Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: pampa98    23/11/2019    9 recensioni
[Jaime/Brienne]
Soulmate!AU. Una rivisitazione degli eventi della serie in chiave Soulmate, da quando Jaime e Brienne si incontrano per la prima volta all'accampamento degli Stark, fino al loro addio ad Approdo del Re.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The song of the Knight and his Maiden Fair'
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JAIME IV


 
La febbre era arrivata veramente, come aveva predetto Qyburn. Purtroppo gli artigli dell’orso erano pieni di terriccio e sabbia e, non avendo potuto pulire subito la ferita, questa si era infettata. A ogni modo, il non-maestro aveva assicurato che non avrebbe avuto conseguenze gravi: due o tre giorni di febbre e poi sarebbe tornato tutto a posto. Jaime era stato in parte rincuorato da quelle parole, ma preferiva comunque occuparsi di Brienne il più possibile, sapendo che ogni ferita era diversa e che, talvolta, poteva degenerare in modi inaspettati.

Brienne non si dimostrò una terribile paziente. Diceva sempre di stare bene e di potercela fare da sola, ma, dopo poco, Jaime riusciva a convincerla ad appoggiarsi a lui e lasciarsi aiutare. Mentre cavalcavano Brienne spesso si addormentava contro di lui, anche per delle ore, e in quei momenti Jaime poteva rilassarsi, poiché sentiva sempre il suo respiro caldo sulla pelle, a volte regolare, a volte a scatti, ma sempre presente. Aveva scoperto che, in quei giorni, la sua paura più grande era risvegliarsi in un mondo opaco e spento perché Brienne se n’era andata e lui non era riuscito a salvarla.

«Siamo vicini a una locanda» disse Tom, uno dei cavalieri della loro scorta.

«Non ci fermeremo lì» rispose seccamente Walton Gambali d’Acciaio.

Jaime sbuffò. Quell’idiota si era fissato che le locande fossero pericolose e che fosse più sicuro morire di freddo nel bosco, rischiando di venire sbranati da qualche bestia feroce.

Ne ho già affrontata una e non vorrei doverlo rifare.

Jaime guardò Brienne mentre dormiva con la testa poggiata sulla sua spalla. Aveva ancora quell’orrendo abito rosa, sporco e anche strappato. Per farla stare al caldo le aveva dato il suo mantello, anche se lei aveva cercato di opporre resistenza e, ogni volta che credeva avesse freddo, tentava di restituirglielo. Inoltre, i viveri stavano cominciando a scarseggiare e avevano davanti a loro ancora un paio di settimane di cammino prima di arrivare ad Approdo del Re.

Volente o nolente, Gamabali d’Acciaio li avrebbe lasciati pernottare in quella locanda.

Jaime ricordò che era stato piuttosto semplice convincere Walton a tornare a Harrenhal per salvare Brienne, così tentò lo stesso trucchetto.

«Ser, dovremmo davvero dormire sotto un tetto questa notte. Abbiamo bisogno di altri viveri e a Brienne serve un abito nuovo.»

«Scordatelo, Sterminatore di Re» ribattè l’altro. «Siamo già abbastanza in ritardo a causa della tua amica. Non andremo in nessuna locanda.»

«Va bene, come vuoi. Vorrà dire che, una volta giunti alla capitale, dovrò informare Lord Selwyn Tarth che sua figlia è morta perché tu non le hai fornito le adeguate cure.»

Walton fermò il suo cavallo, voltandosi verso di lui.

«Ma questo non…»

«E dovrò dire a mio padre che hai voluto mantenere ritmi talmente serrati che la mia ferita alla mano è peggiorata al punto da richiederne l’amputazione.»

«Non è vero! Io non c’entro niente!»

Jaime fece spallucce. «Puoi provare a dirglielo. Sai, nonostante tutto quello che si dica su di lui, Tywin Lannister sa essere magnanimo. Ti taglierà la lingua o le mani, ma lascerà la tua grossa testa attaccata al resto del corpo.»

Walton digrignò i denti, ma alla fine accettò di pernottare nella locanda.

«Se veniamo derubati o uccisi o cose simili, sappiate che io vi avevo avvertiti.»
 


Una volta giunti alla locanda, Jaime accompagnò Brienne in una camera, mentre Qyburn si occupava di saldare il conto con la locandiera. Avevano abbastanza monete per pagare tre camere da letto e cinque pasti caldi.

