Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja
Segui la storia  |       
Autore: NightWatcher96    04/12/2019    1 recensioni
Spesso le malattie ritornano e talvolta più forti di prima. Mikey è stato un bambino colpito dalla leucemia infantile, si sa... ma sarà in grado di sconfiggere il vecchio nemico adesso che è molto più forte? Sequel di "My Peace of Heart"
Genere: Azione, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Angolo dell'Autrice

Questa storia è rimasta ferma per tantissimo tempo perché ero indecisa su come concluderla. Alla fine, ho deciso. Scrivere questo capitolo è stato uno sfogo al dolore provato per l'improvvisa scomparsa di un uomo a me molto caro, un perfetto sconosciuto che ha saputo scavarsi un posticino nel mio cuore apparendo come il nonno che non ho mai avuto. Per questo, dopo il seguente capitolo scorrerà l'epilogo. La maggior parte di cosa prova Mikey è legato a un racconto del calvario di una mia zia scomparsa anni fa. 
Detto questo, buona lettura.




"E' successa una cosa strana nel mio laboratorio e la cosa buona è che ho filmato tutto"- introdusse Don, narrando la storia e scorrendo il filmato.

Quando si fermò sulla strana presenza nel video anche la sua famiglia rimase attonita.

"Che cosa diavolo è quella cosa?"- gemette Raphael.

"Suppongo che sia la mamma che menziona Mikey"- rispose Don. "O, in questo caso...".

"Tang Shen!".

All'esclamazione del maestro Splinter, i tre ninja lo guardarono; Don annuì mentre Leo e Raph si scambiarono uno sguardo incredulo.

"Che sia venuta per portarci via Mikey?"- chiese Leonardo, deglutendo.

"O per darci una speranza?"- provò Raphael, con lo sguardo basso.

Splinter si alzò, ponderando una risposta. Se davvero sua moglie era tornata dall'aldilà, c'erano speranze o era solo l'ora?
 


Quel fenomeno paranormale, alla fine, non si era più verificato e con esso erano andati a vuoto i tentativi di Donnie di catturare qualcosa di strano intorno a Mikey.

In circa quattordici giorni, niente era riuscito a scombussolare ulteriormente la vita della famiglia Hamato, tranne qualche frequente peggioramento delle condizioni del giovane malato. Per l'appunto, Michelangelo aveva cominciato a vomitare sangue con maggior frequenza e spesso si era addormentato per periodi così lunghi che gli altri avevano seriamente rischiato l'infarto nell'incarnazione della loro peggior paura.

Eppure, malgrado questo, c'erano dei momenti in cui il piccolo Hamato era se stesso e sebbene a letto la maggior parte del tempo, si dedicava a ciò che più lo faceva stare bene: disegnare sul suo amato blocco da disegno che Raph gli aveva regalato assieme a un set di matite nuove.

Per ogni linea tracciata, riviveva silenziosamente un suo momento e a volte, nel sentirsi pizzicare il naso e vedere la vista annebbiata di calde lacrime, si fermava anche per non permettere a quelle gocce salate di rovinare la sua arte.

Ci teneva molto e stava lavorando su un piccolo progetto che avrebbe lasciato un'impronta dopo il suo trapasso.

Fu in un momento di quiete come quello che un colpetto alla sua porta lo fece destare dalla trance artistica. Era suo fratello Leonardo.

"Ehi, fratello!"- salutò quest'ultimo, avvicinandoglisi con passo fiero e deciso. "Cosa fa qui da solo il mio fratellino preferito?".

Mikey sorrise appena ma negò, richiudendo il suo album e poggiandoselo sulle gambe sotto il piumone aranciato. Inoltre, sapeva benissimo che quell'introduzione vagamente allegra del suo Aniki celava ben altro.

"Che succede, Leo?"- domandò con un ghignetto pressoché adorabile.

Leo si sgonfiò e imbarazzato per essere stato smascherato senza alcun problema cominciò a massaggiarsi il collo per poi espirare gravemente e tornare incredibilmente serio. Mikey si stupì quasi quel cambio radicale, addirittura negli stessi pigmenti cobalto di quelle iridi che si erano ingrandite per una singola emozione.

