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Autore: Ale Villain    20/12/2019    0 recensioni
Los Angeles, California, Stati Uniti.
I Bangtan Boys sono una crew di ballerini professionisti, emigrati oltre oceano per costruirsi una carriera.
Oltre oceano, è emigrato anche un gruppo di italiani, in America per frequentare l’università.
Pezzi di vita quotidiana, scenari e personaggi che si intrecciano tra di loro.
Il desiderio, l'uno dell'altra.
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Ambra dischiuse le labbra, come realizzando quello che le avevo appena detto.
Si susseguirono attimi di silenzio. Tae stava scrutando l’espressone di Ambra, in cerca di una conferma e di una proposta simile a quella che avevo fatto io a lui.
Io continuavo a spostare lo sguardo dai suoi occhi alle labbra. Erano truccate, aveva un rossetto rosso scuro, che però se ne stava andando via piano piano.
Non l’avevo mai baciata.
Mi ritrovai in automatico a piegarmi maggiormente su di lei. Mi avvicinai piano piano, sempre di più, fino a quando non mi ritrovai ad un soffio dalle sue labbra.
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E in quel momento mi sentii una cretina qualunque perché, proprio come una cretina qualunque, ero cascata nel suo gioco.
Genere: Erotico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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PUT THE BLAME ON ME
Storia a cura di @AleVillain
                                                                                              
 
 


 
 
Vi lascio il video che mi ha fatto venire l’idea
Per questa storia
Non è mio, ma di @kingtaesx
A voi:
Blame On Me | Suga
Potrebbe essere interessante vederlo
Prima di leggere la mia storia.
 


 
 
 
 
Capitolo  8                                                                                                                 P.Y.