Nella stanza era già stato acceso il fuoco e Jaime si beò di quel calore. Aiutò Brienne a sedersi sul letto, il quale sarebbe stato abbastanza grande per entrambi, anche se Jaime aveva già deciso che avrebbe dormito per terra.

A meno che lei non voglia diversamente.

«Come ti senti? Va meglio al caldo?»

Brienne annuì. Si era svegliata mentre si avvicinavano alla locanda e aveva tremato per tutto il tempo, tanto che Jaime aveva cominciato a preoccuparsi seriamente.

Probabilmente sono stato così anch’io, anche se non lo ricordo.

«Hai fame? Dovresti mangiare qualcosa.»

«Sì… Sì, mi va di mangiare.»

Gli sorrise, evento piuttosto raro, e Jaime ricambiò.

«Va bene. Vado a prendere la cena, tu puoi sdraiarti un po’ e metterti sotto le coperte, così starai più al caldo.»

«Grazie, ma sto già meglio.»

Tremava meno di prima, ma era ancora molto pallida, nonostante le fiamme proiettassero ombre rosse e arancioni sul suo volto.

«Hai ancora freddo.»

Brienne sbuffò. «Non così tanto. Sto bene, ser.»

Jaime sorrise. Aveva la forza di rispondergli a tono, era un buon segno.

Scese in taverna, dove Qyburn, Walton e Tom stavano già cenando.

«Come sta Lady Brienne?» gli chiese Tom appena lo vide.

«Va migliorando, ma è meglio se le porto la cena in camera.»

«Lo immaginavamo» rispose Qyburn. «Abbiamo chiesto a Jen se vi metteva da parte due porzioni di stufato. Vai pure a prenderle.»

Jaime annuì e raggiunse il bancone.

«Arrivo subito, caro!» esclamò una voce da una porta alla sua destra. Aveva solo intravisto la locandiera, ma gli era parsa una donna di mezza età bassa e molto in carne. Aveva pensato che somigliasse a sua zia Genna e quel gridolino allegro gliela ricordò ancora di più.

Mentre stava aspettando Jen la porta si spalancò e un gruppo di uomini ridenti entrarono nella locanda. Jaime riconobbe sul farsetto di un paio di loro le torri gemelle dei Frey.

«…e il modo in cui ha urlato. Cazzo, che spasso!»

«Be', io un po’ la capisco, però. Le hanno ucciso il figlio di fronte agli occhi.»

Il ragazzino che aveva parlato si beccò una manata in pieno petto da un omone grosso e molto ubriaco, a giudicare dall’odore.

«Ma che dici?! Quei cani maledetti hanno avuto ciò che meritavano. Viva Walder Frey! Viva Re Joffrey!»

A quell’ultima esclamazione, tutto il gruppo si esibì in grandi grugniti di approvazione.

Jaime rimase sorpreso da quelle parole. I Frey erano alleati degli Stark. Perché avrebbero dovuto appoggiare Joffrey? Forse quelli erano dei disertori? Oppure non erano veramente dei Frey? No, fatta eccezione per quello grosso, gli altri erano smunti e brutti come tutta la progenie di Walder il Ritardatario.

Spinto dalla curiosità e anche da un po’ di preoccupazione, Jaime decise di avvicinarli.

«Buonasera, miei lord» li salutò. Qualcuno si voltò a guardarlo e un paio storsero la bocca vedendo il suo moncherino. Nessuno lo aveva riconosciuto.

«Perdonatemi, vedo che portare lo stemma dei Frey» continuò Jaime.

«Aye, noi siamo Frey» rispose il più anziano della compagnia. «Qualche problema, storpio?»

Jaime si sforzò di ignorare l’insulto.

E poi cosa potrei dirgli? Sono davvero uno storpio.

«So che si è celebrato di recente il matrimonio di un Tully con un Frey. Mi chiedevo se voi ci foste stati.»

«Oh, puoi scommetterci! Che spettacolo, che spettacolo!» esclamò il grassone.

«Posso chiederti come hai avuto questa informazione?» chiese l’anziano.

«Ero al servizio di Lord Bolton, me lo ha detto lui» rispose prontamente Jaime. Sentendo nominare il lord di Capo Terrore, gli occhi di tutti si accesero.

