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Autore: hollien    21/12/2019    3 recensioni
«Davvero non hai la più pallida idea di chi possa averci fatto questo, Ryuzaki?» azzardò nuovamente Light, assumendo l’espressione più intimorita che fosse in grado di esibire.
L fece scivolare lo sguardo su di lui. «Le possibilità sono molteplici, Light-kun. Dopotutto sono in molti a volermi togliere di mezzo.»
-
Dopo esser stati entrambi storditi e sequestrati dal Quartier Generale da un'entità misteriosa, L e Light si troveranno costretti a mettere momentaneamente in stallo la loro partita per affrontare una situazione che nessuno dei due aveva messo in preventivo.
[Death Note – Lawlight]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Beyond Birthday, L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Scleri pre-capitolo: Secondo la mia tabella di marcia avrei dovuto pubblicare il capitolo almeno una settimana fa, tipo. Chiedo venia, ma tra un impegno e l’altro, e un’indecisione e l’altra sul come sviluppare al meglio la trama di questa mini-long, giungo a voi solo oggi. Btw, cosa dire al riguardo? Beh, innanzitutto che è stata una faticaccia *si asciuga il sudore*, in particolar modo ho trovato macchinoso gestire il personaggio di Beyond, ma tutto sommato mi ritengo soddisfatta del risultato. Mi auguro che possiate apprezzare e che mi facciate sapere cosa ne pensate. Qualsiasi tipo di recensione, positiva o negativa/costruttiva che sia, sarà ben accetta.   
Ringrazio moltissimo Relie Diadamant e Marlena_Libby per aver recensito il capitolo precedente e ringrazio anche coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, ricordate e seguite. <3
Disclaimer: I personaggi di Death Note non mi appartengono, ma se mi appartenessero B non sarebbe morto e avrebbe fatto una capatina nella storia principale di Death Note. Così, giusto per mettere un pizzico di pepe in più. (?)



Prisoners
 

 
Capitolo II
 
 
 


Era calato un silenzio spettrale all’interno della stanza.
In antitesi, nella mente di Light era venuto a crearsi un sovraffollamento di domande sgomitanti, le quali cercavano di prevaricare l’una sull’altra.
Il primo quesito che si era innescato era stato: “B?” Dopodiché era stato un susseguo di: “un altro tizio da una sola lettera? Identico ad L? Che siano gemelli? Che sia anche lui un detective?
Aveva escluso l’ultima a priori, perché quale detective li avrebbe rapiti, rinchiusi in un luogo apparentemente sperduto e legati a delle sedie?
A onore del vero, nemmeno L, pur essendo il miglior detective del mondo, utilizzava metodi che si potessero considerare ortodossi; ma non si era mai spinto eccessivamente oltre, non se la situazione non lo richiedeva.
Light avrebbe sollevato gli occhi al cielo se solo non avesse rischiato di attirarsi addosso degli sguardi indesiderati.
Stupidamente, si era trovato a giustificare in maniera involontaria le torture a cui L lo aveva sottoposto. Pedinamento, spionaggio, imprigionamento, convivenza forzata: tutto quel supplizio per poi lasciarlo libero – anche se era più corretto dire che lo avevano obbligato a lasciarlo andare perché, in caso contrario, chissà per quanti mesi ancora L lo avrebbe tenuto legato a sé, rendendo la sua intera esistenza un calvario.
A conferma di ciò era l’espressione lievemente rabbuiata che il Detective aveva assunto quando Aizawa-san lo aveva esortato per l’ennesima volta a lasciarlo andare, facendo leva sul fatto che, se Light e Misa fossero stati i due Kira, sarebbero già dovuti essere morti da un pezzo.
Light aveva esultato interiormente come un bambino al melodioso risuono delle manette mentre gli venivano sganciate dal suo polso sinistro, ma allo stesso tempo non si era risparmiato una critica interiore ad indirizzo di quegli allocchi dei membri della Task Force, suo padre compreso.
