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Autore: Xion92    30/11/2019    2 recensioni
Post-KH3. Kairi è disperata perché non c’è modo di riportare Sora indietro. Ma quando, poco dopo, Ansem il saggio le rivela la verità sul suo passato, per la ragazza si apre una nuova prospettiva di vita.
Cosa significa veramente essere il capo di un mondo e governarlo? Quanti modi ci sono per farlo, e qual è quello più efficace e accettabile al tempo stesso? Quali pericoli, minacce e congiure attendono un principe? Questa è la storia di tre generazioni di sovrani del Radiant Garden, in cui ognuno di loro, a modo proprio, cerca di portare il regno verso la prosperità. Una storia di governo e di politica, fortemente basata su “Il principe” di Machiavelli.
(Il rating è arancione solo per il capitolo 7, tutto il resto dovrebbe mantenersi sul giallo)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kairi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Ciao a tutti, belli e brutti! Metto una nota per una roba che mi ero scordata di far presente l’aggiornamento scorso. Ho cambiato il titolo della storia, perché quello vecchio mi pareva troppo generico e non era un granché. Il titolo di adesso è doppio giapponese-inglese, ma quello giapponese ha un’ambiguità che nel titolo inglese si perde: il giapponese non ha genere né numero, quindi il titolo (akage no ōji) potrebbe voler dire sia “i principi dai capelli rossi” sia “il principe dai capelli rossi”, riferendosi quindi o a Kairi e Kaji insieme, o solo a Kaji. Non può invece riferirsi solo a Kairi, perché principessa si dice in un altro modo (ōjo). Nella traduzione in inglese (e italiana) questa ambiguità non c’è, ho scelto quindi solo Kaji per l’assonanza del titolo con “Il principe” (col titolo in inglese, “the prince”, ovviamente), anche perché è al principe del trattato che Kaji è collegato. Come a dire che Kaji è quel principe, solo che in più ha i capelli rossi.

Ho aggiunto anche un’immagine in cima al prologo, andatela pure a vedere. Ogni tanto faccio dei disegni che illustrano la storia, alcuni li coloro e altri no. Quelli venuti meglio li allegherò ai capitoli corrispondenti.

 

Capitolo 6 – La regina e la principessa

 

Quanto erano profonde quelle scale? Kairi cercava di darsi una risposta verosimile nella mente, ma dopo poco comprese che sarebbe stato inutile. Aveva cercato, all’inizio, di provare a tenere il conto dei gradini, ma dopo alcuni minuti aveva perso il conto ed aveva lasciato perdere. Se i suoi sensi contavano ancora qualcosa, doveva essere da più di mezz’ora che scendeva quella scalinata senza fermarsi mai. Ci fosse stata almeno una ringhiera, o un appiglio, per potersi tenere. Invece non c’era niente di niente, e quelle scale erano anche scivolose, e la ragazza almeno ogni dieci passi correva il rischio di sdrucciolare e farsi altri cinquanta scalini cadendo in avanti. Doveva camminare con cautela, tenendo i muscoli irrigiditi e le gambe ferme, senza distrarsi un attimo, per evitare di farsi male. Oltretutto lì sotto era così buio che doveva procedere a tentoni, senza la minima idea di dove stesse andando. Per quello che ne poteva sapere, sarebbe potuta anche finire a sbattere col naso contro un muro. Inoltre, non c’era il minimo segno di vita in quella grotta. Né pipistrelli, o creature che vivono al buio, nulla di nulla. C’era un silenzio così assordante che Kairi sperò con tutta se stessa che quella tortura finisse presto. Andava avanti senza fermarsi, ma dentro si sentiva morire di paura. L’unica cosa che la spingeva a proseguire era il pensiero di Sora, e la sicurezza che presto l’avrebbe rivisto e sarebbe tornata a casa con lui.

“Sora, tieni duro... sto arrivando... ancora un po’ e ci siamo...”

Ma del resto, come avrebbe potuto convincere Ade, il dio della morte, a restituirglielo? Forse avrebbe dovuto combattere contro di lui e sconfiggerlo per dargli una dimostrazione del suo valore? No... lei, che impugnava il Keyblade da poco, battersi contro un dio? Era vero che, poco tempo prima, aveva combattuto contro Xehanort, ma allora aveva avuto al suo fianco Sora, stavolta era da sola. L’unica cosa che poteva venirle in aiuto era la sua parlantina svelta, brillante e coinvolgente. Era riuscita a monopolizzare l’attenzione di un popolo intero, perché con Ade non avrebbe potuto?

A furia di ripetersi queste domande senza trovare risposta, perse ancora di più il conto di quanto tempo ci stesse mettendo. Alla fine, appoggiando un piede davanti all’altro, sentì che non stava più scendendo, ma camminando in orizzontale. Si stava sentendo le gambe a pezzi e doloranti, ma la scalinata era finita! Kairi guardò indietro alzando la testa; da quanto era scesa in basso non riusciva a scorgere nemmeno l’entrata della grotta, così che neppure uno spiraglio di luce filtrava in quel luogo. Non le restava che proseguire. Dopo pochi passi, le parve di vedere, molto lontano, una luce provocata da varie torce appese al muro. Le torce illuminavano uno stretto passaggio, posizionato subito dopo una grande sala. La donna sospirò di sollievo: finalmente un’indicazione su dove andare! Ma non fece in tempo a muovere un altro passo, che il suono di un basso e minaccioso ringhio la inchiodò sul posto.