Il dolore.

"Che tu voglia o no oggi hai una visita con Ivan ed è molto importante. Fino ad ora ne hai saltate sette e tutti noi vogliamo solo conoscere l'esito della tua salute. Per cui, per favore Otouto, non rifiutare!"- rivelò Leonardo, marcando l'ultima frase con una voce leggermente più alta e un inchino quasi per implorare.

Lo stesso Mikey si ritrovò ad incupirsi ma anche se avrebbe voluto negare con tutto il cuore quell'immagine del suo Aniki prostratogli dinanzi lo fece demordere e accettare. Mise il suo album sotto al cuscino e prese lentamente ad alzarsi dal letto.

"Va bene"- disse semplicemente.

Leo sobbalzò, colto alla sprovvista da quel timbro chiaro e rassegnato. Gli venne perfino da sorridere ma si concentrò al massimo pur di non lasciar trasparire quello scoppio di gioia. Preferì aiutare suo fratello alla fine.

Mikey si era talmente indebolito negli ultimi tempi che anche un solo passo gli avrebbe provocato affanno e dolore. Della muscolatura perfetta avuta in svariati anni non c'erano che degli arti piccoli e scarni, ricoperti da una pelle carica di venature bluastre e pallida.

Dov'era quell'Otouto sempre pieno di energia, pronto sempre a combinare guai?

A un leggero guaito il suo istinto lo allarmò e guidò il suo corpo per prendere tra le braccia Mikey e anche la solita coperta ripiegata sul suo letto per coprirlo.

"Grazie"- fece il minore, appoggiando la testa sulla spalla del maggiore. "Oggi non riesco proprio a muovermi".

"Non devi neppure dirlo. Sai che ci saremo sempre per te. Non dimenticarlo mai".

A quelle parole, un'ondata di lacrime sottomise Michelangelo, in un fiume di lacrime che raccontavano la sua paura di tutto ormai e di lasciare un padre e tre fratelli che erano il suo mondo. Leo si ritrovò a imitarlo silenziosamente mentre entrambi lasciavano la stanza e si portavano verso il salotto.

"Prima o poi..."- sussurrò Leo, tentando di riappropriarsi di un tono di voce fermo. "... mi dirai cosa nascondi in quell'album".

Mikey ridacchiò tra le lacrime ma negò ancora. Era una piccola sorpresa.

"Lo scoprirai fra poco. Non manca molto"- rispose il minore, asciugandosi le lacrime.

"Non manca molto a che cosa?".

"Che cosa state confabulando voi due?".

Al suono di quelle due voci i due fratelli si fermarono, a un passo dal divano. Sghignazzarono un po', furbescamente complici prima di voltarsi verso Don e Raph.

"Beh?"- punzecchiò Donnie.

"Beh fanno le pecore, fratello"- ricordò Leonardo, ancora sorridendo.

Ai due non sfuggirono certamente i suoi occhi lucidi ma preferirono non dire nulla. Notarono allora l'ovattato strascico del kimono di Splinter che cominciava a uscire dalla sua camera, portando una borda marrone ciondolante dalla spalla.

Fece un lungo sorriso al suo figlio più giovane, riservandogli una docile carezza su una guancia scarna poi espirò, tirando fuori dalla sua cintura un piccolo cristallo rosato.

"E' ora di andare, figli miei"- disse e i ragazzi poterono semplicemente annuire, aspettando che quel cristallo brillasse di una luce azzurra e permettesse l'accesso al Nexus...
 


La sedia a rotelle. L'aveva usata almeno un mesetto fa, quando si era reso conto di essersi indebolito a tal punto che un singolo passo lo avrebbe fatto crollare in terra.

Aveva pianto, attesa l'oscurità e la solitudine perché non credeva affatto che la situazione si sarebbe mutata in quel modo e con essa tutta la sua vita, o quel che rimaneva ormai.

Michelangelo, ora non aveva voglia di rimuginare troppo su quanto gli desse fastidio stare su quell'aggeggio nero con cromature argentee che creava un suono rotatorio e meccanico.