“Stasera resto qui”
La vidi corrugare le sopracciglia, prima di avvicinarmi con uno scatto verso di lei.
Abbassai lo sguardo sulle sue labbra e notai che anche lei fece lo stesso, con le mie. Me le inumidii velocemente, prima di premerle sulle sue. Come mi aspettavo, rispose immediatamente al bacio.
Mi mise entrambe le mani dietro il collo e mi strinse i capelli, avvicinandomi a sé.
Le circondai la vita con le braccia, avvicinandomela e accarezzandole la schiena e i fianchi.
Passai entrambe le mani sui suoi glutei e la sollevai. Mi circondò la vita con le gambe.
Sospirai sul suo collo, mentre lo baciavo e mordevo, appoggiandola sul mobiletto dell’anticamera.
Mi posizionai tra le sue gambe, mentre poggiavo le mani sul legno del mobile e mi spingevo contro di lei.
Ambra mi mordicchiò un orecchio, mentre faceva passare entrambe le mani sul mio petto.
Armeggiai con una mano dietro la sua schiena e trovai la cerniera del vestito.
“Ti ho guardato mentre ballavo” le dissi con voce roca, mentre riprendevo a baciarla con passione, trovando già le sue labbra socchiuse. Le nostre lingue continuavano ad intrecciarsi, senza mai stufarsi l’una dell’altra.
Le mordicchiai un labbro.
“Lo so” mi disse, per poi baciarmi nuovamente.
“E ho guardato solo te, tutto il tempo” le rivelai ancora, mentre facevo scorrere la cerniera fino alla fine della schiena.
Sentii Ambra cominciare a togliermi il bomber di dosso. La aiutai nel farlo e lo lanciai per terra, vicino alla porta.
“Non è vero” mi disse lei, trattenendo un ansimo di piacere mentre le leccavo la linea del collo e con una mano le abbassavo le spalline del vestito.
Mi strinse maggiormente a sé, passandomi una mano tra i capelli. Gettai in automatico la testa verso l’alto; adoravo quando lo faceva.
Mi baciò il collo e risalì piano fino alla mandibola, tornando poi sulle mie labbra, come bisognosa di un ennesimo bacio, che non tardai a ricambiare.
Cominciò a sbottonarmi la camicia, mentre le abbassavo anche l’altra spallina dell’abito.
“Dovresti credermi, invece” le dissi “Gelosona”
“La smetti di chiamarmi così?”
Ambra fece appena in tempo a terminare la frase, quando le strinsi un seno con la mano e con l’altra le accarezzavo le cosce, graffiando leggermente la pelle.
Mi baciò nuovamente.
“Ambra, dov’è la camera?” le domandai con voce sensuale, sulle labbra, mentre continuavo a stringere e a stuzzicare il suo seno.
“Mh… In fondo” farfugliò, indicando vagamente la fine del corridoio.
La sollevai nuovamente, tenendola per i glutei e dirigendomi verso camera sua, mentre lei rimaneva saldamente attaccata a me con gambe e braccia. Non fossi stato così su di giri, l’avrei anche trovata tenera come cosa.
La adagiai, con poca grazia, sul letto matrimoniale.
“Questo è il letto inaugurato da Tae e Giorgia?” chiesi, mentre mi posizionavo sopra di lei e scendevo a baciarle il collo e le clavicole, lasciandoci anche qualche morso.
Lei annuii vagamente.
“Credo” borbottò “Non li ho sentiti”
“Faremo più casino noi, allora” dissi, abbassandole il vestito e scoprendo, con mio sommo piacere, che il reggiseno non lo aveva – quindi le coppe che avevo toccato prima dovevano essere quelle del vestito. Alzai gli occhi per qualche istante e mi accorsi che aveva distolto lo sguardo, imbarazzata, ma non seppi dire se per la mia frase o perché era senza reggiseno sotto di me. Conoscendola, poteva essere per entrambe le cose.
Mi accorsi in quel momento che mi aveva slacciato praticamente tutta la camicia, per cui non ci misi molto a togliermela di dosso.
La sentii passarmi le mani dietro la schiena e accarezzarmi lentamente, mentre io riprendevo a baciare la sua scollatura. Scesi lentamente verso il seno, che stuzzicai piano con la lingua e con i denti, senza mai togliere lo sguardo dal suo. Mi ero accorto che stava facendo di tutto per evitare di guardarmi negli occhi, ma io volevo bearmi di ogni sua espressione. Volevo vedere come godeva, come si mordeva il labbro e come socchiudeva gli occhi.
Mi strinse i capelli dopo averle dato un piccolo morso.
“Tira quanto vuoi” le dissi, roco. Scendendo piano a darle dei baci lungo l’addome e abbassando lentamente il vestito, man mano che avanzavo nella discesa.
