e Maude sortirebbe lo stesso effetto. Afferro la bottiglia per il collo mentre spingo la porta ed entro con circospezione nell'appartamento, notando subito due cose. Prima di tutto vedo che c'è qualcosa a terra, all'inizio mi sembrano pezzi di un oggetto colorato andato in frantumi, ma quando mi chino per capire meglio di cosa si tratta, prendo in mano alcuni di questi frammenti e scopro che non sono altro che fiori, abbandonati sul pavimento. Continuo facendo a tastoni a terra in cerca di acqua o di pezzi di vetro di un vaso caduto e rotto, ma non trovo nulla. Pensandoci, almeno fino a ieri, qui non c'era nessun vaso di fiori. Quasi allo stesso tempo, realizzo che dei fiori qui ci sono solo i petali e che sembrano formare una scia verso il soggiorno. In quel momento realizzo che riesco a seguire il percorso dei petali blu e rossi sul pavimento perché l'ingresso non è rischiarato solo dalla luce del corridoio, ma anche da alcune candele accese posizionate sul mobiletto del telefono e sulla scarpiera. 
Oh.
Mi alzo di scatto sentendomi deficiente per aver scambiato un allestimento romantico per la scena di un crimine, chiudo la porta e seguo la via indicata dai fiori, dirigendomi verso il soggiorno e immaginando le diverse scene che potrei trovarmi di fronte e che hanno tutte la stessa adorabile protagonista. In realtà è proprio lei che manca quando mi affaccio nella stanza, tutto ciò che trovo sono altre candele, il tavolino apparecchiato e imbandito con ogni ben di dio e poco più in là, tra i due divani, un cesto con una composizione di fiori rossi e blu come i petali trovati a terra all'ingresso. Your love is king canta Sade in sottofondo, che così sottofondo non è visto che il volume è abbastanza sostenuto, e io resto qui impalato col vino ancora in mano in attesa che Angie appaia magicamente, magari con un piccolo agguato alle mie spalle, coprendomi gli occhi con le mani, o in qualsiasi altra maniera abbia escogitato, ma questo non accade. D'un tratto mi sembra di sentire un rumore, anzi, una successione quasi regolare di rumori. Mi avvicino allo stereo di Angie e abbasso il volume e la serie di tonfi sordi si fa più chiara. Forse un allestimento romantico non esclude una scena del crimine... che cazzo sta succedendo? 
“Angie?” la chiamo e non ottengo risposta.
I rumori vengono dalla cucina ed è lì che vado, spedito ma con cautela. Inizialmente apro la porta piano piano, ma la spalanco quando vedo Angie alla finestra, sporgersi fuori, praticamente appollaiata sul davanzale.
“Angie!” la chiamo di nuovo, ma non mi sente. Allora appoggio la bottiglia di vino sul tavolo e la raggiungo, scuotendola per una spalla “Angie che-”
“AAH! Oh cazzo, ATTENTI LA' SOTTO!!” Angie sobbalza e inizia a gridare fuori dalla finestra, dopodiché sento un rumore tagliente come di qualcosa andato in pezzi ed è a questo punto che mi sporgo anch'io a vedere che succede. 
Succede che c'è un piccolo gruppetto di persone sul marciapiede qua fuori, disposte in una sorta di cerchio attorno a una macchia rossa che si allarga, e un tipo inveisce e fa il dito nella nostra direzione.
“Angie... che hai combinato? Che significa?” le chiedo mentre entrambi ricacciamo la testa dentro l'appartamento.
“Ho appena perso una bottiglia di vino rosso e uno stivale” Angie sospira e mi risponde come se si trattasse di una cosa normalissima, finalmente voltandosi verso di me. 
E finalmente mi concentro un attimo e realizzo cos'ho di fronte: Angie vestita soltanto di una maglietta nera degli Who che viva Dio le lascia quasi interamente scoperte le gambe, gli occhi truccati con la matita o quel che è, con quelle codine ai lati che vanno all'insù e che fanno sembrare il suo sguardo ancora più da gattina, un rossetto lucido sulle labbra, profumo di vaniglia addosso. Il ladro deve avermi fatto fuori e questo è il paradiso.