La verità era che nessuno di loro aveva mai preso realmente in considerazione che Light potesse essere Kira, al che Light se ne era quasi risentito. Solo una mente brillante come la sua avrebbe potuto prendersi carico della redenzione del genere umano, ma gli tornava comodo che loro non lo credessero. Era anche grazie a questa loro “mancata collaborazione mentale” che Light era riuscito rimanere sempre un passo in avanti rispetto a L, alla fine. Quel momento propizio, però, stava rischiando di esser minato dall’intrusione imprevista della copia sputata di Ryuzaki, la quale si stava frizionando il pollice sulle labbra incurvate all’insù.    
«Se sei qui, deduco che le notizie che ho ricevuto sulla tua morte fossero false.» Era stato L a parlare, troncando quella tetra tranquillità che aveva colmato l’atmosfera. 
Il suo interlocutore innalzò le spalle come un rapace. «Chissà, magari potrei essere un fantasma.»
«Se lo fossi, non ti saresti ridotto a questo» lo apostrofò L, muovendo spasmodicamente le dita dei piedi. «Sono sinceramente incuriosito di sapere come hai fatto.»
Un ghigno lezioso echeggiò nella stanza. «Dovresti sapere che sono un attore di grande talento.»  
«Così come un eccelso imitatore», chiosò L.
Light colse immediatamente la nota di disprezzo con cui il suo rivale aveva intriso il tono di voce.
Contrariamente, B aveva snudato i denti in un sorriso giocondo, fanciullesco di fronte alle parole di L, come se gli avesse appena rivolto un complimento sincero.
«Come vedi, ho perfezionato il mio aspetto.» Schiuse le braccia, facendo un gesto plateale verso di sé. «Ora non c’è niente che mi differenzi da te.»
Quindi quello non è il suo vero aspetto” considerò Light, ma più aguzzava lo sguardo per riuscire a scorgere delle differenze tra lui ed L – quello originale – più rimaneva con un pugno di mosche in mano.
Era spaventosamente identico, e per riuscire ad imitarlo in quel modo significava che aveva trascorso anni ad osservarlo, studiarlo in ogni suo minimo particolare; e tutto si poteva dire tranne che L fosse un elemento facile da riprodurre fedelmente.
Un brivido di raccapriccio attraversò la colonna vertebrale di Light.
Se lui si era sentito violato durante la settimana in cui erano state fatte installare cimici e telecamere nella sua casa, con lui che, perlomeno, ne era al corrente, non riusciva ad immaginare a cosa dovesse esser stato sottoposto L.
Neanche Misa, con tutta l’ossessione che poteva nutrire nei suoi confronti, si sarebbe spinta a tanto – anche perché dubitava che sarebbe stata in grado di spiarlo senza che lui se ne accorgesse.
La voce di B s’impose repentina nei suoi pensieri. «Ma tornando a noi: quanto pensi ci sia voluto a simulare un arresto cardiaco, essermi fatto trasportare via dalla mia cella e aver ucciso i tre medici che volevano aprirmi come una cavia da laboratorio?»
«Poco, deduco.»
«Sette minuti.» Il suo sorriso si ampliò, tanto che gli angoli della sua bocca sembrarono fare a staffetta per raggiungere le estremità del suo volto. «Per i primi due è bastato un taglio netto alla gola, mentre l’ultimo doveva aver fatto arti marziali. Mi ha pure procurato un livido.» Si andò a sfregare con le unghie il punto in cui doveva aver colpito l’uomo di cui aveva appena parlato, dopodiché con aria gongolante aggiunse: «sono stato ben felice di cavargli gli occhi con il bisturi dopo averlo strangolato.» 
Light dovette sopprimere un conato di vomito quando la sua mente traditrice immaginò la scena.
Già l’odore che invadeva quel luogo sudicio si faceva via via sempre più nauseabondo. Se ora veniva costretto ad ascoltare i racconti macabri di quel pazzo non poteva assicurare che non avrebbe dato di stomaco.
Non appena si ristabilizzò, serrò forte le arcate dentali.
La parte più irrazionale di Kira che albergava dentro di sé raschiava affinché ponesse fine alla vita di quel criminale, ma con i polsi serrati saldamente dietro alla schiena era impensabile che riuscisse a scrivere il suo nome sul pezzo di Death Note che teneva nascosto fra gli ingranaggi del suo orologio; anche se avesse potuto, poi, non aveva la più pallida idea di quale fosse la sua vera identità.
