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Autore: Soe Mame    15/12/2019    0 recensioni
Le vite dei personaggi raccontate attraverso i significati dei tarocchi. Romanzazioni, headcanon e un paio di divergenze dal canon.
[Le Stelle] Ciò che tutti avrebbero visto sarebbe stato un meraviglioso cielo stellato.
[La Luna] Lei non era figlia della luna.
x La raccolta potrebbe rimanere incompiuta. Tuttavia, ciascuna oneshot si può leggere autonomamente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

18
Kisara - La Luna



Una persona sognatrice e fantasiosa, ma ingenua, pigra, passiva, con ancora qualche tratto infantile nel carattere.

Kisara era figlia della luna.
Così le diceva sua madre, dai capelli di notte e dalla pelle di terra.
Era per questo che non aveva un padre: era stata la luna a farla nascere, dai capelli di nuvole e dalla pelle di sabbia.
Iah era suo padre, e anche la sua vera madre: per questo Ra la feriva.
Ra non poteva tollerare nel suo regno la figlia del sole morto.
Ma non le era stato dato il nome Iahms, nata dalla luna: come un sacrilegio, la bambina detestata da Ra ne portava il nome, come una figlia.
Iah era suo padre, e anche la sua vera madre: per questo sua madre, quella che le somigliava, le diceva che, un giorno, l'avrebbe lasciata libera di tornare dai suoi genitori.
Kisara era affascinata.
Soltanto il Faraone poteva vantare una simile discendenza regale. Sua madre, quella che le somigliava, si raccomandò, però, non di pronunciare mai simili parole.
Lei non era un Faraone, né una Grande Sposa Reale, né mai lo sarebbe stata.
Kisara sognava.
Sognava i suoi genitori, quando osservava Iah alta nel cielo nero.
Khonsu li accompagnava e li proteggeva in quel viaggio pericoloso.
Khonsu era anche il protettore del Faraone, figlio di Ra.
Perché Iah e Ra erano protetti dalla stessa figura? Ne erano al corrente? O forse a loro non importava affatto?
Kisara sognava.
Sognava la sabbia del deserto, dove un giorno si sarebbe incamminata per riunirsi ai suoi genitori.
Seth vi gridava e infuriava, ma proteggeva coloro che venivano da molto lontano.
Ma Seth proteggeva anche la barca di Ra, e combatteva con coraggio contro Apophis.
Avrebbe protetto anche lei, mentre Ra le frustava le braccia, le gambe e il viso?
Kisara aspettava.
Aspettava il momento in cui sarebbe partita.
Aspettava il momento in cui sarebbe partita alla ricerca delle sue origini, in cui avrebbe davvero conosciuto se stessa.
Kisara aspettava.
La gente del suo villaggio aspettava il momento in cui sarebbe partita.

La Luna è connessa alle facoltà inconsce dell'uomo: la memoria, l'intuito, la fantasia, il sogno.
Il mondo dei sogni, dell’immaginario e dell'inconscio.
Il sonno e il sogno.


Kisara sognava.
Nel suo mondo, Seth le avrebbe porto un mantello per coprirsi agli occhi di Ra e l'avrebbe condotta tra le tempeste di sabbia.
Nel suo mondo, Khonsu l'avrebbe accompagnata al cospetto di Iah.
Nel suo mondo, riabbracciava Iah.
Nel suo mondo, avrebbe sentito quel calore di cui aveva sentito parlare: non quello del deserto, ma una sensazione felice che nasceva nel petto.
Forse somigliava un po' a quel che provava all'idea di viaggiare.
Quando provava a chiedere a qualcuno che non fosse sua madre, quella che le somigliava, veniva guardata in un modo che non le faceva sentire calore.
Solo freddo.
Come l'aria della notte.
Non era tra le altre persone che avrebbe trovato quel calore.
Le altre persone non le parlavano.
Le altre persone non la degnavano di uno sguardo.
I bambini non le parlavano.
Se non per dirle che non dovevano parlare con lei.
Kisara chiudeva gli occhi.
E sognava.
Sognava una creatura grande, maestosa, di un bianco accecante, quasi fosse fatta di sole.
Sognava una creatura dallo sguardo del colore delle acque del Nilo.
Kisara chiudeva gli occhi.
Quando li riapriva, non era dove si era addormentata.
Quando li riapriva, si sentiva più stanca di prima.
Kisara chiudeva gli occhi.
A volte aveva semplicemente troppo sonno per tenerli aperti.
Poco importava dove si trovasse.
Si sarebbe risvegliata altrove.
Ma non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Ovunque si fosse svegliata, sarebbe tornata a casa.
Ovunque si fosse svegliata, sarebbe stata sua madre, quella che le somigliava, a riportarla a casa.
L'unico suo dilemma era non addormentarsi mentre era in piedi su una superficie dura.
Nessuno la prendeva al volo - nessuno la toccava - e, al risveglio, i bernoccoli facevano male.
Non c'era nulla di cui preoccuparsi.
La stoffa che filava andava soltanto ai propri vestiti.
L'acqua che recuperava andava soltanto a lei.
Non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Il suo sonno improvviso non avrebbe in alcun modo intaccato la comunità.
A Kisara piaceva.
Era il suo mondo che si concretizzava, seppur diverso da come lo sognava.
Non c'erano fanciulli, ibis o sciacalli, ma una creatura di Ra che, tuttavia, non le faceva paura.
A volte, per pochi, pochissimi, istanti, si chiedeva se Ra la odiasse davvero.
La feriva, lei stessa non riusciva a sopportarne la presenza.
Ma perché la creatura di Ra non la spaventava? Perché si era insinuata nei suoi sogni?
Non la feriva, lei stessa riusciva a sopportarne la presenza.
A volte, si chiedeva se non fosse la creatura di Ra a farle chiudere gli occhi.
A volte, si chiedeva se non fosse la creatura di Ra a far sì che si incontrassero.
La creatura di Ra non parlava.
Ruggiva, ringhiava.
Perché la creatura di Ra non la spaventava? Perché era venuta proprio da lei?
La creatura di Ra non parlava.
Non poteva risponderle in modo che lei capisse.
Ma non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Il villaggio fu scosso dall'attacco di un gruppo di banditi.
Kisara chiuse gli occhi.
Non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Ma anche gli abitanti del villaggio videro la creatura di Ra.
Videro Ra, mentre era nella Duat, videro Ra, in quel villaggio.
Videro Ra proteggere, videro Ra distruggere.
Kisara vide la creatura di Ra, che forse agiva per ordine di Ra.
La vide uccidere i banditi, la vide infiammare il suo villaggio.
Kisara chiuse gli occhi.
I suoi occhi erano già chiusi.
Non voleva più vedere.
Non voleva più vedere quella creatura che bruciava i luoghi che conosceva.
Non voleva più vedere quella creatura che feriva le persone che aveva visto.
Non voleva più vedere quella creatura che bruciava persone che non aveva mai visto.
Non voleva più vedere.
Non voleva più ricordare.
Voleva solo riaprire gli occhi.

Il granchio desidera l'unione con la Luna senza sapere che, come tutti gli altri elementi della carta, è già in comunione con lei.

Ricordava il fuoco.
Ricordava le urla.
Non ricordava cosa fosse successo dopo.
Si era risvegliata nella sua stanza, illesa, l'unica a non versato neppure una goccia di sangue, l'unica la cui pelle non aveva neppure una macchia rossa.
Sua madre, quella che le somigliava, era accanto a lei.
Le disse di aver parlato con gli altri abitanti del villaggio, le disse che, quella notte, tutti avevano visto qualcosa uscire dal suo corpo nel momento stesso in cui questo cadeva a terra.
Sua madre, quella che le somigliava, era accanto a lei.
Le disse di aver parlato con gli altri abitanti del villaggio, le disse che era ormai giunto il momento.
Kisara sarebbe partita.
Sarebbe partita alla ricerca delle sue origini, avrebbe davvero conosciuto se stessa.
Aveva aspettato il momento in cui sarebbe partita.
- Ho paura. -
La creatura di Ra non la spaventava. La creatura di Ra era venuta proprio da lei.
La creatura di Ra aveva ucciso dei banditi, ma aveva devastato il suo villaggio e ferito la sua gente.
Perché la creatura della distruzione non la spaventava? Perché era venuta proprio da lei? Perché era dentro di lei?
Forse era una creatura di Seth? Se così fosse stata, perché era accecante come Ra?
Perché una creatura che aveva ucciso, devastato e ferito non la spaventava? Perché era venuta proprio da lei? Perché si era insinuata nei suoi sogni?
Una creatura di Ra non poteva essere malvagia.
Una creatura di Seth non poteva essere malvagia.
Ma una creatura capace di uccidere, devastare e ferire chi la circondava non era forse malvagia?
Gli abitanti del suo villaggio l'avevano sempre ignorata perché avevano riconosciuto in lei un animo malvagio?
Forse la creatura di Ra la ricopriva con la sua luce accecante per rendere più evidente la sua Sheut, nera come forse era il suo stesso Ba?
Forse lei non era figlia della luna.
Forse era solo un'umana malvagia, come i banditi che avevano assalito il suo villaggio.
Tutto aveva un equilibrio.
Nessuna divinità era davvero malvagia.
Ogni divinità, persino l'oscuro Apophis, serviva per sostenere un equilibrio.
Lei non era figlia della luna.
Soltanto il Faraone poteva vantare una simile discendenza regale.
Lei non era un Faraone, né una Grande Sposa Reale, né mai lo sarebbe stata.
Lei non era spaventata dalla malvagità.
Non poteva essere figlia di Iah.
Lei non era spaventata dalla malvagità.
Non per coraggio, ma per genuina simpatia.
Non poteva essere figlia di Iah.
Era umana, come quei banditi che avevano assalito il suo villaggio.
Era un'umana malvagia, come i banditi che avevano assalito il suo villaggio.
Le persone che la circondavano la ignoravano.
Le persone che la circondavano la guardavano con sospetto.
Le persone che la circondavano premevano affinché lei partisse.
Lei non era spaventata dalla malvagità.
Non poteva essere figlia di Iah.
Lei non era spaventata dalla malvagità.
Non poteva essere accettata tra gli altri umani.

