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Autore: D a k o t a    22/12/2019    5 recensioni
[SPOILER 3x10]
Dopo gli avvenimenti della 3x10, Devon si sente in colpa e non può non chiamare Conrad.
"Gli ci vuole del tempo, per capire che è successo – è successo davvero.
Gli ci vuole il dolore composto di Nic, le sue mani che tremano appena, il volto asciutto e pallido.
Gli ci vogliono le guancia bagnate di quel ragazzino che aveva passato così tanto tempo in ospedale da vedere Conrad più come il padre che non aveva mai avuto, e che cerca il Dr Hawkins per la sua visita per l’epilessia."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Conrad Hawkins, Devon Pravesh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Bell cade e gli occhi di Adaku si spengono come piccole stelle, Conrad viene licenziato – o forse Bell cade e gli occhi di Adaku si spengono come piccole stelle perché Conrad viene licenziato. Devon lo guarda mentre se ne va e non riesce a dire nulla che non suoni come una debole protesta – tutto ciò che sente è colpa, colpa, colpa perché questa volta sapeva, sapeva, sapeva anche lui, ed era complice -, Nic minaccia di andarsene e Irving urla e attacca Kim, ma Conrad non fa nulla di tutto ciò. Conrad si toglie la giacca, si sacrifica e se ne va come un pretore romano: si sacrifica e cade per proteggere quelli che non smettono di essere i suoi pazienti nemmeno in quel momento. Devon guarda i suoi occhi osservare prima lui e poi Nic, prima di uscire dal Chastain, senza mai sembrare arrabbiati, senza mai l’ombra di un senso di colpa.

Conrad non urla, non si scompone. E questo è il motivo per cui il giorno dopo, nel suo primo giorno da specializzando e non più da tirocinante, Devon non realizza. Non fa caso a quell’uovo al tegamino per pranzo che non è più pagato come al solito, non trova straniante sedersi solo al tavolino in cui Conrad gli aveva confidato di star per chiedere a Nic di sposarlo - Conrad gli aveva dato delle regole, il primo giorno del suo tirocinio, e Devon le aveva davvero infrante quasi tutte – fa’ sempre quello che ti dico era stata la prima – ma era stato Conrad a infrangere quella regola, “noi due non ridiamo insieme”, la prima volta che gli aveva chiesto di andare a bere qualcosa.

Gli ci vuole del tempo, per capire che è successo – è successo davvero.

Gli ci vuole il dolore composto di Nic, le sue mani che tremano appena, il volto asciutto e pallido.

Gli ci vogliono le guancia bagnate di quel ragazzino che aveva passato così tanto tempo in ospedale da vedere Conrad più come il padre che non aveva mai avuto, e che cerca il Dr Hawkins per la sua visita per l’epilessia.

Gli ci vuole persino la freddezza di Randolph Bell, lo sguardo di chi ancora non ci crede, nonostante tutte le volte in cui lui stesso aveva minacciato e rimesso al suo posto quello specializzando impertinente e ribelle che Conrad era sempre stato, senza mai averne intenzione.

Gli ci vuole tutto questo e molto di più per capire quanto il Chastain abbia perso in un colpo solo.

 

***

Il display del telefono di Conrad si illumina, il pomeriggio seguente, e non può fare a meno di pensare che magari lo cercano in ospedale per un’emergenza, che è successo qualcosa, che -

Oh. Troverà una soluzione, ne è sicuro, e comunque vada, quello era un bel modo per uscire di scena: era nobile, fiero e giusto. Era stato giusto mentire per salvare una vita, era l’unica cosa giusta. Sa perfettamente che non era stato l’unico motivo per cui era stato tagliato fuori, e quanto poco quel licenziamento avesse a che fare con Tyler e l’aver omesso il suo tentativo di suicidio solo per farlo entrare in lista per un fegato. Lo sa e, ne è sicuro, lo dimostrerà – e spera davvero di poterlo fare nel minor tempo possibile, ché senza lo stetoscopio fra le mani non può fare a meno di sentirsi inutile.