“Beh, al vino posso rimediare perché l'ho portato anch'io...” indietreggio verso il tavolo senza staccarle gli occhi di dosso, indicando il punto in cui dovrei aver piazzato la bottiglia “e posso scendere un attimo e recuperarti la scarpa. Perciò vedi? A tutto c'è rimedio eheh, tranquilla” che cazzo rido? Credo di essere simpatico? E perché sto sudando?
“Mi scoccia farti scendere, sei appena arrivato” replica con un broncio irresistibile dei suoi, staccandosi dalla finestra e dal mio sguardo, rivolgendo gli occhi a terra.
“Figurati, no problem! Vado e torno.” faccio per uscire dalla cucina, poi ritorno sui miei passi “Anzi no, non posso”
“Oh ok... perché? Cioè, non fa niente Eddie, non... non ti preoccupare” inizia a balbettare e io rido sotto i baffi, cercando però di rimanere serio.
“Dimenticavo che devo fare una cosa prima”
“Che cosa?” mi chiede perplessa prima che io mi avvicini per prenderle il viso tra le mani e baciarla.
“Questo. Torno subito, ok?” le sussurro subito dopo.
“Va bene” sorride e io la bacio ancora.
“E al mio ritorno sappi che ho una serie di domande da farti su tutto questo”
“Va bene” il suo sorriso si allarga ancora di più e io la bacio di nuovo.
“Te lo dico prima così non ti colgo impreparata”
“Va bene...” ripete e io sto per baciarla un'altra volta, ma lei mi trattiene premendo le mani sul mio petto “Adesso vai però”
“Ah è così?” faccio per baciarla ancora e lei mi spinge via con più forza.
“Muoviti”
“Vado, vado. Come siamo autoritarie...” mi stacco da lei ed esco dalla cucina, per poi riapparire un secondo dopo sulla porta, giusto per un attimo “Mi piace”

**

Ci metto un po' a scovare gli anfibi, anzi, l'anfibio marrone di Angie perché era rotolato giù dal marciapiede sotto una macchina. Quando lo trovo guardo istintivamente in alto, come se mi aspettassi di vederla ancora lì, affacciata alla finestra, coi suoi capelli colorati svolazzanti e visibili nella brezza notturna. Invece non c'è e io torno subito dentro e l'intero tragitto, stavolta in ascensore, lo passo cercando di immaginare il nesso tra vino e stivale e la dinamica che ha portato entrambi giù dalla finestra. Avanzo verso l'appartamento e Sade canta ancora forte e chiaro.
“Grazie Eddie. Vuoi?” giro l'angolo e Angie è sulla porta con una scodella di patatine in mano, che mi porge appena le distanze si accorciano.
Voglio te le direi, ma mi limito a prendere il recipiente e affondarci la mano per prenderne un po'.
“Di nulla” le do la scarpa e la vedo allontanarsi velocemente verso la sua stanza, allontanarsi velocemente sulle sue gambe nude... EDDIE STAI SUDANDO, RIPRENDITI!
“Perché resti lì? Dai entra” Angie ritorna e io sono ancora sulla porta a trangugiare patatine.
“Ti aspettavo” alzo le spalle e seguo di nuovo i petali di fiori e i suoi passi fino al soggiorno. 
“Allora?” mi chiede quando siamo di fronte al divano e io metto giu la ciotola di patatine sul tavolino pensando che stessimo per sederci. Invece resta ritta in piedi e mi guarda sorridendo, con la punta del suo canino che si affaccia e preme sul suo labbro inferiore per un secondo come al solito. 
“Allora?” ripeto avvicinandomi fino ad avere il viso a pochi centimetri dal suo, ma senza abbracciarla né baciarla, come se ci fosse un gioco, una sfida in atto tra noi due, una sfida che perderò sicuramente.
“La serie di domande...” abbassa lo sguardo e, tendendo i lembi della maglietta all'ingiù, si siede di scatto e sono convinto stia arrossendo anche se non mi guarda.