Senza osare neppure respirare, Kairi girò la testa con cautela, visto che non era riuscita a capire da che direzione provenisse il suono. Mossa inutile, visto che si trovava nel buio più totale e non si riusciva a distinguere nemmeno ad un metro di distanza... finché, una decina di metri più in là, distinse chiaramente tre paia di occhi infuocati che la fissavano con cattiveria. Tre paia di occhi... il cane! Si era scordata del cane guardiano. Cosa poteva fare? Non poteva certo mettersi a parlare con quell’animale dicendogli di non attaccarla perché era sotto la protezione di Ercole.

Kairi non riuscì a razionalizzare quello che accadde poi. Dovette essere il puro istinto di sopravvivenza a farle staccare i piedi da terra per dare uno scarto di lato, nel momento stesso in cui le fauci della testa più vicina a lei scattarono in avanti per azzannarla. La ragazza, per lo slancio preso, cadde riversa sul fianco, ritrovandosi più vicina alla parte della grotta debolmente illuminata. Grazie a quella poca luce, riuscì più o meno a distinguere il suo nemico. Era un bestione alto almeno dieci metri, con delle zanne lunghe quanto il suo braccio e degli artigli affilati come cesoie alla fine delle zampe. Per istinto di difesa, evocò il suo Keyblade e si preparò alla lotta. La sua mente cercò di iniziare a lavorare per trovare una strategia per batterlo, ma dopo un secondo si rese conto che era impossibile. Inesperta com’era, non aveva nessuna possibilità di riuscire a sconfiggerlo. Cerbero diede un colpo laterale con la zampa, e Kairi riuscì a schivarlo saltando nel buio basandosi sul suono emesso da quel movimento veloce. Si sorprese lei stessa di quello che era appena riuscita a fare, ma aveva coscienza di non poter essere così fortunata da riuscirci una seconda volta. Doveva trovare un riparo, ma dove?

‘Se vado sotto di lui’, ragionò velocemente ‘non potrà né graffiarmi né mordermi.’

Con uno scatto di reni, partì verso la bestia, che era rimasta un attimo perplessa nel vedere che la sua preda stava correndo verso di lei invece che lontano da lei. Quell’attimo di esitazione bastò a Kairi per posizionarsi sotto il suo ventre ed avere un attimo di tregua.

Cerbero, di pessimo umore perché non riusciva più a trovare la ragazza, iniziò a calpestare furiosamente con le zampe, nel tentativo di schiacciarla. Kairi, basandosi sul solo rumore emesso dalle botte che il cane dava contro il terreno, riuscì più o meno a mantenersi sotto il suo ventre. Cosa poteva fare ora? Doveva andarsene via da lì, al più presto. Tornare indietro per le scale? Questo non l’avrebbe fatto mai! Andare avanti? Per cosa, per farsi inseguire per tutto l’oltretomba? Mentre cercava di mantenere il controllo, stravolta per la paura e la confusione, le venne da gettare l’occhio oltre la coda di Cerbero, dove c’era la zona illuminata. Si rese allora conto che, a partire da quelle torce, la sala si stringeva in un corridoio, dove certamente il cane non sarebbe riuscito a passare. Poteva essere la salvezza! Doveva scattare al momento opportuno per svignarsela. Mentre ragionava così, sentì la sgradevole sensazione di chi è stato scoperto. Guardò in su, per il poco che riusciva a distinguere, e quello che vide la agghiacciò: Cerbero si era alzato ritto sulle gambe posteriori, ed ora che l’aveva vista, mirava di atterrare con le zampe anteriori esattamente dove stava lei. Non c’era più tempo per pensare! Kairi scattò in una capriola passando sotto le gambe del cane, cercando di dirigersi verso il corridoio con le torce. Corse come non aveva mai corso in vita sua, mentre sentiva dietro di sé il tonfo tremendo delle zampe del bestione che atterravano. Appena imboccata l’entrata che portava al passaggio, sentì un enorme peso liberarsi sal suo petto: era fatta! Aveva evitato il guardiano degli inferi! Pur continuando a correre, notò che stranamente le pareti del corridoio si stavano illuminando di rosso. Intuendo con orrore quello che stava succedendo, frenò di botto e si girò: Cerbero aveva sputato una potente fiammata verso di lei in un ultimo tentativo di fermarla, e il fuoco stava per raggiungerla! Terrorizzata alla prospettiva di morire bruciata, Kairi con la prontezza di spirito data dall’istinto di sopravvivenza, puntò il Keyblade verso la vampata, e cercando di ricordare i pochi insegnamenti che Merlino era stato in grado di darle, gridò “Protect!” ad occhi strizzati. Percepì un gran calore passarle vicino ai fianchi, ma non sentì la pelle bruciare. Quando dopo una decina di secondi aprì gli occhi, il fuoco era finito, e un istante dopo la barriera protettiva che era riuscita ad alzare intorno si ruppe. Tirò un gran sospiro di sollievo: ora era veramente finita! Si girò di nuovo e riprese a correre, sempre più nelle profondità degli inferi, mentre Cerbero ringhiava di rabbia e frustrazione dietro di lei.