A spingerla era Donatello e mentre lo faceva aveva lo sguardo fisso sull'ultima porta a sinistra di quel corridoio bianco, tempestato di porte di stanze occupate da malati e poster che ricordavano come prendersi cura della propria salute.

Mikey sospirò pesantemente, con un broncio, mentre si appoggiava con la testa sullo schienale nero e univa le dita, muovendo appena gli avambracci poggiati sui braccioli imbottiti. Ancora una volta spingeva la famiglia verso un baratro depressivo; sentiva di essere peggiorato, anche se, stranamente, il suo corpo era arrivato a una fase di stallo e oltre ai soliti dolorini non era accaduto nulla di allarmante.

-Chissà se potrei mai guarire...- si ritrovò a pensare, guardando i suoi piedi che sbucavano sotto una coperta marroncina e aranciata.

"Eccoci qui"- pronunciò Donnie, destandolo dal suo pensiero.

Mikey chiuse gli occhi, stringendo le dita unite... come poteva pensare di guarire? Voleva solo che tutto si concludesse e basta.

Non fece certamente concretizzare questa riflessione a parole e si abbandonò alla spinta che Don fece per farlo accomodare nello studio di Ivan.

Il dottore s’illuminò visibilmente quando lo vide, anzi, si alzò addirittura per stringergli una mano ossuta. Gli fece una piccola stretta sulla spalla e gli osservò gli occhi lucidi per qualche secondo. Mikey sorrise di riflesso, invece.

"E' un piacere avervi qui"- disse, tornando alla sua scrivania cosparsa di carte. "Devo dire che sono anche sorpreso che Michelangelo abbia voluto essere un buon paziente, stavolta".

"Ha perfino sorpreso me, devo dire"- fece eco Leonardo, con un ghigno.

Mikey scosse la testa ridacchiando mentre si godeva qualche altro scambio di battute dei suoi fratelli che lo punzecchiavano.

"Secondo le ultime analisi che risalgono a circa due mesi fa, il cancro era avanzato a un ritmo allarmante ma sono fiducioso e mi aspetto che sia almeno arrivato a una fase di stallo. In tal caso potremo bombardarlo fino a distruggerne una buona parte"- spiegò Ivan, esaminando la cartella clinica di Mikey con eccessivo entusiasmo.

"Dice davvero? Quindi c'è possibilità che Mikey possa guarire?"- esclamò Raphael incredulo.

Ivan annuì prima indicare di accomodarsi in altre stanze per un check-up completo al piccolo paziente.

-Quante bugie... Ivan è un pessimo bugiardo...- pensò Mikey, con occhi socchiusi.

Quasi non si rendeva conto che la sua famiglia si stava mobilitando sotto gli ordini del loro amico dottore e per lui sembrava solo una foschia a rallentatore. Si destò solo quando si ritrovò ad essere sollevato da Raph e posto sul lettino delle radiografie.

"Sii fiducioso, Mikey! Siamo tutti con te!"- gli disse, pizzicandogli leggermente una guancia.

"Certo, non dubitarne..."- rispose l'altro con finta allegria.

Raph lo fissò ancora per qualche secondo mentre gli prendeva una mano e la stringeva affettuosamente. Infine lo lasciò, a malincuore.



E di nuovo sentì il ronzio tipico dell'accensione dei macchinari per bombardare il suo corpo con le radiazioni. Mikey sbuffò un po', contrariato a quello spreco di tempo; inoltre, era fermamente convinto che Ivan gli avesse mentito.

Come poteva essere in possesso di una presunta cura per la sua condizione grave?

Si mise a guardare il dottore attraverso la vetrata alla sua destra e comprese che, in realtà, quel simpatico dottore si stava illudendo e che ora, mentre la macchina sotto al suo comando cominciava a stilare alcuni risultati il suo ottimismo cominciava a svanire.

-Io lo avevo detto- pensò Mikey, chiudendo gli occhi.

"Abbiamo finito, Mikey. Riesci a metterti in piedi da solo e a venire qui?"- gli disse Ivan.

"Chissà"- rispose il minore, alzandosi lentamente.

Gemette al dolore che esplose nel suo corpo a quel singolo movimento di farsi leva sulle braccia per mettersi seduto. Era un ninja, poteva combattere! E così fece: quando scese da lettino si focalizzò sulla porta e trascinò i suoi passi lentamente.

