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Autore: Mentos E CocaCola    27/11/2019    0 recensioni
La valle di Moonacre è sotto il dominio dei De Noir.
I Merryweather sono solo un'umile famiglia di contadini, sempre indietro con i pagamenti, ma chi non paga è obbligato ad abbandonare la propria casa per servire i De Noir nella loro Rocca.
Questo è il destino di Maria Merryweather...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Maria Merryweather, Robin De Noir
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Loveday spalancò la porta della capanna, l’odore di chiuso e di polvere le arrivò alle narici.
Chiuse a doppia mandata la porta dietro di sé e si avvicinò al focolare, dato che il sole stava calando e il freddo le stava penetrando attraverso i vestiti.
Aprì un baule di legno vicino al camino e vi trovò della legna.
Accese il fuoco con l’acciarino e iniziò ad alimentarlo, mentre si stringeva nel mantello che aveva sulle spalle.
Guardava il fuoco pensierosa, che in quel momento era l’unica cosa che la confortava. Ora sapeva come si sentiva Maria quando suo zio non era riuscito a pagare tutta la tassa.
Suo zio…un’idea le balenò in testa che le portò un sorriso sulle labbra.
Avrebbe liberato lo zio di Maria dal carcere, nella speranza che lui l’avrebbe accolta a casa sua.
 
Maria si appoggiò al muro, i capelli ancora sporchi di purè e di pane bagnato, le lacrime le scorrevano lungo le guance senza sosta mentre prendeva il catino che aveva di fianco al suo giaciglio nel sottoscala.
Cercò di levarsi il corpetto che le impediva quasi di respirare, ma le mani le tremavano a tal punto che non riusciva neanche ad allentarlo.
-Aspetta- sussurrò una voce all’improvviso, facendola voltare dallo spavento.
Era Robin che se ne stava appoggiato al muro, con uno sguardo così serio che fece indietreggiare la ragazza.
-Perché sei qui?-
-Voglio aiutarti- le disse avvicinandosi e facendola voltare delicatamente ed iniziando a slacciarle il corpetto lentamente.
-Perché?- chiese lei mentre sentiva le mani di lui sulla schiena che le allentavano quella morsa e l’aria ritornarle nei polmoni. Il corpetto cadde a terra e Robin si piegò per prenderlo, per poi appoggiarlo sul giaciglio della ragazza.
Maria lo osservava stupita e confusa allo stesso tempo.
-Perché non volevo che accadesse quello che è successo al banchetto…e credo che sia stata anche colpa mia- disse il ragazzo con un sorriso triste.
L’alcol gli offuscava ancora i sensi, ma riusciva a vedere benissimo quanto fosse bella, anche con i capelli sporchi e le guance rigate di lacrime e di sporco.
-Vieni-
Le prese il catino dalle mani e le fece strada lungo lo stretto corridoio.
-Dove andiamo?-
Dalla voce di lei trapelava chiaramente l’ansia e Robin poteva capirla benissimo. Non era stato mai gentile con lei, specialmente pochi giorni prima, quando aveva letteralmente minacciato di ucciderla, ma in quel momento l’orgoglio smisurato dei De Noir era stato lasciato da parte.
Quella ragazza significava qualcosa per Robin e non le era mai stata indifferente, vederla a terra, sul pavimento della sala, con il cibo che le veniva tirato addosso insieme agli insulti, gli aveva fatto scattare qualcosa dentro.
-Sta tranquilla, ti aiuto a lavarti e ad asciugarti-
Maria non riuscì a pronunciare una singola parola, quella risposta l’aveva stupita così tanto che le bloccò in gola anche il “grazie” che gli voleva dire.
Robin aprì una porta in cui Maria non era mai entrata. Era una stanza grande con un letto a due piazze, con sopra una coperta di pelliccia di orso, il fuoco nel grande camino di pietra era acceso e riscaldava la stanza, dando vita ad un gioco di ombre su un armadio di legno di ciliegio.
-Questa è la mia camera-
-Non è al piano superiore con le altre…- sussurrò Maria guardando i vari trofei di caccia appesi al muro.
-No, sto meglio qua sotto. Odio vedere tutte quelle sgualdrine che mio padre si porta in camera ogni notte-
Robin si voltò verso di lei, lievemente innervosito, come se avesse parlato troppo.
-Il bagno è dietro quella porta, puoi lavarti lì, lascia il vestito sporco in un angolo… e…- il ragazzo aprì l’armadio, vi frugò un po' dentro e tirò fuori una camicia da notte azzurra, la guardò come se gli ricordasse qualcosa, poi la consegnò a Maria -Tieni! Non rovinarla, era di mia madre-
Maria sgranò gli occhi, incontrando quelli di Robin, che la guardavano confusi.
-Beh non vai?-
-Perché fai tutto questo per me? Sono solo una serva… e tua sorella è stata cacciata per colpa mia-
Robin serrò la mascella e spostò il suo sguardo sul fuoco.
