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Autore: FairyCleo    17/12/2019    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il compleanno di Goten
 
Bulma e Chichi avevano raccolto tutte e sette le sfere del drago, facendo attenzione a nasconderle in modo che la loro luminosità non potesse essere in alcun modo notata. Erano state veloci ed estremamente efficienti, e avevano avuto anche il tempo di iniziare a pensare seriamente all’organizzazione della festa di compleanno di Goten. C’erano da stampare e distribuire gli inviti, comprare palloncini e festoni, decidere il menù, fare una scaletta con musica adatta alla loro età, pensare a dei giochi – e qui Bulma aveva proposto a Chichi di assumere degli animatori che facessero divertire i bambini – ordinare la torta e pensare anche a dei regalini per gli invitati. La mora aveva scoperto che il suo secondogenito era riuscito a farsi una folta schiera di amici, nei suoi pomeriggi trascorsi in città insieme a Trunks e Vegeta, e non aveva esitato neanche per un attimo prima di decidere di invitarli. Suo figlio avrebbe avuto la festa più bella del mondo e avrebbe ricevuto un regalo inaspettato e insperato. Sperava solo che le cose andassero per il meglio.
Aveva il cuore in gola, Chichi. Da quando Baba le aveva consegnato il dono inviatole da Goku non se n’era mai separata. Aveva fatto in modo di adattare la cintura a nastro per i capelli che, da qualche tempo, portava legati in uno stretto chignon. Non sapeva bene perché lo avesse fatto. Aveva ammesso di odiare quello che era stato suo marito proprio davanti a Bulma, eppure non era riuscita a separarsi da quel logoro accessorio.
Che aspetto avrebbe avuto, Goku? Era forse invecchiato? Del resto, aveva mantenuto il suo corpo anche nel regno dei morti… O avrebbe avuto lo stesso aspetto di cinque anni addietro? Come sarebbe stato rivedersi? Cosa le avrebbe detto? E cosa avrebbe dovuto fare lei, soprattutto? Era talmente arrabbiata con lui… Ma temeva che qualsiasi barriera avesse alzato sarebbe crollata al suo primo sorriso. E, a quel punto, Chichi avrebbe iniziato a odiare anche se stessa.
Ma non esisteva solo lei, ne era ben consapevole. Così come sapeva che aveva acconsentito a mettere in atto quel piano folle solo per i suoi figli. Aveva accettato solo per il bene di Gohan e Goten.
Non vedeva l’ora di vedere la reazione dei suoi figli. Gohan sarebbe scoppiato a piangere di gioia, già lo sapeva. Quel ragazzo adorava suo padre, lo stimava profondamente, ed era certa che non vedesse l’ora di rivederlo. Ma Goten? Lo aveva solo visto in fotografia, aveva solo sentito parlare di lui. Come avrebbe reagito? Bulma le aveva detto di non preoccuparsi, che ne sarebbe stato pienamente felice, ma se così non fosse stato? O se, peggio ancora, si fosse attaccato a lui e Goku avesse deciso di andare via? Se, cercare le sfere del drago fosse stata fatica sprecata? Troppi dubbi attanagliavano la sua mente, troppi pensieri negativi.
Doveva solo stare calma e pensare alla festa di suo figlio. E, come più volte aveva sottolineato Bulma, sarebbe andato tutto bene.
Tutto bene.
Ci sarebbero stati tutti, ma proprio tutti gli amici di un tempo. Le due donne non avevano comunicato loro dell’arrivo di Goku sperando di fare una sorpresa a tutta la squadra riunita. Crilin e Genio sarebbero stati felici sino alle lacrime, già lo sapevano. Chissà cosa avrebbe detto Goku del suo migliore amico e di C18? Di certo, ne sarebbe rimasto molto sorpreso, ma sarebbe stato contento per lui.
E chissà che reazione avrebbe avuto la persona che, dopo i membri della sua famiglia, aveva subito più di tutte le conseguenze dell’assenza di Goku… Che reazione avrebbe avuto, Vegeta, a riguardo?