“Me l’hai già detto” disse, ridacchiando leggermente, ma continuando a mordersi il labbro inferiore per l’eccitazione.
Io annuii sulla sua pancia, facendola ridere nuovamente, stavolta per il solletico. Le lasciai una serie di baci passionali lungo tutto il ventre.
Le tolsi definitivamente il vestito e la vidi stringere, come gesto automatico, le cosce.
Ritornai su di lei e la baciai passionalmente; le portai una sua mano sulla mia cintura, facendole chiaramente intuire che non ne volevo più sapere di averla lì.
Senza mai smettere di baciarmi, mi sfilò la cintura, che lanciò via da me, slacciò il bottone dei miei pantaloni e abbassò piano la cerniera. Nel mentre, io ero riuscito a divaricarle le cosce.
Mi sistemai tra le sue gambe, mentre lei mi abbassava piano i pantaloni. Spostai per qualche istante lo sguardo su di me. Sì, ero considerevolmente eccitato.
L’aiutai nel togliermi i pantaloni e li misi su una sedia affianco al letto, sopra il suo vestito.
Ritornai a baciarla e scesi di nuovo, stavolta un po’ più velocemente e passando la lingua lungo tutto il corpo. La sentii sospirare di piacere.
Arrivai all’elastico dei suoi slip neri, dove ci lasciai un bacio delicato. Percepii la pelle d’oca, sotto le mie labbra.
Afferrai l’elastico e piano piano lo feci scorrere verso il basso, lasciando un bacio su ogni porzione di pelle che veniva scoperta.
Feci scivolare via del tutto gli slip e, in quel momento, la vidi portarsi entrambe le mani sul viso.
“Non mi lascerai mai accendere la luce, vero?” provai a chiedere ridacchiando, soffiando appena sulla sua intimità.
Lei mosse appena le gambe e negò con il capo.
Riabbassai lo sguardo sulla sua intimità e ci lasciai un bacio delicato. Si mosse appena.
Le divaricai maggiormente le cosce, per sistemarmi più comodamente e cominciai a stuzzicarla con la lingua e le labbra, prima più lentamente, poi sempre più rapidamente.
La sentii gemere più volte e chiamare il mio nome, cosa che mi fece eccitare ancora di più. Aveva uno strano modo di pronunciare il mio nome, dovuto sia all’accento italiano sia al fatto che l’unica volta che mi ero presentato eravamo in un locale e la musica aveva sovrastato tutto.
Ma col tempo avevo preso l’abitudine nel sentirmi chiamare Yòngi invece che Yoonghì1. Anzi, forse era diventata anche una delle caratteristiche che adoravo di lei. 
La sentii ansimare ancora e decisi di stuzzicarla maggiormente, aggiungendo anche un dito dentro di lei.
Ambra strinse la coperta sotto di sé e inarcò involontariamente la schiena, gemendo ancora.
Quando sentii che era praticamente arrivata al limite, mi fermai.
Ritornai sopra di lei lentamente e mi avvicinai al suo orecchio.
“No, non sono stronzo” le dissi, sussurrando “Voglio farti venire in un altro modo. E non ho intenzione di interrompere sul più bello, come ha fatto qualcuno tempo fa…”
L’allusione la fece sia imbarazzare sia alzare gli occhi al cielo. Ma era ancora troppo su di giri per poter ribattere qualcosa o fare dell’altro.
La baciai nuovamente, approfondendo il bacio e sentendo la mano di Ambra scendere lentamente con la mano lungo il mio petto, l’addome, il ventre ed infine sulla mia parte pulsante.
L’erezione premeva in maniera spropositata e mi sentivo scoppiare. Avevo un assoluto bisogno di sentirmi appagato.
La sentii infilare una mano nei miei boxer e cominciare a stuzzicarmi, prima delicatamente, poi con più energia. Esattamente come avevo fatto io.
Smisi si baciarla e poggiai la fronte sul cuscino, di fianco alla sua testa. Cominciai ad affannare e non provai neanche a nasconderlo.
“Piano, rossa” le dissi ad un certo punto, dopo l’ennesimo gemito “Piano. Così finisco…”
La rossa strinse le labbra e rallentò il movimento.
“Dove sono i preservativi?” domandai, alzando la testa dal cuscino e dandole un rapido bacio sulle labbra.
“Giorgia li tiene nel secondo cassetto” mi spiegò.
Mi alzai da lei e mi levai i boxer. Notai che stava accuratamente evitando di guardarmi, anche se la stanza era piuttosto buia.
Presi un preservativo e poi mi risistemai su di lei.
“Finalmente, cazzo” dissi sulle sue labbra, mentre entravo piano dentro di lei e la sentivo già ansimare.
 