Sudò sette gusci solo per quella manciata di metri e quando aprì la porta inciampò nei suoi stessi piedi e rovinò in terra, sotto gli sguardi attoniti della sua famiglia poco più avanti. Leo e Raph lo issarono immediatamente in piedi, chiedendogli come si sentisse o se stesse bene.

"Ragazzi, sono inciampato! Non fatene una tragedia! Non mi sono fatto niente!"- ammonì, anche se il pulsare al ginocchio destro e allo sterno gridava il contrario.

"D'accordo, tu torni sulla sedia"- tagliò corto Raph, facendo segno a Don di portarla al minore e appena fu seduto quest'ultimo espirò sollevato.

A volte quella cosa non era tanto male.

"Dottore, allora, quando possiamo conoscere i risultati?"- chiese bonario Leonardo.

"Anche subito. Potete accomodarvi nel mio studio, torno fra qualche secondo"- rispose Ivan, agitando una mano.

-Smettila di mentire- pensò Mikey, guardandolo attentamente.

Come gli Hamato ritornarono nella precedente stanza, Mikey solo si accorse che Ivan si era fermato fuori al corridoio e si martoriava i capelli nelle dita. Quelle veneziane calate non gli impedivano di leggere il dolore in quei movimenti disperati.

"Sono così ansioso di sapere!"- esclamò Don, prendendo una mano di Mikey.

"Puoi ben dirlo! Qui la tecnologia fa passi da gigante in poche settimane e confido in un miracolo!"- aggiunse Leonardo, sorridente.

A Mikey venne quasi da ridere; fra poco quelle speranze sarebbero state schiacciate e allora il vuoto avrebbe artigliato lo stesso cuore, raffreddando ogni cosa come il più gelido ghiaccio.

Pochi istanti dopo, anche se con i capelli leggermente scompigliati, rientrò Ivan con alcune lastre in una cartellina gialla. Prese posto, si schiarì la voce e fissò tutti.

"Forza, dottore! Non ci tenga sulle spine!"- incitò Donnie.

-Tre, due, uno...- pensò Mikey, apatico.

"E' molto grave, anzi, è fuori controllo"- rivelò Ivan, mostrando ben tre lastre agli Hamato.

C'erano, in tutti quei fogli neri, grosse masse grigio-bianche dai polmoni all'intestino, al midollo. Gli organi erano completamente invasi da più metastasi.

Donnie si nascose la bocca dietro le mani, tirandosi indietro da quelle radiografie come fosse stato scottato. Negava, incredulo ed afflitto, svuotato completamente dalla speranza di poco prima.

-Visto? Lo sapevo!- pensò Mikey, mentre la vista si annebbiava di lacrime. -Perché allora fa male? Ero a conoscenza che con questa visita si sarebbe tutto trasformato in un pasticcio di dolore! E allora perché per un secondo ho davvero sperato?-.

La mano di Leo gli strinse una spalla: ora era al centro dell'attenzione di tutti. Si erano accorti del suo pianto silenzioso. Mikey si sentì perfino morire d’imbarazzo... odiava piangere davanti a tutti in quel modo, era come essere vulnerabili.

"Preleviamo almeno un campione di sangue per ultimi controlli"- propose Ivan, munendosi dell'occorrente giusto dal suo armadietto.

Mikey allungò un braccio, se lo lasciò disinfettare e quando l'ago penetrò la sua pelle non batté ciglio al colore rosato di quello che appariva acqua colorata e non sangue. Ivan imprecò a denti stretti sottovoce, Don si morse le labbra, Splinter deglutì.
Il tumore aveva distrutto quasi tutti i globuli rossi e le piastrine.

La tartaruga malata appoggiò una mano fredda su quella umana di Ivan, attirando la sua attenzione.

"Grazie per tutto quello che ha fatto per me. Penso che sia finita. Non ci sia più nulla da fare"- mormorò Michelangelo, con un piccolo sorriso.

Ivan non aveva mai pianto davanti a un suo paziente e Mikey c'era riuscito... a fare breccia nel suo cuore. Sorrise a sua volta, togliendo la siringa per applicare un cerotto sul braccio. Si sporse per abbracciarlo delicatamente.