Guarda di nuovo il cellulare, prima di rispondere, esasperato.

“Devon” dice, fingendosi infastidito, e trattenendo un sorriso che il medico più giovane gli ha visto fare tante volte, ormai. “Ti ricordi la regola numero uno, quando ti ho affidato il reparto da solo, il Giorno dell’Indipendenza?”

Devon sbuffa perché dovrebbe smetterla di trattarlo così, non ha più alcuna autorità su di lui e non è più un tirocinante. E’ uno specializzando adesso, ha fatto diagnosi, non si dimentica più di utilizzare sempre – sempre! - lo stetoscopio e non si farà più trattare come uno sprovveduto.

“Lo so. Io...” dice, senza sapere bene cosa dire. Improvvisamente, quando Conrad lo interrompe, gli sembra di aver sbagliato a chiamare – ma è solo un attimo.

“Ti ho detto che se tu, tirocinante, mi avessi chiamato il primo giorno in cui ti avrei affidato il reparto, sarebbe stato un segno di debolezza” sospira poi, rilassando la voce. “Oggi è il tuo primo giorno da specializzando, non da tirocinante, e stai chiamando me. Dimmi, cosa dovrei pensare?”

La verità è che non può fare a meno di lasciarsi andare ad una risata roca e un po’ grave: è che sa benissimo che Devon non lo chiama perché ha bisogno di lui, perché c’è una diagnosi malriuscita o qualcosa di strano, questa volta; Devon lo chiama perché si preoccupa per lui. Allora è più facile, più normale per lui dissimulare, proporgli una finta continuazione – almeno per il momento, perché la battaglia non è certo finita.

Devon non gli dice che non è mai davvero stato solo al Chastain fino a quel momento – e che quell’uovo al tegamino non era nient’altro che la conferma di ciò che aveva sempre saputo. Non glielo dice perché sa com’è Conrad e sa che se si lasciasse andare a sentimentalismi, finirebbe per staccargli il telefono.

“Mi dispiace. E’ solo che mi sento in colpa. Sapevo di Tyler anche io, è stata una mia idea...” ammette, abbassando la voce, perché al Chastain sono tempi infami e nascondersi in una stanza buia a parlare al telefono è un rischio.

Conrad non può non interromperlo, non può non dirgli che non è colpa sua e sgridarlo perché si sta mettendo in pericolo. E non c'è bisogno che dica altro, perché comunque sia, anche se non gliel’ha detto mai e ha sempre contato i complimenti con il contagocce, sa che Devon ha capito lui, senza margine di errore.

“Devon, non sei al Chastain, vero?” gli chiede e segue una breve pausa di silenzio, in cui Conrad riesce ad immaginare benissimo l’espressione colpevole dipinta sul volto del più giovane. “Il Chastain non ha bisogno di perdere nessun altro dottore. Se menzioni quel nome nuovamente, riattaccherò. E ad ogni modo, non mi dispiace e lo sai: non ho bisogno che tu mi dia una pacca sulla spalla, a differenza dei pazienti da cui dovresti essere in questo momento”

C’era stato un tempo in cui Devon non aveva tollerato Conrad, non aveva tollerato i suoi sorrisi ironici e la sua totale mancanza di rispetto per qualunque regola; non aveva sopportato il modo in cui a volte gli si avvicinava per sussurrargli all’orecchio “Fa’ esattamente come ti dico io”, con quel tono che era metà minaccia e metà scherzo. Ma è stato molto tempo prima e, Conrad lo sa, poi è successo qualcosa.

“Lo so” risponde senza scomporsi ed è assurdo come anche in questo momento, uno dei più difficili della sua vita, Conrad sia razionale, pragmatico, clinico e pensi a proteggere lui. “So che non hai bisogno del mio aiuto. Volevo solo che tu sapessi che ben sette dei nostri pazienti oggi hanno chiesto di te. Tu non hai bisogno del mio aiuto, ma questo posto ha ancora bisogno del tuo e non riesco a non farmi passare per la testa che se non fosse per la mia decisione su Tyler, tu non...”