Tutti sapevano che il principe dei saiyan aveva smesso di combattere dopo la morte di Goku. Certo, non aveva mai smesso di allenarsi, ma non aveva più girovagato nello spazio alla ricerca di qualche nuova tecnica da apprendere e sfoggiare contro il suo più acerrimo rivale. E nessuno, ma proprio nessuno, gli aveva mai più sentito dire di voler diventare il guerriero più forte dell’intero universo. Non si era neanche mai più trasformato in super saiyan, nonostante le continue richieste da parte dei bambini. Era completamente cambiato. Se in meglio o in peggio, sotto quel punto di vista, Chichi non sapeva dirlo. In quei giorni trascorsi alla Capsule Corporation, il loro incontri si erano limitati alla colazione, al pranzo e alla cena, oltre a qualche fortuito momento di passaggio in ambienti quali salotto e corridoi. Era sempre così… Così serio. Credeva di averlo visto sorridere solo un paio di volte. C’era da dire che era più educato di Goku, sedeva a tavola in maniera più composta e non faceva grugniti insopportabili mentre mangiava, ma si limitava a salutare appena, a volte solo con un cenno del capo. Dove era finito il Vegeta chiacchierone che aveva praticamente fatto irruzione a casa sua qualche tempo addietro?
Però, con i ragazzi era tutta un’altra storia. Vegeta li esortava a impegnarsi, a studiare, ad allenarsi con dedizione e a ubbidire agli adulti, senza però soffocare le loro predisposizioni e i loro interessi. Da quando si erano trasferiti lì, persino Gohan aveva ricominciato ad allenarsi. Chich, suo malgrado, aveva dovuto ammettere che vedere suo figlio in azione la riempiva di orgoglio. Gohan era diverso, era più solare. Nonostante quelli con Vegeta fossero movimenti basilari, quasi un riscaldamento per due guerrieri del loro calibro, la mora aveva visto nei suoi occhi lo stesso sguardo ardente che aveva Goku durante gli scontri mortali che aveva intrapreso in passato. Un giorno, passando dalla serra per raccogliere il bucato, aveva sentito suo figlio ringraziare il saiyan più anziano per l’aiuto datogli durante lo scontro con Cell.
“Se non fosse stato per te, per quel colpo con cui lo hai distratto, non credo che ce l’avrei fatta”.
Se fosse vero o meno, Chichi non poteva saperlo, mentre sapeva benissimo quanto fosse cresciuta la stima di Gohan nei riguardi del burbero principe dei saiyan, così come sapeva benissimo che Goten, il suo piccolo, adorabile Goten, pendesse dalle sue labbra.
Quel bambino lo amava. Lo amava di un amore naturale solo tra padre e figlio. Goten lo rispettava, seguiva ogni suo consiglio, anche il più piccolo, cercava di renderlo orgoglioso e, cosa che a Chichi faceva più male di tutte, cercava disperatamente un contatto fisico con lui. Il suo piccolo voleva essere abbracciato da qualcuno che non fosse lei. Il suo piccolo voleva essere abbracciato dall’uomo che considerava suo padre.
La mora era pervasa dai dubbi. Il sonno, la sera, tardava ad arrivare. Stava veramente facendo la cosa giusta? Goku era morto da tanto tempo, ormai, le cose erano molto cambiate… Gohan non era più un bambino, ma un ometto responsabile che trascorreva la maggior parte del suo tempo a studiare e che sgattaiolava via di tanto in tanto per fare del bene, o almeno così diceva lui (a tal proposito, Chichi lo aveva visto bisbigliare un paio di volte insieme a Bulma in merito a un certo Great qualcosa, ma non era certa né di aver capito il nome giusto né di voler davvero sapere di cosa si trattasse). Goten era un bambino amato, ma evidentemente incompleto per la mancanza della figura paterna che aveva trovato in Vegeta e lei… Bè, lei era invecchiata tanto… Certo, era sempre in forma, ma se Goku non l’avesse più trovata attraente? Se avesse deciso di non rimanere insieme a loro anche per questa ragione? Cielo, a cosa andava a pensare? Lei lo odiava, no?