-Vai a lavarti- disse perentorio, non ammettendo repliche.
Maria annuì ed entrò velocemente nel bagno.
Il ragazzo si sedette davanti al fuoco, si tolse la giacca di pelle e la camicia nera rimanendo a torso nudo per sentire il calore sulla pelle nuda.
Aveva ancora intorno al collo la stoffa nera con le piume di falco e la bombetta in testa.
Perché aveva aiutato quella ragazza? Era tutto tremendamente sbagliato e Maria se ne era accorta, mentre lui si era comportato come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Un leggero sorriso gli comparì sulle labbra quando sentì Maria cantare in bagno.
La ragazza ammutolì quando si ricordò chi c’era dall’altra parte della porta, con un po' di fortuna forse non l’aveva sentita.
Raccolse in una mano la schiuma e vi soffiò sopra, non aveva mai fatto il bagno sdraiata in una vasca così grande. Nella sua vecchia vita se ne stava in piedi dentro una tinozza e con una spugna bagnata si sfregava la pelle. E quella spugna non era mai morbida.
Si sciacquò il sapone di dosso e poi uscì dalla vasca avvolgendosi in un asciugamano che aveva trovato in un angolo.
Cosa avrebbe detto a Robin? Grazie? L’unica cosa che occupava la sua mente era il motivo di quel gesto e di quell’abbraccio nella sala del banchetto. E la cosa che più la inquietava era che non riusciva a trovare una risposta che la soddisfacesse.
Arrossì quando si accorse che la camicia da notte le lasciava una spalla scoperta, che cercò di nascondere con i capelli.
Sospirò e uscì dal bagno.
Robin le lanciò uno sguardo veloce, la studiò per un attimo e le fece spazio accanto a lui.
-Vieni ad asciugarti-
Maria pregò che non avesse visto il rossore sulle sue guance, l’unico uomo che avesse mai visto con il petto scoperto era suo zio e doveva riconoscere che Robin era di una bellezza nettamente superiore, tanto da costringere Maria a tenere lo sguardo basso per non guardarlo.
La ragazza si sedette accanto a lui e sospirò per il calore piacevole del fuoco sulla sua pelle ancora un po' bagnata.
-Dici che Loveday se la caverà là fuori?- le chiese Robin rompendo il silenzio che si era creato.
-Ne sono sicura, ma l’inverno è alle porte. Abbiamo delle scorte, ma avrà bisogno di aiuto per la legna e se qualcuno del villaggio sapesse la sua identità non credo che l’aiuterebbe…-
Robin annuì, con lo sguardo perso nel vuoto.
Maria lo guardò e rimase ammaliata dalle luci che danzavano sulla pelle del suo petto, accentuandone le linee dei muscoli, dai suoi occhi neri e tristi, dai capelli ricci coperti dalla bombetta e dalle piume sul suo collo che le davano un’aria ancora più tenebrosa di quanto già non avesse.
Il ragazzo si voltò verso di lei e si accorse del suo sguardo su di lui, mentre un leggero rossore si fece strada sulle guance della ragazza.
-Che c’è?-
Maria tossì per l’imbarazzo.
-Mi chiedevo solo perché hai fatto tutto questo per me…-
Robin fece un mezzo sorriso.
-Ti dispiace che lo abbia fatto?-
-No assolutamente, anzi ti ringrazio…
-Allora non farti domande- disse lanciandole uno sguardo divertito il ragazzo.
La ragazza annuì poco convinta e completamente insoddisfatta per quella risposta.
-Comunque…- riprese il ragazzo, giocando con un gancio di ferro che aveva trovato sul pavimento- sicuramente l’alcol ha fatto la sua parte- disse con una leggera risata, per poi guardarla.
I capelli rossi ancora leggermente umidi, la pelle candida, le sue forme che quell’abbigliamento metteva in risalto, in particolare il suo seno che Robin guardò deglutendo. Per non parlare delle guance che diventavano rosse molto spesso quella sera.
-Sei veramente bella- si lasciò sfuggire, provocando uno sguardo di smarrimento nella ragazza, che distolse lo sguardo portando le ginocchia sul petto come per proteggersi.
Robin sorrise a quella reazione.
-Sai cosa non riesco a dimenticare?- continuò avvicinandosi a lei, mentre la velocità del respiro di lei aumentava – Quel bacio che ti ho dato… - alzò una mano per accarezzarle la guancia, ma Maria si alzò in piedi di scatto, con il respiro affannato e lo sguardo di Robin addosso che la guardava semisdraiato a terra.
-Mi ritiro, principe. Vi ringrazio del vostro aiuto e vi prego di aiutare Loveday … buonanotte- disse prima di uscire velocemente dalla camera di Robin.