“Ok... Sade?” le chiedo indicando il giradischi e sedendomi accanto a lei, mentre mi tolgo la giacca e la appoggio sull'altro divano di fronte. 
“Ahahah di tutto questo la cosa più strana ti sembra il disco di Sade?” 
“No, però è la prima cosa che mi è venuta in mente adesso” 
“Non ti piace? E'... è un bel disco” si gira verso di me e si muove impercettibilmente accorciando la distanza tra noi sul divano.
“Lei è molto brava, solo non pensavo ti piacesse. Posso passare alla seconda domanda?”
“Certo”
“Che cazzo ci facevi affacciata alla finestra con una bottiglia e uno stivale?” il sorriso di Angie si allarga di nuovo.
“Cercavo di aprire il vino” fa spallucce come se fosse la spiegazione più ovvia.
“A scarpate?”
“Ahahah più o meno. Me l'ha insegnato mio padre”
“Sento che sta per arrivare un aneddoto memorabile, sono tutto orecchi”
Angie mi racconta di quella volta in cui è andata in campeggio sul lago Payette coi suoi genitori, un'idea di suo padre per festeggiare il suo compleanno e quello della moglie, che a quanto pare sono vicini. La prima sera Ray ha tirato fuori una bottiglia di vino portata per l'occasione, ma si è accorto di aver dimenticato il cavatappi. Si è accanito sul tappo con un coltello, senza riuscire ad aprire la bottiglia, e Janis voleva rimandare il brindisi alla sera successiva, dopo aver comprato un cavatappi in un negozietto lì vicino, ma non c'era verso di convincere Ray. Così il padre di Angie, come se niente fosse, si è tolto lo scarpone davanti a loro, ci ha infilato dentro la bottiglia e, senza dire nulla, con la camminata sbilenca ha raggiunto il pino giallo più vicino, e ha iniziato a sbattere la bottiglia, protetta dalla scarpa, sul tronco.
“Sai, la pressione all'interno della bottiglia spinge fuori il tappo, finché non riesci a toglierlo con le mani. Io e mia madre eravamo piegate in due dalle risate” durante il racconto Angie accavalla le gambe e si muove sul divano, cosa che fa sollevare un po' alla volta la sua maglietta. Io lo noto e mi sento anche un po' un coglione per questo.
“Però ha funzionato”
“E quella è stata la prima volta in cui ho assaggiato il vino: avevo 11 anni. Era buono, nonostante fosse stato shakerato per un quarto d'ora”
“Allora niente cavatappi a casa tua?”
“Già... cioè, in teoria ce l'avevamo, ma non lo trovo più. Secondo me l'ha fatto sparire qualcuno alla mia festa di compleanno oppure l'abbiamo prestato a Matt e Chris. Di certo non mi sembrava il caso di andare a chiederglielo, sai com'è...” sì, so com'è, non hai chiesto a loro perché avrebbero fatto domande a cui non hai intenzione di rispondere, almeno per ora. 
“E hai deciso di usare il metodo Pacifico”
“E non avendo alberi a disposizione, l'unica alternativa era sbattere la bottiglia al muro. Ma non volevo rischiare di sporcare...”
“Eheh così hai pensato bene di farlo fuori dalla finestra?” io adoro questa ragazza.
“Già e stava funzionando finché qualcuno mi ha spaventata e mi ha fatto cadere tutto. E ho combinato un casino” mi lancia una finta occhiataccia e si fa più in là sul divano.
“Hai ragione, è tutta colpa mia.” mi sposto in modo da sedermi più vicino “Ma saprò farmi perdonare” ok, più che vicino, praticamente incollato.
“E come?” mi guarda divertita, sbattendo le ciglia praticamente sulle mie.
“Aprendo l'altra bottiglia” mi alzo di scatto e la lascio lì, forse un po' delusa? Vado in cucina, prendo la bottiglia e apro la finestra.
“Col metodo Pacifico?” domanda lei, apparsa sulla porta.