Tutto questo pensare di continuo faceva sì che Chichi avesse una perenne emicrania che la portava a massaggiarsi con decisione le tempie. Odiava stare male, soprattutto in vista di eventi tanto importanti. Doveva solo mantenere la calma e sarebbe andato tutto bene, questa era le verità. Doveva solo respirare e attendere. Il resto sarebbe venuto da sé.

 
*

“Le sedie rosse vanno in fondo a destra mentre quelle gialle vanno dal lato opposto! I dolci sul tavolo lungo, per piacere, mentre i regalini per i bambini e la finta torta per le foto vanno sul tavolo rotondo. Le pietanze salate sul tavolo con il dinosauro e la pignatta… Sì, la pignatta va appesa tra quei due pini accanto al laghetto! Forza signori! Siamo già in ritardo e tutto deve essere perfetto!”.
Il fatidico giorno era arrivato e Bulma non aveva smesso di dare ordini sin da quando aveva messo i piedi per terra. Il primo malcapitato era stato proprio il povero Vegeta, costretto dalla moglie a vestirsi immediatamente e a portare i bambini fuori da casa. “Ovunque ma non qui”, aveva detto, causando al povero principe una serie di spasmi misti a minacce di morte in quanto nessuno poteva permettersi di dargli ordini. La turchina aveva notato che erano anni che non si rivolgeva a se stesso con il titolo altisonante di “principe dei saiyan”, ma quello non era il momento più adatto per farglielo notare. Ci sarebbe stata una festa, quella sera, e un incontro perfettamente congeniato tra un padre e un figlio che non si erano mai conosciuti e tutto, ma proprio tutto, doveva risultare PERFETTO. Guai se fosse stato fatto il minimo errore. Bulma avrebbe ucciso tutti i presenti, poi Chichi li avrebbe fatti resuscitare (dando così un senso all’aver trovato le sfere del drago) e li avrebbe uccisi nuovamente, stavolta lasciandoli aleggiare nel mondo dei morti.
A proposito di morti, a che ora sarebbe arrivato di preciso Goku non lo sapeva nessuno. Baba era stata estremamente vaga, ed era stato impossibile entrare in contatto con il saiyan tramite re Kaioh. Sapevano perfettamente che il sovrano dell’ovest fosse in grado di sentirle e non riuscivano a spiegarsi il perché le stesse ignorando. Per quanto ciò costituisse un serio problema, di comune accordo avevano deciso di non pensarci troppo. Da lì a poche ore, il giardino della Capsule Corporation sarebbe stato invaso da bambini, genitori che non conoscevano e amici di un tempo, riunitisi per festeggiare Goten. Alla fine del party, quando tutti i bambini sarebbero ritornati a casa, sarebbero rimasti solo gli amici intimi di Chichi per una sorta di party intimo dopo la festa, come lo aveva chiamato Bulma e lì – si sperava – sarebbe arrivato Goku.
Si sperava, appunto.
Incapace di trattenersi ulteriormente, la mora si era rintanata in bagno, scoppiando in un pianto incontrollabile. Non aveva intenzione di farsi vedere o sentire da qualcuno. Aveva solo bisogno di un momento per se stessa, per riordinare i suoi pensieri, ma i suoi singhiozzi non erano sfuggiti a una persona che, per caso, passava davanti la porta di quel bagno proprio in quel momento.
“Smettila di piangere e vieni fuori da qui”.
Com’era possibile che, tra tanti, proprio Vegeta fosse passato da lì in quel preciso istante.
“Ve-Vegeta… Non è il momento”.
“Tsk. Pensi che io abbia tutto il giorno? Devo tornare da quei due marmocchi prima che combinino qualche guaio. Vuoi aprire questa porta o no?”.
Già: perché Vegeta non si trovava con i bambini? Che ci faceva a casa a quell’ora? Che fosse successo qualcosa? Allarmata più che mai, aveva aperto di scatto la porta del bagno, e lo aveva fatto talmente in fretta da non asciugarsi nemmeno il viso segnato dalle lacrime e da un’inondazione di mascara nero come la notte.