 
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Extra
 
 
 
 
Per chi volesse un po’ di Jin
Prima di leggere
Questo è uno dei miei video preferiti su di lui
Di Valentina Zelmyanaya
A voi
Jin Okay
 
 
 
 
 
Rafaelle si stiracchiò sonoramente sul divano di casa, rischiando anche di far cadere le patatine alla paprika per terra. Aveva appena finito di vedere un film in completa solitudine, armata solamente di patatine e acqua naturale.
Sapeva che quella sera ci sarebbe stata l’esibizione dei Bangtan Boys, a cui, purtroppo, non era stata invitata. Se lo doveva aspettare, in realtà, ma nonostante questa consapevolezza, ci era rimasta parecchio male quando aveva sentito, a lezione in università, Ambra e Giorgia parlarne. Le due si erano poi quietate subito non appena si erano accorte che Rafaelle le stava ascoltando, ma la bionda aveva fatto in tempo a sentire tutto.
Ambra, qualche giorno dopo, si era scusata con lei per quella situazione. Rafaelle le aveva semplicemente detto “Se c’è qualcuno con cui devo prendermela, è il mio ragazzo”.
Il suo ragazzo era particolarmente geloso. Certo, le lasciava fare sostanzialmente quello che voleva, ma saperla in mezzo ad altri ragazzi maschi senza di lui lo irritava particolarmente.
Era giovedì, inoltre, quindi il suo ragazzo lavorava, essendo un barista. Per cui si era ritrovata completamente da sola.
Le era balenata per la mente la malsana idea di presentarsi comunque nel locale in cui ci sarebbe stata l’esibizione, ma senza biglietto avrebbe rischiato solamente di perdersi in mezzo ad una massa di persone sconosciute e così le sue due amiche non sarebbe mai riuscita a trovarle. Inoltre, non era da lei andare in un posto senza prima avvertire il suo ragazzo.
Sospirò appena, guardando velocemente l’orario. Quasi le dieci e mezza di sera. Spense la televisione: bene, la sua serata era già finita.
Si alzò dal divano e chiuse il sacchetto delle patatine con una molletta per i panni, prima di rimetterle nella dispensa.
Fece per tornare nel salotto di casa sua, per spegnere la televisione e infilarsi i pantaloni del pigiama – visto che aveva su solo la maglietta – ma il rumore del citofono la fece sobbalzare.
Lanciò il telecomando sul divano e fece una breve corsa per raggiungere l’apparecchio. Era sera tarda, chi poteva essere a quest’ora?
Cominciò a sentire l’ansia crescere quando pensò potesse essere successo qualcosa al suo ragazzo.
“Sì?” rispose, afferrando la cornetta, con un tono di voce forse troppo alto.
“Ehm… Ra-Rafaelle? Sono Jin”
Rafaelle spalancò gli occhi. Deglutì un paio di volte, prima di rispondere.
“Jin?” chiese, per conferma.
“Sì, Jin” mormorò lui ancora.
Okay, in quel momento ne era sicura, era la sua voce.
“Ma… Che ci fai qui?” domandò, cominciando a muoversi sul posto.
L’ansia per paura che fosse successo qualcosa, si era tramutata in un altro tipo di ansia. Cosa caspita ci faceva Jin sotto casa sua? Non doveva essere al locale a esibirsi?
“Esibizione finita, volevo salutarti”
Rafaelle non seppe come rispondere.
“Posso salire?” chiese quindi Jin, dopo qualche secondo di silenzio.
“Oh, sì, certo” farfugliò lei, aprendogli il cancello tramite il tasto apposito.
Mise a posto la cornetta del citofono e aprì anche la porta di casa.
La sua mente cominciò a pensare ai mille motivi per cui Jin poteva essersi presentato da lei. Più volte, le sue due amiche e anche gli altri coreani le avevano fatto notare l’interesse di Jin nei suoi confronti, ma lei non ci aveva mai voluto troppo credere. Aveva sempre pensato fosse semplicemente gentile e cortese.