"Sei stato un campione fino alla fine. Hai fatto commuovere perfino me"- disse, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime calde. "Sono orgoglioso di te, Otouto".

Michelangelo si ritrovò a sua volta sorpreso: Ivan lo aveva chiamato fratellino e non avrebbe potuto esserne che onorato.

"Vuoi andare a casa o stare qui?"- chiese l'umano, cercando di ricomporsi.

"Preferisco casa mia. E' quello il luogo dove voglio stare per gli ultimi attimi di vita"- rispose Mikey, felice.

"Molto bene, Campione. Hai combattuto fino alla fine. Sei veramente un eroe"- commentò l'altro, firmando alcune scartoffie...

 

Ivan non aveva detto quanto tempo avesse da vivere Michelangelo ma tutto sommato a nessuno degli Hamato avrebbe fatto piacere saperlo.

Quand'erano rincasati, si erano riuniti in salotto ed erano rimasti in silenzio per molto tempo, incapaci anche di aprire bocca.

Tutte le loro speranze erano crollate miseramente con una semplice visita e solo ora comprendevano perché Mikey era contrario.

Aveva sempre reagito così per proteggerli.

Leo si ritrovò a stringere i pugni sulle cosce, colpito dalla realizzazione di quando il suo piccolo Otouto fosse stato un vero eroe e aveva realmente combattuto fino alla fine. Ora, però, era tutto finito.

Quel magone era talmente pesante da digerire che gli faceva male tutto l'esofago. Anche lo stesso Raphael, che si rifiutava di distogliere lo sguardo da Mikey seduto sulla sedia a rotelle fra la tv e il divano, era devastato da una miriade di ricordi.

Possibile che non poteva risvegliarsi da quell'incubo?

Donnie stringeva la sua stessa testa fra le mani. Ora odiava il suo cervello affamato da sempre di conoscenza. Tutto il suo genio non era servito a un bel niente e beffardo gli faceva rivivere il calvario del suo innocente fratellino.

Tang Shen aveva presagito la fine e Splinter si era illuso del contrario perché confidava che sua moglie era stata una messaggera di speranza. Invece no, il suo bambino sarebbe partito per sempre e il suo cuore già cominciava a incrinarsi dolorosamente.

"Leo, puoi portarmi in camera mia, per favore?".

Il maggiore lo guardò come se gli fosse appena cresciuta un'altra testa ma obbedì e lo prese in braccio, lasciando il salotto che era diventata la blanda forma di un obitorio.

"Grazie"- sorrise l'Otouto, quando l'altro lo appoggiò nel letto e gli rimboccò le coperte. "Ho quasi finito il mio progetto. Sii paziente ancora un po'".

Leo annuì distrattamente, poi non ce la fece più e cominciò a piangere rumorosamente, artigliato al letto del fratellino, incapace di essere forte. E come poteva ormai?

"Avevo sperato che saresti guarito, ci avevo creduto con tutto il mio cuore! E invece il destino, quel maledetto bastardo, ci ha sconfitti!"- urlò fra le coperte. "Vorrei essere io al tuo posto! Tutti abbiamo bisogno di te, non possiamo accettarlo!".

Mikey intanto aveva preso l'album sotto al cuscino e iniziava a disegnare, ascoltando quell'esplosione di collera senza dire nulla.

Gli faceva così male ma tutto quello che aveva da dire era inutile.

"Ti voglio bene, Leo. Lo sai"- disse. "Per favore, non piangere. Non essere triste".

"E come posso non esserlo? Non sarò mai pronto a dire addio al mio fratellino!"- gridò Leonardo, abbracciandolo in un impeto di foga.

"Io sarò sempre con voi e questo in parte mi rassicura"- ammise Mikey. "Avrei voluto fare tante cose ma forse, quando rinascerò in un'altra vita potrò farle".

Leo lo strinse maggiormente a sé.

Era tutto finito. Non c'era più voglia di lottare. E tutta la sua anima era pronta a morire con Mikey...
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja / Vai alla pagina dell'autore: NightWatcher96