“Nah, col metodo Vedder” mi affaccio alla finestra, tolgo la copertura del tappo, tiro fuori l'accendino e inizio a scaldare l'estremità del collo della bottiglia con la fiamma.
“Ma non è pericoloso?” sento una mano che mi circonda il fianco e per un pelo la bottiglia di rosso non fa la fine di quella di Angie. 
“Ma va, l'ho fatto un sacco di volte” rispondo ruotando la bottiglia.
“Ehi, si sta stappando!” Angie esclama alle mie spalle mentre il tappo comincia a muoversi verso l'alto.
A quel punto inclino leggermente la bottiglia onde evitare che il sughero esploda come un proiettile dentro l'appartamento o nella finestra di qualcun altro, finché il tappo finalmente non salta e finisce giù in strada, dove apparentemente non colpisce nessuno. Anche il vino è salvo.
“Visto! L'aria calda si espande nella bottiglia e spinge il tappo.” richiudo la finestra e mostro trionfante la bottiglia stappata ad Angie, che solleva un sopracciglio perplessa “Che c'è? Anch'io ne so di scienza, sai?”
“Quindi sai anche che potevi far scoppiare tutto e farti male?” alza gli occhi al cielo e mi sta ancora abbracciando.
“Nah, basta sapere come si fa e stare attenti. Allora, sono perdonato?” le chiedo sollevando la bottiglia verso di lei.
“Certo!” sorride e mi guarda in silenzio per un attimo e io mi aspetto un bacio, invece mi lascia andare e fa per uscire dalla cucina, poi si volta di nuovo “Vieni? Andiamo ad assaggiare il tuo vino bollito”

Il vino non è affatto bollito e non è male, io e Angie siamo al secondo bicchiere e, mentre mi sto ingozzando di patatine e sandwich, mi rendo conto di avere caldo. Non posso essere così accaldato per due bicchieri di vino, né tanto meno per la mezza nudità di Angie, anche se... E' a questo punto realizzo che la mia freddolosa ragazza è vestita di una sola maglietta e non sento i suoi denti battere per il gelo, quindi ci deve essere qualcosa sotto.
“La mia serie di domande non è finita comunque...” butto lì mentre Angie si è messa comoda sul divano, appoggiata sul bracciolo e semi-distesa.
“Spara”
“Fa un cazzo di caldo qui o sbaglio?” le chiedo togliendomi la camicia di flanella e lei comincia a ridere in maniera strana e scomposta e, mentre ride e cerca di tirarsi su per mettersi a sedere, i suoi piedi si avvicinano, mi toccano le gambe e fanno per spingermi un po' più in là per fare leva. Ma io non mi muovo di un millimetro.
“Ahahah non sbagli, oggi come vedi è proprio una serata perfetta: un disastro dopo l'altro”
“Perché, che è successo?” lancio la camicia là dove sta la giacca.
“Non so, deve... devono essersi rotti i riscaldamenti, il che non è di certo una novità. Ma... stavolta boh, si saranno rotti al contrario, è da oggi pomeriggio che vanno a tutto spiano senza mai staccarsi”
“Vuoi che dia un'occhiata ai caloriferi?”
“Ma non serve, non è solo qui, tutto il palazzo sta bruciando in pratica”
“Se vuoi vado giù a vedere la caldaia...”
“NO!”  Angie praticamente mi dà un calcio, poi si ricompone “Ehm, no, tranquillo. E poi scusa è l'amministratore che deve chiamare dei tecnici, è pagato apposta! Che ci pensi lui”
“Ok”
“Poi metti che non risolvi il problema e magari danno la colpa a te che ci hai messo mano...”
“Va bene”
“E per lo meno non si gela”
“Beh, sì, sempre meglio che gelare, però non è il massimo”
“Lo so. Ed ecco spiegato... ehm, il motivo della mia... mise” continua Angie tirando di nuovo in giù l'orlo della maglietta per coprirsi le cosce. 
“Allora non lo definirei affatto un disastro” le sorrido e l'accarezzo col dorso della mano dalla caviglia al ginocchio. Lei mi guarda fisso negli occhi e per un attimo mi illudo che stia per saltarmi addosso e baciarmi, ma vengo smentito anche stavolta.