In realtà non aveva idea del perché si rifiutasse di credere che Jin potesse provare qualcosa per lei; ma probabilmente era dato dal fatto che non pensava assolutamente che qualcun altro, all’infuori del suo fidanzato, potesse trovarla… Attraente?
Jin si era sempre dimostrato molto più attento nei suoi confronti, rispetto a come si comportava con Ambra o con Giorgia. Beh, probabilmente Yoongi lo avrebbe fulminato se solo avesse provato a fare di più con la rossa.
Ridacchiò a quel pensiero, nel mentre che sentiva l’ascensore arrivare al suo piano. Jin uscì da lì subito dopo: giacchetto di pelle aperto, camicia blu e capelli spettinati.
La bionda si trattenne dal deglutire.
Si accorse che era al telefono con qualcuno, ma non capì assolutamente niente, visto che stava parlando in coreano. Lo vide ridere per qualche istante, prima di staccare il telefono dall’orecchio e osservare il display, con fare stranito. Che gli avessero appena attaccato il telefono in faccia?
“Ciao!” la salutò lui, mettendosi il telefono nella giacca.
“Jin” sorrise lei, facendosi da parte per farlo entrare.
Chiuse la porta a chiave con una sola mandata.
“Non disturbo, vero?” mormorò lui, ma dando un veloce sguardo al monolocale e rendendosi conto che la ragazza era completamente sola.
Rafaelle negò con il capo.
“No, assolutamente” confermò lei.
Abbassò lo sguardo sulle dita delle sue mani, che avevano cominciato a giocherellare tra di loro per l’imbarazzo. Si ricordò, in quel momento che era solo con la maglietta, senza pantaloni.
Avvampò, tirando leggermente il tessuto della maglia per coprire maggiormente le cosce, anche se fortunatamente erano già coperte quasi per metà.
“Mi chiedevo, ehm…” cominciò lei “Come mai non sei rimasto in discoteca?”
Jin ritornò con lo sguardo su di lei.
“Di solito lo fate”
Jin annuì.
“Stavolta, no… Un po’ noiosa serata” spiegò.
Rafaelle annuì, prima di domandare:
“Hai trovato parcheggio qua sotto? È quasi sempre pieno”
Vide Jin pensarci su qualche istante, forse cercando le parole giuste per spiegarglielo. O forse stava solo traducendo mentalmente dal coreano all’inglese.
“Ho… Sì, Ambra”
Rafaelle corrugò le sopracciglia.
“Ho visto Ambra” disse, parlando più lentamente “Che stava andando via, con macchina. E ho chiesto… Passaggio”
Rafaelle rilassò i muscoli del viso e rise appena.
“Okay, hai chiesto un passaggio ad Ambra”
Jin annuì sornione, vedendo che la ragazza aveva capito subito la sua spiegazione, data – come suo solito – con un inglese un po’ raffazzonato.
Rafaelle lo osservò ancora qualche istante, prima di dire: “Ti dispiace se… Mi sistemo un secondo? Poi arrivo”
Jin ricambiò lo sguardo, tornando un po’ più serio.
“Certo, certo” rispose poi, annuendo appena “Ti aspetto qui”
Rafaelle sorrise.
“Siediti dove vuoi” gli disse, prima di sparire nella stanza adiacente al salotto.
Mentre si infilava velocemente i pantaloni del pigiama, approfittò di quella manciata di secondi in cui era sola per cercare di tranquillizzarsi ed evitare di ritornare di lì con ancora un’espressione imbarazzata in volto.
Ritornò nella stanza poco dopo, trovando Jin seduto sul divano, a gambe leggermente divaricate.
Rimasero in silenzio per qualche istante, prima che Rafaelle si rese conto di quello che le aveva detto Jin.
“Ma Ambra se ne stava andando a casa?”
Jin annuì.
“Diceva che non si sentiva bene” spiegò lui, rimanendo sul vago.
Rafaelle continuò ad osservarlo.
“Non mi ha spiegato altro” si affrettò a specificare poi.
Rafaelle sperò non fosse successo nulla di grave.
“E tu perché sei venuto da me?”
Questa volta, Jin non rispose subito.
Alzò lo sguardo verso di lei per qualche secondo, prima di spostarsi maggiormente vicino a lei. Allungò una mano verso la guancia destra della ragazza.
