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Autore: Naomy93    01/12/2019    0 recensioni
Lui arriva all’improvviso.
Lui è l’incontro che non ti aspetti.
Lui è la fortuna più grande che possa capitarti.
(Fandom: Space Valley)
(Fanfiction pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap 4: Nicolas

 

Nicolas era una persona che non amava parlare.

Le volte in cui lo si poteva sentire dire qualcosa erano così poche da far credere al suo prossimo di trovarsi di fronte ad un sordomuto.

Ma lui non era un sordomuto, ci sentiva e parlava bene, solo che gli piaceva osservare, limitandosi a tenere i pensieri per se.

Quello era il tratto che gli permetteva di leggere gli altri senza essere letto sua volta, infatti, erano in molti a non sapere come prenderlo, a trattarlo con i guanti, o a rinunciare direttamente ad avere a che fare con lui, proprio a causa di quel suo modo di essere che lo rendeva inaccessibile al mondo.

Eppure, non molti anni addietro, Nicolas era un ragazzo come tanti, chiunque lo avrebbe descritto come un tipo vispo, sempre indaffarato, e circondato da amici.

Gli stessi amici che lo avevano accompagnato per anni, i suoi fratelli acquisiti, che sparirono nel momento in cui lui aveva più bisogno di loro.

Gli stessi che lo abbandonarono a se stesso, in un letto d’ospedale, a lottare tra la vita e la morte, e a sperare di trovare qualcuno fuori ad aspettarlo, oltre ai suoi, quando sarebbe tornato da sopravvissuto.

Il ricordo della sala d’aspetto vuota.

I momenti in cui si era sentito abbandonato.

Aveva legato tutto al dito e non avrebbe mai, mai, dimenticato.

Se prima Nicolas sapeva essere amico di tutti, da quel momento in poi non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi a lui più del dovuto.

Quella decisione ebbe, inevitabilmente, conseguenze sui suoi rapporti sociali tanto da essere capace di passare ore a conversare del nulla cosmico, ma anche di rimanere ore in silenzio e non intromettersi nei discorsi nemmeno quando gli veniva chiesto.

Aveva perso il conto delle volte in cui sua cugina Sofia lo aveva canzonato con un: << Nic, stai parlando troppo, smettila! >> pensando di essere simpatica nel fare battute di quel tipo.

Lui odiava le persone con quel discutibile senso dell’umorismo, tanto è vero che non mancava di risponderle con un sempre più acido: << Tu, invece, dovresti parlare di meno! >> per finire a litigare.

O meglio, Sofia urlava e lui continuava a farsi gli affari suoi.

Gli vomitava addosso di essere un fottuto cinico, e il fatto di avere una storia clinica poco felice non gli dava il diritto di trattare male gli altri, senza rendersi conto che lui era diventato così proprio a causa delle persone come lei.

Superficiali.

Idiote.

Quei difetti che il mondo gli rimproverava, per Nicolas erano punti di forza su cui fare leva e scegliere al meglio le persone da tenere vicino e, soprattutto, quelle da tenere lontane.

L’unico problema era che questo valeva per gli estranei e non per i cugini con cui ti avevano costretto a crescere.

Sua madre e suo padre dicevano di avere un figlio tanto intelligente quanto introverso, però il loro era il pensiero di chi non comprendeva fino in fondo. Non riuscivano ad andare oltre, ma a lui non interessava.
Di certo non poteva detestarli per quello, anzi, Nicolas voleva un bene dell’anima ai suoi genitori.

Ai suoi doveva troppo e non si sarebbe nemmeno sognato di non provare affetto per loro.
Accettava che pensassero a lui come un ragazzo chiuso in sé, comprendeva il loro desiderio di definirlo in qualche modo, e non sentirsi troppo lontani da lui.

Quella superficialità gli andava bene soltanto perché erano i suoi genitori, ci teneva a non deluderli o a non farli preoccupare, però non l’avrebbe mai sopportata da parte di qualcun’altro.