Andò avanti per quelle che, nella sua mente, parvero ore, lungo quel corridoio infinito che sembrava non sarebbe terminato mai. Le gambe le dolevano terribilmente, ma non aveva intenzione di fermarsi: Sora non poteva aspettare ancora, e lei si sentiva morire dal desiderio di rivederlo e di stringersi a lui. Così, per non dover badare alle brutte sensazioni che le dava quel percorso sempre uguale e che non accennava a terminare, si mise a pensare a quello che avrebbe fatto una volta che se lo sarebbe ritrovato davanti: come prima cosa lo avrebbe abbracciato, su questo non c’erano dubbi. Lo avrebbe stretto così forte da affondargli le unghie nella pelle, e gli avrebbe detto quanto le era mancato e quanto si era impegnata per poterlo ritrovare; sarebbero ritornati a casa insieme, avrebbero rinfrescato la memoria ai loro amici dimostrandogli che lui era stato un tassello fondamentale della guerra contro Xehanort e, una volta finita questa faccenda, avrebbero potuto dedicarsi alle cose più piacevoli: ormai tutti e due avevano compreso fino in fondo di amarsi, lui prima di scomparire glielo aveva anche detto, e quindi avrebbero avviato la loro relazione con calma e senza fretta, procedendo per tappe. Già Sora aveva scelto di passare i suoi ultimi momenti con lei, portandola a visitare alcuni di quei mondi che tanto avevano desiderato di poter vedere insieme, e quindi da lì la strada era spianata: avrebbero iniziato a uscire insieme magari in modo leggero e poco impegnativo, di pomeriggio, per prendersi un gelato. Magari dopo un po’ avrebbero iniziato anche ad uscire la sera, avrebbero passeggiato sulla spiaggia al tramonto, sotto le stelle, tenendosi la mano e parlando di tante cose di loro due. Quando si fossero sentiti pronti e ci fosse stata la giusta atmosfera, si sarebbero stretti l’uno all’altra, baciandosi e toccandosi. Dopo di ciò, sarebbe avvenuto quello che sapeva prima o poi sarebbe dovuto accadere, sempre con i giusti tempi e quando si fossero entrambi sentiti pronti.

“A parte che...” disse all’improvviso Kairi a voce alta mentre proseguiva il suo cammino, realizzando qualcosa di importante nella mente.

Era un pensiero che prima d’ora non l’aveva neppure sfiorata: aveva ripensato a quanto era cresciuta lei negli ultimi mesi, e come da ragazza era diventata ormai donna. Ma questo con lei era avvenuto perché era viva e la vita per lei era passata. Ma lui... la sua vita si era interrotta quel giorno in cui era sparito. Anche l’avesse riportato indietro, sarebbe stato nelle stesse identiche condizioni di allora, come se tutto quel tempo per lui non fosse trascorso. Un po’ come era successo con Aqua e Ventus, che dopo dieci anni erano rimasti sempre uguali. Con un veloce calcolo, Kairi stabilì che ormai doveva averlo superato in altezza, e lei fisicamente era ormai adulta, mentre lui ancora doveva essere lo stesso ragazzo mingherlino di prima. Al solo pensiero, le venne da ridere di cuore. Quanto si sarebbero imbarazzati quando si fossero finalmente rivisti? Forse lui si sarebbe vergognato tanto da non volerla nemmeno abbracciare. Quanto avrebbe riso poi la gente, nel vederli andare in giro insieme, mano nella mano, lei una giovane ormai donna e lui così palesemente più giovane e basso di lei?

“Non importa, se rideranno si faranno del buon sangue”, concluse Kairi con una scrollata di spalle. “Io lo amo lo stesso, e lo prenderò così come lo ritroverò.”

“Beh, effettivamente si dice che chi si accontenta gode”, la apostrofò una vocetta beffarda.

Il primo istinto di Kairi, riavutasi all’improvviso dai suoi pensieri, fu di mandare il proprietario della voce a quel paese, ma poi si rese conto che era la prima volta, da quando era scesa lì sotto, a sentire qualcuno parlare.

“Chi è?” chiese diffidente.

“Oh, Pena, Pena, questo non sarebbe dovuto accadere”, aggiunse un’altra vocetta, questa agitatissima. “Come ha fatto a superare il guardiano? E cosa farà il padrone quando si accorgerà che una donna è scesa qua sotto? Te lo dico io: ci trasformerà in bistecche e ci darà da mangiare a Cerbero, ecco cosa!”

“Ma il padrone nemmeno se ne accorgerà se la sistemiamo qui ed ora”, aggiunse la prima voce, sicura di sé, e Kairi sentì a quel punto un suono che sembrava quello di dita che scrocchiavano.

Recuperò in fretta il controllo. “Fermi!”, disse con voce forte, con un tono molto simile ad un ordine. Queste erano creature senzienti. Con loro poteva parlare. “Sono sotto la protezione di Ercole in persona. Non potete farmi alcun male. Se mi capiterà qualcosa, ve la dovrete vedere con lui.”

