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Autore: D a k o t a    23/11/2019    9 recensioni
Minilong di 3 capitoli. FP x Alice. Ambientata prima che venisse rivelata l'identità del Blackhood.
"FP non ha la minima idea di quando sia cominciata quella storia, se è stato quando l’ha vista davvero la prima volta, e non soltanto guardata. O quando lei si è accorta di un livido sulla sua spalla, e ha voluto a tutti i costi affrontare a testa alta suo padre e urlargli contro che fosse un vigliacco – e non importa davvero che non sia cambiato nulla, perché lui non ha mai avuto il coraggio di farlo. O forse è stata la notte della loro prima volta, quando l’ha abbracciato stretto, come se non volesse più andarsene – perché sì, Alice è stata ed è il suo primo bacio, la sua prima volta ed anche il suo primo amore."
[Sesta classificata al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cooper
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

 

Alice dimentica – dimentica la sua voce, le corse in bicicletta nel Southside, il numero di gradini che portavano alla casa della sua infanzia e le rughe che si formavano sul volto di suo padre quando sorrideva. Alice dimentica e la vita va avanti. Non dimentica i suoi occhi e non dimentica il suo volto, non può farlo perché lui è ancora vivo, ma non ricorda più come il solo sentirlo nominare le facesse venire i brividi alla schiena e le farfalle nello stomaco, come se fosse alla ricerca di qualcosa.

E’ semplice, è semplice davvero: è la vita – sono infinite le scelte che Alice ha preso e infinite quelle di fronte a cui ha voltato il capo.

A ventitré anni compiuti si laurea e quando Hal la bacia sulle labbra, lei ride davanti al suo sogno che si realizza, davanti allo sguardo commosso di sua madre, e dimentica, lo dimentica perché è felice.

(E’ rassicurante pensare che forse, con quel tocco sulla testa, abbandonati il chiodo, le borchie e i vestiti neri, FP potrebbe non riconoscerla più – ma Alice non lo pensa e non ci crede, non davvero)

A volte vede ancora Mary e Fred, che ridono complici come facevano al liceo, ma i rapporti cambiano, mutano quando la vita corre così veloce, quando gli unici volti che vedi, quando parli dei vecchi amici, sono quelli di ragazzini così lontani nel passato da essere già uomini. Così i contatti si sono fatti più radi, almeno durante il suo tirocinio, e Alice si dice che non importa, non importa davvero, che avranno l’eternità per recuperare, che riprenderanno a vedersi quando il ricordo di FP, di quel bambino e di tutti gli altri che si è lasciata indietro sarà ancora più sbiadito, quando il tempo avrà fatto il suo corso e avrà sanato le ultime ferite – ma una parte di lei sa già che non accadrà.


 

 

 

***

FP mantiene la promessa, non la aspetta e soprattutto non la chiama, e se non fosse per le voci che lei sente (non che chieda mai di lui!), non saprebbe che è appena diventato padre di un bambino. Mentre stringe Betty e Polly a sé, si dice che non le importa.

Lo incontra per caso poco dopo, lei spinge la carrozzina e Hal le mette, premuroso – è premura o gelosia? Alice non se lo chiede e non le interessa – , un braccio sulle spalle, mentre tiene Polly per mano. Quando la guarda e la riconosce, c’è una piega sul volto di FP dall’altro lato dell’affollato centro commerciale, e forse è dolore o forse solo sorpresa; qualunque sia la verità, ha una donna mora al suo fianco – è davvero Gladys, quella? - che tiene suo figlio in braccio, e lei si stringe più forte ad Hal, come colpita da quella immagine.

(Gli aveva fatto promettere di non aspettarla e lui, Alice lo vede, ha mantenuto la promessa, non l’ha aspettata.)

Quella sera chiama Mary – cosa c’è di strano? Erano pure sempre state amiche un tempo e presto sarebbe diventata la sua vicina di casa, no? - e le racconta della sua luna di miele in Australia, le parla dei canguri, di Betty e di quel viaggio che ha fatto con Hal e in cui ha avuto anche la possibilità di prendere in braccio un koala, e non dice nulla di FP. Si dice che è perché non ha nessuna importanza.

Una parte di lei, Alice Smith, attualmente Alice Cooper, vorrebbe darsi una pacca sulla spalla.