 

<< Certo che hai cugino taciturno, eh? >>

<< Lascialo stare, è antipatico! >>

<< Mi mette ansia, in verità! >>

 

Men che meno l’avrebbe accettata da quelle nuove persone che stavano entrando nella vita di Sofia.

Nicolas non sapeva come quei tre ragazzi l’avessero conosciuta, e perché le andassero dietro come cagnolini in cerca di attenzioni.

Sofia era sempre stata circondata da ragazze, che lui ricordasse, e il giorno in cui la vide arrivare avvinghiata al braccio di uno di quelli, affiancata dagli altri due, divertiti nel prenderli in giro, per Nicolas fu qualcosa di totalmente inaspettato.

Sua cugina li presentò presto alla famiglia e agli amici di sempre. Il tipo a cui era avvinghiata si chiamava Cesare, un compagno di classe che aveva iniziato a frequentare da qualche settimana, mentre gli altri due erano stati presentati come i migliori amici del ragazzo: Nelson e Francesco.

<< Per gli amici: Tonno! >> disse il tizio più massiccio del gruppo.

Che razza di soprannome era Tonno?

Provenivano da un quartiere non molto distante dal loro, anche se, con il passare del tempo, a Nicolas sembrò che quei tre una casa non ce l’avessero.

Sofia li portava spesso alla villa Paruolo, senza minimamente domandarsi se potesse dargli fastidio, e il peggio era vedere come i suoi genitori e sua sorella fossero sempre contenti di vederli.

Dicevano che se non ci fossero stati loro ad animare la villa, probabilmente, si sarebbero annoiati tutta la giornata.

Per Nicolas non era così, quella era di fatto un’invasione.

E poi guai, davvero, GUAI ai momenti in cui quei tre venivano lasciati liberi di scorrazzare per il giardino ed entrare in casa, specialmente quando i suoi genitori non c’erano e doveva essere lui a tenerli d’occhio.

Davanti agli adulti si comportavano da angioletti, ma in realtà erano degli squilibrati, e ebbe modo di capirlo quella stessa estate.

In quei mesi suo padre si era dato all’allevamento ed era riuscito, fortunatamente, a tirare fuori dal canile due cuccioli meticci di collie, e l’idea di prendersi cura di loro per Nicolas fu un’occasione per imparare qualcosa di nuovo.

Costruì le cucce, il recinto in giardino, creando poi una scaletta personale che scandisse tutte le mansioni necessarie.

Nel frattempo, Cesare, ormai, ufficialmente fidanzato di Sofia, aveva avuto la splendida idea di comprare un’enorme piscina da mettere in mezzo al giardino e, assieme ai suoi compari, si era adoperato per montarla.

Peccato che nessuno di loro avesse le capacità, o anche soltanto a uno fosse venuto in mente di leggere le istruzioni su come mettere insieme quel mostro di gomma, e un pomeriggio, mentre Nicolas stava uscendo per dare da mangiare ai cuccioli, la dannata piscina scoppiò, letteralmente, davanti ai suoi occhi, inondando il recinto ed investendo le povere bestiole affamate.

I piccoli se la cavarono con un bagno inaspettato e una tempestiva visita veterinaria, per Nicolas, invece, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso e dichiarare guerra ai quei tre deficienti.

Non riuscì a scacciarli da casa sua definitivamente, purtroppo, ma convinse i suoi a non farli venire più tanto spesso, compresa sua cugina, a meno che non fosse stata da sola.

Quella che ne seguì dopo fu, forse, una delle litigate peggiori che ebbe in tutta la sua vita.

Era cominciata come al solito, Sofia urlava e lui si faceva gli affari suoi, aspettando che la smettesse, ma quando la sentì augurargli di morire solo, perché se lo sarebbe meritato, nella mente di Nicolas scattò qualcosa.

A nulla servirono le scuse della cugina, resasi conto di avere esagerato, per la prima volta le alzò la voce contro e la cacciò di casa, senza curarsi dello stupore della sua famiglia che, rientrando, la vide correre fuori, in lacrime.