“Oh, no, no!”, gemette la seconda voce. “E adesso che facciamo? Non solo Ade ci trasformerà in cibo per cani, ma Ercole pure sarebbe capace di spedirci fin sulla Luna!”

A Kairi venne un singulto: avevano nominato Ade!

“Conoscete Ade?”, chiese, a disagio perché non riusciva a distinguere bene con chi stesse parlando. Le due creature fecero dei passi in avanti, e a quel punto Kairi riuscì a vederle, perché un po’ di luce in quel corridoio c’era. Erano due mostriciattoli, uno verde e magro con delle lunghe corna, l’altro di un colore più scuro e bello pasciuto.

“Un po’ di rispetto quando parli del padrone, signorina”, la rimproverò il mostro grasso.

“Sì-sì, solo noi possiamo mancargli di rispetto quando parliamo di lui e lui non può sentirci”, aggiunse il mostro verde.

Kairi decise che, se voleva sperare di ottenere qualcosa da quei due, era meglio stare al loro gioco.

“Certamente, il signor Ade, volevo dire. Sono qui per fargli una cortese richiesta. Potreste essere così gentili da portarmi da lui?”

I due mostri si guardarono, e le loro espressioni non erano per nulla convinte. Kairi decise di giocare un’altra carta.

“Se no me ne vado da qui e tolgo il disturbo. Ercole mi sta aspettando proprio qua fuori...”

A quelle parole, il mostro verde afferrò l’altro per le spalle, con gli occhi terrorizzati. “Sentito, Pena? Ercole è proprio qua fuori! Se lei uscirà e gli racconterà tutto, lui se la prenderà con noi perché non l’abbiamo portata da Ade, e se la uccidiamo ce la vedremo brutta con lui lo stesso. Che facciamo, che facciamo?”

“E levami le mani di dosso!”, gridò il mostro scuro, dando uno spintone all’altro. “Non ci resta altra scelta”, e guardò Kairi con uno sguardo scocciato. “Se la portiamo da Ade, lui poi di sicuro se la prenderà con noi. Ma di sicuro meglio finire ammazzati da lui che da Ercole. Seguici.”

“Ma...”, fece il mostro verde, dubbioso. “Sono le uniche due scelte?”

“Tu zitto”, gli diede una rispostaccia il mostro grasso.

Kairi, soddisfatta di come si stavano evolvendo le cose, seguì i due piccoletti con passo deciso, anche se dentro di sé aveva ancora paura. Aveva però compreso che in quanto a parlare non se la cavava affatto male e, se avesse sfruttato questa sua abilità nel modo giusto, sarebbe riuscita anche a convincere il dio della morte a renderle Sora.

Camminarono per un altro po’ lungo il corridoio, fino ad arrivare ad un alto portone, nero, decorato con motivi lugubri. Ora si vedeva abbastanza bene, perché le torce erano diventate via via più frequenti mentre si avanzava. Pena si avvicinò con cautela al portone e batté appena due volte con le nocche.

“Pena! Panico!”, tuonò una voce dall’interno così forte che i due mostri si gettarono a terra coprendosi la testa con le mani, e Kairi fece non uno, ma tre passi indietro. “Il prezioso tempo che mi sono abbassato a concedervi ogni giorno, per oggi è finito! Filate via!”

“Ma-ma-ma...” cercò di rispondere il mostro verde, che Kairi aveva capito chiamarsi Panico. “Mio signore, abbiamo... un’ospite qui...”

“Cosa?!” ruggì la voce al suo interno. “E ancora non l’avete buttato nell’abisso della morte?”

“Non possiamo, mio signore... è sotto la personale protezione di Ercole... se le facciamo del male, si vendicherà...” gemette Panico.

“Le? Una donna, allora? Molto curioso! Fatela entrare!” La voce ora aveva assunto una certa vena di curiosità.

Pena e Panico allora spinsero con fatica ognuno un’anta del portone, spalancandole su un’ampia sala, illuminata da una miriade di torce appese ai muri. Kairi vide che, in fondo allo stanzone, su un piano rialzato stavano due imponenti troni. Su quello a destra sedeva un figuro dalla pelle azzurro-grigia avvolto da un vestito nero, con una fiamma azzurra al posto dei capelli e sul viso un ghigno beffardo e curioso, mentre a sinistra stava seduta quella che sembrava una ragazza giovane dall’aspetto gentile, con la pelle fucsia, in una tunica bianca e con un cappello a forma di fiore da cui spuntavano lunghi capelli biondi. Entrambi emettevano una luce tenue, e Kairi comprese che dovevano essere i sovrani degli inferi, Ade e Persefone.

Ade unì le dita delle mani e il suo ghigno, alla vista dell’ospite, divenne ancora più provocatorio.

“Bene, bene”, iniziò unendo le dita delle mani. “E chi abbiamo qui? Da quando Megara è stata salvata da Megafusto non sono più capitate altre mortali nei bassifondi. Se il mio nipotone ti ha preso sotto la sua protezione, allora sarai una persona importante. A cosa dobbiamo tanto onore?”

Kairi percepì subito l’ironia nella sua voce, ma decise di parlare nel modo più rispettoso e reverente possibile. Si fece avanti e si inchinò profondamente.