Solitudine, separazione.
Eccessivo ripiegamento su se stessi, desideri inconfessati, traumi, presentimenti e visioni angosciose.
Inquietudine, depressione, emozioni distruttive.


Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Aveva detto addio a sua madre, quella che le somigliava.
Addio.
Nessun arrivederci.
Non poteva essere accettata tra gli altri umani.
Aveva aspettato il momento in cui sarebbe partita.
Aveva aspettato il momento in cui sarebbe partita alla ricerca delle sue origini, in cui avrebbe davvero conosciuto se stessa.
Aveva sognato quel calore di cui aveva sentito parlare: non quello del deserto, ma una sensazione felice che nasceva nel petto.
Aveva sognato Seth porgerle un mantello per coprirsi agli occhi di Ra, per poi condurla tra le tempeste di sabbia.
Aveva sognato Khonsu accompagnarla al cospetto di Iah.
Aveva sognato di riabbracciare Iah.
Ma lei non poteva essere figlia di Iah.
Khonsu sarebbe rimasto fedele a Ra e non l'avrebbe mai neppure toccata.
Seth non si sarebbe curato di lei e l'avrebbe travolta tra le tempeste di sabbia.
L'unico calore che avrebbe sentito era quello asfissiante del deserto e l'unica sensazione che sarebbe nata nel petto era il rischio di non sentirlo più battere.
Ma, se non avesse più battuto, non l'avrebbe sentito.
Se non avesse più battuto, non avrebbe più sentito niente.
Ra la frustava, la soffocava.
Cercava di coprirsi il più possibile, cercava di portare con sé quanta più acqua possibile, cercava di portare con sé quanto più cibo riuscisse a trovare.
Se il suo cuore non avesse più battuto, non avrebbe più sentito niente.
Kisara aspettava.
Sarebbe giunto, prima o poi, un momento in cui il suo cuore non avrebbe più battuto.
Kisara aspettava.
Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Di tanto in tanto, apparivano delle persone, con dei cammelli.
Lei non era spaventata dalla malvagità.
Era un'umana malvagia, come i banditi che avevano assalito il suo villaggio.
Ra la frustava, la soffocava.
Non poteva essere accettata tra gli altri umani.
Completamente coperta, nascondendosi dietro le dune, aspettava Iah.
E, sotto i suoi occhi, sottraeva a quelle persone quanto più cibo e acqua potesse portare.
Mostrava il suo Ba nero come Sheut a chi aveva considerato un genitore.
Era inutile fingere di essere figlia di una divinità.
Era inutile fingere di essere una persona buona.
Era una giovane affascinata da una creatura malvagia, torturata da Ra, talmente incoerente con se stessa da prolungare la propria attesa riempiendosi lo stomaco.
Di tanto in tanto, apparivano delle persone, con dei cammelli.
La vedevano, la catturavano.
Quando le erano vicini, quando notavano la forma del suo corpo, si rendevano conto di come fosse una giovane donna.
Quando le strappavano il turbante, vedevano i suoi capelli e la sua pelle del colore di Iah.
Imprecavano, disgustati, e la lasciavano, come se fosse lei a scottare, piuttosto che Ra.
Le strappavano i capelli.
La ferivano.
Volevano farla a pezzi.
Alcuni dicevano che i capelli e la pelle bianca avessero proprietà magiche.
Avrebbero potuto rivenderla come schiava, come arredo.
Avrebbero potuto rivendere i suoi capelli, la sua pelle, forse anche i suoi occhi.
Kisara chiudeva gli occhi.
Quando li riapriva, non era dove si era addormentata.
Quando li riapriva, si sentiva più stanca di prima.
Ma era salva.
Era intera.
Era viva.
Non voleva vedere.
Non voleva ricordare.
Forse era stata la creatura di Ra.
Non voleva più vederla.
Non voleva più ricordarla.
La creatura di Ra le ricordava di come lei non fosse figlia di Iah.
La creatura di Ra le ricordava di come lei non avesse paura della malvagità.
Era una giovane affascinata da una creatura malvagia, torturata da Ra, talmente incoerente con se stessa da non fare una piega nel vedere sfumata un'altra occasione per porre fine alla sua attesa.
Non voleva vedere.
Non voleva ricordare.
Erano dal lato opposto del suo sguardo, erano tra il sonno e la veglia.
Erano i ricordi che non voleva vedere, visioni che non voleva ricordare.
Gente uccisa, luoghi dati alle fiamme.
Corpi, macerie.
Non aveva più visto macerie.
Sapeva di aver visto corpi.
Non voleva vedere.
Non voleva ricordare.
Ma una creatura capace di uccidere, devastare e ferire chi la circondava non era forse malvagia?
Tanto da costringerla a vedere, tanto da costringerla a ricordare.
Si risvegliava a pochi metri da corpi che un tempo erano persone malvagie.
Avevano con loro del cibo, dell'acqua.
E, sotto gli occhi di Ra o Iah, sottraeva a quelle persone quanto più cibo e acqua potesse portare.
E, sul cibo tra le sue mani, cadeva acqua dai suoi occhi.

Un lavoro non adatto al consultante; false promesse, inganni sul lavoro.
Una persona mutevole, lunatica, un visionario, falsi amici.


Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Di tanto in tanto, apparivano delle persone, con dei cammelli.
Completamente coperta, nascondendosi dietro le dune, aspettava Iah.
E, sotto i suoi occhi, sottraeva a quelle persone quanto più cibo e acqua potesse portare.
Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Di tanto in tanto, apparivano delle persone, con dei cammelli.
La vedevano, la catturavano.
Non voleva vedere.
Non voleva ricordare.
Di tanto in tanto, apparivano delle persone, con dei cammelli.
La vedevano, le chiedevano se avesse bisogno di aiuto.
Lei rispondeva di no e andava per la sua strada.
Era difficile sottrarre cibo e acqua da qualcuno che ti tiene d'occhio.
Di tanto in tanto, apparivano dei villaggi.
Kisara non aveva niente con cui scambiare cibo e acqua.
Poteva procurarsi dell'acqua dallo stesso luogo a cui attingevano gli abitanti, ma non poteva fare altrettanto con il cibo.
Alle volte c'erano dei mercati.
Strisciava a terra, alla ricerca di cibo caduto.
Alle volte, cercava di rubare cibo.
Ma era debole, troppo magra, troppo goffa.
Fu catturata un numero incalcolabile di volte.
Avrebbero dovuto tagliarle una mano, entrambe, o linciarla.
Ma appena vedevano la sua pelle di Iah, la spingevano, la insultavano.
Alle volte, arrivavano i sassi.
Kisara scappava.
Il suo sangue era rosso come quello degli altri umani.
Ma lei non poteva essere accettata tra gli altri umani.
- Ho paura. -
Kisara aspettava.
Era una giovane affascinata da una creatura malvagia, torturata da Ra, talmente incoerente con se stessa da prolungare la propria attesa riempiendosi lo stomaco.
Era una giovane affascinata da una creatura malvagia, torturata da Ra, talmente incoerente con se stessa da non fare una piega nel vedere sfumata un'altra occasione per porre fine alla sua attesa.
Kisara chiudeva gli occhi.
A volte aveva semplicemente troppo sonno per tenerli aperti.
Poco importava dove si trovasse.
Si sarebbe risvegliata altrove.
Ma non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Ovunque si fosse svegliata, tutto ciò che avrebbe visto sarebbe stata la sabbia rossa di Seth.
Kisara aspettava.
Né Ra né Seth volevano porre fine alla sua attesa.
Era debole, troppo magra, ma Khonsu non arriva ad accompagnarla nella Duat.
Kisara aspettava.
Più il tempo passava, più la creatura di Ra avrebbe ucciso, ferito e devastato.
La seguiva.
Era sempre con lei.
Più il tempo passava, più lei avrebbe visto Sekhu e rovine.
Perché una creatura che aveva ucciso, devastato e ferito non la spaventava? Perché era venuta proprio da lei? Perché si era insinuata nei suoi sogni?
Forse la creatura di Ra la ricopriva con la sua luce accecante per rendere più evidente la sua Sheut, nera come forse era il suo stesso Ba?
L'aveva capito.
Perché continuava a perseguitarla? Cos'altro voleva?
Era forse stata maledetta? Da chi, e perché?
Perché gli altri umani desideravano starle lontani ma continuavano a avvicinarlesi, fosse pure per insultarla o tirarle un sasso?
Perché gli altri umani non percepivano la creatura di Ra, finché essa-
Non voleva vedere.
Non voleva ricordare.
Di tanto in tanto, apparivano delle persone, con dei cammelli.
La vedevano, le chiedevano se avesse bisogno di aiuto.
Lei rispondeva di no e andava per la sua strada.
Ma, alle volte, insistevano.
E lei non poteva che fermarsi e parlare con loro.
Una volta si fermò a parlare con un gruppo di sconosciuti, tra la sabbia rossa di Seth.
Erano gentili, le offrirono persino del cibo e dell'acqua.
Quando, per prendere il cibo, la tunica scivolò, mostrando le mani, gli sconosciuti sobbalzarono.
Ma non la insultarono.
Non la aggredirono.
Non le lanciarono niente.
Non furono disgustati.
Sembravano... incuriositi, in qualche modo.
Le chiesero di vederla.
Kisara decise di togliersi il mantello e il turbante.
I suoi capelli di nuvole, la sua pelle di sabbia, i suoi occhi del Nilo, niente spaventò o disgustò quelle persone.
Non la aggredirono.
Non la insultarono.
Erano incuriosite.
Ridevano, ma non per scherno.
Una punta di calore all'altezza del petto.
Non era il caldo del deserto.
Il viso le fece un po' male. Le guance, le labbra fecero un po' male.
Erano strano sorridere.
Se delle persone buone le si erano avvicinate e non erano disgustate, allora, forse, neppure lei era così malvagia?
Non avrebbe permesso alla creatura di Ra di farle chiudere gli occhi.
Sarebbe rimasta sveglia tutta la notte, se necessario.
Non poteva permettersi di fare del male a quelle persone.
Una punta di calore all'altezza del petto.
Poteva osare sentirla? Le era permesso?
Erano strano sorridere.
Poteva osare farlo? Le era permesso?
Lei non era spaventata dalla malvagità.
Però, se delle persone buone le si erano avvicinate e non erano disgustate, allora, forse, neppure lei era così malvagia.
Kisara riaprì gli occhi.
Li aveva chiusi.
Il cuore batteva forte, troppo, ben più di quanto accettasse di sentirlo.
Si era addormentata.
Quelle persone erano ancora vive, niente era distrutto.
La creatura di Ra non era riuscita ad avere la meglio.
Quelle persone erano ancora vive, niente era distrutto.
Lei era in una gabbia.