 


 

 

 

***

Jughead, a dieci anni, ha sentito parlare di Alice Cooper – ovviamente ha sentito parlare di Alice Cooper, è la mamma di Betty – ma non era mai stato suo padre a nominarla, non all’inizio almeno. All’inizio erano state le battute taglienti di sua madre, sibilate nel buio della loro roulotte vuota quando suo padre usciva per tornare ubriaco; poi era stata qualche fotografia, rinvenuta fra i cassetti e la polvere in vecchi scatoloni abbandonati, di cui solo ora – quando Alice viene a prendere Betty a scuola – può ricordare la spaventosa somiglianza degli occhi, della piega delle labbra, dei capelli, del volto con quelli dell’originale.

A sette anni non aveva ancora compreso che Alice Cooper – Alice Smith? - fosse il nome di qualcuno di importante, qualcuno di reale e non un personaggio con cui sua madre si divertiva ad insultare e a maledire suo padre, quando faceva fatica a reggersi in piedi per l’alcol. Quando aveva chiesto per la prima volta chi fosse la bionda che era stata più fortunata e se l’era scampata di cui sua madre parlava sempre, suo padre aveva digrignato i denti così forte e Gladys era scoppiata a ridere.

“Guarda cosa hai fatto” aveva grugnito suo padre verso sua madre.

Gladys aveva alzato gli occhi al cielo senza degnarlo di uno sguardo, per poi rivolgersi a suo figlio, mentre FP si era chiuso in camera sua.

“Solo una sciocca ragazzina che hai rischiato di avere come madre. Come se questa famiglia non fosse già abbastanza complicata”

Jughead aveva corrugato la fronte, fino a quando sua madre l’aveva preso da parte con un sospiro e aveva affermato:

“Era una ragazza che non sopportavo. Ma tuo padre...” Gladys si era interrotta per umettarsi le labbra, come se fosse incerta di avere davvero il diritto di andare avanti, poi aveva scosso il capo come se il solo pensiero fosse una sciocchezza e aveva ripreso a parlare, abbassando la voce, in modo che FP non sentisse. “ Tuo padre aveva un debole per lei. Fred è convinto che ne fosse innamorato”

“E poi?” aveva inquisito il bambino, con un pigolio.

“E poi ha conosciuto me, tesoro” aveva tagliato corto.

Jughead nemmeno per un secondo aveva pensato che vi potesse essere un’altra verità - e quella foto di suo padre, giovanissimo, in sella ad un motorino con una ragazzina bionda stretta a lui era ben presto finita nel dimenticatoio.
 

***
 

Negli anni, FP ha sempre tenuto conto dei suoi spostamenti; aveva saputo della sua laurea, della morte di sua madre, della nascita di Polly e di Betty – beh, insomma, era sempre stato un piccolo Jughead a raccontargli di Betty -, aveva saputo tutto, ma c’era Gladys, c’era Jughead, c’era Jelly Bean, c’era il desiderio di essere un padre e un marito diverso da quello che era stato suo padre, e nemmeno per un secondo si era permesso di guardarsi alle spalle – del resto, ne era sicuro, Alice non l’aveva mai fatto.

Non è che non gli importi più di Alice, anzi; il pensiero di Alice – di cosa facesse, di come stesse – non l’ha mai abbandonato, ma c’è Gladys, c’è Jughead, c’è Jelly Bean e l’immagine della ragazzina bionda era, progressivamente, passata in secondo piano nella sua mente – era finita insieme a quella loro vecchia foto, in mezzo a qualche scatolone.
 

***
 

Non c’è motivo, non c’è uno straccio di ragione per cui Alice dovrebbe trattare male o essere scontrosa con Jughead, la prima volta che Betty, appena sedicenne, glielo presenta come suo ragazzo; non ha assolutamente nessuna ragione, anche perché lui è educatissimo e la chiama “Signora Cooper”, ma i suoi occhi sono così verdi e simili a quelli di Gladys e ha la gestualità di FP e anche se non ha nessuna ragione per essere scortese, lo è lo stesso – rabbrividisce nel notare come l’espressione ferita che si dipinge nei suoi occhi sia così dannatamente simile a quella di FP, quando gli aveva voltato le spalle.

Quando Alice apre la porta, qualche giorno dopo, c’è un uomo, ha i capelli scuri e gli occhi castani e un brivido le scorre lungo la schiena a pensare che quello sia FP e che siano passati tutti quegli anni.

“A cosa devo questa visita, FP?” ringhia fra i denti, ma non è un ringhio vero: è il ringhio di chi si disprezza per abitudine, perché non sa parlarsi in altro modo, più che per vero astio.

Lui sembra insolitamente irritato e Alice si chiede se abbia ancora il diritto, se possa ancora rivolgersi a lui con quella confidenza, ora che c’è Hal, ora che c’è Gladys, ora che ci sono troppe bugie e nulla è stato detto.