“O grande e potente Ade, salute a lei e alla sua nobile consorte...”

“Sì, sì, poche chiacchiere”, fece annoiato Ade, intimandole con la mano di sbrigarsi. “Qual è il motivo per cui ti sei spinta fin quaggiù?”

Kairi si tirò su e parlò nel modo più espressivo possibile. “Sono venuta quaggiù per farle una richiesta, signore. Il mio compagno è morto, e la prego, con tutta me stessa, di concedergli un’altra possibilità, riportandolo in vita.”

Ade e Persefone si girarono per guardarsi increduli, poi Ade si schiarì appena la gola come se stesse per scoppiare a ridere, ed invece appoggiò con noncuranza un gomito al bracciolo della poltrona e la guancia alla mano chiusa a pugno.

“Credo che l’aria invernale lassù abbia fatto male anche a te, piccinina”, commentò col tono un poco compatito. “Pena! Panico! Portate la nostra ospite nel suo giusto posto,” aggiunse maligno.

“Sono sotto la protezione di Ercole!”, esclamò Kairi, risoluta. “Se entro tre giorni non sarò tornata su, la sua vendetta sarà terribile! Può acconsentire o meno alla mia richiesta, ma non può impedirmi di andarmene.”

“Dannazione...” ringhiò Ade, stringendo i pugni e battendoli sui braccioli del suo trono.

Kairi, che non voleva sprecare così quella preziosa opportunità, approfittò del momento di blocco di Ade per proseguire nella sua richiesta. “Per favore, ascolti quello che ho da dirle.”

Ade la guardò con odio e disprezzo, ma poi, contenendosi, alzò le spalle roteando gli occhi verso il soffitto. “Beh... suppongo che non abbiamo di meglio da fare, vero?” disse con un tono fin troppo benevolo per l’espressione che aveva.

“Grazie mille”, disse Kairi, che ormai non sentiva più né l’incertezza né la paura, e guardò sia Ade che Persefone prima di ricominciare a parlare. “Dovete sapere che il mio compagno non è morto per un incidente o una malattia, ma per un atto nobile e ammirevole. Io rischiavo di morire, ero praticamente condannata a morte, e lui ha fatto la scelta lucida di salvarmi, dando la sua vita pur di riavere indietro la mia.”

“Hm, questo mi ricorda qualcosa...” commentò Ade con un tono vagamente irritato.

“Alla fine è riuscito in quello che voleva, mi ha riportata a casa sana e salva, ma lui è rimasto condannato... e noi siamo ancora ragazzi, siamo giovani, e avevamo capito di amarci poco prima che lui morisse... il destino ci ha separati prima che potessimo stare insieme. E lui è il ragazzo che meno al mondo si merita una fine simile. È gentile, simpatico, spontaneo, è forte, coraggioso ed ha un grande senso di giustizia. Non posso dirvi a parole quanto è speciale, perché se lo facessi finirei domani. Ma aveva tutta la vita davanti ed è morto nel modo più ingiusto che ci fosse, e si merita un’altra possibilità. Merita di vivere insieme a me, a casa nostra, sulle nostre isole tropicali piene di sabbia, di palme, di cielo azzurro e di mare; da quando non c’è più il mio cuore è vuoto, niente ha più un senso per me... se potesse tornare in vita, anche la mia vita sarebbe salva, non solo la sua. Vi prego, dategli un’altra possibilità e restituitemelo... ve lo chiedo in ginocchio.”

E a quelle ultime parole Kairi si piegò sulle ginocchia, chinando la testa.

“Dunque, ragazza”, rispose Ade con voce annoiata. “Se si merita un’altra possibilità o no lo decido io, non tu. E dalla descrizione – anche troppo dettagliata –  che mi hai dato ho capito che questo ragazzo non è proprio il mio tipo. È morto? Uno in meno! Almeno l’universo sarà un po’ meno inquinato da gente come lui.”

Al solo sentire la parola inquinamento accostata a Sora, a Kairi andò il sangue alla testa e, rialzatasi, fece per rispondere, ma poi le venne da girare la testa verso Persefone. La regina, invece di avere il viso scocciato di Ade, aveva gli occhi lucidi e presi da quello che Kairi aveva appena raccontato, sebbene non dicesse nulla.

“Perciò, ecco quello che ti dico, signorinella: tornatene subito da dove sei venuta senza voltarti. Il tuo amato ragazzo rimarrà dov’è”, sentenziò Ade.

Kairi, sebbene sentisse nel cuore un grande dolore per la vanità della sua ricerca, invece di controbattere rabbiosa rispose con una ferma dignità rimanendo in silenzio: era vero che questo viaggio non aveva portato a nulla, ma solo questo. Già protendeva la mente al futuro: sarebbe tornata a casa, avrebbe ripreso le sue ricerche sui mondi fino a trovarne un altro che poteva rispondere alle sue esigenze. Se Sora non poteva recuperarlo dall’Olimpo, l’avrebbe trovato in un altro modo, ed era certa che finché non ci fosse riuscita non si sarebbe fermata.

Fece per girarsi ed andarsene, quando sentì la voce gentile di Persefone: “aspetta, caro, la nostra ospite è chiaramente stanca. Perché non la facciamo riposare un po’ qua da noi prima di rimandarla su?”