L doveva conoscerla, ma cercare di estorcergliela sarebbe stato come ammettere di essere Kira. O quantomeno, avrebbe aumentato a dismisura le probabilità che lo fosse.
Poteva sempre avvalersi della regola dei tredici giorni per rimarcare il fatto che era impossibile che lo fosse, tuttavia, a forza di insistere, era certo che Ryuzaki non si sarebbe fatto scrupoli a testarne la sua veridicità.
E a quel punto sì che sarebbe stato nei guai.
Ad interrompere quel ciclo infinito di ragionamenti fu il riflesso improvviso che attraversò la stanza.
Gli occhi di Light si allargarono a dismisura quando si accorse che B teneva tra le dita un coltello. Lo osservò far ruotare il manico sul palmo con maestria, dopodiché cominciò ad avanzare verso di loro con il suo immancabile sorriso sinistro.
Il suo respiro divenne più frenetico, il cuore che gli martellava nella cassa toracica mentre si faceva sempre più pressante la necessità di fuggire. 
All’ultimo, Light vide B virare verso L, e mentre la cosa avrebbe dovuto consolarlo, il suo livello di agitazione non fece altro che incrementare.  
Voleva ucciderlo?
«Dì un po’, L: ti sono mancato?» gli chiese quando fiancheggiò il detective. Flesse il capo su un lato. «Perché tu mi sei mancato, sai?» proseguì con voce volutamente melliflua, facendo aderire poi la lama affilata del suo coltello sul pomo d’Adamo di L. «Mi è mancato perseguitarti come il peggiore dei tuoi incubi.»
«Non darti così tanto credito, B» asserì imperturbato L nonostante avesse un’arma addossata alla carotide che avrebbe potuto porre fine alla sua esistenza in un nanosecondo. «Sei stato a malapena un pensiero transitorio nella mia testa anche durante gli omicidi di cui sei stato l’artefice a Los Angeles.»
Light rimase allibito.
Quell’idiota non aveva nemmeno la possibilità di difendersi nell’eventualità che quel folle lo attaccasse e si permetteva di aizzarlo senza farsi alcuna remora?
«Bugiardo, bugiardo, bugiardo» reiterò il suddetto folle con animosità, facendo per affondare maggiormente la lama nel derma latteo di L, un’azione che portò Light quasi ad esporsi.
Se non lo fece fu solo perché la tranquillità di Ryuzaki non poteva essere una farsa. Per quanto potesse sembrare il contrario a causa della sua natura passiva, quest’ultimo ci teneva alla pelle.
Non si sarebbe mai esposto in quella maniera se non avesse avuto la certezza che colui che gli stava dinnanzi non lo avrebbe ammazzato seduta stante.
«Ti sei appropriato del mio pseudonimo. Hai ingaggiato Naomi Misora perché lavorasse sotto le tue direttive, perciò sono stato molto di più di quello che dici.»
La fronte di Light venne percorsa da un fremito al nome della donna.
Era a conoscenza del fatto che L avesse lavorato con l’ex-agente dell’FBI che lui stesso aveva mandato al patibolo dopo che si era avvicinata pericolosamente alla verità, tuttavia, fino a quell’istante, non aveva mai saputo fino a che estensione.
«Apprendere della sua morte non mi ha fatto piacere, sebbene sia stata lei a smascherarmi» aveva continuato B, orientando lo sguardo verso il soffitto come era solito fare Ryuzaki quando si perdeva nelle sue meditazioni. «Era una donna pura. Timida, ma estremamente determinata.» Gli parve di cogliere l’ombra di un sorriso sulle sue labbra. «Mi piaceva investigare con lei.» I suoi occhi plumbei strapiombarono fulminei sul Detective, gli spigoli della bocca raggrinziti come una pallina di carta. «E tu hai lasciato che la uccidessero.»
Quell’accusa dovette smuovere qualcosa dentro L perché replicò un sibilante: «non sapevo nemmeno si trovasse in Giappone.»
