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Autore: RosaRossa_99_    06/12/2019    0 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Ero ancora seduta su quel banco quando il cellulare mi squillò, riportandomi nel mondo reale. Lo sfilai dalla tasca e notai un numero sconosciuto, così risposi accigliandomi

 

“Si? Chi parla?”

 

Nessuna risposta. Solo strani brontolii e un respiro affannoso

 

“Chi è?!”

 

Poi una risatina femminile arrivò alle mie orecchie

 

“BUH!”

 

Roteai gli occhi, avendo riconosciuto la voce

 

“Kylie? Mi hai fatto prendere un colpo!”

 

La sentì ridere ancora più forte, decidendosi finalmente a parlare

 

“Ciao Sophie! Scusami ma è stato più forte di me”

 

Disse, scoppiando nuovamente a ridere e contagiando anche me

 

“Sei ancora a scuola?”

 

Mi chiese, fermando le nostre risate

 

“Uhm, si. Ma stavo per andarmene”
 

“Uh”

 

Potei sentire la delusione nella sua voce, così mi affrettai a continuare la frase

 

“Avevi qualcosa in mente?”
 

Lei si schiarì la voce con un colpetto di tosse

 

“Che ne dici di andare a pranzo insieme? Sai, anche se ormai sono due anni che frequento questa scuola non ho mai trovato un’amica… e mi farebbe piacere conoscerti meglio!”

 

Sorrisi, capendo la sua situazione in un certo senso

 

“Ci vediamo all’ingresso tra cinque minuti”

 

E dopo aver sentito un suo urletto felice riattaccai, dirigendomi verso il bagno. Non appena entrai in una delle cabine, subito sentii una certa voce stridula parlare, o meglio, urlare

 

“Ma chi si crede di essere? Trattarmi in quel modo per una sgualdrinella da quattro soldi!! Mi ha cacciata per parlare con quella… quella stronza! Neanche si ricordava il mio nome!! MILLY!!!! Ma che poi… chi preferirebbe Kylie Quattrocchi a ME?! Ridicola… ci perderà lei”

 

Stava parlando di me e nella prima parte ero abbastanza sicura si riferisse a Stef. Beh in qualsiasi altro caso non avrei origliato… ma ero IO l’argomento in questione quindi… potevo fare un’eccezione. Aprii leggermente la porta per vedere Molly che si spalmava un rossetto rosa shock sulle labbra gonfie, probabilmente rifatte. In effetti ora che la osservavo meglio sembrava proprio una Barbie implasticata, i capelli biondi ossigenati, quel trucco eccessivo, il seno che praticamente le usciva dalla scollatura della camicetta…

 

“Vedrete, Stefan sarà MIO. D’altronde, chi potrebbe mai rifiutare una come me? Dico io, mi avete vista? Entro la fine dell’anno io e lui ci metteremo insieme… vedrete. Nessuno può dirmi di no, sono irresistibile ”

 

Fece una piroetta sotto gli sguardi approvatori delle altre quattro. Io mi tappai la bocca, per cercare di trattenermi dal ridere. Era davvero ridicola…

Appena se ne andarono dal bagno, io ebbi il via libera per uscire e dirigermi verso l’ingresso. Non appena scesi le scale in marmo, subito mi ritrovai nella Hall affollata da studenti che correvano da un lato e da un altro. Mi girai intorno, alla ricerca della mia nuova amica, trovandola seduta poco più in là sul davanzale di una finestra, con il solito libro aperto sulle gambe. Le corsi incontro sorridendo

 

“Ma tu sempre che leggi sei?”

 

Le chiesi ridendo, non appena la raggiunsi. Lei alzò lo sguardo, sorridendo imbarazzata

 

“Bhe… si, è un rifugio per me”

 

Mi sedetti accanto a lei, guardando fuori dalla finestra e notando le macchine e le bici correre per le strade affollate, il sole splendeva ancora alto nel cielo, illuminando tutto

 

“Ti capisco. È una cosa che faccio spesso anch’io...”