FP lancia uno sguardo fugace al posto vuoto dove di solito parcheggia Hal, prima di entrare e farsi sentire.

“Come diavolo ti è saltato in mente di prendertela con un ragazzino, Alice? Come diavolo ti è saltato in mente di prendertela con mio figlio?”

Non c’è scherzo, non c’è quella solita punta di indulgenza che tradisce un po’ anche quando è arrabbiato, anzi furioso, a mitigare il suo tono; dare la colpa a Jughead, dirgli che suo figlio è un maleducato sembra troppo poco, quindi Alice decide di azzardare un’illazione più sottile, più crudele.

“Forse invece di preoccuparti di cosa gli ho detto, dovresti preoccuparti di più di dove passa la notte”

FP inarca appena un sopracciglio e Alice quasi si sorprende di quanto bene, nonostante tutto, abbia imparato a incassare i colpi – si chiede se sia stata lei oppure Gladys, quando se ne è andata, ad insegnarglielo.

Si avvicina, e Alice trasale appena: non è che avere FP intorno la faccia poi sentire così a disagio, è che la fa proprio sentire in trappola, come se non vi fosse aria e dovesse andarsene. Ma quella è casa sua, non deve andarsene da casa sua, non è giusto, quindi cerca di far andare via lui.

“Ascoltami attentamente, Alice” dice e le si avvicina pericolosamente, come per guardarla negli occhi “Mio figlio può non avere un’ottima opinione di me, può pensare che io sia un pessimo padre, può preferire dormire per strada che a casa nostra, ma qualsiasi cosa è successa fra me e te, resta fra me e te. Lasciamo fuori i ragazzi”

Non le dà il tempo di rispondere – Alice sente la porta sbattere ed improvvisamente realizza: è così che si è sentito FP quella volta che l’ha lasciato.

(Per un attimo, per un lunghissimo attimo si chiede se FP avrebbe protetto il loro bambino nello stesso modo ruvido, complicato e un po’ rude in cui cerca di proteggere Jughead – ma è solo un attimo, un’insignificante frazione di secondo.)

(Qualche giorno dopo, FP trova un biglietto nella cassetta delle lettere: non è firmato, c’è scritto solo “Scusa”. Sospira e lo getta sul tavolo - a volte è difficile ricordarsi di non avere più diciassette anni, ricordarsi che non è più così facile perdonare.)
 

***

 

E’ seduta davanti al camino, quando Betty si siede sulla poltrona davanti a lei e la scruta – Alice capisce subito che le vuole chiedere qualcosa che riguarda l’assassinio di Jason Blossom su cui lei e Jughead stanno indagando e sa bene che dire a sua figlia di smetterla di ficcanasare è fruttuoso quanto conversare con i mulini a vento. La domanda che le pone però la prende in contropiede.

“Come fai a essere certa che FP non abbia ucciso Jason Blossom? Come fai a sapere che possiamo fidarci?” le domanda e ha la voce così piena di stanchezza, la voce di chi non ce la fa più a portare avanti quella battaglia da sola.

“Betty, eravamo amici” le dice, scuotendo il capo.

Non c’è davvero molto altro che lei possa aggiungere. Non c’è davvero molto altro che qualcuno oltre a lei e a FP possa capire.
 

***
 

Quando confessa, FP ricaccia indietro le lacrime e nessuno dei suoi pensieri è rivolto a Jason o a Gladys o a Cliff Blossom o ad Alice – pensa a Jughead. Lo sceriffo Keller gli chiede di confessare e FP pensa a Jughead. Pensa che così facendo sta perdendo ogni diritto di esserci, di stringerlo, consolarlo, sgridarlo, ma che nonostante ciò, non vuole perderlo. Per tutto il breve tempo che dura la sua confessione, FP fissa lo sceriffo Keller negli occhi, ma vede Jughead.

(La cosa che fa più male non è confessare, non sono nemmeno quelle foto del corpo straziato di quel ragazzino rosso buttate sulla scrivania, non è l’idea di passare gli ultimi anni della sua vita in una cella: è quell’espressione distrutta che si dipinge sul viso di Jughead quando gli dice di quanto era stato felice di vederlo leggere il suo manoscritto, di quanto sia stato un’errore dargli un’altra chance; la cosa che fa più male è spingerlo via, spaventarlo quando vorrebbe solo rassicurarlo. E’ dirgli di non tornare mai più, quando vorrebbe solo abbracciarlo – FP si dice che non importa, che va bene che lo odi, va bene non vederlo mai più e che prima o poi verrà a patti con l’idea che suo padre sia un assassino. FP si dice che va bene mentire anche su una cosa del genere, va bene che la sua foto finisca su tutti i quotidiani e che venga chiamato “Il mostro di Riverdale” perché se è quello il prezzo da pagare per la vita di suo figlio, è giusto che sia così.)
 