«Avresti dovuto immaginarlo» fece l’altro d’impeto, dopodiché, con un movimento rapido ed esperto della mano, fece scivolare l’estremità del pugnale sulla gola di L, creandovi una ferita che, se solo quel folle avesse voluto, gli sarebbe stata fatale.
Light lo osservò portarsi la lama sporca di sangue all’altezza delle labbra, lambendola poi con la punta della lingua.
Nonostante il disgusto e lo sconcerto per quel gesto, Light si concentrò maggiormente sul fatto che quello che sembrava essere il gemello cattivo di L aveva la fissazione di colpevolizzarlo per ogni singola cosa.
Doveva nutrire un odio ben più radicato del suo per dei motivi che ancora non aveva chiari.
Quasi come se l’avesse chiesto ad alta voce, benché parzialmente e non in maniera dettagliata, B diede risposta al suo tacito quesito. 
«Avresti dovuto immaginarlo, così come avresti dovuto immaginare che A si sarebbe tolto la vita. Così come avresti dovuto immaginare che avrei reso la tua misera vita un inferno, ad ogni costo.» Un ghigno raccapricciante sfilò suoi lembi, reso ancora più atroce dalla dentatura macchiata di sangue. «Ho creduto per anni che fossi una creatura incapace di provare affetto, ma sei stato imprudente di fronte alle telecamere, Detective. Ora so qual è il tuo punto debole.» Il suo sguardo malizioso balzò improvvisamente alla sua sinistra: «dico bene, Light Yagami?»     
Per la prima volta da quando si era palesato all’interno di quella stanza, B lo aveva interpellato, gli occhi accesi di una luce perversamente sinistra.
Light non celò la sua ostilità quando fece approdare gli occhi su di lui.
Non avrebbe mai chinato la testa di fronte ad un assassino.
Nemmeno il Light senza i ricordi di Kira lo avrebbe fatto.
«A cosa ti riferisci?»
Vide B esibire una smorfia accesa di contrarietà. «Sei meno astuto di quanto immaginassi.»
Quella dichiarazione gli fece accartocciare lo stomaco su se stesso, ma si costrinse ad ingerire la voglia sfrenata di reclamare la sua superiorità in favore di un’asserzione che contenne una dose strabordante di sarcasmo: «perché non m’illumini?»
«Light-kun» lo chiamò L, come ad intimarlo a non oltrepassare il limite se non voleva compromettere la sua posizione.
Nonostante Light si fosse premurato di mantenere un’espressione stoica, quel patetico tentativo di L di metterlo in guardia non fece altro che alimentare la sua ira.
Con chi credeva di avere a che fare? Con il primo agnellino indifeso che passava per strada? Oh, no. Lui era Kira. Il Dio di un Nuovo Mondo. Farsi intimorire dalla specie che più odiava non rientrava nei suoi piani. Né ora né mai.
Questo non significava che sarebbe stato incauto, però.
Era in una posizione di netto svantaggio, tuttavia era chiaro come la luce del sole che quel tizio puntava ad L. Però, ora che Light razionalizzava le insinuazioni di B…cosa significava che L era stato imprudente di fronte alle telecamere? Per quanto tempo li aveva osservati prima di mettere in atto quel sequestro? E lui cosa c’entrava?
Si addentrò talmente tanto in quei quesiti che non si accorse che B si era scollato dalla sua postazione e gli si era avvicinato.
Solo quando scorse un’ombra stagliarsi su di lui, Light sollevò languidamente la testa, trovandosi le orbite inquietanti di quel folle addosso.
Ora che gli era così vicino notò qualcosa di cui prima, a causa della lontananza e della luce soffusa della stanza, non avrebbe potuto rendersi conto.
Il colore delle iridi era diverso.
Aveva cercato di celarlo abilmente con quelle che dovevano essere delle lenti a contatto colorate, ma non era stato sufficiente. Non per Light, il quale, oltre a conoscere L meglio di chiunque altro, aveva uno spirito di osservazione ineguagliabile.
Era stato grazie a quello se era riuscito a scampare da molteplici situazioni sconvenienti.
B dovette accorgersi del fatto che Light se ne fosse reso conto perché, ad un tratto, le sue labbra si tesero in un sorriso soddisfatto.