 

Spostai l’attenzione su di lei, che aveva stampato un sorriso a trentaquattro denti

 

“Siamo più simili di quel che pensavo”

 

Io annuii, sorridendo. Forse non sarebbe stato così male quest’ultimo anno al liceo…

Decidemmo di andare a mangiare dei dolci tipici del posto, dal momento in cui entrambe li adoravamo e io ancora non ne avevo assaggiati. Appena lo aveva sentito, Kylie subito mi aveva trascinato verso un chioschetto vicino la scuola dall’aria calda e accogliente, sedendoci in un tavolo al primo piano davanti la finestra. Ordinammo due fette di strudel (una torta alle mele), delle krapfen ripiene di marmellata e vaniglia e per finire due kaiserschmarren, una sorta di impasto di crepes con zucchero, uvetta e marmellata, il tutto accompagnato da due coppe di gelato alla vaniglia e cioccolato. Penso che avrei fatto indigestione di dolci…

 

“Kylie!! Io sto scoppiando!”

 

Dissi poggiandomi sullo schienale del divanetto e tenendomi la pancia. Lei mi imitò, facendosi uscire uno sbuffo dalle labbra cosparse di zucchero a velo

 

“Anch’io… ma ne è valsa la pena”

 

Io annuii, ridacchiando e guardando il tavolo ormai svuotato e cosparso solo da briciole e piatti vuoti.

Era una ragazza molto dolce e di buona compagnia, le si poteva parlare di tutto. Mi aveva raccontato che la sua famiglia era di Vienna e che lei non si era mai spostata dalla città, aveva sempre vissuto lì. I suoi possedevano una catena di ristoranti in tutta l’Austria e programmavano di espandersi anche in America nei prossimi anni, e lei probabilmente ne avrebbe preso le redini, ecco perché era stata mandata in una scuola internazionale. Le raccontai di tutti i miei viaggi e di Tokyo, omettendo però il viaggio di ritorno con il mio vicino di casa… poi mi saltò in mente quello che mi aveva detto durante la lezione, così mentre passeggiavamo per le strade le chiesi

 

“Quando in classe hai detto che Stefan è immischiato in affari pericolosi… cosa intendevi di preciso?”

 

Lei si fermò senza preavviso, afferrandomi per le spalle e fissandomi negli occhi

 

“Sophie, devi stargli lontana, per favore…”

 

La guardai accigliandomi

 

“Si, ma… perché”

 

Lei lasciò andare le mie spalle, portandosi una mano sugli occhi, sotto gli occhiali, strofinandoseli

 

“Non girano belle voci sulla sua famiglia, Sophie. Non so i dettagli, so solo che sono immischiati in faccende losche e che… forse il padre ha ucciso la madre. Ma sono solo voci, nulla di certo!!”

 

Io spalancai la bocca, paralizzandomi. Avevo un possibile omicida che viveva accanto casa nostra? In effetti sua mamma non l’avevo mai vista… e poi anche la tranquillità del padre quando il figlio era scomparso… e l’improvvisa partenza di Aron? C’era decisamente qualcosa che non quadrava in tutta quella storia

 

“Comunque lui è un puttaniere… si è fatto ogni ragazza presente a scuola”

 

Disse Kylie, cercando di farmi riprendere dal mio shock

 

“Beh, tutte tranne me… e te”

 

Mi ripresi, scuotendo la testa e sorridendole, portandole un braccio intorno al collo, cercando di non pensare al bacio rubato dell’aereo...

 

“Questo perché noi teniamo duro e non gliela lasciamo vinta”
 

Lei rise, avvolgendo il suo braccio alla mia vita e iniziando a camminare

 

“Hai ragione, hai ragione”

 

Ritornammo a scuola, dove io avevo lasciato la mia bici. Kylie abitava dall’altra parte rispetto casa mia, così ci salutammo e andammo nelle direzioni opposte.

Mentre stavo pedalando verso casa la suoneria del telefono chiamò la mia attenzione, così fermai la bici e riposi

 

“Pronto?”

 

“Tesoro! Come è andato il primo giorno di scuola?”