Nicolas era diventato più apatico del solito dopo quella litigata.

Non gli importava se i suoi non approvassero il modo in cui aveva trattato la cugina, e non gli interessavano nemmeno i messaggi che quel Cesare gli aveva lasciato in chat, probabilmente per scusarsi.

A lui non importava di nulla, se non di se stesso e di come la qualità della sua vita sarebbe migliorata da quel momento in poi.

Ma si sa, quando il destino ci si metteva era difficile da contrastare, e questo Nicolas lo capì presto.

Precisamente ad un mese dalla famosa litigata, quando stava andando a fare la spesa, su richiesta di sua madre, per risparmiare tempo, decise di percorrere una strada che attraversava il parco.

Quella era una via poco frequentata, al massimo ci passavano quelli come lui, poco volenterosi di fare giri lunghi, o vi si appartavano le coppie nelle ore serali.

L’unico problema era l’esagerata pendenza di quella strada che, se non faceva attenzione, l’avrebbe fatto rotolare giù alla stessa velocità della neve durante una valanga.

Non gli ci volle molto, comunque, prima di perdere l’equilibro e finire con il sedere a terra. Era matematico, su dieci volte che percorreva quel tratto, cadeva almeno sei o sette volte.

Si sarebbe alzato, come sempre, se solo non avesse visto qualcosa che quella caduta gliel’avrebbe fatta ricordare per molto tempo.

 

<< Hai sentito? Cos’è stato?>>

<< Sarà qualcuno di passaggio, non farci caso! >>

 

Poco distante dal punto in cui Nicolas era scivolato, c’erano due persone sedute ai pressi di uno dei tanti alberi che popolavano il parco.

Una delle due la riconobbe subito come il fidanzato di sua cugina, Cesare, che avrebbe riconosciuto a chilometri di distanza, poggiato con la schiena ad un tronco, un braccio dietro la nuca, e l’altro stretto sulle spalle dell’altra persona, poggiata al suo torace.

Quell’altra persona non era sicuramente sua cugina.

Anzi, non era nemmeno una ragazza.

Dovette mettere un attimo a fuoco per riconoscere... Nelson.

Era lui, quei capelli tremendamente spettinati li aveva visti solo sulla testa di quel ragazzo. Difficilmente si sarebbe potuto sbagliare.

Cosa avrebbe dovuto pensare Nicolas?

La prima cosa che pensò, in verità, fu quella di sentirsi di troppo.

Poi pensò a Sofia e nello stesso momento vide il volto di Cesare immergersi tra i capelli dell’altro, posandogli le labbra sulla tempia.

Che fosse Nicolas ad avere un limite sotto certi aspetti? Per quanto ne sapeva, quei due erano cresciuti assieme, ma non gli avevano mai dato l’impressione di avere un rapporto tanto stretto.

E poi, sua cugina non era così stupida da non accorgersi che… beh…

I suoi pensieri vennero scossi dalla risata sguaiata di Cesare che si elevò all’improvviso, facendo anche scappare qualche volatile appollaiato tra gli alberi.

Nelson si dimenava per a tappargli la bocca, dicendogli di non urlare, anche se rideva più di lui.

<< REGAZ, QUI NON ESISTE UN BAGNO NEMMENO A PAGARLO! >>

Nicolas sobbalzò nel sentire quella voce arrivare alle sue spalle e si affrettò a tirarsi su prima che lo vedessero.

Preso dal panico, riuscì a saltare, da un’altezza non indifferente, ed atterrare sulla strada principale del parco, tirando un sospiro di sollievo quando, alzando gli occhi, vide la figura di quello che si faceva chiamare Tonno salire lungo la scarpata.

<< Ohh, sembrate dei cricetini! Aspetta che mi aggiungo anche io… >>

Sospirò di nuovo, sicuro di non essere stato visto.

Quel giorno Nicolas tornò a casa inquieto, dimenticandosi di fare la spesa, e domandandosi cosa ci fosse realmente dietro a quella storia.

