Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    30/11/2019    10 recensioni
Oh, finalmente un matrimonio! Ma chi saranno gli sposi? Un promesso sposo si perde per strada, una sposa aspetta già da tempo, come andrà a finire? Altra storiella senza pensieri...
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ciao a tutte! Avevo deciso di far passare un po’ di tempo prima di pubblicare questa storiellina, sia perché non volevo essere troppo “presente” sul sito (ultimamente ho pubblicato parecchio e magari vi siete rotte della mia presenza molesta hahahaha :-D ), sia perché non l’avevo conclusa e non mi piace iniziare una storia non finita (chiaro, no? hhahaa :-P ) poi però ieri sera ho scritto l’ultimo capitolo (vi avverto che nonostante tutto, non sarà lunghissima) e mi sono decisa.
La dedico a tutte le mie lettrice, recensitrici e “silenziose”. Grazie per la sopportazione. Vi lovvo
Eleonora





QUANTA FRETTA, RYO!
 
Cap.1 Un sogno che si avvera
 
Il sole splendeva in una verde radura.
Una chiesetta bianca spiccava fra le foglie e i fiori di cespugli rigogliosi.
Le campane suonavano a festa.
Ryo si stava avvicinando a passi lenti, ma decisi.
Giunto davanti al portone di legno massiccio, spalancato verso l’interno, ne varcò la soglia.
La chiesa era gremita, c’erano tutti i suoi amici: erano lì, vestiti a festa, emozionati, in attesa.
Allo sweeper venne da sorridere, anche lui era emozionato e sapeva già chi lo stava aspettando all’altare.
La sposa era di spalle, indossava un bellissimo abito bianco, che le lasciava scoperta la schiena quel tanto per darle un’aria sensuale, ma non troppo. Il taglio del vestito era elegante, e comunque qualunque cosa avesse indossato, le sarebbe caduto a pennello e avrebbe assunto un aspetto magnifico, pensò.
La giovane non si voltò.
Lui procedeva sicuro, ma quando fece per prendere il suo posto si accorse, con sgomento e terrore insieme, che… era già occupato!
All’inizio non riuscì bene a capire l’identità dell’uomo accanto alla sua sposa, poi finalmente questi si voltò verso di lui e gli sorrise. Un sorriso largo, vittorioso, beffardo; un sorriso beato, un sorriso americano!
Mick!
Cosa ci faceva al suo matrimonio?
Si girò di scatto per vedere la sua sposa.
Due grandi occhi nocciola lo guardarono, colmi di felicità, scintillando.
La ragazza tranquillamente disse:
“Ciao, Ryo!”
“Kaori, ma tu… cosa stai facendo?”
“Mi sto sposando!”
“Ma come ti sposi? E soprattutto con lui?”
“Sì, perché? Cosa c’è di male? Lui mi ama, me lo ha sempre dimostrato… e insomma, alla fine ho ceduto alla sua corte. Sa essere così dolce, galante, innamorato e… convincente.”
E arrossì suo malgrado.
Più di tutte quelle parole, che peraltro lo avevano trapassato come aghi incandescenti, quel suo ultimo rossore lo aveva annientato.
Non era possibile!
Tutti i suoi rossori dovevano essere per lui, e per lui soltanto!
Sconvolto, con gli occhi fuori dalle orbite, si sentì il cuore schiacciato da una pressa e riuscì solamente a dire:
“Ed io?”
“Tu cosa?”
“Ma-ma… tu… ma… noi?”
Noi cosa? Hai sempre detto che eravamo solo colleghi di lavoro, che ero l’unica donna che non ti piacesse in quel senso! Mi hai fatto capire in mille modi che non ne volevi sapere niente di me, che alla fine ci ho creduto. O meglio, me ne sono fatta una ragione. Non potevo mica sprecare la mia giovinezza dietro a te!”
E gli strizzò l’occhio, poi riprese:
“Invece lui…” e si voltò verso Mick a cui sorrise con amore.
Ryo rimase impietrito, lì davanti all’altare; era un intruso, un dannatissimo terzo incomodo.
Guardò verso l’officiante e vide un Doc serio e compreso nel suo nuovo ruolo, che gli sorrise benevolo e accondiscendente, prima di dirgli:
