Titolo: Cancer
Fandom: D.Gray-man
Personaggi: Tyki Mikk, Lavi
Pairing: Tyki x Lavi [Lucky]
Genere: Generale
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot, Shounen-ai
Note: Piccola fiction senza pretese.
Dedicata a Crys ♥
Perchè sono due
giorni che mi accendo le sigarette –un sacco, di
sigarette- sussurrando HI-BAN come un’idiota. To you, with love ♥
°
Ozuchi Kozuchi è il nome dell’Innocence di Lavi
°
“Man man man” è il corrispondente
di “cresci cresci cresci”.
°
“HI-BAN” è a sua volta il corrispondente di “Cerchio
di fuoco”
° Il
titolo viene da una canzone dei My Chemical Romance
Cancer
Aprì
la bocca per prendere aria, e un grumo di ossigeno rovente gli graffiò
la gola. Piegò il viso di lato, tossì con un colpo deciso e
strizzò gli occhi.
Poi si
mise a sedere, abbozzando un sorriso divertito della propria condizione, e si
passò una mano tra i capelli corvini.
Tossì
ancora, tirando su con il naso e grattandosene poi la punta.
«
Mi devi dodici ghinee, guercio. »
gracchiò a mezza bocca, fissando con vago interesse davanti a sé.
La polvere
scura e lo sbuffo di terriccio a cui era mista salirono verso l’alto, nel
cominciare a diradarsi in sottili fili di fumo crepitante, e rivelarono man
mano il resto dello scenario che avevano nascosto per quei brevi istanti.
C’era
una casa, rotta a metà. C’erano lo squarcio del muro e i mattoni
sparpagliati davanti l’ingresso, il vento che non soffiava e un silenzio
ovattato a sibilargli contro. Si vedevano il bagno del secondo piano e il
salotto in stile inglese del primo, le scale di legno spaccate a metà
corsa e le porcellane della cucina ridotte in pezzi disarmonici.
Dopo un
po’ i miasmi si placarono del tutto e rivelarono, giusto in tempo, un’ombra
scura o uno sfrigolio di massi.
Tyki
alzò lo sguardo, cercando di capire da dove partisse lo smuoversi di
rocce e massi, e sospirò. Piegò il collo all’indietro e
inclinò il viso verso l’alto.
Ancora un
attimo e una figura ruzzolò fuori da un cumulo informe e sfrigolante di
macerie. Finì davanti la porta principale, rimasta intatta e di un
grigio brillante, e poi non si mosse più.
Ma ansimò.
Spalancò la bocca sporca di terra e mostrò una fila di denti
bianchi e ritti, pallida imitazione di un ringhio involontario, e
respirò a fatica.
Poi
deglutì, alzò il braccio destro e il dito medio della mano a cui
era attaccato.
«
Non sono ancora morto. » biascicò, per poi
respirare con più forza.
Tyki
sorrise, e tornò a guardarlo. « Ah, cazzo… »
«
E… comunque… » il braccio ricadde a terra, in uno
sbuffò di calce polverosa, e la figura –che si rivelò avere
degli spettinati capelli rossi- tentò di mettersi a sedere. « non ho mai accettato… quella stupida scommessa,
bastardo. »
Il Noah si
strinse nelle spalle, rinunciando alla ricerca in cui si era impegnato
nell’attesa che l’altro si riprendesse. Dopo uno scontro come
quello –che, anche se sembrava più una zuffa tra mocciosi delle
elementari che una battaglia per l’umanità, solitamente comportava
grossi lividi e ossa rotte varie al risveglio del mattino dopo- come minimo le sue
sigarette erano tornate ad essere semplice tabacco sparso per le sue tasche.
«
Se muoio prima io toccano a te i soldi, sai? »
«
Non sono così venale. » sbottò
Lavi, tossicchiando in modo soffocato. Gli si era strappato un guanto. « E poi ho uno stipendio fisso, tante grazie. »
Tyki Mikk,
suo malgrado, affilò il sorriso e
inclinò il viso in avanti. « Facciamo
venti? » ribatté, cominciando a muoversi
per alzarsi. Posò una mano per terra, ritirò le gambe –per
poi piegare le ginocchia e strusciare i talloni- e con un movimento non troppo
fluido si ritrovò in piedi, ondeggiando appena.
Lavi
alzò nuovamente il braccio, stavolta portandoselo vicino al viso, e
aprì la bocca per ribattere. Tenne l’indice fermo davanti agli
occhi, si mostrò colto da un pensiero improvviso infine si azzittì
con uno schiocco secco di mascella. « … ci
sto. »
Il Noah
rise, forte. Si passò una mano sui pantaloni, tentando di pulirseli, e
poi prese a camminare.