La fronte di Light s’aggrottò.
Non gli piaceva. Per niente.
Al di là di quella sottile discrepanza, quello era il volto di Ryuzaki; e Light non riusciva ad accettare che potesse esser attraversato da un’espressione differente da quella che era stato abituato a scorgere quotidianamente.
Mentre quel pensiero si faceva incalzante nella sua mente, si sentì ghermire il mento dalle dita gelide di B.
Neanche a dirlo cercò istantaneamente di evadere da quel tocco indesiderato, ma quest’ultimo gli impedì di sottrarsi, solidificando l’impugnatura al punto che a Light sfuggì un rantolo di dolore.
B si liberò in un risolino acuto, sussurrando qualcosa di simile a “non abbiamo gli stessi gusti” e Light non anelò altro se non avere il Death Note tra le mani, scrivere il suo nome e…no, un arresto cardiaco era niente rispetto ai danni che quell’energumeno stava recando al suo orgoglio.
Una sensazione di appagamento gli attraversò la spina dorsale al pensiero di dare sfogo alle sue fantasie più recondite. Chi offendeva Dio non poteva rimanere impunito, e Light non era conosciuto per la sua magnanimità quando qualcuno osava umiliarlo.  
Mentre progettava come ucciderlo nel modo più atroce possibile, B, senza allentare la presa su di lui, fece una piroetta di novanta gradi, lasciando che lo sguardo di Light si scontrasse con quello di L.  
Light si prodigò fulmineamente a far svanire qualsiasi traccia di malizia dal suo viso, sostituendo ad essa un’espressione di allarmismo.
Per un attimo aveva permesso al suo desiderio di vendetta di prendere il sopravvento, dimentico del fatto che il Detective si trovasse nella sua stessa stanza. 
Se fece in tempo a scacciarla prima che L se ne potesse accorgere non avrebbe saputo dirlo perché il suo sguardo onice non era puntato su di lui.
Era puntato su B.
Si sentì trafiggere da una stilettata di incredulità.
L non gli aveva mai levato gli occhi di dosso nell’arco di un anno e mezzo. Mai una volta. Perché Light era Kira. Il suo rivale per eccellenza. La sua nemesi.
Fece conficcare le unghie nei palmi delle sue mani, l’unico movimento che gli era possibile fare, chiedendosi perché la sua attenzione non fosse rivolta a lui, allora.
E se gli interessasse di lui più di quanto gli interessi di te?” interrogò la vocina perfida del suo inconscio. “Quel tipo è un assassino, eppure L si fa chiamare con il suo pseudonimo. Credi davvero si farebbe mai chiamare Kira se tu morissi?
Light scosse impercettibilmente il capo.
No.
Quella situazione gli stava facendo perdere la lucidità.
Light Yagami era l’unico vero avversario di L. L’unico che potesse competere con il giovane uomo che si era guadagnato il titolo dei tre detective migliori al mondo.
Nessun altro era alla sua altezza se non Light.   
Quel pensiero – o autoconvincimento – placò per un istante la bile che aveva cominciato a fermentargli nel fegato, ma fu una sensazione che durò per il tempo di un battito di ciglia perché si trovò improvvisamente le labbra di B addossate all’orecchio.
«Vuoi sapere qual è il vero nome di L, Light-kun?» Utilizzò di proposito il modo in cui era solito chiamarlo L e, come se non bastasse, le narici di Light vennero investite da una pungente fragranza dolciastra.
Possibile che gli avesse copiato anche la passione per i dolci?
Quella domanda passò tempestivamente in secondo piano quando B pronunciò le parole successive: «Perché, sai, io posso vederlo
Light si dovette avvalere di tutto il suo autocontrollo per non tradirsi con le sue stesse mani.
Quella frase era una dichiarazione che lasciava spazio ad una sola interpretazione, almeno per Light, il quale percepì il gelo attraversargli i vasi sanguigni quando registrò il messaggio.
B aveva…gli occhi dello Shinigami?
Ma se quello era davvero il caso, allora significava che, oltre a sapere con certezza che Light era Kira – non sapeva se disperarsene o meno –, anche quel folle possedeva un Death Note.