“Bene figliolo, se vuoi lasciarci proseguire…” e con un cenno del capo gli indicò le panche libere in prima fila, come a dire accomodati; lo sweeper si girò verso l’assemblea e poté scorgere il sorriso ghignante e famelico di Reika e Kasumi, evidentemente più soddisfatte di come si stavano mettendo le cose, che imbarazzate.
Ryo si voltò di nuovo a guardare la sua Kaori, che gli disse:
“Se vuoi accomodarti… puoi restare per il ricevimento, sai? Ci sarà tanta roba buona da mangiare, e penso che la compagnia non ti mancherà” alludendo alle sue ex-rivali in amore.
Ma lui iniziò a scrollare la testa e a sussurrare:
“No, no” prima lentamente e sotto voce, poi sempre più velocemente e a tono più sostenuto.
Si sentiva i polmoni compressi, una smania lo stava opprimendo, cercò di alzare la voce e alla fine proruppe in un grido stentoreo, un:
“Noooooooooooooo” che fece tremare i muri, che riecheggiò fino in cima alle alte volte della chiesa.
Riprese fiato e gridò di nuovo:
“Nooooooooooooo!!! Kaoriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!”.
Urlò, e urlò, fino a perdere la voce, fino a quando… non si svegliò in un bagno di sudore.
Scattò a sedere sul letto, imprigionato dalle lenzuola che, aggrovigliate, gli impedivano i movimenti, esasperandolo ancora di più.
Nonostante avesse aperto gli occhi, era ancora in preda a quell’incubo spaventoso, e non smise di gridare, tanto che la socia accorse spaventata.
Si precipitò in camera sua, attirata da quelle urla angoscianti, presagendo e immaginando i più terribili scenari, ma quando varcò la soglia e si trovò davanti un Ryo nudo, sbraitante, e mezzo involtolato nelle lenzuola, si fermò di botto e rimase a fissarlo.
Lui, finalmente lucido, la guardò con sollievo e disperazione insieme, e con il cuore in gola riuscì a dirle:
“Kaori, sei qui?”
“E certo, brutto idiota! Sei stato tu che mi hai chiamato come fossi in punto di morte! Mi hai fatto prendere un tale spavento!”
“Sapessi a me!” mormorò a mezza voce, ma non troppo, perché la sua socia lo sentì ugualmente.
“Cosa vorresti dire? Che sono talmente brutta, che ti ho spaventato?” e già partiva per la tangente.
“Non sei ancora sveglio e già mi insulti???” e facendo materializzare un mega martello con la scritta “Buon giorno un corno”, glielo scagliò in testa con la sua solita grazia innata, per poi gridargli:
“E vestiti, buono a nulla che non sei altro! Che è già tardi! E se vuoi mangiare vedi di fare presto, che non starò ad aspettarti in eterno!”
A quell’ultima minaccia, Ryo riemerse all’istante dal pavimento, dove era rimasto conficcato dopo quell’esplosione nucleare. Si districò fra le macerie della camera in preda all’angoscia, con uno strano sudore freddo.
No, non l’avrebbe permesso.
Doveva agire, doveva fare qualcosa e … sapeva cosa.
Alla velocità della luce corse all’armadio e si mise a frugare come un forsennato, facendo volare per la stanza ogni sorta di vestiti, oggetti, riviste di dubbia moralità, cimeli di ogni tipo, in un turbinio da uragano tropicale. E proprio nel bel mezzo di quella ricerca forsennata, riapparve Kaori che, vedendo la stanza trasformata in una sorta di discarica a cielo aperto, le saltò nuovamente la mosca al naso e urlò:
“Ryooooooooooooooo!” così forte che lui si tirò su di scatto e sbatté la testa nel ripiano dell’armadio, e si voltò a guardarla con aria colpevole.
Lei proseguì:
“Si può sapere che accidenti stai combinando??? Non spererai che io rimetta in ordine questo macello??”
Lui la fissò senza parlare, con un gran gocciolone di sudore lungo la tempia, e ridacchiò nervoso; poi prese a scusarsi in atteggiamento servile, ma quando la sua socia si accorse in che stato fosse, gli lanciò un paio di boxer che gli finirono dritti in faccia al grido di:
“Ma insomma!! Vuoi vestirti sì o no??” e scappò via, rossa in viso in preda alla solita confusione data dall’imbarazzo e dalla collera.
Ryo rise fra sé:
Almeno stavolta è arrossita per me”.
 