Non che gli interessasse particolarmente, però, con il passare dei giorni, in cui gli capitava di vederli a casa sua, che lo volesse o no, gli era passato per la mente di tenerli d’occhio e, quanto meno, capire se stessero facendo una sorta di doppio gioco ai danni di Sofia.

Ci pensava mentre guardava dalla finestra sua cugina accoccolata a Cesare, sull’altalena in giardino. Sarebbe comunque stata l’occasione buona per non vederli mai più soggiornare a villa Paruolo.

<< Ehi, se continui a guardarli così potresti sembrare geloso! >>

Nicolas storse il naso nell’accorgersi di avere Nelson alle spalle.

Non capì come avesse fatto ad entrare in casa e avvicinarsi tanto da non farsi sentire.

Cos’è, aveva il passo felino?

<< Geloso di cosa, scusami?! >> rispose, cercando di mantenere un tono neutro.

<< Che ne so, magari di tua cugina! >>

L’altro lo affiancò alla finestra.

<< Bella stronzata! >>

Gli venne da ridere.

Geloso di Sofia, lui? Nemmeno se fosse stata l’ultima donna sulla faccia della terra, a Nicolas sarebbe venuto in mente di pensare a lei in quel modo.

Nelson sorrise alla sua espressione, sicuramente vicina allo schifo, e rigirandosi a guardare la coppietta in giardino disse a bassa voce:

<< Io sono un po' geloso, lo ammetto! >>

L’espressione schifata venne sostituita da un’occhiata incuriosita.

<< Sai, quando si cresce assieme, e si è abituati ad un certo equilibrio, e poi, da un giorno all’altro, ti ritrovi a dover mollare la presa, è un po’ destabilizzante! Non credi? >>

Nella mente di Nicolas riaffiorarono i ricordi di una sala d’aspetto vuota, e i volti delle persone che aveva escluso dalla sua vita, anche se con tanto dolore.

<< Non è piacevole! >> si limitò a dire.

Nelson sembrò assumere un’espressione triste, ma allo stesso tempo consapevole.

Gli occhi a guardare le due figure accoccolate sull’altalena, e un sorriso spontaneo di chi aveva accettato ciò che andava accettato.

 

<< Io non ho mai sorriso così! >>

<< Così come? >>

Il sorriso dell’accettazione.

Nulla rimane per sempre, in qualche modo, si deve andare avanti.

Non so chi tu sia, ma quel tuo sorriso mi fa sentire un completo imbecille.

<< Niente, fa come se non avessi detto nulla! >>

 

 

<< Ehi, volete stare lì a spiare, o ci raggiungete? >>

Cesare stava urlando verso di loro, tirando sassolini alla finestra.

<< Dai, venite a farci compagnia! >>

Tirò un sasso un po’ troppo grande, tanto da far temere al povero Nicolas che avrebbe sfondato il vetro.

<< Cazzo, ma è stupido? >> imprecò.

Nelson alzò le spalle, come a dire che non era una novità.

<< Li raggiungo, tra poco arriva Tonno con le pizze! Tu vieni? >>

<< Volete che stia con voi? >>

Non si sarebbe mai aspettato di essere invitato.

<< Beh, ci farebbe piacere! Ti conosciamo da un po’, ma non sei mai stato con noi! >> sorrise << E poi Sofia ha preso una pizza anche per te: Prosciutto e funghi! >>

La sua preferita.

<< Ti va? >>

<< Scendo con te, dammi un secondo! >>

 

 

Non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma man mano che passavano i giorni, il tempo che aveva preso a trascorrere assieme a quei tre fuori di testa era aumentato spropositatamente, e la cosa gli dispiaceva sempre meno.

Era stato perfino in grado di dare un’abbraccio a Sofia per sigillare la loro pace ritrovata.

Non facevano nulla di esaltante, anzi, spesso si ritrovavano al parco, a villa Paruolo, ed era capitato anche a casa di Cesare.