 

Sorrisi alla voce di Dave

 

“Ciao Dave! È andato… tutto bene, ho già stretto molto con una ragazza e abbiamo conosciuto il professore di letteratura inglese… è molto buffo”

Decisi di omettere il piccolo, minuscolo, insignificante rientro di Stefan e concentrarmi invece sul resto della giornata

 

“Sophie? Scusami un momento”

 

Mi interruppe mentre gli stavo per raccontare della nostra abbuffata di dolci. Lo sentii mormorare al telefono per poi sbuffare

 

“Tesoro, mi dispiace. Devo scappare, sai… il lavoro”

 

“Oh, si certo, capisco Dave. Ci sentiamo”
 

“Sisi, a dopo, ciao”
 

Mi chiuse il telefono praticamente in faccia. Lo avevo visto poco e niente… era sempre in ospedale a fare turni su turni e il tempo libero che aveva lo doveva impiegare per studiare. Noi ci vedevamo una volta a settimana ma non mi lamentavo, lo capivo. E poi le cose erano così normali tra di noi… sembravamo quasi una vecchia coppietta, al contrario di Stef. La sua vicinanza mi aveva scatenato qualcosa, qualcosa che Dave non riusciva proprio a farmi provare.

Scossi la testa, rimontando in bici e tornando a casa, raggiungendola poco dopi minuti. Non era così lontana da casa mia in effetti, avrei anche potuto farla a piedi; mio padre mi aveva proposto l’autista ma io mi ero rifiutata e glielo avevo proibito, non volevo dare l’idea della ragazzina viziata, servita e riverita, non volevo essere quel tipo di persona. Così con mio padre eravamo giunti al compromesso che l’autista mi sarebbe venuto a prendere solo in caso di diluvio universale o tempesta di neve, non fermandosi tutta via di fronte scuola.

Posai la bici nel box, entrando in casa venendo accolta da Mela. Era una donna molto materna nei miei confronti, bassina e paffutella, sempre con le gote rosse e un sorriso stampato in faccia. L’abbracciai velocemente, stampandole un bacio sulla guancia e procurando una risatina da parte sua per poi dirigermi allo studio, trovando mio padre seduto dietro la scrivania chinato e intento a leggere vari fogli

 

“A stare così ti verrà la gobba”

 

Lo presi in giro e lui a sentire la mia voce alzò lo sguardo, sorridendomi e facendomi cenno di sedermi in una delle due sedie poste davanti lui

 

“Com’è andato il primo giorno?”

 

“Uhm, direi piuttosto bene. La scuola è bellissima, gli studenti un po' meno… ma ho fatto amicizia con una ragazza che ha i miei stessi gusti, si chiama Kylie! Poi abbiamo conosciuto il professore di letteratura, il Professor Forlich. Dovevi vederlo papà, è un omino così buffo… poi sono andata a pranzo con Kylie e mi ha fatto assaggiare tutti i dolci tipici di Vienna!! Ti ci devo proprio portare, erano buonissimi”

 

Lui mi guardava sorridendo e annuendo ogni tanto, per farmi capire che mi stava ascoltando

 

“Beh e poi è successa una certa cosa...”

 

Dissi abbassando lo sguardo sulle mani e iniziando a giocare nervosamente con gli anelli. Alzai lo sguardo vedendo il suo sorriso scomparire e le sue sopracciglia unirsi, guardandomi con aria interrogativa

 

“Uhm… Stefan è tornato”

 

All’inizio sembrò non capire; ovviamente, avendolo visto così poche volte non se lo ricordava così lo aiutai

 

“Il vicino di casa papà”

 

Vidi la consapevolezza farsi strada nei suoi occhiali

 

“Oh”

 

Fu tutto quello che disse

 

“Già… Sta bene solo che...”

 

Volevo chiedergli di sua madre, magari lui sapeva qualcosa dato che era amico di vecchia data di suo padre

 

“A scuola girano delle voci… su suo padre”

 

Lo vidi accigliarsi e sporgersi in avanti, sostenendosi il mento con le mani e invitandomi a continuare

 

“Uhm… dicono che lui abbia ucciso sua moglie”

 

Mio padre sgranò gli occhi, incredulo e aprì la bocca sorpreso dalla mia affermazione

 

“Papà tu sai qualcosa di questa storia?”

 

Lui scosse la testa, prendendo parola

 

“Aron amava Lucy, Sophie. Non penso che sia stato lui ad ucciderla”

 

“Com’è morta?”