Riprese la ricerca con più entusiasmo e vigore, fino a quando, proprio all’ultimo, riuscì ad afferrare quello che così accanitamente stava cercando: una scatolina di velluto rosso.
Velluto rosso, proprio come lei” non poté impedirsi di pensare fra sé, sorridendo.
Conosceva benissimo cosa contenesse, ma prima di aprirla si infilò finalmente della biancheria pulita e, con aria guardinga, chiuse la porta, dopo essersi accertato che la sua amata socia non fosse nei paraggi.
Si sedette sul letto e si prese tutto il tempo per aprirla.
Dentro c’era una fedina di oro bianco, liscia, a parte una figura appena abbozzata, in rilievo, che rappresentava due amanti nudi, distesi lungo la circonferenza dell’anello e che si tenevano saldamente per le mani, come a non voler cadere, o meglio non lasciarsi più.
L’aveva comprata in un polveroso negozietto di rigattiere.
Non si capiva di che epoca fosse, né se ne conosceva la provenienza, ma nonostante lui non fosse mai stato interessato a questi oggetti preziosi, ne era rimasto così tanto affascinato da quell’anello che, istintivamente, decise di comprarlo, pur non sapendo cosa farsene in realtà.
Ryo si era fermato a fissare quella figuretta scolpita nel metallo, anche un po’ consumata dal tempo, che gli faceva pensare a come incarnasse alla perfezione la condizione di due persone che si amano: sembrava, infatti, che quell’uomo e quella donna, per rimanere in equilibrio e non scivolare, avrebbero dovuto aiutarsi reciprocamente e tenersi ben saldi.
Lo sweeper era capitato in quel vecchio negozio, gestito dall’anziano proprietario che gli aveva chiesto aiuto in una brutta faccenda di ricatti, e quando l’ometto aveva visto il temibile City Hunter perdersi in contemplazione di quell’anello, aveva sorriso fra sé.
Pur essendo leggermente intimorito dal grande Ryo Saeba, si era rincuorato scorgendo i buoni sentimenti che trapelavano dal suo sguardo in quel momento. Aveva insistito per regalargli la fedina, ma Ryo non aveva voluto sentire ragioni: quell’oggetto era in vendita e lui voleva essere considerato un semplice cliente.
Per i servigi resi, come ricompensa, sarebbe bastata la sua fedeltà.
L’anziano, allora, si era permesso di commentare, consegnandogli la scatolina di velluto rosso:
“Sono sicuro che la donna a cui lo vuoi regalare, è davvero speciale”.
Nonostante avesse comprato quell’anello quasi senza un perché, quando il vecchio gli aveva detto così, inevitabilmente aveva finito per pensare a Kaori e aveva risposto spontaneamente:
“Oh sì, lo è”.
Poi però, una volta a casa, l’aveva nascosto sul fondo dell’armadio, dove nemmeno lei avrebbe potuto trovarlo, neanche per caso.
Col tempo aveva finito per dimenticarsene, ma quel sogno spaventoso, quell’incubo così verosimile, l’aveva scosso profondamente, e si era detto che era ora di fare la sua parte, che se fossero andate avanti sempre così, le cose fra di loro, lei si sarebbe stancata e sarebbe finita fra le braccia di un altro, magari proprio del suo acerrimo rivale: Mick Angel!
Non c’era più tempo da perdere, doveva dichiararsi, ricambiare i suoi sentimenti, parlarle senza più mezze parole e mai più tirarsi indietro.
 