“Allora? Che film guardiamo per primo? Il mio o il tuo?” 
“Decidi tu” ora come ora mi ero pure scordato dei film, del caldo, del vino, di dove stiamo e forse pure in che anno siamo.
“No, dai, dimmi tu” la mia mano fa ancora su e giù.
“Per me è uguale, Angie”
“Anche per me”
“Sei la padrona di casa, fai tu”
“E tu sei il mio ospite, quindi sta a te” e ti pareva, come sempre: sta a me.
“Uhm... e va bene! Allora, guardiamo prima il tuo”
“Ok! La cassetta è lì sotto il televisore, la metti su tu? Io vado a prendere dell'acqua” in un nanosecondo Angie sgattaiola via in cucina e io mi ritrovo solo. Vado a spegnere lo stereo, poi davanti alla tv e, mentre mi metto a carponi per prendere la vhs di Quei bravi ragazzi, faccio un pensiero, anzi due, uno peggio (o meglio?) dell'altro. Il primo è che avrei preferito andare a prendere io l'acqua, per poi tornare qui e vedere Angie chinata al mio posto ad armeggiare col videoregistratore e che sarebbe stato un bel vedere. Il secondo pensiero è che la tv stava molto meglio di là in camera di Angie e che sarebbe stato molto più interessante guardarla insieme a lei dal suo letto. 
“L'hai trovata?” la domanda di Angie mi scuote, fisicamente, nel senso che faccio una specie di scatto, come se fossi stato colto in flagrante a fare qualcosa di illecito.
“Sì sì” schiaccio Play, mi alzo e cerco di raggiungere il divano prima di lei. Ci riesco e mi siedo proprio nel mezzo. Così non potrà starmi lontana. Sorrido tra me e me, compiaciuto per la mia astuzia.
“Se vuoi metterti comodo, stenditi pure. Io mi metto di là. Eheh volendo, abbiamo un divano a testa” ma Angie sarà consapevole del suo immenso potere? Quello di farmi cadere le palle con le sue uscite?
“Veramente... non voglio”
“Sicuro?” ma, non so, secondo te?
“Sicurissimo, non voglio un divano tutto per me, lo voglio dividere con te” tendo le braccia e la prendo per la vita, tirandola verso di me, finché non la riporto sul divano. E l'abbraccio e la bacio e l'accarezzo, spingendola verso il bracciolo dalla sua parte. E a un certo punto la sento muovere una mano sotto di me e credo di sapere cosa sta per fare. E mi sento tutto d'un tratto euforico. Invece riesce a sorprendermi ancora, perché percepisco chiaramente il gesto con cui afferra il bordo della maglietta e lo tira giù, per l'ennesima volta. Mi viene da sorridere pensando alle mie stupide illusioni a luci rosse, anche se da una parte mi dispiace che Angie non si senta ancora a suo agio con me. Non c'è fretta, davvero, solo vorrei capire qual è il problema. Mi stacco da lei con un ultimo bacino e così le permetto di rimettersi a sedere.
“Ok. Mandiamo avanti veloce tutte le pubblicità e gli avvisi. Dov'è il telecomando? Oh eccolo lì!” Angie, che prima stava quasi per abbandonarmi da solo su questo divano e che fino a un minuto fa faceva un po' la ritrosa di fronte alle mie avances, praticamente mi sale sopra per scavalcarmi e allungarsi a prendere il telecomando sull'altro bracciolo del divano e poi fa la stessa cosa per tornare al suo posto. E non ho la minima intenzione di lamentarmi, anzi.

**

Siamo quasi alla fine del mio film e la situazione è la seguente: il vino è finito da non mi ricordo quando, del cibo resta solo qualche salatino e due tortine al cioccolato, sono in maglietta e boxer perché fa veramente caldo, anche se abbiamo aperto la finestra del salotto; Angie sta fumando una sigaretta, sdraiata sul divano con le gambe sopra le mie e io le sto accarezzando da ore, cosa che contribuisce a fare alzare ulteriormente la temperatura, e io mi sento anche un pochino in colpa perché Harold è appena corso in ospedale con Maude e so già cosa sta per succedere, e il finale mi spezza il cuore ogni volta, e invece ora sono qui a bearmi di quanto sia liscia e morbida la pelle di Angie sotto le mie dita. 