Ricettività. La luna, pianeta satellite, riflette la luce del sole.
Comunicazione intuitiva profonda.


Le avevano fatto indossare una tunica corta, chiara, in modo che tutto il bianco che la tingeva risaltasse come Iah mentre Ra era nella Duat.
L'aria della notte era fredda.
Kisara tremava.
Non sentiva affatto l'aria della notte.
Nessuna persona buona le si era avvicinata senza provare disgusto.
Ciò che attirava erano solo persone malvagie.
Il simile attrae il simile.
Il suo petto era freddo.
Non le era concessa nessuna punta di calore.
Non le era concesso nessun sorriso.
Come aveva potuto illudersi così?
Come aveva osato pensare che tutte quelle persone e quelle macerie che aveva lasciato tra le sue impronte nella sabbia non la riguardassero?
La creatura di Ra la ricopriva con la sua luce accecante per rendere più evidente la sua Sheut, nera come forse era il suo stesso Ba.
Ecco perché una creatura che aveva ucciso, devastato e ferito non la spaventava. Ecco perché era venuta proprio da lei. Ecco perché si era insinuata nei suoi sogni.
Kisara aspettava.
Forse era giunto il momento.
L'avrebbe accettato.
Era stanca.
Stanca di aspettare.
Se lei era troppo incoerente con se stessa, allora avrebbe accettato la sua sorte.
Era nelle mani di quelle persone malvagie.
Il simile attrae il simile.
L'avrebbe accettato.
Un rumore.
Si voltò.
Un giovane della sua età.
Dalla pelle di terra, dagli occhi dell'acqua del Nilo.
Non era tra le persone che aveva incontrato quel giorno.
Aveva aperto la gabbia.
- Chi sei? -
Cosa voleva? Era un ladro che voleva rubare la preda ad altri banditi?
Le disse di fare silenzio.
- Ti faccio uscire. Vieni! -
Un sussurro.
Non la aggredì.
Non la insultò.
Non era incuriosito.
Non rideva.
Era serio.
Aveva aperto la gabbia.
Le tendeva la mano.
Non provava disgusto a toccarla o guardarla.
Il simile attrae il simile.
Doveva essere una persona malvagia.
Avrebbe accettato la sua sorte.
Prese la mano.
Una punta di calore all'altezza del petto.
Lei non era spaventata dalla malvagità.
Perché, allora, sentiva che quel ragazzo fosse completamente diverso da coloro che l'avevano imprigionata?
Era forse ancora più malvagio?
Uno dei suoi rapitori aggredì il ragazzo, ma questi lo gettò al suolo.
Era più forte di quanto sembrasse.
- Andiamo! -
Le tirò un braccio e la trascinò fino al suo cavallo.
Era da solo.
Non aveva niente che lasciasse pensare a lui come ad un bandito o un mercante.
Era solo un viaggiatore.
Un viaggiatore che aveva fermato il suo cammino per tirare fuori una creatura maledetta da una gabbia.
Doveva essere sotto la protezione di Khonsu.
Avrebbe riso, se ne fosse stata capace.
Perché mai qualcuno sotto la protezione di Khonsu avrebbe dovuto salvarla?
Ra la detestava. Iah non aveva niente a che fare con lei.
Khonsu e Seth erano illusioni che si era costruita mentre sognava.
Il giovane la fece salire sul cavallo, insieme a lui, e scapparono.
Era difficile che i cammelli fossero in grado di raggiungere un cavallo, anche solo per il fatto di essere partiti molto dopo.
Era strano essere abbracciata ad un'altra persona.
Poteva osare farlo? Le era permesso?
Già poche ore prima la risposta era stata "no".
Perché continuava ad illudersi? Perché rifiutava di accettare la realtà?
- Ci stanno inseguendo? -
Kisara guardò alle sue spalle.
Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
- No! -
- Bene. Ti lascio questo cavallo. Prosegui da sola, da qui in poi. Se vai dritta per questa strada, troverai presto il paese più vicino. Quindi fai tutto ciò che puoi per scappare. -
Quel giovane non era malvagio.
Quel giovane era un pazzo.
- Vai! -
Era saltato giù dal cavallo.
Lei non aveva mai cavalcato e pregò tutto il pantheon di riuscire a farlo.
Quel giovane era un pazzo.
Un pazzo che aveva fermato il suo cammino per tirare fuori una creatura maledetta da una gabbia.
Non l'aveva aggredita.
Non l'aveva insultata.
Non era incuriosito.
Non aveva riso.
L'aveva liberata, le aveva dato il suo unico mezzo di traporto, si era messo in pericolo, il tutto in cambio di niente.
Quel giovane era un pazzo.
- Qual è il tuo nome? -
Se davvero non aveva voluto niente in cambio, poteva darle un'ultima cosa.
- Seth! -
Il cuore s'incendiò.
Gli occhi bruciarono.
- Grazie, Seth! Grazie! -
Le guance si bagnarono.
Sentì il freddo della notte.
Non aveva più il suo mantello e il suo turbante.
Non c'era alcuna tempesta di sabbia.
Seth le aveva dato un cavallo e l'aveva condotta tra le tempeste degli umani.
Quel mondo che aveva sognato si era concretizzato, seppur diverso da come lo sognava.
Seth era folle e le aveva dato un'occasione per farcela da sola.

La luce incerta della Luna toglie precisione alle figure e confonde le sagome: nel chiarore dell'astro notturno si possono vedere cose inesistenti e d'altra parte non vedere ciò che realmente esiste.
Paura di ingannarsi e/o di essere ingannati.
Il lunatico è preda delle illusioni che teme.