Nicolas venne a conoscenza quasi subito delle passioni che legavano i tre ragazzi, oltre al passato vissuto assieme.

L’argomento fotografia, in particolare, lo interessava, e fu molto felice quando Cesare gli prestò la sua vecchia Nikon, a rullino, per fare qualche foto.

Si era sempre domandato cosa portasse le persone a mettersi dietro ad un obiettivo per ore, cercando di scattare quella che sarebbe stata una bella foto.

Ormai, vivevano in un’epoca dove la fotografia era interamente digitale, e qualunque possessore di uno smartphone poteva improvvisarsi fotografo. Ma con una macchina fotografica come quella era totalmente diverso, le foto da poter fare erano limitate e bisognava avere un occhio veramente attento per catturare il momento giusto.

<< Nic, sai dov’è finito Nelson? >>

<< Mh, no… >> rispose distrattamente a Tonno, mentre armeggiava con la macchina fotografica << Se lo vedo, gli dico che lo cerchi! >>

<< Grazie, sei un grande! >>

Gli arrivò una pacca sulla spalla talmente forte che Nicolas dovette trattenersi dall’urlargli addosso.

Quel Tonno era una delle persone più tranquille del mondo, a parte quando stava in compagnia dei suoi due compari, ma aveva il fastidioso difetto di non sapere dosare la forza quando dava le sue pacche amichevoli.

Nelson disse che una volta gli aveva quasi distrutto la gabbia toracica con un abbraccio fin troppo affettuoso, ritrovandosi l’addome pieno di lividi.

A proposito di Nelson, riuscì a trovarlo, seduto su una panchina a guardare il nulla davanti a se.

Si era allontanato dal gruppo con la scusa di andare a comprare qualche lattina di Redbull, cosa che aveva fatto, vista la confezione accanto a lui, ma sembrava essersi preso del tempo per rimanere da solo a pensare.

Aveva un’espressione assorta, persa, la stessa di chi contemplava il mondo sentendosi un pesce fuor d’acqua.

A Nicolas venne spontaneo puntare l’obiettivo su di lui e scattare una foto.

Non si domandò il perché lo stesse facendo, o se fosse giusto. Lo fece e basta.

E fece lo stesso quando vide Cesare andargli in contro e sedersi al suo fianco, prendendolo sotto braccio.

Ancora una foto.

Nicolas si allontanò. Quello non era un momento che gli apparteneva.

Gli appartennero, invece, i momenti in cui si rendeva conto che più aveva quei tre disastri attorno, più lui stesso diventava un disastro.

L’abbraccio di Cesare divenne molto rassicurante dalla sera in cui alzò il gomito, e la forza di Tonno molto utile nei momenti in cui finivano in situazioni in cui non sarebbero assolutamente dovuti finire.

Nelson, invece, gli insegnò quelle che furono le sue primissime basi di videomaking, e spesso non mancavano di trascorrere le serate con cibo da asporto e serie Netflix.

Tutto documentato nei suoi rullini che, presto, avrebbe fatto sviluppare.

Poteva dire di avere trovato degli amici?

Non lo sapeva, però se gli avessero domandato come si sentiva in quel periodo, avrebbe risposto: Emotivamente più leggero.

Non poteva sicuramente negare che la sua vita fosse cambiata, e… si, stava andando avanti. Era la sua occasione di riscattarsi, quindi perché non farlo?

Un giorno, qualcuno disse ai suoi che gli piacevano le fotografie e si era fatto prestare la macchina fotografica, così nel giro di poche settimane, rientrando in camera, trovò sulla sua scrivania una Canon nuova di zecca ad aspettarlo.

Aveva rinunciato a convincere i suoi ad acquistare fotocamere degne di essere definite tali, e sostenere quella sua passione, ma aveva dei genitori che avrebbero fatto di tutto per saperlo felice.

Quel giorno Nicolas fu il ragazzo più felice sulla faccia della Terra.