“Tsk! Finalmente! Dovresti darti una sistemata, sai?” – rude come non mai, Vegeta era entrato in bagno, imprecando sottovoce. Chichi era avvampata. Che significava quel gesto? Che cosa voleva fare?
“Tsk! Senti, se ancora non lo avessi notato, tuo figlio e il mio hanno deciso di macchiarmi con il gelato e dato che non ho intenzione di andare in giro sporco come un maiale sono venuto a cambiarmi. Ora, si dà il caso che questo sia il mio bagno personale, quindi…”.
Improvvisamente, Chichi sembrava essere rinsavita, e aveva iniziato a guardarsi attorno scoprendo che sì, i prodotti maschili sulle mensole e gli asciugamani bianchi con sopra ricamata una “V” non potevano fare altro se non attestare che quello fosse il bagno privato del principe dei saiyan.
“Oddio… Vegeta, scusami, sono mortificata. Io non volevo… E neanche Goten… Cielo che imbarazzo”.
Era diventata ancora più rossa di prima, la mora, e mai come in quel momento avrebbe desiderato di conoscere la tecnica del teletrasporto per andare via da lì e non farsi vedere mai più.
“Tsk. Non farò uno spogliarello qui davanti, se è questo che stai aspettando, e non sentirò le tue lagne se i nostri figli si cacceranno in qualche guaio. Mi stai facendo fare tardi”.
I nostri figli. Quanto le aveva fatto strano sentire una frase del genere? A volte le sembrava impossibile che Vegeta fosse padre, e non uno qualunque, ma uno che sapeva esattamente il fatto suo.
“Vado… Vado…” – mite come un agnellino, la mora aveva chinato il capo per uscire da quella stanza quando la voce imperiosa del principe dei saiyan l’aveva fatta tornare sui suoi passi.
“Chichi” – erano poche le volte in cui la chiamava per nome – “Pulisciti il viso. Non vorrai che l’imbecille di veda in questo stato pietoso, spero”.
No che non voleva. Ed era certa che neanche Vegeta avesse intenzione di farla sorridere, eppure, nonostante tutto, c’era riuscito.

 
*
 
La festa era stata un autentico successo. I bambini avevano giocato e mangiato, le animatrici erano state formidabili e Goten, che non si aspettava minimamente un simile regalo da parte di sua madre e di Bulma e Vegeta ne era rimasto estremamente entusiasta. Trunks, complice degli adulti, aveva mantenuto il segreto per tutto il tempo e aveva chiesto a suo nonno di costruire un regalo speciale per il suo migliore amico, regalo che era stato scartato da Goten per ultimo, subito dopo aver divorato non meno di cinque porzioni della gigantesca torta a sei piani a forma di dinosauro che Bulma aveva fatto confezionare per lui.
“Ma questo è… Trunks, ma è bellissimo!”.
“Davvero ti piace? Non sai quanto sono contento, Goten! Adesso potrai divertirti a scorrazzare quanto vuoi!”.
“Sei il migliore amico del mondo!” – aveva detto, saltandogli letteralmente al collo.
In effetti, il regalo pensato dal bimbo dai capelli lilla e realizzato dal suo geniale nonnino aveva attirato l’attenzione di grandi e piccini. Non si incontrava tutti i giorni una macchina volante in miniatura super accessoriata color blu notte.
Certo, era un regalo piuttosto singolare, considerando che entrambi i piccoli mezzi-saiyan avessero ormai imparato a padroneggiare la tecnica del volo, ma Goten aveva un’autentica fissazione per le automobiline di ogni specie, e Trunks non voleva fargli un regalo banale come una macchinina radiocomandata o una macchinina da collezione. Immediatamente, tutti si erano radunati attorno a quell’autentico gioiellino per ammirarlo e poterci fare così un giro. Era a dir poco straordinaria, ma aveva suscitato qualche preoccupazione in Chichi, convinta che per guidarla fosse necessario avere una specie di patentino.
“Ma mammina, è solo un giocattolo! Ti prometto che la userò solo davanti casa e che andrò sempre piano! LA ADORO!”.