 

***
 

Quando FP confessa, Alice è l’unica che non gli crede – ovviamente non gli crede, sa quando mente e, andiamo, lo conosce da quando avevano sette anni. Ci mette un po’ a decidere di andarlo a trovare; ci vuole di vedere Betty e Archie distrutti nel tentativo di consolare un Jughead così confuso nel percorrere le numerose strade che si trovavano davanti a lui, senza suo padre – quel ragazzino non le è mai piaciuto e si dice che l’unico motivo per cui una di quelle sere, quando Hal è fuori per lavoro, permette a Betty di lasciarlo dormire a casa sua è perché è sconvolto e non perché FP non avrebbe mai voltato le spalle a sua figlia in quel modo.

Quando decide di andare a trovare FP, lo fa dando un nome falso e quando insistono che solo suo figlio e sua moglie possono interagire con lui, Alice storce appena il naso, prima di infrangere due o tre leggi e dare come nome Gladys Jones – ma davvero, chi glielo ha fatto fare?

Quando se lo ritrova davanti, FP ha gli occhi così pieni di tristezza, rabbia e odio, e così poco da FP – perché FP odiava suo padre, ma non era mai riuscito ad odiare lei. Alice lo guarda, pensa a quel primo bacio e a quel primo amore che non è mai stato facile.

Lui la guarda e ci vuole un minuto, prima che prenda parola, prima che realizzi che lei è davvero lì, che non è il dolore ad averlo reso cieco e a farlo vaneggiare – non ancora, almeno.

“Sei venuta a ballare sulle macerie, Alice?” le chiede e spera che se ne vada, che lo lasci stare, che sia facile persuaderla e spaventarla, come lo era stato con Jughead.

Alice non si scompone, perché, davvero, il giorno in cui sarà FP a incuterle paura deve ancora venire. Non è FP a farle paura, infatti, è l’immagine di quel FP disperato a disturbarla; può affrontare la sua rabbia, il suo odio, la sua impulsività – erano tutte cose che aveva già visto - eppure l’idea di un FP disperato la terrorizza come nulla al mondo.

Alice vorrebbe dirglielo – dirgli che è lì per lui, dirgli che sa che ha detto a Jughead di non tornare mai più, che ricorda il modo in cui l’ha sempre difesa e che sa, lo sente come una certezza inossidabile che ha dentro, che è Jug che sta cercando di proteggere. Che non è un genitore perfetto, ma che darebbe la sua vita per proteggere suo figlio. Vorrebbe dirglielo, ma c’è Hal ed è pur sempre una giornalista.

“Sono venuta a sentire la tua confessione” gli chiede, e non si scompone, ha le labbra atteggiate in una smorfia che tradisce una malinconia imparata con gli anni.

“Non hai sentito abbastanza storie sul mostro di Riverdale, Alice?”

Tanti anni prima, Alice ci aveva provato – davvero ci aveva provato a raccontargli il suo dolore, a raccontargli del ciclo che non arrivava ma lui non aveva capito e aveva ammiccato verso una delle Vixen e da lì, lei non aveva mai provato a parlargli di nuovo. Ma FP, mentre la guarda, comprende che invece Alice ha capito lui.

“Non mi piace il Gossip” dice con nonchalance, stringendosi le spalle, prima di inchiodarlo con i suoi occhi verdi “E poi sappiamo entrambi che sono solo stronzate”

Alice ha capito lui: Alice capisce il suo di dolore senza margine d’errore, riconosce immediatamente il battere sordo del suo cuore spezzato; e non per questo lo giustifica, ma neanche lo giudica ed è un’esperienza strana e disarmante, come imparare a camminare una seconda volta. C’è qualcosa di bello nell’avere qualcuno che ti guarda ancora con lo sguardo fra il premuroso e l’irritato con cui ti guardava a diciassette anni – FP può sentire il petto riempirsi di calore.

“Forse hai solo paura di essere stata per anni con un mostro senza saperlo riconoscere” osserva lui, ed ha un’espressione indecifrabile negli occhi.