L'aria fredda della notte.
Il silenzio spezzato da zoccoli nella sabbia.
Il silenzio spezzato da un battito impazzito.
Un pazzo l'aveva liberata, le aveva dato il suo unico mezzo di traporto, si era messo in pericolo, il tutto in cambio di niente.
Dove stava andando? Come vi sarebbe arrivato?
Quegli uomini malvagi l'avrebbero trovato? Come sarebbe scappato?
Era molto più forte di quanto potesse sembrare, ma era solo un giovane, e loro erano tanti.
Fai tutto ciò che puoi per scappare.
Probabilmente, quel giovane conosceva benissimo quella zona.
Probabilmente, quel giovane era già arrivato alla sua destinazione.
Per questo le aveva dato il suo unico mezzo di trasporto. Era vicino alla sua meta.
Per questo si era messo in pericolo. Conosceva sicuramente qualcuno in grado di aiutarlo.
Per questo non aveva voluto niente in cambio. Non ce n'era bisogno.
L'aria fredda della notte.
Il silenzio spezzato da un battito impazzito.
Tirò le redini del cavallo e quello si fermò.
In tutti quei... In tutto quel tempo, si era chiesta come potesse essere affascinata da una creatura malvagia, come potesse non averne paura.
Erano le sue azioni a spaventarla, non lei.
Era la consapevolezza che la creatura di Ra fosse sempre nascosta nella sua Sheut a farla tremare.
L'unica spiegazione che si era data era che fosse malvagia lei stessa.
Cominciava a pensare che ci fosse un'altra spiegazione.
Kisara era pazza.
Pazza come quel giovane che l'aveva liberata.
Il simile attrae il simile.
Forse anche quelle persone malvagie erano pazze.
Per questo gli altri si ostinavano ad avvicinarlesi, per insultarla o tirarle qualcosa. Erano pazzi anche loro.
Ciò che attirava erano solo persone folli.
Quel che non aveva mai capito era che fossero diversi tipi di follia.
La pazzia di Kisara si avvicinava pericolosamente a quella dei banditi.
Rubava come loro, era odiata come loro.
Non rapiva come loro, non uccideva come loro.
Kisara chiuse gli occhi.
Kisara sognò.
Sognò di essere folle, piuttosto che malvagia.
Voleva illudersene.
Voleva che il suo mondo si concretizzasse.
Kisara riaprì gli occhi.
La pazzia di Kisara si avvicinava pericolosamente a quella dei banditi.
Ma era diversa.
Voleva illudersene.
Fai tutto ciò che puoi per scappare.
Era folle e non avrebbe esaudito la richiesta di un folle che portava un nome divino.
C'era una persona che forse non era vicino alla sua meta, che forse era in pericolo.
Riuscì a far tornare indietro il cavallo.
Che la creatura di Ra brillasse e scurisse sempre di più la sua Sheut.
Era pazza, era avida ed egoista.
Ma era quello che aveva scelto.
Seth le aveva dato un'occasione per farcela da sola.
Che la creatura di Ra incendiasse case e bruciasse corpi.
Se questo le avesse permesso di rimanere in vita fino a vedere quel giovane sano e salvo, che la facesse pure crollare addormentata per giorni.
Seth le aveva dato un'occasione per farcela da sola.
Avrebbe domato la creatura di Ra, avrebbe usato il suo fuoco a suo piacimento.
- Ho paura. -
La creatura di Ra l'avrebbe domata, avrebbe usato il suo fuoco a suo piacimento.
La creatura di Ra avrebbe incendiato case e bruciato corpi.
Serrò la presa sulle briglie.
Era quello che aveva scelto.
Il simile attrae il simile.
Un folle l'aveva liberata, lei, folle, si sarebbe accertata che lui stesse bene.
Sussurrò il suo nome.
Una preghiera.
Che il folle stesse bene, che il signore del deserto li aiutasse.
Nel nero della notte, la linea dell'orizzonte era infiammata.
Fermò il cavallo.
Alla luce di Iah, Sekhmet infuriava tra edifici anneriti e grida soffocate.
Fai tutto ciò che puoi per scappare.
Quel giovane conosceva benissimo quella zona.
Quel giovane era quasi arrivato alla sua destinazione.
Per questo le aveva dato il suo unico mezzo di trasporto. Era vicino alla sua meta.
Per questo si era messo in pericolo. Conosceva sicuramente qualcuno in grado di aiutarlo.
Per questo non aveva voluto niente in cambio. Non ce n'era bisogno.
L'aria fredda della notte.
Le parve di sentire un sussurro, ma di non udirlo con le orecchie.
Le parlava al cuore, al cervello.
Quel giovane era laggiù.
I banditi avevano guidato Sekhmet nel suo villaggio perché lui aveva liberato una creatura folle.
Seth le aveva dato un'occasione per farcela da sola.
Era pazza, era avida ed egoista.
Che la creatura di Ra incendiasse case e bruciasse corpi.
Se questo le avesse permesso di rimanere in vita fino a vedere quel giovane sano e salvo, che la facesse pure crollare addormentata per giorni.
Che la creatura di Ra brillasse e scurisse sempre di più la sua Sheut.
Era quello che aveva scelto.

I due cani fanno guardia all'unico passaggio a volte rappresentato da un sentiero che passa fra le due torri. Il gambero rappresenta l'inconscio o l'immaginazione che emerge verso percorsi difficili e pericolosi.
Un viaggio lungo e tormentato o una difficile conquista della verità.
Ricercare il significato reale delle cose affrontando difficoltà e pericoli.
Una parte della luna rimane invisibile.
Una donna misteriosa ed affascinante.


Kisara riaprì gli occhi.
Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Kisara chiuse gli occhi.
Tutto ciò che vedeva erano gli occhi azzurri di Seth.
Non sapeva dove si trovasse.
Non c'era nessun villaggio distrutto.
Vedeva.
Vedeva gli edifici anneriti, i tetti infuocati, le fiamme che uscivano da porte e finestre.
Ricordava.
Ricordava le grida, i pianti.
Vedeva.
Vedeva lo sguardo spaventato e affascinato di Seth.
Ricordava.
Ricordava i Sekhu di quegli uomini malvagi.
La creatura di Ra aveva salvato Seth. La creatura di Ra aveva salvato il villaggio.
Le macerie non erano opera sua.
Le uniche sue vittime erano stati quegli uomini malvagi.
Seth non aveva avuto paura della creatura di Ra.
Aveva domato la creatura di Ra, aveva usato il suo fuoco a suo piacimento.
Seth le aveva dato un'occasione per farcela da sola.
Si sentì scossa.
Tutto il suo corpo tremava.
Una punta di calore all'altezza del petto.
Non era il caldo del deserto.
Il viso le fece un po' male. Le guance, le labbra fecero un po' male.
Gli occhi bruciarono. Le guance si bagnarono.
Seth non aveva voluto niente in cambio e, sicuramente, aveva anzi perso qualcosa.
La sua casa, sicuramente, forse qualcuno che conosceva.
Seth le aveva dato un'occasione per farcela da sola.
Che non pensasse mai più a lei.
A causa sua, la follia di quel giovane si era intensificata e gli aveva fatto commettere un gesto che, ne era certa, avrebbe rimpianto per tutta la vita.
Sussurrò il suo nome.
Una preghiera.
Che il folle la dimenticasse, che il signore del deserto lo aiutasse.
Kisara riaprì gli occhi.
Non avrebbe più aspettato.
Avrebbe continuato a riempirsi lo stomaco.
Avrebbe continuato a versare acqua per coloro che avrebbero cercato di farle del male.
A nessuno sarebbe importato se lei fosse nella Duat.
A nessuno sarebbe importato se lei fosse nel regno di Seth.
Forse non sarebbe più stata in grado di dominare la creatura di Ra.
Ma la creatura di Ra aveva salvato Seth. La creatura di Ra aveva salvato il villaggio.
Non era una creatura completamente malvagia.
Era folle, mutevole, lunatica, forse come lei.
Forse avrebbe potuto aiutare qualcuno.
Forse avrebbe potuto fare qualcosa di positivo agli occhi di Ra e di Iah.
Ma sarebbe stata la creatura di Ra.
Non avrebbe più aspettato.
Lei era una comune umana.
Una comune umana dalla pelle e i capelli di Iah.
Non era figlia della luna.
Era una comune umana.
Che nessuno pensasse mai a lei.
Era una comune umana.
Se la creatura che si nascondeva nella sua Sheut avrebbe potuto fare qualcosa per gli altri umani, allora l'avrebbe fatto.
Che la creatura di Ra brillasse come la luna piena.
Che lei rimanesse nascosta come la luna nuova.

Superficialità, illusioni, evasioni fantastiche, intuizioni ingannevoli.
Sentimenti mutevoli, inganni e tradimenti; relazione confusa, priva di prospettive concrete.


Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Ogni giorno era identico al precedente.
Le uniche differenze erano l'incontrare o meno altre persone.
Le uniche differenze erano le nature delle persone.
Le uniche differenze erano i momenti in cui cadeva addormentata.
Ogni giorno era identico al precedente.
Ra non era rimasto colpito dalla sua scelta e continuava a malsopportarla.
Non le importava più. Aveva iniziato a farci l'abitudine.
Ogni giorno era identico al precedente.
Una volta, alla luce di Iah, vide dei banditi attaccare un villaggio.
Una volta, alla luce di Ra, vide dei banditi attaccare una carovana.
Kisara chiudeva gli occhi.
Kisara riapriva gli occhi.
Corpi di persone malvagie.
Non vedeva. Non ricordava.
Ma c'erano solo Sekhu di persone malvagie e questo le bastava.
- È stato il dio drago bianco! -
Un drago?
Era così che loro vedevano la creatura di Ra?
Vedevano la creatura di Ra come Apophis?
Un accenno di risata.
La creatura di luce aveva l'aspetto di Apophis e seguiva colei che veniva definita "figlia di Iah", cui era stato dato il nome di "figlia di Ra".
Non aveva mai riflettuto sul fatto che la creatura di Ra potesse somigliare ad Apophis.
In realtà, li trovava completamente diversi.
Non aveva mai visto Apophis, né ci teneva particolarmente a vederlo.
Ma era certa che la creatura di Ra non gli somigliasse affatto.
Dio drago bianco.
Iniziavano a definirla essa stessa una divinità.
Una divinità di luce che annientava le persone malvagie e salvava quelle buone.
Forse era anche questo un sacrilegio. Questo era compito di Maat e di Ammit, la Divoratrice.
Pensandoci meglio, però, quel che la creatura di Ra faceva era solo mandare le persone malvagie al cospetto delle dee. Non era lei a deciderne la sorte.
Kisara osservava.
Kisara ascoltava.
Vide alcune persone, alcune nei villaggi, alcune nelle carovane, fare offerte votive al dio drago bianco.
Rideva della cosa.
Ma poi ebbe paura.
La creatura di Ra doveva essere emissaria di qualche divinità, ma forse non era divinità essa stessa.
Era giusto venerarla al pari di Seth o Khonsu?
Ra avrebbe preso questo affronto come l'ennesimo sacrilegio nato da lei?
La creatura di Ra brillava come la luce piena.
Kisara rimaneva nascosta come la luna nuova.
Lei era una comune umana.
Vide alcune persone, alcune nei villaggi, alcune nelle carovane, fare offerte votive al dio drago bianco.
Sentì alcune persone, alcune nei villaggi, alcune nelle carovane, spingerla e insultarla non appena vedevano la sua pelle di Iah.
La gioia e la luce delle persone nel parlare del dio drago bianco.
La rabbia e il buio delle persone nello scagliarle veleno e pietre.
Lei era una comune umana.
Il suo sangue era rosso come quello degli altri umani.
Ra poteva dirsi soddisfatto. L'affronto di essere venerata dalla creatura nella sua Sheut veniva ripagata dal sangue.
Forse avrebbe potuto aiutare qualcuno.
Se la creatura che si nascondeva nella sua Sheut avrebbe potuto fare qualcosa per gli altri umani, allora l'avrebbe fatto.
La creatura di Ra era venerata.
Lei non poteva essere accettata tra gli altri umani.
Non le importava più. Aveva iniziato a farci l'abitudine.
Le guance erano bagnate.

Il moto del gambero è a ritroso, così che sembra retrocedere quando si sposta in avanti. Questa è la caratteristica della Memoria, facoltà lunare: essa va indietro per riportare alla luce.

Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Di tanto in tanto, apparivano delle persone, con dei cavalli.
Una volta incontrò un uomo dalla pelle di terra e dai capelli di Iah.
Le disse che non erano come i suoi. Le disse che erano stati Seth e Sekhmet a maledirlo con quei capelli bianchi.
Le disse che si era accorto della sua presenza vicino ai luoghi in cui appariva il dio drago bianco.
Le disse che era una donna patetica, perché lasciava che gli altri umani le scagliassero contro veleno e pietre.
Lo disse guardandola con disgusto, ma non per la sua pelle e i suoi capelli di Iah.
Quell'uomo non le piaceva. Le trasmetteva solo sensazioni negative.
Ma non l'aveva aggredita, né sembrava volesse farlo.
Le stava tanto lontano quanto lei desiderava stargli lontana.
Quell'uomo non le piaceva. La costringeva a ricordare.
Ciò che attirava erano solo persone folli.
Per questo gli altri si ostinavano ad avvicinarlesi, per insultarla o tirarle qualcosa. Erano pazzi anche loro.
Finché si nascondeva sotto un mantello e un turbante, c'era la possibilità di ricevere parole gentili.
Non appena la sua pelle o i suoi capelli venivano scoperti, non c'era più la possibilità di ricevere parole gentili.
Il suo sangue era rosso come quello degli altri umani.
Il suo cuore batteva come quello degli altri umani.
Le sue lacrime erano trasparenti come quelle degli altri umani.
Perché si ostinava a salvare persone che l'avrebbero lapidata?
Perché non scagliava il dio drago bianco su coloro che l'avevano ferita - fisicamente, mentalmente?
Lei non poteva essere accettata tra gli altri umani.
Perché si ostinava a cercare di compiacere Ra, Iah, i pazzi?
Perché aveva smesso di aspettare?
A nessuno sarebbe importato se lei fosse nella Duat.
A nessuno sarebbe importato se lei fosse nel regno di Seth.
Perché continuava a farsi del male pur di far stare bene degli sconosciuti che le avrebbero fatto ancora più male?
Era folle, lunatica.
Una mano tesa.
C'erano diversi tipi di follia.
Se anche fosse esistita una sola persona abbastanza folle da aiutare una sconosciuta senza volere nulla in cambio, allora lei avrebbe protetto i folli non malvagi.
Non conosceva l'animo umano. Poteva solo sperare che, tra le persone che aveva aiutato, ci fosse qualcuno capace di fare altrettanto.
Quanto a lei, la sua follia era simile ma non uguale a quella delle persone malvagie.
Era pazza, era avida ed egoista.
Pensare che un altro Seth avrebbe potuto salvare un'altra Kisara le scaldava il cuore.
Le bastava questo.
Era quello che aveva scelto.

Incontri con persone che appartengono al passato, amici d'infanzia o parenti che non si vedono da tempo.

Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Ogni giorno era identico al precedente.
Ma era quello che aveva scelto.
Avrebbe continuato a riempirsi lo stomaco.
Avrebbe continuato a versare acqua per coloro che avrebbero cercato di farle del male.
Tutto ciò che vedeva era la sabbia rossa di Seth.
Di tanto in tanto, apparivano delle grandi città.
Kisara non aveva niente con cui scambiare cibo e acqua.
Poteva procurarsi dell'acqua dallo stesso luogo a cui attingevano gli abitanti, ma non poteva fare altrettanto con il cibo.
Quella volta non fece neppure in tempo ad entrare nella città.
Quella volta fu afferrata e strattonata prima che potesse fare qualsiasi cosa.
Ra le aveva seccato la gola.
Non aveva trovato la fonte a cui attingevano gli abitanti.
Voleva solo un po' d'acqua.
- Vattene da questa città! -
Voleva solo un po' d'acqua, poi se ne sarebbe andata.
Lei non poteva essere accettata tra gli altri umani.
Non le importava più.
Una pietra, dritta alla testa.
Kisara chiuse gli occhi, ma era ancora cosciente.
Barcollò.
Un'altra pietra, al braccio.
Non avrebbe trovato acqua, lì.
Doveva andarsene.
Kisara riaprì gli occhi.
Un muro di persone.
Tutto intorno.
L'avevano accerchiata.
Doveva andarsene.
Qualcosa di caldo le scivolava lungo il viso, macchiandole i capelli.
La afferrarono per le braccia, la lanciarono al vicino.
La scagliarono a terra.
Tossì, la terra era finita in bocca.
Un'altra pietra, sulla schiena.
Cercò di respirare, a fatica.
Ra le aveva seccato la gola.
Voleva solo un po' d'acqua.
A nessuno sarebbe importato se lei fosse nella Duat.
A nessuno sarebbe importato se lei fosse nel regno di Seth.
Perché non la lasciavano tornare nel deserto, se non la volevano?
Davvero a tutte quelle persone importava se lei fosse o meno nella Duat o nel regno di Seth?
Voleva andarsene.
C'erano diversi tipi di follia.
Quella che riversavano su di lei era quella che comprendeva di meno.
Kisara chiuse gli occhi.
Pregò la creatura di Ra di non intervenire.
Si sarebbero stancati.
L'avrebbero gettata nel deserto.
Lei avrebbe riaperto gli occhi e avrebbe ripreso la sua ricerca di una fonte d'acqua.
Pregò Seth che le sue ferite non s'infettassero.
Non voleva più aspettare.
- Che succede qui? -
Una punta di calore all'altezza del petto.
Kisara sognava.
Sarebbe stato bello se quella fosse stata la voce di quel ricordo.

Segreti, rimpianti, ricordi.
Segreti possono essere divulgati.
Amori passionali. La casa, la famiglia, i parenti.