Dopo aver distribuito i regalini ai bambini, omaggiato i genitori con porzioni esorbitanti di dolci da portare a casa e distribuire tra i parenti, solo pochi intimi erano rimasti alla Capsule Corporation.
Che colpo avevano avuto quando avevano visto entrare nella struttura Crilin accompagnato dalla bionda cyborg che rispondeva al nome di C 18, nonostante sapessero perfettamente di loro due. Non riuscivano a spiegarsi come fosse possibile che Crilin fosse riuscito a fare breccia nei circuiti di quella donna fredda come il ghiaccio.
Genio, Puar, Oscar e Yanco avevano fatto, ovviamente, svariate allusioni al fatto che C 18 potesse avere circuiti e ferraglia al posto dei tipici attributi femminili, ma era bastato uno sguardo glaciale della cyborg per metterli tutti a tacere. Gli unici diffidenti rispetto a quella che un tempo era stata una loro nemica, paradossalmente, erano stati Junior e Vegeta, nonostante si trovassero nella sua stessa situazione. Anche loro, un tempo, erano venuti sulla terra per conquistarla o distruggerla, ma per fortuna quello era ormai un brutto e lontano ricordo.
Anche Dende e Popo avevano deciso di partecipare alla festa del bambino, e Gohan, con grande sorpresa da parte di tutti, si era presentato accompagnato da una giovane fanciulla di nome Videl che per giunta era la figlia di quello strano figuro che rispondeva al nome di mister Satan. Per poco, Chichi non era morta di infarto nel vedere suo figlio, il suo primogenito, in compagnia di una ragazza. Quando era successo? Perché non si era accorta di niente? Per fortuna c’era Bulma accanto a lei, pronta a sostenerla nell’accettare la realtà dei fatti.
Tenshing e Riff avevano portato a Goten un dono bellissimo. Dopo aver chiesto il permesso a Chichi, avevano regalato al saiyan il cucciolo di una particolare razza di cane che si allevava tra i monti in cui dimoravano. Dal manto color argento e gli occhi dorati, si diceva che fosse la discendenza di un antico demone-cane chiamato Inuyasha, una creatura che proteggeva le persone amate dalla cattiveria degli altri esseri demoniaci. Era stato amore a prima vista tra Goten e quel cucciolo un po’ troppo grande per essere di soli tre mesi.
“Ma è bellissimo!” – sembrava che Goten non sapesse dire altro, quel giorno – “Vieni qui, bello! Vieni!”.
“Mamma! Ne voglio uno anche io! Ti prego! Magari ha un fratellino o una sorellina! Papà, lo voglio, per favore! Così staranno insieme!”.
“Trunks… Non fare i capricci”.
“Ti prego, mamma!”.
“Obbedisci a tua madre!”.
“Ma papà…”.
“Sarebbe bello, in effetti…” – era intervenuto Gohan – “Sarebbero un po’ come voi due che vi volete così bene, non trovate?”.
“Ci penseremo…” – aveva concluso Bulma, seguita da uno “Tsk” appena soffiato dal marito. Tanto, già sapeva che sua moglie stava facendo solo scena e che entro sera suo figlio ne avrebbe avuti dieci, di quei cani.
“Sai già come chiamarlo?” – aveva chiesto timidamente la giovane Videl. Quella ragazza era veramente carina e a modo. Gohan aveva scelto bene.
“Sì…” – aveva detto il bimbo, arrossendo improvvisamente e abbassando lo sguardo verso il cane.
“E come?” – gli aveva chiesto Trunks, curioso.
“Ecco… Io… Io voglio chiamarlo Ouji” – aveva sussurrato, e aveva guardato, emozionato e agitato, un altro ouji, quello vero, quello che amava con tutto il suo cuore.