«Ah, ma bene! Bene! Siamo amici, allora.»

Jaime non capì il perché di quelle parole.

«Cosa hai saputo sul matrimonio?» intervenne il ragazzo più giovane, che sembrava trovarsi a disagio lì.

Jaime fece spallucce. «Solo che doveva sposarsi Edmure Tully al posto di suo nipote. È successo qualcosa di particolare alla cerimonia?»

Tutti scoppiarono a ridere. L’omaccione si alzò e gli diede una pacca sulla schiena. Jaime riuscì a non perdere l’equilibrio.

«Ah, le Nozze Rosse le chiameranno! Cos’è successo di particolare, chiedi? I Frey hanno mandato un monito a tutti i Sette Regni: non si raggira il vecchio Walder.»

“Le hanno ucciso il figlio di fronte agli occhi.” 

“Viva Joffrey!”

Un dubbio si insinuò nella mente di Jaime, ma sembrava troppo orribile per poterlo prendere sul serio.

«In parole povere» spiegò il vecchio, «Robb e Catelyn Stark sono morti, suo zio è nostro prigioniero e tutto il loro esercito è stato annientato.»

Jaime non disse niente. Si mostrò calmo, anche se dentro di lui si agitavano mille emozioni contrastanti.

«Avresti dovuto vedere come stava bene il Giovane Lupo con una vera testa di lupo sulle spalle!»

Li hanno uccisi e mutilati mentre erano loro ospiti.

Ma la cosa peggiore, fu quando tutti alzarono i loro calici e gridarono all’unisono:

«I Lannister mandano i loro saluti!»

Jaime sbiancò.

Sul serio? Dannato Bolton, era solo un commento sarcastico!

«Sono coinvolti anche i Lannister?» riuscì a chiedere.

«Be', nessuno di loro era presente, ma ascoltando quelle note soavi era come averli accanto.»

Jaime deglutì a vuoto.

«“Ora le piogge piangono nella sua sala, senza nessuno a udirle.”»

«Oh, eccoti» Jen arrivò tutta trafelata, in mano reggeva un vassoio con due ciotole. «Scusa se ti ho fatto aspettare. Sono subito da voi, miei signori» aggiunse, rivolta ai Frey.

Jaime prese il vassoio senza dire una parola e ignorò anche il grassone che lo invitava a unirsi a festeggiare con loro.

«No, ragazzi. Sua moglie sta male e ha bisogno delle sue cure» sentì dire da Jen.

Si rese conto che non gli sembrava una brutta associazione: Brienne, sua moglie. Sarebbe stato bello.

Si bloccò di scatto davanti alla porta della loro stanza.

Brienne.

Catelyn Stark era morta. La donna a cui aveva giurato fedeltà, in cui credeva ciecamente, non c’era più. E lui ne era in parte responsabile.

Ah no, cazzo! Sono un Lannister, ma io non ho preso parte a quello scempio. È stato mio padre e io non me ne prenderò la colpa!

Il problema di dover dare quella terribile notizia a Brienne, però, persisteva. Jaime decise di aspettare almeno fino a quando non si fosse rimessa del tutto. Lady Catelyn era morta e quella realtà sarebbe stata ancora vera di lì a qualche giorno.

Sperò solo che quei maledetti Frey non facessero troppo baccano quella notte.
 


Fu Brienne ad aprire la porta, probabilmente sentendo le sue imprecazioni per non riuscire ad afferrare la maniglia senza far cadere a terra la loro cena.

«Potevi dirmi che eri qui, ti avrei aperto subito.»

«L’idea era di non farti alzare, donzella» disse Jaime, posando il vassoio sul tavolo. Aveva cercato di tenerlo in equilibrio sul braccio ferito con l’unico risultato di essersi solo fatto male.

«Ti sei fatto male?» chiese subito Brienne, avvicinandosi a lui.

Jaime la liquidò con un gesto della mano. «Sto bene. Tu, piuttosto, non dovresti affaticarti. Sei ancora debole.»

«Ce la faccio a stare in piedi.»

«Siediti, mangerai meglio.»

La indirizzò verso il letto e lei vi si sedette. Jaime le porse una ciotola di stufato e poi si sedette accanto a lei.