“Cosa fai?” chiese lei immediatamente, spostandosi.
Jin fece segno di no con il capo, lentamente. Si riavvicinò al suo viso con la mano.
Stavolta Rafaelle non oppose resistenza: le dita di Jin passarono delicatamente sulla sua guancia, prima di poggiare direttamente il palmo.
“Rafaelle… Io non sono bravo con inglese, ma…”
Rafaelle sbatté un paio di volte le palpebre, rimanendo in ascolto.
“Ma so che non voglio più questa situazione. Che ci vediamo sempre poco, alla tua festa non posso venire e tu stasera non potevi venire al mio spettacolo…”
“Jin…”
Il coreano scosse vigorosamente la testa.
“Non ti sto chiedendo di… di…” fece un lungo respiro “Di ricambiare miei sentimenti… Ma non ce la faccio più a non vederti mai”
Rafaelle era di sasso.
Era la prima volta che Jin si apriva in questo modo con lei e soprattutto confessandole cose di questo genere.
“Oh, Jin…” mormorò lei, poco dopo “Io… Mi dispiace tu ti senta così”
Jin la stava guardando direttamente negli occhi, a labbra dischiuse, le quali catturarono l’attenzione della ragazza.
Jin si accorse che Rafaelle aveva spostato lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra, perciò, quasi in automatico, si avvicinò maggiormente a lei con il viso.
I loro nasi si stavano sfiorando.
“Rafaelle…” mormorò a voce bassa e più roca, mentre si avvicinava ancora, impercettibilmente.
Rafaelle si morse il labbro. Ancora non aveva fatto nulla e già si sentiva in colpa.
Fu per questo, quindi, che indietreggiò con il viso, piano.
“Jin, per favore”
Jin rimase immobile per qualche secondo, prima di indietreggiare anch’esso e togliere lentamente la mano dal suo viso.
Rafaelle sospirò. Sentiva che si stava infilando in una situazione strane complicata, dalla quale voleva assolutamente uscirne.
“Jin, facciamo una cosa” disse ad un tratto, in tono più deciso.
Il ragazzo, anche se con sguardo triste, riportò l’attenzione su di lei.
“Io amo il mio ragazzo, lo amo davvero” cominciò a spiegare, nonostante non sapesse se fosse il caso di guardarlo direttamente negli occhi mentre pronunciava quelle parole “Ma a te ci tengo. Se vuoi possiamo vederci più spesso”
Jin parve riacquistare un po’ di vitalità.
“Anche io e te da soli, se ti può far piacere”
Jin annuì. Di sicuro non era quello che si sarebbe aspettato da quella serata, ma per lo meno Rafaelle aveva capito il suo discorso.
“E stasera puoi rimanere qui a dormire… Se ti va” aggiunse lei, abbassando appena lo sguardo sulle proprie dita che stavano giocherellando tra di loro per il nervoso.
Jin sorrise appena.
“E dove dormo?” domandò.
“Questo divano diventa un letto” disse “Possiamo guardare qualcosa insieme in televisione e poi andiamo a dormire. Io in camera mia però, eh!” concluse, ridacchiando.
Jin annuì, più tranquillo.
“E… Tuo ragazzo? Lo dici?” chiese.
Rafaelle sospirò.
“Beh… Diciamo che non deve per forza saperlo”
Jin alzò e abbassò velocemente il sopracciglio. Quella situazione stava cominciando decisamente a piacergli.








Yoonghì: in realtà non sono del tutto sicura sia questa la pronuncia, ma mi pare di averla sentita in alcuni video.







 
ANGOLO AUTRICE
"Mi mancheranno gli aggiornamenti settimanali"
E tac. Detto fatto, pubblicato dopo più
di un mese, quasi un mese a mezzo.
Purtroppo è stato - ed è tutt'ora, in realtà -
un periodo tosto, duro. 
Ma non voglio assolutamente lasciarla
incompiuta questa storia.
(S)fortunatamente, però, siamo agli sgoccioli
per cui il prossimo è definitivamente l'ultimo capitolo.
Che dire, spero che l'attesa sia stata ripagata e che
vi sia piaciuto anche il piccolo extra.
Alla prossima! Sperando non passi un altro mese.
Un bacione.
  
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