Vegeta non era stato in grado di mascherare lo stupore affiorato sul suo viso. Si era sempre ben guardato dal raccontare ai bambini quale fosse la sua vera origine, ma non aveva preso questa decisione per vergogna. Si era convinto che meno i bambini avrebbero saputo, meno lui avrebbero fatto domande e meno lui avrebbe sofferto per qualcosa in cui aveva sperato così a lungo e che non sarebbe mai stata possibile. Lui non era più quella persona. Non era più un principe. Forse, non lo era mai stato. Il desiderio di combattere e di diventare sempre più potente era un qualcosa che aveva represso con fatica, e quel duro lavoro che aveva fatto su se stesso aveva finalmente dato i suoi frutti. Ma poi, Goten aveva pronunciato quella parola e… E il mondo, per un attimo, sembrava essergli crollato addosso. D’istinto, si era guardato attorno, cercando con lo sguardo il colpevole di quella confessione. Che fosse stata Bulma? No, lei sembrava stupita quanto lui. E poi, gli aveva fatto una promessa solenne, non sarebbe mai venuta meno alla parola data. Chichi non avrebbe avuto motivo di parlare con suo figlio di una cosa del genere. Che fosse stato Gohan? No… Non poteva essere. Ma allora, chi poteva aver…
“Sono stato io, Vegeta” – la voce del vecchietto delle tartarughe lo aveva fatto trasalire. Dalla posizione in cui erano, nessuno avrebbe potuto udirli.
Il principe dei saiyan era rimasto interdetto. Subito, la vena sulla sua fronte si era inspessita, sintomo della sua rabbia crescente. Che cosa era venuto in mente a quel vecchio pervertito? Perché non si era fatto gli affari suoi?
“Tu… Vecchio…”.
“Puoi arrabbiarti quanto vuoi, ragazzo. I bambini dovevano sapere”.
I bambini. Dunque, anche Trunks sapeva la verità. Ma per quale motivo non aveva tenuto la bocca chiusa? E, soprattutto, cos’altro aveva raccontato loro?
“Non tormentarti, principe dei saiyan. I tuoi figli sanno ogni cosa... Sii fiero di loro. Nonostante tutto, hanno rispettato il tuo dolore e la tua volontà”.
“I… I miei figli?”.
Stravolto, confuso più che mai, Vegeta aveva puntato gli occhi scuri come la notte sui due bambini che aveva davanti, incurante di tutto ciò che aveva attorno. Perché il vecchiaccio aveva parlato al plurale? Lui aveva un solo figlio, e di certo non considerava il moccioso di Kaharot come se fosse suo. Stava per venirgli un embolo, se lo sentiva.
“Puoi negarlo quanto vuoi, Vegeta. Vuoi bene a quel bambino come se fosse tuo. Lo stai crescendo, ti stai curando di lui più di chiunque altro. Lo hai accolto in casa tua e nel tuo cuore… E lui ha fatto lo stesso con te”.
“Tsk! Tu vaneggi, vecchio rimbambito!” – lo aveva detto tra i denti, cercando di nascondere l’orgoglio ferito. Lui non era un uomo dal cuore tenero. Lui non amava nessuno, lui non…
“Guarda, Vegeta. Guarda come ti osservano. Sono rapiti da te. Vogliono compiacerti a ogni costo, onorarti. Dimostrarti di essere degni di te, delle tue attenzioni, del tuo affetto. Vogliono dimostrarti di volerti bene, ma senza invadere eccessivamente i tuoi spazi. Quei due bambini ti hanno letto sin dentro l’anima, ragazzo… E ti sono entrati dentro, che ti piaccia o meno”.
Se non avesse chiuso il becco lo avrebbe ammazzato da lì a un secondo. Ma, proprio nell’istante in cui si era girato, furibondo, nella sua direzione, si era reso conto che accanto a lui non ci fosse proprio nessuno e che il Genio non si era mai mosso da dove era stato sin dall’inizio, accanto a Oscar e Tartaruga.
Che avesse sognato? No, era praticamente impossibile. Lui era certo di averci parlato. Non era uno stupido, e non era un pazzo che soffriva di allucinazioni. Vegeta sapeva benissimo che il Genio delle Tartarughe nascondesse poteri e tecniche inimmaginabili, e non era il solo ad avere questa consapevolezza, tra i presenti. Senza neanche rendersene conto, aveva cercato con lo sguardo Dende e Junior: sapeva che gli unici esseri in grado di udire suoni a debita distanza erano proprio i due alieni dalla pelle verde. I loro visi, però, sembravano perfettamente normali, sempre se non si teneva in considerazione della sorpresa provata nell’udire il nome che Goten avesse scelto per il suo nuovo cucciolo.