Era successo qualcosa lungo il percorso, e anche se Conrad si era promesso di fare attenzione con Devon, di essere duro e di non fare preferenze né di fargli sconti, aveva cominciato ad un certo punto a sedersi con lui e a farsi raccontare di quelle foto che Priya gli mandava dalla Namibia e aveva persino preso a raccontargli di Nic e di quell’anello nascosto nella tasca della sua giacca. Conrad non sapeva e non sa ancora come, ma era successo: aveva continuato ad osservarne i progressi, a rimproverarlo per gli errori, da dietro l’uscio chiuso del suo ufficio e beh, se lo faceva con più attenzione, con più affetto di quanto avrebbe dovuto, non c’era nessuno a testimoniarlo.

“Alt!” lo riprende per telefono, lasciandosi andare ad un sospiro esasperato. “Ci sono almeno due cose sbagliate in questa frase: uno, tu non prendevi le decisioni, io le prendevo – tu eri il mio tirocinante, io il tuo supervisore. Due: ti avevo detto che se avessi menzionato di nuovo quel nome mentre eri al Chastain, avrei staccato il telefono, quindi buona serata, Devon”

Ha già il dito sulla cornetta rossa del telefono, quando sente per un attimo Devon protestare.

“Hai ragione. Ci vediamo per un drink?” gli chiede, esitante.

“Va bene” risponde alla fine, tradendo una punta di esasperazione. “Devon?”

Lo chiama un’ultima volta prima di tirare giù, ha solo una leggera esitazione e se non fosse Conrad, Devon penserebbe che lo stia per ringraziare per la chiamata e l’invito, ma è Conrad e -

“Sì?” risponde alla fine.

“Cerca di non uccidere nessuno” gli dice poi, mentre un sorriso gli incurva le labbra. Poi tira giù senza attendere risposta, perché sa già che farà del suo meglio e non ha alcun bisogno di sentirglielo dire.

 

(Conrad riattacca il telefono e si dice che è un mestiere, è solo un mestiere. Anche se non è vero, bisogna comunque dirselo, di tanto in tanto, perché bisogna sopravvivere. Ma a volte succede, succede che incontri qualcuno. Che è un tuo tirocinante, ma che tu sai fin dall’inizio che non sarà mai solo un tuo tirocinante. E che non sarà mai solo un ex tirocinante. E’ successo con alcuni, fin dal primo sguardo. E’ successo con Devon, ma l’ha capito più tardi, a metà tirocinio. E’ successo e, anche se non glielo dirà mai, ringrazia qualcuno, non sa nemmeno chi, del fatto che sia successo, che possa accadere ancora. Perché a volte si incontra qualcuno e in quell’incontro ci sta il senso di tutta la fatica, la ricompensa di tutto il lavoro. È bellissimo, quando succede; anche quando succede in silenzio, senza il bisogno di dirselo. È l’unica cosa che dà un senso, un significato.  Quella sera, per esempio, vedrà Devon e parleranno di tutto, di sé e di lui, delle loro fidanzate e di quello che è successo, del Chastain senza di lui. Scuote la testa, mentre pensa che si saluteranno senza pensare che una volta lo ha minacciato di tranciargli la carriera se non avesse usato sempre lo stetoscopio e che lui aveva chiesto di avere un altro supervisore, più di una volta. A volte la rete delle necessità non ha maglie così strette, si dice. A volte c’è qualcosa che sfugge, a volte accade ciò che non era affatto detto che accadesse)


NDA.
In questo fandom sono completamente sola, ma oh, sento sempre un gran bisogno di scriverci, quindi ecco a voi un'altra OS su questa BrOTP 

   
 
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