“E' triste. Ma anche bello, allo stesso tempo” commenta lei sui titoli di coda.
“Già, davvero non l'avevi mai visto?”
“Giuro. E ora capisco perché ti piace”
“Eheh è vero, Cat Stevens ci ha messo del suo” commento pensando che si riferisca alla colonna sonora.
“Mmm sì, ma non volevo dire quello. Intendevo che... beh, questo film è come te” scrolla la sigaretta nel posacenere appoggiato a terra e fa un altro tiro. Ed è stupenda. Non perché fuma, però... lo so che è una cosa sgradevole da dire, e poi fa anche male, è una pessima pessima abitudine, ma ci sono dei momenti, momenti particolari in cui, magari fomentato da un'eccessiva temperatura ambientale e una conseguente nudità, trovo qualcosa di estremamente sexy in una donna mentre fuma. 
“Assurdo?” 
“Assurdo, eccentrico, riflessivo, dolce e amaro...” Angie conta gli aggettivi sulla punta delle dita, lentamente, e non posso dire che non ci abbia preso. Quindi l'ha capito che c'è anche l'amaro, il buio. Forse è per quello che ancora non si fida completamente di me. 
“Eccentrico eh?” un ghigno diabolico mi spunta sulla faccia.
“Beh...”
“Disse colei che cercò di aprire una bottiglia con una scarpa alla finestra”
“Ok questa diventerà un'altro di quei tormentoni per cui mi prenderai per il culo a vita?”
“Sì... dopotutto non posso più prenderti in giro per le tue uscite con Meg a scopo rimorchio”
“Ah no? E perché?” si mette a sedere e per un attimo temo di perdere il contatto con le sue gambe, ma le tiene sempre sulle mie.
“Perché non le fai più” la prendo per la vita e la abbraccio, mentre lei mi mette le mani sulle spalle.
“Sicuro?” 
“Non ne hai più bisogno” 
“Posso appendere le mie efficacissime tecniche di conquista al chiodo allora?”
“Certo, ormai hai rimorchiato me”
“Come ho fatto poi, non si sa...”
“Con le tue efficaci tecniche di conquista”
“Che consistono in? Non fare assolutamente niente?” come se avesse avesse avuto bisogno di fare qualcosa per farmi cadere ai suoi piedi. Mi stendo giù sul divano e me la tiro dietro.
“Essere te stessa e non fare assolutamente niente, il metodo migliore”
“Se lo dici tu...” borbotta lei, mentre cerca di tirarsi su, ma io la tengo stretta e glielo impedisco. A questo punto, anche per non scivolare dal divano, è costretta a mettersi più o meno a cavalcioni sopra di me.
“Con me ha funzionato, non vedi?” l'acchiappo mentre cerca di nuovo di divincolarsi, la stringo ancora più forte e le infilo una mano sotto la maglietta per accarezzarle la schiena.
“Eddie! Dai, fammi tirare su...”
“Perché?”
“Perché così ti faccio male...” 
“Ma figurati!”
“E' vero”
“Non mi puoi schiacchiare, lo sento che hai tutto il peso sulle ginocchia e sulle braccia”
“Perché voglio risparmiarti l'asfissia da schiacciamento”
“Ma piantala!” decido di usare le maniere forti e dalla schiena scivolo verso l'ascella per farle il solletico, ma lei cede molto prima che io ci arrivi. Appunto mentale: Angie soffre un sacco il solletico “Oh, così va meglio!”
“Ahahah smettila!”
“Molto meglio” ripeto quando ci ritroviamo praticamente naso a naso e allora smetto di torturarla, chiudo gli occhi e respiro in silenzio insieme a lei per credo cinque minuti, aspettando qualcosa... che non arriva. Angie sposta le mani dai miei capelli, dove erano affondate per sbaglio, e, aggrappandosi ai cuscini, si solleva e si stacca da me. 