Kisara riaprì gli occhi.
Un luogo sconosciuto, buio, senza finestre.
Un uomo sconosciuto, armato.
Non era una prigione.
Era una normale stanza.
Si mise seduta. Si toccò il punto da cui aveva sentito scivolare qualcosa di caldo. Una cicatrice. Le macchie dai suoi capelli erano state tolte superficialmente.
Qualcuno l'aveva portata via da quelle persone e l'aveva curata.
Un pazzo l'aveva portata via da quei pazzi e l'aveva curata.
L'uomo armato le chiese se riuscisse a reggersi in piedi.
Kisara annuì.
L'uomo armato le ordinò di seguirla.
L'aria era statica, impregnata dell'odore della pietra, soffocata dall'odore di chiuso.
Eppure, Kisara sentì freddo.
Seguì l'uomo armato senza fare domande.
Confidava che qualcuno le avrebbe spiegato cosa stesse succedendo.
Grida rabbiosa. Urla di dolore. Boati.
Kisara sentì il gelo.
Non poteva essere stata salvata solo per essere torturata.
Un luogo sconosciuto, buio, senza finestre.
Una porta fu aperta.
Grida rabbiosa. Urla di dolore. Boati.
Pietra.
Tavole di legno sospese nel buio. Catene arrugginite che malsorreggevano tavole di legno. Uomini disperati sulle tavole di legno.
E dei mostri.
L'uomo armato la condusse al cospetto di un uomo anziano, seduto su di una sorta di trono.
Aveva la pelle di terra e un occhio d'oro.
Quell'uomo non le piaceva. Le trasmetteva solo sensazioni negative.
Kisara sentì il gelo.
Quell'uomo non le piaceva. Quell'uomo era di una pazzia malvagia.
L'uomo disse qualcosa, ma ogni suo senso sembrava paralizzato.
Nessuno le spiegò cosa stesse succedendo.
Fu calato un ponte levatoio. Fu spinta sulle tavole di legno. Le catene arrugginite sussultarono. Il ponte levatoio fu rialzato.
Kisara sentì il gelo.
Ogni suo senso sembrava paralizzato.
Due uomini disperati sulle tavole di legno.
Mostri ripugnanti alle loro spalle, creature che non aveva mai visto.
Erano animali? Come potevano volare, se non avevano ali?
Erano divinità? No, non potevano esserlo.
Nessuno le spiegò cosa stesse succedendo.
Kisara sentì il gelo.
Ogni suo senso sembrava paralizzato.
- Donna! Mostrami il potere del tuo Ka! -
La voce di quell'uomo la risvegliò.
Il suo Ka? Perché? Cosa voleva dire? Come poteva mostrare il suo Ka? Era forse un modo per dirle di reagire? Ma come? Cosa avrebbe potuto fare contro due-
Uno dei due mostri vomitò una melma appiccicosa e quella, come una corda, si avvolse attorno al suo corpo, bloccandola, come se fosse animata.
Trattenne un conato di vomito.
Il corpo era congelato.
Le orecchie erano frastornate da un battito impazzito.
- Ho paura. -
Gli occhi rimanevano spalancati.
Le gambe non si muovevano, come colonne su cui non aveva alcun controllo.
La voce era un ansimo soffocato.
Perché?
Cosa stava succedendo? Cosa volevano da lei? Quegli uomini avevano la pelle di terra, non era il suo essere definita figlia di Iah a spingerli a farle tutto quello. Cosa volevano da lei?
La voce era un ansimo soffocato.
Una preghiera.
Che il signore delle tempeste la aiutasse.
- Donna! Chiama il tuo Ka! Ora! Fallo ora! -
Il suo Ka, di nuovo. Come poteva chiamare il suo Ka? Non sembrava un modo per dirle di reagire. Cosa voleva quell'uomo? Cosa volevano, tutti, da lei? Perché nessuno le aveva spiegato nulla?
Avrebbe voluto urlarlo, ma la sua voce era un ansimo soffocato.
Riuscì a muovere la testa - ogni movimento era come una fitta - e si voltò verso quell'anziano pazzo.
Accanto a lui era apparso un altro uomo.
Un giovane della sua età.
Dalla pelle di terra, dagli occhi dell'acqua del Nilo.
Il cuore s'incendiò.
Gli occhi bruciarono.
Forse gli somigliava soltanto. Ma era una splendida illusione.
Grida rabbiose. Urla di dolore. Un boato.
Si voltò, incontrò gli sguardi di quei mostri, sempre più vicini.
Le gambe non si muovevano, come colonne su cui non aveva alcun controllo.
La voce era un ansimo soffocato.
Un uomo d'innanzi a lei.
I mostri furono cacciati indietro.
No, non era un uomo. Era una creatura nera dall'aspetto di un uomo.
Aveva una spada e aveva delle ali.
Un uomo d'innanzi a lei.
La sua illusione.
Quell'uomo aveva uno scettro d'oro, stranamente simile ad un'ascia bipenne. Una delle lame tagliò la melma appiccicosa che la imprigionava, facendola cadere sulla tavola di legno.
Quel giovane era un pazzo.
Un pazzo che si era intromesso per liberare una creatura maledetta.
- Donna... qual è il tuo nome? -
Che la figlia di Iah pronunciasse il suo nome sacrilego, allora.
- Kisara. -
E si accorse di non averlo mai pronunciato.
Solo sua madre, quella che le somigliava, la chiamava per nome.
Ogni tanto, anche gli abitanti del suo villaggio.
Ma lei non aveva mai avuto bisogno di pronunciare il suo nome e se ne rese conto solo in quel momento.
- Kisara, non allontanarti da me. -
Solo sua madre, quella che le somigliava, la chiamava per nome.
Ogni tanto, anche gli abitanti del suo villaggio.
Ma lei non aveva mai avuto bisogno di pronunciare il suo nome e si rese conto solo in quel momento di quanto fosse meraviglioso.
- Non avrei mai pensato che un Sacerdote si unisse a noi! -
Sacerdote?
- Abbiamo un rancore che vale anni di sofferenza! Non è il momento di pagarli? -
- Quella donna non può neanche invocare un Ka... Dato che siamo due contro uno, siamo in vantaggio! -
L'oggetto d'oro della sua illusione e dell'anziano, i loro abiti di stoffa pregiata, il portamento regale... come aveva potuto essere così stupida?
Era arrivata fino a Waset e non se n'era neanche resa conto.
Era stata portata al cospetto di uno dei Sacerdoti della Corte Sacra e non se n'era neanche resa conto.
Davanti a lei, a proteggerla, c'era uno dei Sacerdoti della Corte Sacra e non se n'era neanche resa conto.
- Maledetti! Non osate fare del male a Seth! -
La voce dell'anziano era un tuono.
Rimbombava nella pietra e nel buio, nelle loro orecchie, nelle loro menti.
Quell'uomo non le piaceva. Quell'uomo era di una pazzia malvagia.
Seth era tornato da lei e la stava conducendo tra le tempeste degli umani.
La sua illusione era la sua realtà.
Le bastava questo.
La creatura nera tagliò con la sua spada le catene arrugginite che sorreggevano le tavole di legno.
Voleva tagliare solo quelle che sostenevano i due uomini, ma evidentemente erano tutte collegate.
Seth era folle, o forse ridicolmente sicuro di sé.
Sentì prima la stretta della sua mano che il vuoto sotto i suoi piedi.
Quando precipitarono, le loro mani strattonarono le loro braccia, fitte dolorose.
- Kisara, stai bene? -
Continuava a pronunciare il suo nome.
Cercò di rispondere, ma la sua voce era un ansimo soffocato.
Si limitò ad annuire, mentre alzava la testa.
L'unica cosa che sosteneva entrambi era lo scettro d'oro, intrecciato alle catene.
Pregò che Seth avesse anche solo una vaga idea di come risalire. Quell'uomo anziano, nonostante la pessima sensazione che le dava, sembrava in qualche modo legato a lui, forse l'avrebbe aiutato.
Sperò che qualcuno le spiegasse cosa stesse succedendo.
Una voce.
Uno dei due uomini, quello con il mostro che vomitava melma appiccicosa, si era salvato grazie ad essa.
Il mostro vomitò la sua melma appiccicosa e quella, come una corda, si avvolse attorno al corpo della creatura nera, bloccandola, come se fosse animata.
La presa della mano di Seth si fece più forte.
Seth era folle e, ormai l'aveva capito, agiva mosso dalla tempesta.
Il mostro si scagliò contro di loro.
Tempo prima, Seth le aveva dato un'occasione per farcela da sola.
Era pazza, era avida ed egoista.
Non avrebbe più aspettato.
Che la creatura di Ra incendiasse case e bruciasse corpi.
Che la creatura di Ra brillasse e scurisse sempre di più la sua Sheut.
Se questo le avesse permesso di rimanere in vita fino a vedere quell'uomo sano e salvo, che la usasse per splendere come Ra.
Kisara non chiuse gli occhi.
Avrebbe domato la creatura di Ra, avrebbe usato il suo fuoco a suo piacimento.
Quel mondo che aveva sognato si era concretizzato, seppur diverso da come lo sognava.
Non avrebbe chiuso gli occhi mentre era nel suo sogno.
Una creatura grande, maestosa, di un bianco accecante, quasi fosse fatta di sole.
Una creatura dallo sguardo del colore delle acque del Nilo.
Ra era tra la pietra e il buio.
Forse, quel luogo era davvero la Duat.
Strinse la mano di Seth.
Le forze si prosciugavano come acqua nel deserto.
Il mostro scomparve, Seth era salvo.
Kisara chiuse gli occhi.

Caos mentale, follia.

Kisara riaprì gli occhi.
Un luogo sconosciuto, buio, senza finestre.
Si sentiva stanca come poche volte.
Le parve di sentire un sussurro, ma di non udirlo con le orecchie.
Le parlava al cuore, al cervello.
L'animo di Seth era distrutto da una tempesta.
Si alzò. Non c'era nessuno, per qualche motivo.
Non aveva idea di cosa fosse successo, né perché.
Qualcuno l'aveva riportata in quella stanza e non aveva sentito il bisogno di sorvegliarla. Invece di essere buttata nel deserto, era stata buttata in quella stanza.
Qualsiasi cosa volesse da lei la Corte Sacra, onestamente, non le importava.
- Sommo Seth... -
Si sentiva stanca come poche volte, tanto da doversi sostenere alle mura di pietra.
Non aveva idea di come orientarsi in quel luogo buio, non aveva idea di come orientarsi dentro Waset, non aveva idea di dove trovare Seth.
La voce era un sussurro perso nella pietra.
Una preghiera.
Che il signore del deserto placasse la sua tempesta, che la creatura di Ra illuminasse il suo cammino.