 
Loveday si svegliò, stiracchiandosi. Non era abituata a dormire in giacigli così duri e infatti la sua schiena ne risentiva, sorrise tristemente pensando ai contadini costretti per una vita intera a dormire in un letto del genere dopo una dura giornata di lavoro nei campi per sfamarsi e per pagare loro, i De Noir.
Un ringhio sommesso la fece destare dai suoi pensieri e la fece voltare verso un angolo della stanza.
Loveday lanciò un urlo vedendo il cane, che le mostrava le zanne in maniera minacciosa.
Era un enorme cane nero e peloso.
-Wrolf?- disse titubante.
A quel nome il cane smise di ringhiare e la guardò confuso per poi mettersi seduto.
La donna sospirò di sollievo.
-Bravo Wrolf, mi accompagni a liberare lo zio di Maria di prigione, lo facciamo tornare a casa va bene?-
Il cane abbaiò contento scodinzolando, come se avesse capito.
-Almeno non sarò da sola e non so neanche come sia fatto quest’uomo, tu mi aiuterai, non è vero?- gli chiese sorridendo, ricevendo una scodinzolata in risposta.
La donna si alzò e si lisciò il vestito marrone che indossava, indossò gli scarponcini che dovevano essere di Maria e che aveva trovato nell’armadio.
Mangiò un pezzo di pane e bevve un po' d’acqua e si avviò verso la porta.
-Andiamo- sussurrò per farsi forza, accarezzando il cane che subito le si mise accanto.
E così attraversò il villaggio, con i capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle, l’eleganza nel portamento e con un enorme cane accanto che l’accompagnava.
Sembrava quasi una creatura ultraterrena e così gli abitanti del villaggio la ritenevano. Per questo quando arrivò a destinazione le strade erano completamente deserte e le serrande delle finestre leggermente aperte per permettere alla gente di spiare.
Loveday rise per la superstizione di quella povera gente ed entrò nel carcere del villaggio.
Un soldato se ne stava mollemente seduto su una sedia, poggiando i piedi sul tavolo, l’elmo completamente calato sugli occhi. Sicuramente stava dormendo.
Loveday tossì un paio di volte per attirare la sua attenzione ma il soldato le rispose con un russare sommesso.
-Ehi!- urlò lei tanto da far saltare sulla sedia la guardia che appena la vide impallidì.
-Signorina De Noir… cosa ci fa qui?-
-Le pare il caso di dormire a lavoro, soprattutto quando è di guardia alle carceri?- domandò lei, tenendo le braccia incrociate sul petto e battendo il piede a terra.
-Mi scusi tanto, ma ieri al castello c’è stato un banchetto e…-
Wrolf si mise ad abbaiare minaccioso verso l’uomo, che subito ammutolì tremando come una foglia.
-Sono qui perché venga liberato un prigioniero-
-Ma io…- cercò di ribattere il soldato.
-Vuole andare contro il volere di Coeur De Noir, mio padre?- mentì lei, sperando che quell’uomo non sapesse del suo esilio dalla Rocca.
Per fortuna, il soldato non ne sapeva niente, infatti tremò ancora di più, iniziando ad annuire più volte come un idiota.
-Mi dica quale prigioniero-
-Fa di cognome Merryweather ed è stato incarcerato per un equivoco, una rissa davanti alla taverna-
La guardia scosse la testa.
-Mi dispiace, ma io non conosco né i nomi né il perché sono dentro, sono qui per caso oggi a sostituire William che ha preso una brutta sbornia ieri-
-Molto bene- disse Loveday -Mi aiuterà lui allora- continuò indicando il cane.
Wrolf abbaiò un paio di volte e seguì la guardia che si incamminava verso le celle.
Loveday si portò una mano a tapparsi il naso per la puzza di escrementi e sudore che la investì tutta di un colpo.
Il cane si fermò improvvisamente davanti ad una cella che sembrava vuota, annusando l’aria, e cominciò ad abbaiare e scodinzolare.
La donna assottigliò lo sguardo, cercando di abituarsi all’oscurità e vide in un angolo una figura piegata su se stessa.
-Wrolf? -sentì sussurrare – Sei tu?-
La figura emerse dall’oscurità, era un uomo di mezz’età, le guance erano incavate, era visibilmente sporco, ma nei suoi occhi Loveday leggeva gentilezza e malinconia.
-Sei lo zio di Maria Merryweather?- chiese la donna.
L’uomo portò lo sguardo su di lei.
-Sì, come sta? Sapete qualcosa?- chiese con l’ansia nello sguardo. Quanto era fortunata Maria ad avere qualcuno che le volesse così bene.
-Sta bene. E anche tu starai bene molto presto- disse Loveday con un dolce sorriso.
-Guardia, liberalo-


ECCO UN NUOVO CAPITOLO! SPERO VI PIACCIA! RINGRAZIO CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE, PREFERITE E RICORDATE
  
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