 

Chiesi. Forse non avrei dovuto immischiarmi negli affari di Stefa, ma la curiosità era troppa. Lui si poggiò sullo schienale della sedia, togliendosi gli occhiali e strofinandosi le tempie con la punta delle dita

 

“Sophie… non credo siano affari nostri, perché non chiedi a Stefan? Non siete amici?”

 

“Beh si… però non credo che lui ne voglia parlare”

 

“Allora non dovrò essere io a dirtelo, mia piccola gemma. Se lui non vuole parlartene non è giusto che sia io a farlo. Sono più che sicuro che quando sarà pronto, sarà lui a raccontarti di sua madre. Nel mentre ti basta sapere che sono più che sicuro che non sia stato Aron ad ucciderla”

 

Io annuii, abbassando la testa

 

“Forse hai ragione, papà”

 

“Su, vieni qui. Dai un bacio al tuo vecchio e lasciami finire di lavorare”

 

Disse ridacchiando, guardandomi con sguardo amorevole

 

“Va bene, papà”

 

Risposi ridacchiando, alzandomi dalla sedia in pelle e girando dalla scrivania, avvolgendo le braccia la suo collo e stampandogli un bacio sulla tempia

 

“Ti voglio bene”

 

“Anch’io, piccola gemma, anch’io”

 

Rispose prima che uscissi dal suo studio. Mi chiusi la porta alle spalle, decidendo di andare a casa di Stefan. Dovevo vederlo e cercare di capire cosa fosse successo

 

“Sto uscendo!!”

 

Gridai, per poi dirigermi velocemente all’ingresso, uscendo di casa e iniziando a incamminarmi vero la villa accanto alla nostra.

Non appena fui davanti al cancello notai che questo era aperto e vi erano due macchine posteggiate, una Mercedes-Benz 280 nera e una Fiat 500 rosa. Mi accigliai, pensando che quella macchina ovviamente non poteva essere sua, ma comunque mi diressi a passo svelto vero la porta d’ingresso. Avevo così tante domande che mi frullavano in testa e lui non mi aveva fatto parlare prima a scuola…

Bussai al campanello insistentemente e dopo poco la porta si spalancò, mostrandomi uno Stef a torso nudo e avvolto solo da un asciugamano, i capelli ancora bagnati da cui piccole goccioline scendevano, cadendo sul suo torace. L’unica cosa che riuscii a pensare fu “Porca puttana”, mi ero scordata del suo fisico, di tutti quei tatuaggi, della collanina che gli scendeva in mezzo ai pettorali… Ogni livido che prima gli ricopriva il fianco ora totalmente sparito, e sul sopracciglio una leggera cicatrice. Non appena si accorse chi aveva bussato si accigliò

 

“Sophie? Che ci fai qui?”

 

Quando stavo per rispondergli, dopo essermi ripresa dalla trance, una voce stridula ci interruppe

 

“Stefyyyy, non è educato lasciare gli ospiti da soliiiii”
 

Ormai potevo riconoscere quella voce stridula ovunque

 

“Dimmi che scherzi… lei?”

 

Lui sogghignò, vedendomi infastidita, e alzando un sopracciglio. Anche se ad infastidirmi era la sua presenza, quella oca giuliva…

 

“Qualche problema?”

 

Scossi la testa, iniziando ad indietreggiare

 

“No, nessuno”

 

Ma prima che potessi allontanarmi, il mio polso venne stretto dalla sua morsa

 

“Perché sei venuta?”

 

Mi richiese, scontrando il suo sguardo con il mio, cercando di leggermi dentro e capirmi. Ma il problema? Neanch’io lo sapevo

 

“È stato un errore, scusami”

 

Liberai il mio polso dalla sua stretta per poi girarmi ed andarmene, guardando i miei piedi che si muovevano sul suolo ma tuttavia sentendo il suo sguardo sulla mia nuca. Lo sentii sospirare prima di richiudersi la porta alle spalle.

Avrei dovuto immaginare di chi era quella macchina.



Per chi volesse la storia è presente pure su Wattpad! 
Alla prossima 
XX
-R

   
 
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