Non bisogna lasciarsi spaventare dai pericoli e dalle avversità, ma perseverare nello scopo prefisso anche se il cammino è incerto e non ci si vede troppo chiaramente.
Bisogna fidarsi dei presentimenti, delle percezioni psichiche, bisogna usare la riflessione.


Era uscita da quel luogo buio, era uscita da Waset.
La gente, disgustata, si allontanava.
Iah le stava aprendo la strada.
Nessuno osò toccarla, nessuno osò fermarla.
Ra splendeva nel cielo, ma non la feriva, non la soffocava.
Si sentiva stanca come poche volte, tanto da doversi sostenere alle mura degli edifici.
Quando arrivò nel regno di Seth, non c'era più nulla a sostenerla.
Avrebbe dovuto farcela da sola.
Dopo tutti quegli anni, conosceva il regno di Seth. Se il vento non avesse cancellato le sue impronte, tutto il suo palazzo di sabbia sarebbe stato colmo della sua presenza.
Non aveva idea di dove trovare Seth.
Sapeva solo che quella era la strada giusta.
Tutto ciò che aveva sempre visto era stata la sabbia rossa di Seth.
La veste di Seth era bianca e blu e i suoi occhi erano del colore del Nilo.
Per un istante, si chiese se si ricordasse di lei, o se la sua follia lo spingesse abitualmente a salvare creature dal colore di Iah.
Non le importava davvero, in realtà.
Le aveva di nuovo stretto la mano, l'aveva di nuovo condotta tra le tempeste degli umani.
Che lui la ricordasse o meno, lei si ricordava di lui e di come la sua follia fosse immutata rispetto a quella che aveva conosciuto.
Le rovine di un tempio.
Una figura bianca e blu.
Un mostro dal mantello nero e dalla maschera bianca.
La creatura di Ra aveva illuminato il suo cammino.
Che la aiutasse a condurre Seth tra le tempeste del suo animo.
Riconobbe l'anziano dall'occhio d'oro. Aveva finalmente assunto il suo vero aspetto.
Incontrò lo sguardo azzurro di Seth.
La stava pregando di andarsene.
Non con rabbia.
Era terrorizzato.
Già una volta era tornata da lui, mentre stava scappando.
Non sarebbe scappata ora che era tornata da lui.
- Tempo addietro, tu mi salvasti. -
A causa sua, la follia di quel giovane si era intensificata e gli aveva fatto commettere un gesto che, ne era certa, avrebbe rimpianto per tutta la vita.
- Ma questo portò alla distruzione del tuo villaggio. -
Le aveva di nuovo stretto la mano, l'aveva di nuovo condotta tra le tempeste degli umani.
Che lui la ricordasse o meno, lei si ricordava di lui e di come la sua follia fosse immutata rispetto a quella che aveva conosciuto.
- Ora è giunto il momento che sia io ad aiutarti! -
Il simile attrae il simile.
Lui era pazzo, lei era pazza.
Ma non della stessa pazzia dell'anziano Sacerdote.
- Uccidi quella donna! -
Era questo ciò che voleva? Strappare il suo Ba dal suo Sekhu, per quel Ka di cui andava farneticando?
Ricordava che alcuni pensassero che i capelli e la pelle di Iah fossero dotati di poteri magici.
Quell'anziano era pazzo, malvagio.
Che la creatura di Ra incendiasse la sua Sheut e bruciasse il suo Sekhu.
Seth afferrò la sua mano.
La strinse con forza, come quando erano nella Duat.
Kisara si voltò.
Seth la trascinò via.
Non la stava portando via per proteggerla.
La stava portando via perché entrambi potessero essere protetti.
Quell'uomo anziano, nonostante la pessima sensazione che le dava, era sembrato in qualche modo legato a lui, forse l'avrebbe aiutato.
Quel mostro aveva fatto sì che il suo animo fosse sferzato dalla tempesta.
Quell'anziano era pazzo, malvagio.
Tagliò loro la strada.
Voleva la distruzione del dio della distruzione, voleva la morte dell'umana figlia di Iah.
La creatura nera si frappose tra loro.
Ma quel mostro la distrusse.
Sembrava che, così facendo, avesse ferito Seth.
La creatura era una creatura viva? Era apparsa dal nulla, era forse uno spirito? O forse era una manifestazione di Seth?
Il cuore s'infiammò.
La creatura di Ra si nascondeva nella sua Sheut.
Non potevano coesistere per troppo tempo.
Usava la sua forza per manifestarsi.
La seguiva.
Come aveva potuto non vedere la realtà che, in tutti quegli anni, era stata davanti ai suoi occhi?
Lei era solo una comune umana.
Una comune umana dall'aspetto di una figlia di Iah, dal nome di una figlia di Ra.
La creatura di Ra era dentro di lei.
La creatura di Ra era una delle nove parti della sua anima.
La creatura di Ra era un'altra se stessa.
- Non ho paura. -
La creatura di Ra apparve, di uno splendore sacrilego.
Il vero Ra era nel cielo, ma non la ferì, non la soffocò.
Non c'era più alcun sacrilegio.
Non era figlia della luna, portava il nome della figlia del sole.
Era solo una comune umana, la cui pelle e i cui capelli rilucevano come Iah, la cui anima splendeva come Ra.
Quell'anziano era pazzo, malvagio.
Quel mostro aveva fatto sì che l'animo di Seth fosse sferzato dalla tempesta.
Voleva incendiare la sua Sheut e bruciare il suo Sekhu.
Kisara non chiuse gli occhi e guardò la sua anima.
Sì. Forse un po' somigliava ad Apophis. Forse era questa l'unica cosa che aveva sempre indispettito Ra.
C'era stato un periodo in cui le divinità la detestavano.
C'era stato un periodo in cui la creatura che più la detestava era se stessa.
Kisara non chiuse gli occhi e guardò la sua anima.
Qualcosa che splendeva così tanto, forse, non era poi così malvagia.
Attaccò il mostro.
Quell'uomo sarebbe stato sano e salvo.
Una gigantesca tavola di pietra.
Sembrava apparsa dal nulla, o forse non l'aveva notata, tra le rovine.
La sua anima fu trascinata nella pietra, ma lei si oppose.
Una fitta al petto, alla testa.
Sembrava le stessero lanciando pietre all'interno del corpo.
Strinse i denti e si oppose.
Qualsiasi cosa stesse cercando di fare quel mostro - perché era quel mostro a cercare di costringere la sua anima nella pietra -, non glielo avrebbe permesso.
Avrebbe voluto che Seth scappasse, ma sapeva benissimo che non l'avrebbe fatto.
Sperò di riuscirgli a dare modo di fare qualcosa.
Il suo corpo non aveva più forze, ma non c'era nulla a sostenerla.
Avrebbe dovuto farcela da sola.
- Figlio mio... -
Tremò.
Sotto la luce di Ra, sentì freddo.
Guardò quel mostro.
- Mio padre è morto in battaglia tanti anni fa. -
Quell'uomo anziano, nonostante la pessima sensazione che le dava, era sembrato in qualche modo legato a lui, forse l'avrebbe aiutato.
Quel mostro aveva fatto sì che l'animo di Seth fosse sferzato dalla tempesta.
Figlia della luna. Figlio di un mostro.
Lei non era figlia della luna. Lui non era figlio di un mostro.
Il mostro attaccò colui che aveva appena insultato chiamandolo "figlio".
Seth l'aveva condotta tra le tempeste degli umani.
Quel mondo che aveva sognato si era concretizzato, seppur diverso da come lo sognava.
Seth era folle e le aveva dato un'occasione per farcela da sola.
Aveva smesso di aspettare.
Era quello che aveva scelto.

Il granchio, animale lunare, perde il suo guscio per cambiarlo. Come il serpente, rinnova il suo rivestimento esteriore, cosa questa che ha portato il granchio ad essere associato all'immortalità.
Il mutare della Luna allude alla rinascita dopo la morte, all'eternità.