Attraversò
la piazza. Lento, senza fretta, massaggiandosi distrattamente la nuca per poter
sentire la consistenza della carne dura sotto il proprio tocco. Superò
la fontana, e i carri dei commercianti. Superò una casa, un paio di
lampioni spenti e la carcassa di un’insegna di metallo verde scuro.
La
città era vuota di vita, silenziosa e sibilante.
Nel mezzo
Lavi tentò ancora di rimettersi in piedi, pieno di buona volontà.
« Oookay,
vediamo di muoverci… devo comprare… devo comprarmi dei vestiti
nuovi, cazzo. » sbottò, poggiando una
mano su una roccia resa appuntita dall’impatto. Poi si fermò.
Strizzò gli occhi e tornò a sedersi. «
No, scherzavo. Time out, signor neo, sto per dare di stomaco. »
Tyki
abbozzò una smorfia vagamente disgustata, e la sua camminata si fece per
un attimo incerta. Un attimo dopo riprese, ma non
convinta come lo era stata prima.
« Lo
dici tutte le volte, eh. »
«
Tenti di strapparmi le budella tutte le volte, eh. » gli fece il verso il rosso, stringendosi nelle spalle e
sbuffando. Si premette due dita sul setto nasale e cercò di concentrarsi
su qualcosa che non fossero il cibo, gli Akuma e la sua vita in generale.
«
Cuore. » lo corresse il Noah del Piacere. « Cuore, non budella. »
«
Siamo lì lì, su… »
Si sentì
una mezza risata incredula, raschiante come cocci di vetro pregiato calpestato.
Poi, smisero di parlare.
Gli ultimi
passi del portoghese risuonarono secchi e piatti contro il terreno di pietra, e
l’esorcista alzò lo sguardo verso l’alto. Sbirciò davanti
a sé tra le dita della mano che si era portato davanti il viso e attese.
Un attimo
dopo sospirò, proprio nel momento in cui sentì l’altro
allungare una mano e posargliela sulla nuca, premendogli un pollice tra mento e
collo per tirarlo verso di sé e fargli alzare il viso. Tyki si
chinò su di lui, con una gamba appena sollevata da terra –come se
fosse pronto a scattare da un momento all’altro per andarsene via- e neanche lo
guardò.
Gli
sfiorò le labbra. Indugiò, inspirò e sorrise piano, per
poi baciarlo.
Con
trasporto, lentamente. In silenzio, lascivo, facendosi seguire
dall’esorcista dai capelli rossi. Lavi alzò appena il viso,
annaspò e lo lasciò fare.
Sentì
Tyki muovere anche l’altro braccio, verso di lui, passando da fianchi
schiena e spalle. E, nonostante tutto, resistette all’impulso di roteare
gli occhi al cielo. Lo avevano fatto così tante volte, quello stupido gioco,
che ormai sembrava aver perso senso.
« Mi
servirebbero proprio, quelle ghinee... »
ripetè ancora una volta il Noah, respirando piano sulla sua bocca umida.
Lo baciò ancora, per un solo istante. Infilando la mano libera nel suo
petto che si alzava e abbassava a tempo di respiro.
Lavi non
si mosse. Si limitò a fissare, con l’unico occhio verde, quelli ambrati
e ferini di Tyki Mikk. Sentì le sue dita stringersi attorno al proprio
cuore, per poi sfiorarlo con i polpastrelli e mormorare piano al solo pensiero
di strapparglielo per davvero.
Ma quello
batteva normale, regolare, forse solo un po’ affaticato dai colpi presi.
«
Non lo farai, dico bene, Tyki? »
replicò dopo un po’ l’esorcista, trovando spazio tra un
bacio e l’altro, tra un respiro raschiante e un battito di ciglia.
Il Noah
sorrise, senza in realtà vederlo realmente, e strinse appena la presa.
Lo stomaco di Lavi sussultò impercettibilmente. «
Perché non dovrei? » domandò come
semplice risposta, trattenendo quasi il respiro.
Se quel
ragazzo credeva che Tyki non l’avrebbe ucciso per capriccio o per noia, o
anche più banalmente per continuare quella specie di relazione, si
sbagliava di grosso.
La
coerenza non era cosa che ci si poteva aspettare da un Conte straccione come
Tyki Mikk.
L’esorcista
continuò a fissarlo. Inspirò piano, e allo stesso modo
espirò. Aprì la bocca per rispondere, la
richiuse.