<< Credo che mi metterò qui! >> disse tra sé e sé, sistemandosi davanti alle cucce di quelli che, da piccoli e teneri cuccioli, erano diventati dei cani bellissimi e fieri.

Gli altri erano nel retro della villa ad armeggiare con il nuovo barbecue, e Nicolas aveva la voglia tremenda di scattare le ultime foto con la Nikon di Cesare, in modo da finire i rullini prima di mandarli a sviluppare.

Aveva ripreso un anno della sua vita in quei rullini e non vedeva l’ora di vedere i frutti del suo lavoro.

Aspettò che le bestiole si calmassero per iniziare a scattare le prime foto, ma nell’istante in cui fece per puntare l’obiettivo su di loro sentì una fitta all’altezza della tempia destra, e la macchina fotografica gli scivolò dalle mani.

Nel tentativo di riprenderla, una seconda fitta lo colse di sorpresa, costringendolo a cadere sulle ginocchia.

Non sapeva cosa gli stava succedendo, riusciva soltanto a sentire le forze andare via, e il respiro farsi sempre più debole.

Non stava respirando più.

L’ultimo ricordo fu il rumore dei passi di qualcuno che correva verso di lui, poi il buio.

 

Dormì per quasi un giorno.

L’infermiera che trovò al suo risveglio gli parlò di un serio calo di pressione, tuttavia, Nicolas sospettava tremendamente che gli stesse mentendo.

<< Mi dica la verità, la prego! Sono stato malato, so cosa significa… >>

<< Non preoccuparti, non è nulla di grave! >> gli sorrise, sistemando la flebo << Devi soltanto cambiare dieta, e prendere qualche integratore! Va tutto bene, tesoro! >>

L’inquietudine di Nicolas non svanì a quelle parole.

<< Ehm, scusi! >>

<< Dimmi, caro! >>

<< C’è… >> distolse lo sguardo per l’imbarazzo << C’è qualcuno fuori per me? >>

<< I tuoi genitori stanno per arrivare, ma ci sono dei ragazzi che chiedono insistentemente di te da ore! >> rise la donna << Se vuoi, vado a chiamarli, prima che sfondino le porte! >>

<< Si, li faccia entrare! >> annuì nascondendo un sorriso spontaneo malamente trattenuto.

<< NIC, MA COSA COMBINI? >>

Nelson, Cesare, e Tonno, seguiti da Sofia, entrarono presto in camera con la delicatezza di una mandria di bufali in corsa, gettandosi sul letto del povero malato, e a poco servirono i rimproveri infermiera.

Nicolas continuò a sorridere, sommerso dal peso di quei fuori di testa.

Quei fuori di testa che avevano fatto impazzire anche lui, e che gli avevano nuovamente dato la certezza che qualcuno là fuori ci sarebbe sempre stato.

 

 

<< Ehi Nic, abbiamo bisogno del tuo genio fotografico per il nuovo progetto, ti va di aiutarci?

Se vieni adesso, conoscerai gli altri ragazzi. Sono simpatici, te lo assicuro.

Cioè, uno è fuori come un balcone, ma lo possiamo recuperare. >>

<< D’accordo, ma voglio essere pagato. >>

<< Non vedrai l’ombra di un centesimo, però farai un favore al tuo amico Nelson.

Lo sai che ci tiene, non vorrai farlo piangere. >>

<< Vengo solo per Nelson. >>

<< E io? Il tuo Cesu vuoi ignorarlo? >>

<< Potrei. Anzi, non ti parlerò nemmeno. >>

<< Parole forti, signori. Parole forti dette da un uomo strano. >>

<< Vaffanculo, ci vediamo . >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E qua si conclude questa piccola serie di one-shot.

Ci ho messo più del dovuto, ma almeno ho capito che iniziare a scrivere ad una settimana dall’inizio delle lezioni non è una buona idea.

Spero di avervi intrattenuti e fatto anche un po’ sorridere.

 

Alla prossima, e grazie a chi è arrivato fin qui. :)

  
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