Perché non usarlo, allora? Si chiese. Perché, se era vero che nutriva quell’odio viscerale nei confronti di L, non lo aveva ancora ucciso scrivendo il suo nome sul quaderno?
«Quindi?» lo pungolò B, facendo sfregare alcune ciocche corvine sul suo derma scoperto.  
Dimmelo, dimmelo, dimmelo” latrava insistentemente una voce animalesca all’interno della sua testa, rimbombando come un mantra; ma no, si disse. Non poteva lasciarsi sedurre in quel modo dalla prospettiva di sapere ciò che bramava da un anno e mezzo a quella parte.
«C-cosa significa che riesci a vederlo?» Light s’incespicò di proposito sulle parole, per dare l’aria di una persona che non aveva la più vaga idea di che cosa stesse parlando. «E poi perché dovrebbe interessarmi il nome di L, per di più in questa situazione? Io non sono Kira.»
Un sorriso scaltro germogliò sulle labbra di B. «Non ho mai insinuato che lo volessi sapere perché sei Kira.» Si arrovellò il labbro inferiore con il pollice. «Siete amici, no? Gli amici dovrebbero essere sinceri gli uni con gli altri.» Ghignò in modo raccapricciante, aguzzo. «Te lo chiedo di nuovo, Light-kun: vuoi sapere qual è il suo nome? Dimmi di sì e non solo te lo dirò, ma ti lascerò pure andare.»
Light esaminò tutte le combinazioni possibili ed immaginabili nella sua testa se avesse scelto di rispondere affermativamente.
Era sufficiente per incriminarlo, o avrebbe potuto avvalersi della scusante che B gli aveva servito su un piatto d’argento nel caso in cui fosse risultato sospetto?
Scorse il volto di L, ed era pronto a giurare che la tonalità della sua pelle si era fatta più bianca di almeno una gradazione, sebbene sembrasse umanamente impossibile.
Quella fu la conferma che B non stava mentendo quando diceva di conoscere il suo vero nome, ma era altrettanto vero che Light non aveva garanzie che glielo avrebbe rivelato una volta esternata la volontà di volerlo conoscere.  
Si trovava ad un bivio. E qualsiasi sentiero avesse deciso di imboccare sarebbe stato un grande rischio.
Quando l’ago della bilancia pendette più da una parte rispetto all’altra, Light non tardò a far conoscere il suo responso.
«No, non m’interessa.»
Percepì l’incurvamento verso l’alto degli angoli della bocca di B dissolversi non appena elaborò la sua risposta negativa.
«Che delusione, Light Yagami. E io che credevo che fossi pronto a tutto pur di…» Non concluse la frase perché si liberò in uno sbuffo pesante. «Così mi costringi a passare al piano successivo.»
In men che non si dica, Light si ritrovò il coltello che B aveva usato precedentemente su L serrato alla carotide.
I suoi occhi caramello strabuzzarono e, per la prima volta da quando aveva realizzato di essere sotto sequestro, un moto di vera paura lo scosse.
«Perché lo fai?» domandò in un verso soffocato, stando attento a non dimenarsi se non voleva essere il fautore della sua stessa morte. «Cosa speri di guadagnare se mi uccidi, eh? Dimmelo!»
Ti ammazzo, bastardo. Giuro che ti ammazzo!” gridava nel frattempo belluina la voce dentro di sé, e Kami-sama solo sapeva quanto avrebbe voluto soddisfare quel desiderio. Strangolare quell’essere con le sue mani ed assistere crudelmente alla luce fievole venirgli meno nelle pupille.
«Cosa spero di guadagnarci, mi chiedi?» reiterò B, senza occultare la sua perplessità. Rise meschinamente, scendendo poi a bisbigliargli al padiglione auricolare: «perché non provi a dare un’occhiata davanti a te?»
Light avrebbe voluto abbaiargli contro le peggiori minacce di morte, ma non poteva, non con un’arma puntata alla gola; perciò ingerì per l’ennesima volta il suo orgoglio e fece come gli era stato intimato.
Ciò che vide ebbe del surreale.
L’avvallamento della fronte, le sopracciglia che pendevano verso il basso e i denti leggermente digrignati: quelli erano i segni inequivocabili di una persona adirata.