E poi la
aprì ancora.
«
Perché io non sono Allen. »
Il cuore
saltò un battito. Quello del Noah si fermò, o almeno così
gli parve, e per un lungo istante rimase in silenzio. C’era solo quello
di Lavi, lento e malinconico, a pulsare vivo anche per lui, tra le sue dita.
L’esorcista attese un attimo,
fissando negli occhi ora vacui del portoghese, e poi lo baciò ancora
sulle labbra. Lentamente, in modo sottile, sospirando seguentemente nel chiudere
l’unica palpebra. Lo sfiorò una volta sola, con il collo ancora
teso verso di lui, e poi non fece più nulla.
Tyki Mikk
lo fissava serio, forse un po’ spiazzato e forse un po’ risentito.
Era una
cosa stupida, senza senso. Illogica, fastidiosa e paradossale. Ne aveva uccisi
altri, di esorcisti. Gli aveva strappato il cuore e li aveva appesi a testa in
giù per il semplice gusto della blasfemia a cui si era votato.
Ma, per il
semplice fatto che avesse detto quella frase, quell’esorcista fasullo si
era salvato. Per il semplice fatto che glielo avesse ricordato, che
gliel’avesse fatto presente, Tyki non poteva uccidere Lavi.
Si era
messo allo stesso livello del bambino maledetto, e il gesto in sé aveva
perso significato.
E questo
Bookman Junior lo sapeva.
Il Noah
chiuse gli occhi, dandosi dell’idiota. Psicologia inversa del cazzo.
Non
notò la mano guantata dell’esorcista muoversi, sottilmente, lungo
il proprio fianco. Sentì soltanto un paio di dita premergli sul petto
–il bacio che si era già concluso da tempo- e un sibilo secco.
Poi
qualcosa lo colpì con così tanta forza da scaraventarlo lontano
diversi metri –le ossa gemettero e si incrinarono sotto il peso
dell’impatto- facendolo ruzzolare contro i detriti e i pezzi di legno,
sbattere contro un marciapiede e infine fermarsi grazie il ferro ghiacciato di
un palo della luce.
Quando ci
cozzò contro gemette un mezzo urlo rabbioso e dolorante, che
sibilò tra i denti e si perse in un altro ansito. Tyki si costrinse a
tenere gli occhi chiusi, per evitarsi un conato di vomito del tutto
indesiderato, e prese a respirare piano.
Cercò
di fare mente locale, e per un attimo la cosa gli risultò
particolarmente difficile.
L’Ozuchi
Kozuchi.
Tyki
strizzò gli occhi, li riaprì e si mise a sedere di scatto,
corrucciando risentito lo sguardo. « Che
diamine, Lavi! » gracchiò con fare dolorante
e vagamente offeso. Tossì come poco prima, gemette nuovamente per la
fitta al fianco –l’Innocence si rivelava essere ogni volta lava
incandescente, contro la sua pelle di Noah- e vide l’esorcista dai
capelli rossi alzarsi in piedi e stringersi nelle spalle.
Si stava
passando la manica della giacca strappata contro la bocca, indispettito a sua
volta.
«
Ti ho detto un trilione di volte di non baciarmi, che cavolo. » replicò dopo un po’, cercando di
cancellare dalle proprie labbra la sensazione del sapore acre e pressante del
fumo delle sigarette. Tirò fuori la lingua, ignorando il Noah, e
strabuzzò l’occhio verde. « Bleh. »
Quello alzò
gli occhi al cielo e si lasciò andare all’indietro, sbattendo la
schiena contro il lampione di ferro. « Ma se non sai neanche quant’è, un trilione... »
L’esorcista
smise per un breve istante di tossicchiare e pulirsi –a suo dire- la
lingua, e si voltò verso l’altro. «
Vuoi scommettere? Posso cominciare a contare anche adesso! E se vinco mi compri
un... un disinfettante, cazzo. » E poi cominciò a contare, senza attendere
risposta e quasi canticchiando per darsi il tempo. « Uno
due tre quattro cinque… »
Il Noah,
suo malgrado, abbozzò un sorriso quasi
incredulo. « Whoa whoa whoa, stavo scherzando, vedi di darti una calmata! »
«
…nove dieci undici… »
Tyki
scosse la testa, sbattendola piano contro il ferro. «
Sì, va beh. L’abbiamo perso. » sbuffò.
« Ora del decesso… » e finse di consultare un orologio
immaginario, senza interesse.