Kairi stava per rispondere che non aveva bisogno di riposare e che era sua intenzione andarsene il prima possibile, quando un’occhiata di intesa della regina la azzittì.

“Persefone, tesoruccio”, rispose Ade, alzando gli occhi al soffitto. “Vuoi sporcare ancora l’oltretomba con la presenza di una mortale?”

“Dai, caro, già non hai acconsentito alla sua richiesta, almeno falla un po’ dormire. Cosa ti costa?”

Ade non sembrava per niente convinto, allora la regina appoggiò un dito sul braccio del marito. “Fallo per me”, gli chiese con gli occhi languidi.

Ade volse la testa coprendosi la faccia con la mano. “Ma guarda te... che cuore-di-panna dovevo andarmi a scegliere come regina” ringhiò stropicciandosi gli occhi col pollice e l’indice. “Pena! Porta la ragazza in una delle stanze per gli ospiti. Quella dove dormono le Moire quando vengono a trovarci andrà bene.”

Con l’aria di chi deve portare a termine un compito sgradito, Pena afferrò Kairi per il polso, trascinandola più avanti per un altro corridoio con svariate porte, fermandosi poi davanti ad una di esse. La aprì, rivelando una stanza abbastanza spartana con tre letti singoli.

“Questa è la tua stanza. Buonanotte e sogni d’oro!” La spinse dentro e chiuse con malgarbo la porta alle sue spalle.

Kairi, rimasta sola, si sentiva così confusa e frastornata da non sapere neppure cosa pensare. Sapeva solo che, nonostante i suoi sforzi, aveva fallito nel suo intento di convincere Ade a restituirle Sora, e l’unica cosa che desiderava era andarsene da lì al più presto per ricominciare daccapo le sue ricerche in un altro mondo. Ma la regina... le aveva detto di rimanere da loro a dormire per una notte, e l’aveva fatto guardandola in un modo così strano e complice che Kairi non sentiva di poter fare altro che obbedire. Sentendo un gran mal di testa e una stanchezza improvvisa, si tolse gli stivaletti e si buttò sdraiata su uno dei letti. Del resto era vero che era stanca, e al limite una buona dormita prima di ripartire le avrebbe solo fatto bene...

Venne svegliata da un gentile bussare alla porta. Si tirò su a sedere, strofinandosi gli occhi con la mano. “Chi è?”

“Sono io, sono Persefone”, sussurrò una voce femminile dall’altra parte della porta.

A Kairi salì il cuore in gola, si alzò subito, si infilò di nuovo le scarpe e si precipitò ad aprirle. Vide la giovane regina, bella e regale, nella sua tunica bianca e con quel buffo cappello a forma di fiore sulla testa. Persefone si mise un dito sulla bocca. “Mio marito dorme. Posso entrare?”

La ragazza subito si fece da parte, e quando la regina fu dentro si affrettò a chiudere la porta. Persefone si avvicinò al letto e vi si sedette. “Come ti chiami?”, chiese sorridendo, parlando normalmente ora che Ade non poteva sentirle.

L’ospite si inchinò profondamente. “Kairi, maestà.”

“Come hai fatto ad arrivare quaggiù da noi, Kairi? Mio cugino Ercole ha voluto farti un favore?”

Kairi sentiva che con quella dèa poteva parlare normalmente. Non le sembrava arrogante e sarcastica come Ade. “No, è stato un premio per aver aiutato la popolazione, che è flagellata dall’inverno.”

“Oh...” mormorò Persefone, abbassando appena la testa. “Sono così addolorata per quello che è successo. Quelle persone non meritavano di soffrire per via di una tresca che è avvenuta tra noi dei... e tu sei stata davvero gentile e di buon cuore a volerli aiutare.”

“Dispiace anche a lei vivere in questo modo, vero?” si permise di chiedere Kairi. “Quando mi hanno raccontato quello che è successo, mi sono sentita male per lei.”

Persefone ci riflettè prima di rispondere. “In realtà no, sai? All’inizio è stata dura, è vero, ma ora sono contenta di stare qui. Ade mi ama molto, anche se a prima vista non sembra, ed anch’io gli voglio bene e mi sono affezionata a lui. Ma non vedo l’ora che finiscano i prossimi mesi. Mi manca mia madre, e mi manca il mondo in superficie, con la sua luce, la sua vita e i suoi colori...” Guardò Kairi dritto negli occhi. “Per questo prima mi sono sentita toccata dal tuo discorso. Il tuo compagno merita di vivere insieme a te nel mondo della luce, e deve poter godere ancora di tutto quello che la vita può dargli. Ecco perché voglio aiutarti.”

Kairi si sentì mozzare il respiro, e non riuscì nemmeno a rispondere alla dea.

“Anche se mio marito è contrario, non importa. Adesso sta dormendo, e non si accorgerà di un’anima in meno. Figurati, in diciotto anni non si è accorto nemmeno che, tra i morti, l’anima di mio cugino che credeva fosse stato ucciso mancava! Te lo riporterò io. Sono pur sempre la regina dei morti, in fondo. Non so fare tutto quello che sa fare Ade, ma questo dovrebbe essere abbastanza facile.”