Fu afferrata prima che potesse cadere.
Faceva male.
Faceva freddo.
Qualcosa di caldo le scivolava sulla pelle, macchiandole i vestiti.
Le braccia di Seth.
Erano calde.
Forse era davvero il calore del deserto. Però era più piacevole.
Gli occhi di Seth.
L'aveva rattristato.
Ma non se ne pentiva.
Sarebbe stato salvo. Ne era sicura.
Le braccia di Seth erano calde.
Aveva vissuto la sua vita nel regno di Seth. Se il vento non avesse cancellato le sue impronte, tutto il suo palazzo di sabbia sarebbe stato colmo della sua presenza.
Le piaceva la sabbia rossa di Seth.
Le piacevano gli occhi azzurri di Seth.
Kisara sognava.
Kisara apriva gli occhi.
Seth l'aveva abbracciata e condotta tra le tempeste degli umani.
Khonsu l'aveva accompagnata al cospetto della sua anima.
Aveva abbracciato la sua anima.
La sensazione felice che nasceva nel petto era il calore del deserto, ma più piacevole.
Accarezzò quel volto.
Il calore del deserto, familiare e sconosciuto.
- Sommo Seth... -
Kisara era folle e gli aveva dato un'occasione per farcela da solo.
Aveva smesso di aspettare.
Aveva scelto di essere accompagnata nella Duat al posto di un altro.
Il suo Ka, qualsiasi cosa avesse voluto quel mostro da lei, rimase con Seth.
Quel mondo che aveva sognato si era concretizzato, seppur diverso da come l'aveva immaginato.
Il regno di Seth non divenne di sola sabbia, ma anche di edifici e persone.
Kisara fu sepolta come la Grande Sposa Reale che era sciocco pensare sarebbe mai stata.
Il suo Ka rimase con l'animo di Seth, scosso dalle tempeste.
Un sussurro perso nel vento.
Una preghiera.
Che la sua anima del colore della luna potesse vegliare sul carro trionfale del signore del deserto.

.

× Le definizioni e le descrizioni del tarocco non mi appartengono e sono tratte da Wikipedia e Tarocchi.it.
(Quest'ultimo sito è molto diverso da quando, otto anni fa, ne presi le definizioni. Ci sono ancora, ma sono in mezzo ad un sacco di pubblicità.)
× Transcend Game e The Dark Side of Dimensions non sono tenuti in considerazione.

Note:
* Come si può facilmente supporre, svariati punti sono stati ispirati della canzone Figlio della luna , dei Mecano.
* In egizio, "sara" vuol dire "figlia di Ra", alias "figlia del Sole".
(Ad essere precisi, è maschile. La corretta versione femminile sarebbe "satra", ma fate finta di nulla.)
* Iah è il nome con cui gli Egizi chiamavano la luna.
Era anche definita "sole morto". La sua personificazione era spesso associata a Thot, come "divinità del sole morto". [ Wikipedia ]
* Khonsu era il dio egizio della luna, del tempo e della conoscenza.
Il suo nome significa "viaggiatore" e potrebbe riferirsi al viaggio della luna attraverso il cielo notturno. [ Spudorato copia-incolla da Wikipedia ]
* Seth era il dio della distruzione, delle tempeste, del deserto e degli stranieri.
Nonostante la fama negativa, in realtà era una divinità importantissima e venerata, in quanto garante dell'equilibrio: a testimonianza della positività del suo ruolo, alcuni faraoni portarono il suo nome ed era associato a tutto l'Alto Egitto (la zona meridionale). [ Wikipedia ]
* La Duat è l'Aldilà egizio.
Secondo la credenza, la notte era la conseguenza del viaggio di Ra (il Sole) nella Duat, dove combatteva contro il serpente Apophis, incarnazione delle tenebre e del caos, per poi vincere e "rinascere" l'alba successiva. [ Wikipedia ]
* Sheut e Sekhu sono due delle nove parti (tra cui Ba e Ka) in cui è suddivisa l'anima secondo la religione egizia. [ Wikipedia ]
Nello specifico, Sheut (o Shuyt o Khaibit) è l'ombra, nonché l'insieme degli aspetti negativi della persona; Sekhu (o Khat) è il corpo materiale.
Il Ba, secondo la religione egizia, si potrebbe più o meno definire come il corrispettivo attuale dell'anima - ciò che si separa dal corpo alla morte, la personalità effettiva dell'individuo. Il Ka è più complesso da spiegare - ma, riassumendo, è la forza vitale, contenitore delle emozioni e dei ricordi e si può trasmettere di genitore in figlio; ricordare e pregare il Ka di un defunto ne garantiva la sopravvivenza dopo la morte.
* Sekhmet era la dea della guerra e di malattia/guarigione; veniva anche considerata una divinità del fuoco. [ Wikipedia ]
* La parola "lunatico", di solito, indica persone caratterizzate da frequenti cambiamenti d'umore e di pensieri. "Lunatico", però, indicava anche una persona folle - cosa che si riscontra nell'inglese "lunatic".
* Waset è l'antico nome egizio di Tebe (da non confondersi con la sua omonima greca), capitale durante il Medio Regno e l'inizio del Nuovo Regno. [ Wikipedia (inglese) ]


Salve.
Ha un che di strano tornare su una raccolta iniziata otto anni fa (Ah, me del passato, che il 11/09/2011 ti scusavi di sette mesi di vuoto tra un capitolo e l'altro!) e non ho la minima idea di come approcciarmi alle note di fine capitolo.
In generale, ha un che di strano tornare in un fandom in cui ero otto anni fa. Ho avuto un ritorno di fiamma - per Yu-gi-oh!, per l'Abridged, per il mondo delle fanfiction in generale - e boh, mi è venuta voglia di riprendere in mano Triumphi.
Non so se proseguirò. Potrei mettermi e finirla tutta in una settim- in un mese. (Forza, Sole e Diavolo mi guardano come a dire "viecce, viecce".) Potrei non postare mai più in assoluto. In compenso, come scritto nell'introduzione, se volete conoscere le identità degli altri tarocchi e qualche commento a riguardo, passate sul mio account~ (Frotte e frotte di gente ansiosissima di sapere, non ci dormirebbe la notte!)
Parlando del capitolo di per sé, i più immensamente astuti si saranno accorti che il numero 18 non viene dopo il numero 10. No, non è colpa dell'esilio della matematica dal mio universo, ma di una filosofia che ho deciso di accettare: scrivi quel che ti pare. Aprendo il file di testo, dopo qualche minuto di titubanza, ho deciso di accettare una seconda filosofia: scrivi, poi lo correggi. Ho sacrificato almeno due storie per la mia paranoia di "star scrivendo male", e ho deciso di non commettere più lo stesso errore. (Fatelo anche voi!) Se mai proseguirò, riordinerò i capitoli man mano - così che le note di fine capitolo assumino un meraviglioso senso à la episodi de La Malinconia di Haruhi Suzumiya.
Perché proprio Kisara? I motivi sono tanti: è una delle mie personagge preferite di YGO, perché amo la Mizushipping - difatti volevo scriverla fin da quando scrissi Il Carro - e, soprattutto, perché in realtà fu da qui che nacque l'idea di Triumphi. In principio (all'incirca nell'Ordoviciano superiore), avevo in mente una oneshot su Kisara, in cui veniva paragonata alla luna, con la luna come elemento cardine per un approfondimento su di lei. Romanzatissimo, ovviamente, perché della povera Kisara non si sa tipo niente. Dato che l'accoppiata Kisara=Luna mi piaceva molto, ricordandomi dei Tarocchi e del fatto che, in teoria, esiste una serie di Tarocchi legati a YGO (con svariate corrispondenze date più per tema che per significato), mi sono messa ad accostare personaggi e Tarocchi. E quindi...
Mi sembrava in qualche modo "giusto" riprendere in mano questa raccolta iniziando da colei che me la ispirò. (Fun fact: non sono riuscita ad inserire la primissima scena che avevo pensato, una semplice scena in cui Kisara si specchiava in un'oasi e si chiedeva perché fosse diversa dagli altri. Ma non trovo c'entri granché con la oneshot attuale, quindi okay. (?))
Come detto - e come si sarà argutamente dedotto -, è al 90% romanzazione, come già lo era stato per gli ultimi capitoli che avevo scritto. Ho attinto perlopiù all'anime, perché Kisara, nel manga, come dire, non è che abbia tutto questo screentime-
Nelle parti canoniche, ho cercato di riprendere Il Carro - nella parte finale, il riferimento è esplicito - ma, rileggendolo bene, un paio di cose potrebbero non essere uguali: questo perché, per Il Carro, ho preso molte cose dal manga, mentre qui praticamente non l'ho aperto. Avrei potuto modificare qualcosa, ma ho deciso di non farlo. Il Carro è stato scritto dalla me di otto anni fa, La Luna è stata scritta dalla me di ora.
Notare che in un paragrafo fa la sua comparsa un uomo dai capelli bianchi. Ovviamente è Bak'ra. Perché io non ci credo neppure se mi telefona Kazuki Takahashi per negarlo che lui e Kisara non si siano mai incontrati. Tra l'altro, trovo che questi due insieme (non necessariamente come coppia) abbiano un potenziale enorme. La diversa natura dei capelli bianchi di Kisara e di Bak'ra, invece, è un mio headcanon. A ben vedere, anche lo scriverlo "Bak'ra" piuttosto che "Bakura" è un mio headcanon.
Non credo di avere altro da dire, se non che è stato strano e piacevole tornare a scrivere e a fare ricerche storico/culturali per una fanfiction.
Che tu sia di quelli che iniziarono a leggere secoli orsono, che tu abbia aperto solo ora, che tu sia capitato qui per sbaglio cercando la ricetta per la crostata alla marmellata, spero sia stato un intrattenimento almeno gradevole~
  
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