“Smettila di mentire, FP” gli risponde, corrucciando appena il labbro inferiore. “Non sono tuo figlio, non sono così facile da convincere”

FP la guarda appena e mentre lo fa, ha quel lampo nuovo negli occhi, un lampo di speranza che illumina i suoi occhi color cioccolato, segnati da notti di lacrime mute e soffocate. E’ che è così bello, si ripete, avere qualcuno che crede in te, dopo giorni passati ad essere guardato come un mostro che uccide ragazzini.

“Come sta?” le chiede sottovoce, mentre si stringe le braccia.

Alice sa che non c’è bisogno che chieda lui di chi stia parlando, che tutto il dolore dietro quegli occhi scuri è evidente, parla da sé ed è come se la sua importanza fosse sotto gli occhi di tutti.

“E’ a pezzi” confessa, e non può fare a meno di notarlo mentre abbassa gli occhi.

“Mi odia” ammette lui fra i denti, come se il peso di quelle parole fosse tutto sulla sua schiena e gli spezzasse la voce. “Tu non hai visto come mi guardava, Alice… Non hai visto la delusione nei suoi occhi...”

“Devi dirgli la verità, FP” risponde dolcemente lei.

“Non posso”

Alice non parla, non dice nulla. Lo guarda e pensa ad Hal – Hal può essere la sua vita felice. Hal è bellissimo, nobile e affascinante. E’ tutto ciò che un’Alice diciassettenne aveva sognato, tutto ciò che FP non poteva essere.

Hal può essere la sua vita felice.

Ma lei si accende solo con FP. Le cade la maschera da superdonna, diventa vulnerabile e umana, si sgretola sotto le sue mani.

Si dice che il sorriso grato che FP le rivolge prima di andar via non significhi nulla. E se davanti ad esso, gli stringe la mano un po’ più forte, si dice che è solo per ricordargli che è lì per lavoro, che la stretta di mano è un saluto formale, che non lo fa per affetto, né per conforto.


 

***

Passa un anno – un anno in cui Alice vede Betty, sua figlia Betty, diventare sempre più intima con Jughead, un anno in cui FP perde per un periodo la libertà, ma recupera suo figlio – prima che Alice confessi ed espelli ogni parola come se fosse un macigno tenuto nascosto in maniera maldestra per troppo tempo, come se fosse altro da sé.

“Ho avuto tuo figlio. L’ho chiamato Charles, l’ho dato in adozione. Ed ora è morto, è morto a causa mia” Alice piange mentre parla e la sua testa è appoggiata alla parete e FP, per un solo lunghissimo momento, vorrebbe cacciarla via, vorrebbe dirle di andarsene e di smettere di camminare in casa sua come se fosse ancora casa anche per lei. Vorrebbe fare tutto ciò, vorrebbe ferirla nel modo in cui lei ha ferito lui, eppure la stringe più saldamente a sé stesso, fermandosi prima che sia troppo perché lei possa ancora sopportarlo, e Alice pensa che gli piacerebbe sparire in quell’abbraccio, che sarebbe persino giusto.

“Mi dispiace” gli sussurra contro la stoffa della maglietta “Sono un mostro”

“Alice, guardami” le dice e lei ci mette un attimo ad alzare gli occhi, un attimo che racchiude tutta la colpa e la vergogna che si era tenuta dentro a diciassette anni “Sono qui. Non è stata colpa tua”

Alice chiude gli occhi e immagina cosa sarebbe accaduto se avesse portato Charles via da Riverdale, se l’avessero cresciuto come se fosse loro, come se fosse normale.

A volte Alice guarda FP e si chiede cosa sarebbe accaduto se avesse osato amare un uomo diverso da Hal.


NDA
Well, eccoci a un capolinea, con un finale aperto, che immagino possa essere anche deludente. La verità è che, nonostante sia felice di vedere come vanno le cose nella S4, in questa FF ho voluto rappresentare i Falice come quel primo amore fatto di rimpianti, di cose non dette, di occasione non colte che è stato fino alla S2. Quel primo amore che, beh, forse leggendolo ricorda anche un po' il nostro. Ecco perché il finale è problematico, perché non risponde al quesito centrale e lascia ancora tutte le strade aperte - Alice tornerà a casa da Hal oppure smetterà di vivere nel rimpianto e nel rimorso? Lo show ci ha dato la risposta, io ho voluto approfondire i Falice bellissimi, fieri e con quella tenerezza arruffata che avevano a 17 anni, e che si portano dietro ancora, nonostante i diciassette anni non li abbiano più.
Vi ringrazio tantissimo, soprattutto Daffodil, che legge sempre i miei lavori in questo fandom. 

   
 
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