Kairi, per l’emozione, quasi si gettò ai suoi piedi. “Non so davvero come ringraziarla...”

Persefone fece un risolino. “Vuoi dirmi come si chiama il tuo compagno, Kairi?”

Kairi si tirò su e si asciugò un occhio. “Sora...”

La regina annuì. “Bene, aspettami qui una decina di minuti, che vado a controllare.”

Si alzò e uscì dalla stanza, chiudendo piano la porta. Kairi rimase in attesa in quella stanza e, benché ci fosse il silenzio assoluto, man mano che attendeva sentiva sempre più forte il rumore del sangue che le pulsava nelle orecchie. Dovette mettersi a camminare avanti e indietro per scaricare la tensione. Era quasi fatta... fra pochi minuti avrebbe stretto di nuovo Sora tra le braccia. Sentiva che via via i propri pensieri si andavano sgretolando, senza riuscire a fare nemmeno un ragionamento concreto. L’unica cosa che in qualche modo riuscì a formulare era che alla fine, il tutto era stato abbastanza facile. Forse anche troppo. Ma certo era stato merito dei suoi studi fatti prima di partire, sennò a quest’ora chissà in quali mondi doveva trovarsi a vagare, prima di trovare quello giusto?

Quando sentì di nuovo la porta aprirsi, sentì anche le proprie gambe cedere, e per fortuna si trovava vicino al letto in quel momento, così crollò sul materasso. Ma tutta la tensione e l’eccitazione che aveva provato in quei minuti si trasformarono di colpo in delusione quando vide che Persefone era tornata da sola.

Kairi fece fatica anche a far arrivare le parole alla bocca. “E... Sora...?”, chiese, avendo paura a sentire la risposta.

“Mi dispiace molto, Kairi, ma non ho trovato nessuno con quel nome...” mormorò afflitta Persefone. “E io che credevo...”

Sebbene il proposito della ragazza alla prospettiva di fallire in quel mondo era di ripartire subito daccapo con un altro, questa volta la tensione e l’aspettativa per lei erano state troppo forti. Chinò la testa appoggiandola sul palmo della mano, lasciando andare dei forti singhiozzi senza lacrime.

“Aspetta, aspetta, ancora non è detto”, si affrettò a consolarla Persefone. “Se è morto è impossibile che non si trovi qui. Sei proprio sicura che sia morto? Raccontami cos’è successo di preciso.”

Dopo essersi calmata a fatica, Kairi recuperò lucidità e fermezza e cercò di spiegare quel poco che sapeva alla regina: “ha usato il potere del risveglio per salvarmi... perché il mio cuore era andato perduto. E poi, non è più riuscito a tornare indietro.”

“Ah, ma allora la cosa è diversa. Avresti dovuto dirmelo”, rispose Persefone, con la voce sollevata. “Ecco perché non l’ho trovato tra i morti.”

Kairi era incredula. Questo contraddiceva ciò in cui aveva creduto fino a quel momento. “Vuol dire che Sora... non è morto?”

Persefone scosse la testa. “Del potere del risveglio so molto poco... cerca di capire, sono regina da appena un mese, non so tutto quello che sa mio marito. Ma da quello che so, non si muore usando il potere del risveglio.”

Kairi, col tono di voce preso dall’agitazione, rispose: “cosa devo fare allora, per poterlo riavere indietro, maestà? Dove devo cercarlo? Dove si trova?”

“In una dimensione che non è la nostra. In un luogo in bilico tra la vita e la morte, che non è né l’una né l’altra”, rispose la regina. “È comunque un luogo in qualche modo legato alla morte, sebbene non lo sia del tutto. Ecco perché ho un minimo di controllo su quel posto. Posso provare ad aprire un varco per fartelo temporaneamente raggiungere.”

La dea rimase in piedi alcuni minuti, ad occhi chiusi, come in stato di rilassamento, ma Kairi sentiva che in realtà si stava concentrando e lo sforzo mentale che stava facendo era notevole. All’improvviso, Persefone allungò le mani in avanti, sempre ad occhi chiusi, senza lasciare andare la propria concentrazione, e dopo un po’ che aspettava, Kairi calcolò mentalmente che almeno una mezz’ora doveva essere passata. Finalmente, davanti alle mani della regina si materializzò un varco che emetteva luce. Sembrava uno di quei varchi delle creature dell’oscurità, ma questo era bianco e luminoso. Persefone, esausta, crollò a sedere sul letto, sudata ed ansimante.

“Ci sono riuscita...” riuscì a dire tra un respiro e l’altro. Dopo essersi ripresa, disse a Kairi, che si era messa in piedi: “ascoltami bene: questo varco avrà una durata di ventiquattro ore. Hai un giorno di tempo per trovare Sora.”

Kairi, con la mente in sovraccarico per tutte le cose che stavano accadendo insieme, la guardò perplessa: “così tanto...?”

“Non è un mondo piccolo, quello... tutte quelle ore ti serviranno nel caso non dovesse essere nelle vicinanze.”