“Spengo la tv” Angie si allunga sul tavolino dove ho lasciato il telecomando per prenderlo e spegnere l'apparecchio, poi si risiede, ai miei piedi. Faccio un respiro profondo e mi tiro su a sedere anch'io.
“Sarà meglio che vada” faccio per alzarmi, ma Angie con un gesto repentino mi tira per un braccio e mi rimette a sedere con decisione.
“DOVE VAI?”
“A casa, così ti lascio dormire” le do un buffetto sulla guancia e provo di nuovo ad alzarmi in piedi, ma Angie me lo impedisce di nuovo.
“Ma io non voglio dormire! Cioè... voglio dire, che puoi dormire con me, insomma, puoi fermarti qui a dormire”
“Anche stasera?”
“Sì! Perché? Non vuoi?” Angie tormenta ancora l'orlo della sua maglietta e se tira un altro po' la trasformerà in un saio.
“Certo che voglio. Pensavo che magari poteva essere un problema”
“Per quale motivo?”
“Non so, per Meg?”
“Meg non c'è, dorme fuori”
“Ma domattina tornerà, no? Se mi vede qui anche domattina? Cosa penserà?” io lo dico per lei, mica per me. Se mi vede e fa due più due io sono solo contento.
“Niente, cosa deve pensare? E comunque gliel'ho già detto”
“Gliel'hai detto?” le chiedo io improvvisamente interessato e carico di speranza. Che abbia rivelato finalmente a qualcuno che stiamo assieme?
“Sì, le ho detto che saresti venuto stasera. E che magari ti saresti fermato a dormire” speranza infranta in dieci secondi netti. Forse.
“E lei?”
“E lei niente, ha detto Va bene” Angie alza le spalle e prende le ultime due tortine rimaste sul tavolino, addentandone una e porgendomi l'altra.
“Va bene? Va bene e basta?” prendo il dolce e gli do un morso.
“Sì, cosa doveva dire?”
“Niente. Ma... allora Meg lo sa”
“Certo che lo sa, te l'ho appena detto! Perché d'un tratto ti fai tutti questi problemi?”
“No, intendo dire che lo sa... di noi...” un secondo morso e la tortina non c'è più.
“NO! Io... io non le ho detto niente”
“Angie... è la quarta volta che dormiamo insieme in una settimana, non credo sia necessario che tu glielo dica. Se non è scema, l'avrà capito da sola”
“Sa che dormo da te e tu da me, non è che sa... cosa... ehm... cosa facciamo” Angie finisce il suo dolcetto e si versa mezzo bicchiere d'acqua per mandarlo giù meglio.
“Credo lo possa intuire” anzi, sono sicuro che l'intuito di Meg andrà ben oltre quello che accade davvero tra me e Angie nella realtà.
“Meg non ha peli sulla lingua: se avesse dei sospetti, me ne avrebbe già parlato apertamente”
“Fallo tu”
“Cosa?”
“Parlagliene apertamente, dille di noi”
“CHE? PERCHE'?” ma perché la terrorizza così tanto?
“Perché è una tua amica e da qualche parte dovrai pure cominciare, no?”
“Di che cazzo stai parlando?”
“Senti, ne abbiamo già discusso, vuoi tenere la cosa segreta? E va bene, ci sto. Però potresti fare una cosa graduale, senza grandi annunci collettivi, cominciare a dirlo a qualcuno. E perché non dalla tua migliore amica?”
“Non lo so, forse perché è totalmente incapace di tenere un segreto?” Angie mi guarda come se fossi scemo e alza gli occhi al cielo. 
“Beh appunto, ancora meglio, no? Lo diciamo solo a Meg e poi ci pensa lei a far girare la voce, così ci risparmiamo gli annunci” provo ad abbracciarla e mi becco una sberla sul petto.
“Vaffanculo, Eddie”
“Andiamo a letto?”
“Mmm... ok”

  
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