Peccato solo che quella persona fosse L.  
L, che stava manifestando ed era in grado di manifestare rabbia.
Oh, no” rifletté Light, le labbra dischiuse per lo sconcerto. “No, non mi venire a dire che…
B aveva dichiarato di conoscere il punto debole di Ryuz–no, di L, perché L era stato imprudente di fronte alle telecamere.
Aveva mostrato affetto. Un affetto reale, e non artefatto come Light aveva sempre creduto.  
Nelle ore precedenti quella scoperta sarebbe stata la sua arma vincente. In quel caso, invece, era la sua peggior condanna.
B voleva vendicarsi di L e avrebbe affondato il coltello dove faceva più male.     
A dispetto del pensiero che aveva appena elaborato nella testa, B lo scagionò dalla sua stretta ed arretrò, detonando in una risata che definire appagata sarebbe stato un eufemismo grande come un grattacielo.
Rise così tanto che finì per incurvarsi in avanti più di quanto non fosse già, le braccia circuite all’addome.
Quando finalmente mise un freno a quelle risate avvizzite, si diresse nuovamente verso L con una camminata a tratti oscillante, quasi come se fosse stato ubriaco. Cosa che probabilmente era, ma di compiacimento.
Una volta raggiunto, gli raccolse il volto marmoreo tra le mani e lo obbligò a volgere il capo nella sua direzione. «Non puoi capire quanto mi piaccia vederti così, L» soffiò con eccitazione a pochi millimetri dalle labbra, e Light venne attraversato da una fitta di orrore all’idea che avrebbe potuto annullare quella breve distanza che li divideva.
«Trovo che la tua ossessione nei miei confronti sia a dir poco deprimente» fece L monocorde. «Non hai mai pensato di trovarti un passatempo alternativo, B?»
«Deprimente?» chiese l’altro, e Light avvertì una nota destabilizzata nel suo tono di voce.
L la ignorò volutamente, continuando: «Anzi, ora che ci ho ragionato più a fondo penso che patetico sia più approp–»
B gli sferrò un pugno in pieno volto, impedendo ad L di concludere la frase.
Quest’ultimo si lambì con la punta della lingua il rivolo di sangue che aveva iniziato a colargli da un angolo della bocca. «Colpire una persona che non si può difendere…» mormorò, ricollocando il capo in verticale, «è sleale, persino per te.»
B caricò un altro colpo. Questa volta non si infranse sul viso del detective, ma rimase lì. A mezz’aria. Immobile.
Dopo un breve istante, B si decise a portarsi la mano incriminata alla bocca, addentandosi l’indice. «Mi sono intrattenuto più del dovuto» affermò quasi sovrappensiero, lasciandosi andare poi ad un mezzo riso strozzato. «Voglio lasciarvi del tempo per riflettere.» Sorrise lugubremente da sopra una spalla. «Specialmente a te, Light-kun. Sai, semmai dovessi cambiare idea.»
Light lo dardeggiò con lo sguardo e questo non fece altro che far ampliare il suo sorriso.
A parte chiosare un “presto arriverà qualcuno a portarvi da mangiare”, B non aggiunse altro.
Si dileguò dalla stanza, lo spettro delle sue risate che li accompagnarono fino a quando non si chiuse la porta alle spalle, lasciandoli soli.
Si poteva dire che quella fosse la quiete dopo la tempesta, tuttavia entrambi, guardandosi, ebbero la netta sensazione che, dopo quella calma inattesa, sarebbe sopraggiunta una nuova tormenta, più potente rispetto alla precedente.
«Immagino tu abbia delle domande da pormi» intervenne L ad un certo punto con una disinvoltura indubbiamente forzata.  

Per uscire indenne da quella situazione, Light doveva escogitare un piano.
E al più presto.
Occhieggiò L da sotto le ciglia folte, le labbra ridotte a due linee sottili. «Ne ho diverse, in realtà; ma ce n’è una che mi preme particolarmente.» Fece fatica a trattenere il veleno quando proseguì con imperiosità: «Spiegami chi diavolo è B.»


 
   
 
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