Consumarono il pasto in silenzio, il crepitio delle fiamme nel camino l’unico suono nella stanza. Era rilassante stare vicino a qualcuno senza il bisogno di parlare o fare qualcosa per rompere l’imbarazzo, poiché non ve ne era. Quel silenzio, quella pace tra di loro, sembrava solo… giusta. Era una bella sensazione.

Brienne mangiò tutto e Jaime fu felice di vedere che le era tornato l’appetito. Stava davvero guarendo, per fortuna.

«Vuoi che te ne vada a prendere un altro po’?» le chiese.

«No, ti ringrazio. Sono a posto.»

Jaime annuì. Si alzò per riporre le ciotole e versò un bicchiere d’acqua per Brienne.

«Bevi un po’.»

Lei obbedì. Mentre gli restituiva il bicchiere, il mantello le cadde dalle spalle, rivelando la fasciatura sulla sua spalla sinistra.

«Dovremmo cambiare la medicazione» le disse.

Brienne si guardò la spalla, anche se Jaime dubitava che potesse vedere molto.

«Non credo che serva, l’abbiamo cambiata oggi.»

«No, meglio non rischiare.»

Jaime si era fatto consegnare la sacca con i medicinali da Qyburn quando erano arrivati lì, dal momento che lui e Brienne erano gli unici ad averne bisogno e sarebbero stati insieme per tutto il tempo. Mentre prendeva una garza pulita, Brienne si tolse la vecchia, gettandola da parte.

«Com’è?» gli chiese.

Jaime osservò i tre tagli che partivano dal collo fino ad arrivare quasi sul petto.

Per poco non le ha staccato la testa.

Stavano diventando rosati e la pelle intorno era ancora un po’ arrossata, ma molto meno rispetto al primo giorno. Quando erano stati abbastanza lontani da Harrenhal e Qyburn le aveva potuto controllare la ferita con più attenzione, il collo e il petto di Brienne erano talmente rossi che Jaime aveva seriamente temuto per la sua vita.

«La pelle è ancora un po’ arrossata, ma l’infezione sta passando e la ferita cicatrizza bene.»

Sentì Brienne ridacchiare a quelle parole.

«Che c’è di così divertente?»

«Sembra di sentir parlare un maestro.»

Jaime sorrise a sua volta. «Sono diventato un esperto in ferite e infezioni, ultimamente.»

«Scusa» Lo sguardo di Brienne si era subito rabbuiato.

No, donzella, non fare così. Sorridi. Sei bellissima quando lo fai.

«Non scusarti, è vero. Spera che sia anche bravo come un maestro, perché al momento sei affidata alle mie cure, donzella.»

Brienne sbuffò, ma Jaime intravide comunque un sorriso sul suo volto. Mise due dita nel barattolo di crema che usava sempre Qybrun e cominciò a spalmarla intorno ai graffi. Sperò di essere delicato come lo era stata lei con lui.

«Ti ho fatto male?» le chiese, sentendola fremere.

«No, no. È… Dà solo un po’ di fastidio.»

Jaime annuì. Capiva la sensazione. Quando finì di applicare la medicazione e coprì di nuovo la ferita con una garza pulita, Brienne aveva ripreso a tremare.

«Hai freddo» disse Jaime e, prima che Brienne potesse provare a negare, aggiunse. «Mettiti sotto le coperte, io ravvivo un po’ il fuoco.»

Brienne obbedì. Si sdraiò sul fianco destro, così da non rischiare di premere sulla spalla ferita.

«Hai bisogno di qualcos’altro? Acqua?»

«No, ti ringrazio.»

Jaime annuì e si sdraiò a terra, accanto al letto. Avendo le coperte, Brienne non aveva bisogno del suo mantello, così poteva usarlo lui per tenersi al caldo.

«Che stai facendo?» gli chiese.

«Mi metto a dormire. Perché?»

«Non… Non stai scomodo… lì?»

Ovviamente, ma nel letto ci sei tu. A meno che…

«V-Voglio dire…» aggiunse lei, arrossendo. «C’è… C’è spazio per entrambi qui. Se… Se preferisci.»

Jaime era certo che fosse una pessima idea dormire insieme a lei, ma la sua schiena avrebbe avuto molto da ridire il mattino seguente se avesse rifiutato.

Abbiamo dormito vicino anche durante queste notti. Un letto non farà una grande differenza.

Jaime si tolse gli stivali, mentre Brienne si spostò di lato, facendogli spazio.