Kairi annuì e, presa dalla foga, stava per tuffarsi in quel varco senza nemmeno ringraziare la dea, ma Persefone la fermò, prendendola per un braccio e girandola verso di sé: “aspetta, non ho finito. Le poche cose che so in proposito è giusto che le sappia: mi raccomando, non sforare con le ore che ti sono concesse. Tra un giorno, il varco si chiuderà, rendendo impossibile per chi si trova dall’altra parte il tornare di qua. E ricordati... hai una sola possibilità. Quello che ho appena fatto va oltre quello che normalmente si potrebbe fare, è un tabù, e non potrò assolutamente farlo una seconda volta. Nessuno potrà riaprirlo dal mondo reale, neanche mio marito. Quindi usa questa opportunità al meglio, perché una volta che il passaggio si sarà chiuso, non ci sarà modo di riaprirlo. Per utilizzare il varco, posizionati nel centro dove la luce è più forte, e attendi circa un minuto. Questo funziona sia per andare che per tornare. La luce del varco diventerà via via più debole man mano che il tempo passerà, così potrai avere un’idea di quanto tempo ti resta. Hai capito tutto, Kairi?” Il suo tono era estremamente serio.

La ragazza aveva ascoltato la regina con tanta attenzione che durante il suo discorso non aveva sbattuto gli occhi nemmeno una volta. “Sì, è tutto chiaro. Non c’è altro?”

“Non c’è altro. Se si fosse trattato di riportarlo dal regno dell’oltretomba, avreste dovuto percorrere a ritroso la strada da te fatta per arrivare fino a qui, e tu non avresti dovuto girarti per guardarlo fino a che non foste usciti, ma non è questo il vostro caso. Puoi guardarlo tranquillamente quando sarai là.”

Kairi sorrise a quelle parole e a quella prospettiva.

“Questo è tutto quello che so. Mi dispiace non poterti dire di più, ma se tutto andrà come penso debba andare, le informazioni che ti ho dato dovrebbero essere sufficienti.”

“Davvero, maestà”, si riebbe Kairi. “Non so come ringraziarla...”

“Non perdere tempo”, la interruppe Persefone spingendola lievemente. “Il tempo ha cominciato a scorrere, non sprecare neppure un altro minuto.”

Kairi le lanciò un’intensa occhiata per poter esprimere la gratitudine che non aveva né il tempo né il modo di esprimere in altra maniera, e si posizionò al centro della sorgente luminosa. Vide la figura della regina e la stanza cupa attorno a lei farsi sempre più sfocate, e sentendosi lacrimare gli occhi per la visione distorta strizzò le palpebre.

Quando un paio di minuti dopo le riaprì, la dea e la camera lugubre erano sparite. Si trovava nell’immensità di uno spazio aperto, dove non c’era altro che acqua ferma. Acqua, acqua tutto intorno, e sopra la testa un cielo diurno con delle innocue nuvole. Fece alcuni passi avanti, poi guardò in basso e le venne quasi un colpo: sembrava proprio un mare quello su cui poggiava i piedi, eppure andava giù solo per un centimetro o due, rimanendo ben salda sulla superficie. Come se si trovasse su una immensa pozzanghera più che su un mare.

Dietro di lei, la sorgente luminosa era forte e splendente. Ma a parte quella, non c’era altro lì intorno. Solo cielo e mare, mare e cielo, all’infinito.


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Ho dimenticato di chiarire un punto importante, anche se forse è venuto fuori anche prima: nella mia fan fiction KHX e tutto quanto a esso collegato non esiste (più che non esiste, non viene preso in considerazione. Nomura mi ha un pochettino rotto, giusto un po’), il filmato segreto a Shibuya non esiste e Yozora non esiste. In realtà vedrete che tutto quello che ho deciso in proposito (come il destino di Sora) è puramente funzionale alla trama della ff, non ho la pretesa di prevedere quello che nel canon ne sarà di lui. Spero almeno di aver inteso bene la parte di KH3 che parla del mondo finale e di averla correttamente riportata, senza contraddizioni con la trama originale.

Persefone esiste nel film Disney di Hercules, anche se è solo una comparsa sullo sfondo. Eccola qui. In realtà ho notato che nel cartone c’è una piccola incongruenza a livello mitologico (in realtà in quel film ce ne sono una marea), dove Ercole da giovane, mentre si allena, affronta una prova in inverno e c’è una caterva di neve e di gelo. Ma visto che per la religione ellenica l’inverno ha iniziato ad esistere col rapimento di Persefone, ed invece nel film per tutto il tempo lei è felice e tranquilla insieme a sua madre (sì, c’è anche Demetra nel cartone)... da dove spunta quell’inverno?

Quello che succede nel capitolo è liberamente basato sul mito di Orfeo ed Euridice: Euridice è una ninfa che muore venendo morsa da un serpente, allora Orfeo scende fino negli inferi per chiedere la sua grazia ad Ade e Persefone, riuscendo a commuoverli e convincerli con la sua bellissima musica (qua invece si convince solo lei, Ade di Disney non è facile alla persuasione come quello originale). Anche l’accenno di Persefone all’uscire dall’oltretomba senza guardare in faccia la persona morta è un riferimento al mito, perché questa era la prova dovuta affrontare da Orfeo. Il poveretto però fallisce, si gira per guardarla ed Euridice sparisce di nuovo. Kairi almeno non dovrà affrontare questa prova.

A presto, grazie per il vostro supporto!

   
 
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