“Quindi avrò il mio cane, papà? Veramente?” – Trunks gli era comparso davanti all’improvviso e si era aggrappato alle tasche dei suoi jeans, speranzoso. E aveva tremato. Vegeta aveva tremato. Un brivido aveva percorso la sua robusta e scolpita schiena, lasciandolo interdetto. Era sbagliato. Era tutto sbagliato. Lui non avrebbe dovuto trovarsi lì, lui non avrebbe dovuto riceve l’amore di due bambini, non avrebbe dovuto essere amato da una donna e soprattutto non avrebbe dovuto ricambiare. Perché sì: per quanto Vegeta lo stesse capendo realmente solo in quel frangente, lui ricambiava profondamente i sentimenti che i bambini provavano per lui.
Panico. Il più immenso, totale, devastante panico lo aveva assalito, soffocandolo.
“Ti senti bene, papà?”.
La voce di Trunks gli era giunta come ovattata. Tutto attorno a lui aveva cominciato a girare vorticosamente e non aveva potuto evitare di sudare copiosamente, scosso da un sentimento che non era sicuro di aver compreso.
“Papà… Mi stai facendo male”.
Senza rendersene neanche conto, Vegeta aveva afferrato con forza i polsi di suo figlio. Li aveva stretti con tanta veemenza da causare dolore al sangue del suo stesso sangue, da causare turbamento su quel viso di bambino, in quegli occhi sempre allegri e amorevoli.
“Vegeta… Tesoro… Lascialo andare”.
Un silenzio tombale era piombato in quella serra, prima rallegrata dalle risate e dal vociare dei presenti. Tutti, ma proprio tutti avevano iniziato a fissarlo, incapaci di capire quanto stesse accadendo sotto i loro occhi.
Inghiottendo rumorosamente, Vegeta aveva lasciato andare Trunks, incredulo. Il piccolo saiyan mezzosangue aveva iniziato a massaggiarsi i polsi, ma non era spaventato o arrabbiato con suo padre. Era solo molto confuso. Confuso e amareggiato.
“Stai bene?” – Goten si era avvicinato, preoccupato.
“Sì… Va tutto bene” – ma Trunks non sembrava molto convinto.
“Vegeta… Tu stai bene?”.
“Sì, papà… Stai bene?”.
Erano preoccupati per lui.
Impassibile, immobile come una statua di marmo, Vegeta non aveva saputo cosa dire. Quel silenzio, quella tensione sarebbe potuta durare in eterno se un’aura improvvisa non avesse fatto capolino, attirando l’attenzione di tutti e annunciando quel momento così atteso da Chichi e da Bulma.
“Ehilà! Amici! Da quanto tempo! Vi sono mancato? Urca! Ci siete proprio tutti! Non ci posso credere! Vi trovo bene! Non sapete che gioia poter trascorrere un po’ di tempo qui voi”.

Continua…


Ciao a tutti!
Capitolo un po’ lungo e pubblicato con un pochino di ritardo.
Scusatemi, ma dovete sapere che la vostra autrice è un autentico disastro. Spero che possiate perdonare mie eventuali distrazioni: non riesco a ricordare se Bulma aveva detto ai bambini che Vegeta fosse il principe dei saiyan. Ho riletto velocemente i capitoli già pubblicati (ho iniziato a imbastire il racconto un anno fa) ma proprio non sono riuscita a venirne a capo. In caso, le cose dovevano andare come avete letto oggi. XD
È la vecchiaia che gioca brutti scherzi, vi chiedo scusa.
Orbene. Direi che i colpi di scena sono stati più di uno. XD
Lascio a voi la parola, a questo punto. ;) Ho già fatto abbastanza danni!
Grazie di tutto!
A presto!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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