Si ritrovarono sdraiati faccia a faccia, entrambi appoggiati sulla parte del corpo sana. Jaime aveva il fuoco alle spalle, ma riusciva comunque a vedere le lentiggini sulle guance di Brienne, accentuate dal suo rossore. Restarono a fissarsi per quelle che parvero ore. Jaime non si sarebbe mai stancato dei suoi occhi, così profondi, così innocenti. Così blu.
Un tempo, credeva che fossero l’unica parte bella di Brienne, ma anche quella certezza era ormai venuta meno. Non era una bella donna, no, ma Jaime non era più sicuro di poterla definire brutta. Ricordava le sue gambe lunghe, la pelle diafana, i suoi modi gentili. Il modo in cui diventava completamente rossa ogni volta che era in imbarazzo, mettendo in risalto le lentiggini e i grandi occhi in un modo che, se non lo avesse sperimentato, Jaime non avrebbe mai creduto potesse risultare attraente.

Le osservò attentamente il volto, cercando di cogliere ogni dettaglio, ogni sua particolarità. Aveva ciglia molto lunghe, molto femminili, mentre il naso aveva una gobba, segno che era stato rotto in passato. Jaime ricordava che era così già prima che venissero catturati da Locke. Le labbra erano rosse e carnose.

Labbra fatte per essere baciate.

«Do-Dovremmo metterci a dormire.»

La voce di Brienne riportò i suoi pensieri sulla retta via.

«Sì, hai ragione» le sorrise. «Buonanotte, Brienne.»

Lei ricambiò il sorriso. «Buonanotte, Ser Jaime.»

Avrebbe voluto dirle che non c’era bisogno di quelle formalità, specie quando erano da soli, ma gli piaceva come suonavano quelle parole, Ser Jaime, pronunciate dalle sue labbra.

Brienne si addormentò poco dopo. Sembrava una ragazzina, raggomitolata sul fianco sotto le coperte. A Jaime fece molta tenerezza. Le esperienze che avevano vissuto insieme non l’avevano cambiata, non troppo almeno. Era ancora una giovane innocente con una smisurata fede nella cavalleria e nella lealtà.

Ti prego, non smettere mai di crederci. Anche se farà male, anche se è una bugia, tu non arrenderti mai. Perché, se lo facessi, non saresti più tu.

Sapeva che presto le avrebbe dovuto dare una brutta batosta. Brienne non avrebbe reagito bene alla morte di Catelyn Stark. Jaime non era bravo con i sentimenti, né sapeva come preparare qualcuno a ricevere una brutta notizia, ma doveva essere lui a dirglielo. Quegli altri idioti non avrebbero avuto un minimo di tatto. Qyburn forse sì, ma Jaime preferiva prima scoprire se lui fosse stato o meno a conoscenza del tradimento del suo signore.

“I Lannister mandano i loro saluti.”

Doveva dire a Brienne ciò che aveva fatto Lord Bolton? E in cui era coinvolto, involontariamente, anche lui? Lei si fidava di lui, lo considerava un cavaliere, perciò sapeva che Jaime non aveva niente a che fare con quanto accaduto alle Nozze Rosse. Per lei contava lui, non il suo nome. O almeno così sperava.
 


Fu svegliato da dei colpi alla porta. Aprì gli occhi in tempo per vedere Brienne fare lo stesso. Jaime non era abituato a dormire insieme a qualcuno, con Cersei non potevano correre un simile rischio, perciò era la prima volta che si svegliava accanto a un’altra persona. Pensò che non gli sarebbe dispiaciuto svegliarsi così ogni giorno.

Brienne gli rivolse un sorriso impacciato.

«Buongiorno. Credo che stiano bussando, vado a…»

«Resta giù» la interruppe Jaime, alzandosi in piedi. «Vado io.»

Walton Gambali d’Acciaio era di fronte alla loro porta e si stava massaggiando le tempie.

«Brutta sbronza ieri notte?» gli chiese Jaime, sogghignando.

«Taci! Ho avuto la pessima idea di accettare l’invito di quegli stupidi Frey, che hanno voluto brindare al fottuto matrimonio per tutta…»

«Sì, sì, non mi interessa. Fra quanto partiamo?»

Brienne, ovviamente, si era alzata a sua volta e Jaime non voleva che scoprisse cos’era successo alla sua lady in quel modo.