Passò
qualche istante, silenzioso e cantilenante, e dopo un po’ il portoghese abbassò
lo sguardo, quasi distrattamente, sbattendo un paio di volte le palpebre nel
notare qualcosa. Allungò una mano verso il proprio fianco, con il brusio
di sottofondo che era la voce di Lavi, e strinse le dita attorno al pacchetto
di sigarette che cercava poco tempo prima.
« …diciotto diciannove
venti… »
«
Huh. » chiocciò il portoghese, vagamente soddisfatto. Si
portò la sigaretta tra i denti e cominciò a tastarsi, ancora una
volta, le tasche dei pantaloni.
« Ahn. » sbuffò, non trovando quel
che cercava. Poi la voce petulante dell’esorcista cominciò a
colpirlo a tempo di conta come un martello in pieno viso e roteò gli
occhi al cielo. « Ehy, Junior! » chiamò a voce più alta, alzando la
mano con cui teneva la sigaretta per attirare l’attenzione
dell’esorcista.
Quello si
voltò verso di lui « …trentaquattro, trentacinque…
» e lo fissò tra il curioso e il sospettoso.
«
Non è che faresti quella roba… lì… » Tyki
agitò le mani in modo vago « quel coso di
fuoco, insomma, il… oh, fanculo, hai capito. »
Lavi smise
di contare, lentamente, e corrucciò lo sguardo. Si posò un mano sul fianco, lasciò che la sua Innocence
scivolasse tra la sua dita e la fece roteare distrattamente avanti e indietro. « Non posso prima finire di contare? »
«
…fino a un trilione? »
Lavi
annuì.
«
No. »
L’esorcista
alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Poi l’Ozuchi Kozuchi
prese a roteare con più forza, seppur con lentezza estenuante. Lavi
continuò ad osservare il cielo, grigio di neve, e le nuvole chiare.
Sorrise
appena.
Poi,
alzò il braccio. L’Innocence roteò, sibilando tra le pieghe
d’aria gelida, e cominciò a crescere.
«
Man man man!
» disse ad alta voce il rosso, alzando entrambe
le braccia. Sentì un fremito di adrenalina pure fargli tremare le ossa.
E poi
colpì.
Con forza
mostruosa, il martello si abbatté contro il cemento della piazza e
contro i resti delle fontana, facendoli schizzare in
aria come una pozzanghera colpita dalla pioggia.
Lavi
sorrise, ancora una volta. « HI-BAN! »
Una pira
di fuoco scarlatto si innalzò verso l’alto, simile ad un serpente
maestoso, e colpì a sua volta il centro della cittadina disabitata.
Tyki non
fece in tempo ad imprecare –più che altro perché dovette
ricordarsi a quale dei due Dio dovesse rivolgersi- che le fiamme lo investirono
in pieno, sfrigolando calde e ustionanti contro la sua pelle bronzea e
maledetta. I capelli fremettero, ondeggiando tra le spire di fuoco liquido, e
un secondo dopo tutto smise. Il serpente scarlatto si
dissolse, a sbuffo a sbuffo, e il colore arancio brillante che aveva tinto le
pareti della città tornò ad essere il solito grigio opaco.
Tornò
il silenzio.
Il
portoghese aprì un occhio, che aveva precedentemente chiuso, e
fissò senza una reale espressione la sigaretta che ancora stringeva tra
le dita.
O almeno,
quel che ne restava.
Lui si era
“salvato”, se così si poteva dire, usando il proprio potere,
ma non aveva fatto in tempo a fare altro.
Dall’altra
parte, in mezzo alle solite maceria della solita casa,
Lavi lo fissava con un sorriso idiota stampato in viso.
Tyki
alzò gli occhi al cielo, ancora una volta. Poi, si rimise in piedi,
mentre il rosso indietreggiava, suo malgrado, ridacchiando.
«
Conto fino a dieci, poi vengo e ti ammazzo. »
decretò con fare diplomatico, pulendosi –ancora una volta- camicia
e pantaloni dalla polvere.
«
Facciamo così. Aggiungiamo i soldi delle sigarette alla scommessa. » propose l’esorcista, incrociando le dita
dietro la nuca e sorridendo.
«
Okay, e poi? »
«
E poi decido io fino a quanto devi contare. »
Il Noah
sbuffò. « Ovvero, fino a quanto? »
Lavi
sorrise, e il portoghese non fece in tempo a pentirsi di averlo chiesto.
«
Un trilione. »
«
Crepa. »
Lavi rise,
cristallino e piatto come un registratore rotto dall’usura, e andò
via senza che l’altro lo seguisse.
« Uno
due tre… »
Cancer
End