Si riscosse dai suoi pensieri.
Finì di vestirsi, si cacciò la scatolina nella tasca dei pantaloni e andò in bagno a lavarsi.
Si sbarbò e fissando l’immagine che gli rimandava lo specchio, si mise a fare delle smorfie buffe.
Poi iniziò a fare le prove su come si sarebbe proposto.
Iniziò con:
Senti Kaori, è da tanto che ci penso…
Scosse la testa… non andava. Riprese:
“Vuoi sposarmi?”
Ma così a brutto muso? No, no… lei è così romantica, le piacciono le dichiarazioni in piena regola.
Continuò ancora per un po’ a fare smorfie, alternando l’aria da seduttore, con tanto di capelli pettinati all’indietro, a quella di maniaco allupato, per poi redarguirsi immaginandosi martelli e kompeiti a fracassargli la capoccia; poi si scompigliava i capelli, si guardava, sospirava e riprendeva da capo.
E non smetteva di recitare frasi fatte, con le più disparate intonazioni, o provare espressioni convincenti.
Ad un certo punto si tolse dalla tasca la scatolina, l’aprì e prese l’anello.
Iniziò a guardarlo e a cercare di ricordarsi il perché l’avesse comprato, cosa l’avesse spinto a farlo…
Era lì che lo rimirava e se lo rigirava fra le dita, completamente assorto nei suoi pensieri, quando sentì bussare violentemente alla porta, accompagnato da un:
“Ryooooooooo!!! Allora??? Cosa stai facendo in bagno? Sei chiuso lì da un’ora!!”
Lo sweeper sobbalzò violentemente e l’anello gli sfuggì dalla mano destra, lo riafferrò con la sinistra, ma nell’impeto gli sfuggì di nuovo, e lo riafferrò al volo con l’altra mano.
Accidenti quell’anello pareva vivo!! E soprattutto, più cercava di afferrarlo e più gli scivolava via!
Ryo sembrava un giocoliere maldestro, e continuò questo strano giochetto, fino a quando l’anello cadde nel lavandino.
Appena toccò la ceramica bianca della vasca, Ryo trattenne il fiato, e seguì con ansia quel paio di saltelli che fece tintinnando, prima di finire giù nel tubo di scarico.
“Aaaaaarrrggghhh!” imprecò “No, no, no no no nooooooo!!! questa non ci voleva! Ed ora?”
Provò ad infilare le dita nel buco, ma non ci riuscì, con quelle manone che si ritrovava.
Allora afferrò il tubo di scarico e iniziò a maltrattarlo:
“Maledetto, maledetto ridammi il mio anello!” e lo scuoteva come fosse il collo di un pollo da ammazzare a mani nude.
Fu a quel punto che fece il suo ingresso una Kaori vistosamente alterata:
“Ma insomma si può sapere che cos’hai oggi??? Ti vuoi muovere??” e poi, vedendolo maltrattare quel povero tubo, aggiunse:
“Guarda che ti avevo detto di riparare il lavello della cucina, non del bagno!!! Lascia stare… sei capace solo di fare danni” e lo prese per un orecchio e lo tirò via di lì.
Lui provò a fare resistenza, a protestare, ma Kaori non sentì ragioni, erano in ritardo e non c’era più tempo da perdere.
Ryo piagnucolò un po’, perché era veramente disperato di aver perso il suo preziosissimo anello, ma non sapeva come dirglielo.
Non poteva mica saltar su e dire:
“Ah, Kaori, ho appena fatto cadere nello scarico del lavandino l’anello di fidanzamento che avevo deciso di regalarti. A proposito, vuoi sposarmi?”.
Non solo non lo avrebbe mai creduto – e come darle torto, dopo tutte le volte che l’aveva derisa – ma ammesso che l’avesse preso sul serio, che figura ci avrebbe fatto?
Insomma partiva già col piede sbagliato.
 
Una volta seduto al tavolo della cucina, sospirò frustrato davanti alla colazione: come avrebbe fatto a farsi capire? A dirglielo?
Kaori lo spiava di sottecchi; da che era corsa in camera sua, sentendolo urlare il suo nome, e lo aveva trovato sudaticcio e sconvolto, Ryo si era comportato in maniera strana, diversa dal solito.
Ed ora se ne stava lì a sospirare davanti alla colazione, inspiegabilmente inappetente.
Lei le pensò tutte, fino a quando concluse che lui non mangiava perché ciò che gli aveva preparato non gli piaceva.
Fu un attimo, gli si rivolse così:
“Allora signorino, la colazione non è di suo gradimento?” con lo sguardo accigliato, pronta a dargli battaglia; ma lui si voltò a guardarla con un’aria da ebete e così sconsolato, che le fece cadere le braccia.
Rinunciò ai suoi propositi e anzi, rimase interdetta quando lui, infine, si decise a risponderle:
“Perché l’ho perduto?”
Kaori pensò che si stesse riferendo all’appetito, e per il momento non volle approfondire.
Poi all’improvviso, Ryo si riscosse da quel suo stato catatonico e le disse:
“Kaori, dobbiamo parlare!” con aria serissima; ma lei si era già allontanata e, dandogli le spalle, stava mettendo i piatti nell’acquaio, così gli gridò:
“Cosa? Ryo hai detto qualcosa?”
E lui alzando la voce:
“Ho detto che dobbiamo parlare!”
“Ryo, non sento con il rumore dell’acqua” e quando tornò di là in cucina, lo guardò interrogativamente, ma lui non spiccicò parola. Allora lei chiese di rimando:
“Quindi? Avevi forse detto che dovevamo parlare?”
Ryo ci pensò su un attimo poi rispose:
“Sì, Kaori, devo dirti una cosa importante… io… cioè noi…”
“Oh, santi numi! Ma hai visto che ora è? È tardissimo!! Presto, andiamo che ci aspettano Miki e Falcon per un lavoro urgente”
“Ma… ma… io…”
Il povero Ryo, a quel punto, non riuscì a dire più niente, e non gli rimase altro che correre dietro alla socia giù per le scale per raggiungerla.
 