Walton sbuffò. «Appena siete pronti. Tom sta sellando i cavalli.»

Jaime annuì, poi si voltò a guardare Brienne.

«Chiedi se hanno degli abiti maschili da prestarci, quel vestito è troppo rovinato e leggero per lei.»

«Sì, sì, come vuoi» borbottò Walton, mentre se ne andava.

«Parlava del matrimonio a cui hanno partecipato Robb e Catelyn Stark?»

Jaime fece spallucce, fingendo di non sapere niente.

«Sanno se sono ancora da queste parti?» insistè Brienne. «Potremmo incontrarli e parlare direttamente con loro, senza bisogno che facciano un viaggio a vuoto a Harrenhal.»

Non preoccuparti, donzella, non c’è pericolo che lo facciano.

Quel pensiero, però, provocò una moto di rabbia in Jaime.

Bolton sapeva che Robb Stark non sarebbe mai arrivato alla Fortezza per sottoporre Brienne a  processo. Allora perché diavolo l’aveva fatta restare lì? Certo, è stato meglio di averla portata dai Frey, ma una volta che fosse tornato da solo, cosa le sarebbe accaduto?

L’avrebbe lasciata a Locke o l’avrebbe semplicemente uccisa lui.

Dopottutto, Brienne era una nemica della corona. Una nemica dei Lannister.

Quella consapevolezza gli fece venire i brividi. Come potevano salvare le giovani Stark ora che la loro famiglia era stata sterminata? Non poteva lasciare che fosse Brienne da sola a occuparsi di loro, sarebbe stato troppo pericoloso.

Potrei andare con lei. Saremmo un quartetto davvero bizzarro.

Ma il suo posto era nella Guardia Reale, accanto al re. Accanto a suo figlio. E Jaime sapeva che, se se ne fosse andato, se avesse abbandonato la sua famiglia e Cersei, loro non sarebbero mai stati al sicuro.

«…ime. Jaime!»

Brienne era di fronte a lui e aveva un’espressione preoccupata in volto.

«Cosa?»

«Stai bene? Sei diventato pallido all’improvviso.»

Jaime si passò la mano tra i capelli, cercando di calmarsi. Farsi tutti quei problemi in quel momento era inutile. Lui e Brienne dovevano necessariamente arrivare alla Capitale, da lì avrebbero deciso il da farsi.

«Sì, va tutto bene.»

«Sei sicuro? È per quello che ho detto su Re Robb?»

Jaime sbuffò. Perché pensava sempre di essere lei la causa dei suoi problemi?

«Mi dispiace, ma pensavo solo…»

«Non è per quello» la interruppe bruscamente Jaime.

Brienne si ritrasse, forse scossa per quel tono burbero.

«Allora che succede?»

Silenzio.

«Ser Jaime, ti prego.»

«Smettila, non è… non è niente, solo…»

Jaime sbuffò. Non voleva dirglielo, non ancora. Voleva qualche altro momento felice con lei prima di sganciare il barile. Ma se doveva essere così agitato e irascibile, tanto valeva togliersi il peso subito e farla finita.

Alzò lo sguardo verso di lei. Brienne era preoccupata per lui, temeva che avesse qualcosa che non andava e voleva disperatamente aiutarlo. Glielo leggeva negli occhi.

«Brienne, ascolta» cominciò, anche se non sapeva bene come dirlo.

«Sì?»

«Siediti.»

Brienne alzò gli occhi al cielo. «Sto bene, non ce n’è bisogno, dimmi solo…»

«No, sul serio. Per favore, devo parlarti di una cosa seria e ho bisogno che tu ti sieda» vedendola ancora titubante, aggiunse. «Non sto per darti una bella notizia, Brienne.»

Lei sembrò ancora più confusa per quell’affermazione, ma si decise a prendere posto sulla sedia. Il suo sguardo era ancora più preoccupato di prima e Jaime sapeva che, presto, quella preoccupazione sarebbe stata sostituita da dolore e sconforto.

Non avrebbe voluto vedere il suo sguardo che si spegneva, ma doveva guardarla negli occhi per farle sapere che era vero. Sapeva che non c’era nessun modo per addolcire la medicina, perciò le disse la verità, nuda e cruda.

«Catelyn Stark è morta.»
   
 
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