Una volta in macchina, Ryo continuò ad essere pensieroso.
Ragionava fra sé che, tolto l’anello, che avrebbe fatto scena, e vanificato quel primo tentativo di approccio, la cosa si stava facendo sempre più difficile.
Sbuffò mentalmente.
Possibile che fosse così complicato dirle finalmente che l’amava, e che voleva stare con lei?
Dopo tutto quello che avevano passato? Dopo quei lunghissimi anni di convivenza? Sospirò, stavolta rumorosamente.
Poi, con la coda dell’occhio, si mise ad osservare la sua partner.
Da che si era svegliato quella mattina, in maniera traumatica per giunta, aveva solo pensato a come dichiararsi e nemmeno una volta a lei, anche se sembrava un controsenso.
Tutte le mattine aspettava con trepidazione il momento in cui lei sarebbe apparsa sulla porta, a sbraitargli contro che doveva svegliarsi, e che era tardi.
Riconosceva i suoi passettini svelti salire le scale, e indovinava l’istante esatto in cui avrebbe messo mano al pomello della porta.
Fingeva ogni volta di dormire, e volutamente le dava ad intendere che stesse sognando una qualsiasi bella donna per farla arrabbiare.
Il più delle volte in realtà si svegliava sognando lei, ed erano sempre sogni intensi e vividi: loro due in teneri atteggiamenti, loro due a ridere e scherzare, ma soprattutto, proprio perché lui se l’era proibito, loro due in bollenti tété-à-tété, e il risultato era quel magnifico spettacolo della sua virilità, secondo lui, che svettava fra le lenzuola e che faceva inorridire la sua amata.
Le scatenava sempre una tale ondata di vergogna e rabbia, che finiva per spiaccicarlo al suolo sotto il suo migliore martello.
E lui, Ryo, soddisfatto si diceva:
Buon giorno anche a te amore mio”.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma amava quel loro menage, un po’ violento, quello sì, ma così tanto passionale ed elettrizzante!
Quella furia rossa riempiva la sua vita, e non sarebbe riuscito ad immaginare un mondo senza di lei.
Tutto il suo amore, la sua gelosia, lo facevano sentire vivo e vitale, e veramente le doveva molto: l’aveva salvato da sé stesso, ed era fortunato a poter condividere le sue giornate con una donna fantastica come lei, e poi… e poi era veramente bellissima.
La sbirciò senza farsi accorgere.
Anche quella mattina aveva messo una delle sue minigonne strepitose che ora, seduta sulla Mini, le era salita ancora più su, scoprendo quelle sue gambe perfette. Ah, quanto avrebbe voluto allungare una mano, così, giusto per sentire che effetto facesse.
A vederla così, la sua pelle sembrava liscia e vellutata, e la consistenza  doveva essere sicuramente morbida e tonica…
Si perse in queste fantasticherie, e il suo amichetto, risvegliato dal letargo, prese lentamente vita.
Ryo, che se ne accorse, si disse che forse per una volta avrebbe potuto lasciarlo esprimere davanti a lei, e farle capire così che era per lei.
Le aveva stra-ripetuto fino alla nausea che lei non lo eccitava minimamente, se invece stavolta le avesse rivelato che in realtà la desiderava tantissimo, magari avrebbe trovato il modo per dichiararsi, passando da lì.
Sarebbe stata forse un po’ grossolana come dichiarazione, ma di sicuro chiara ed inequivocabile.
Peccato che, giusto in quel momento, Kaori gli stesse dicendo:
“Dobbiamo andare da Miki perché…”, però Ryo, non solo non aveva seguito tutto il discorso della socia troppo preso dai sui ragionamenti, ma non si prese nemmeno la briga di capire il seguito, e quando Kaori si accorse che laggiù, nelle botteghe oscure, qualcuno si era mosso come un girasole in cerca della luce, si infuriò:
“Ecco, sei il solito porcello maniaco! Ti è bastato sentir nominare Miki, che già ti sei fatto prendere dalle fregole!”
E nonostante fossero in macchina, riuscì a scagliargli lo stesso un martello da 100t, che gli fece incassare la testa nelle spalle, sprofondandolo nel sedile.
Anche quel tentativo era miseramente fallito!
 
 
   
 
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