Yes,
my lord
«Questa
farà un milione di likes!»
Esclamò
Raihan, disteso sul parquet di legno del salotto di casa nel centro
di Hammerlocke, mentre ammirava il soffitto a muqarnas deliziosamente
intarsiato a ricordare la caverna di un drago, con profonde nicchie e
spuntoni, variopinto e impreziosito da gemme preziose, un capolavoro
d'architettura orientale unico in tutta Galar.
Era
intento a scattarsi l'ennesimo selfie con gli addominali in mostra e
il fotogenico Flygon sempre accanto. Aveva passato l'intera mattinata
alla ricerca della posa perfetta, con l'illuminazione perfetta e
l'angolazione giusta per ottenere una fotografia in grado di
acchiappare quanti più punti possibile sul suo social
network
preferito, e finalmente l'aveva trovata.
«Fly,
non rubarmi la scena però!»
Brontolò
leggermente infastidito, quando il Drago allungò il muso
verso
l'obiettivo. Lo scostò con una mano, in modo gentile, e si
risistemò
in posa, pronto per l'autoscatto, ma proprio mentre stava per premere
l'icona sul touch screen, sulla schermata del suo Rotom-Phone
comparve un messaggio, appena giunto, che gli impedì di
portare a
termine lo scatto.
«Ma
che palle!» sbraitò scocciato per l'interruzione e
si mise seduto a
leggere. Era da parte di Leon.
"Raihan,
vieni a casa mia, urgente."
Il
moro corrugò la fronte dopo la lettura, quel testo
così breve e
conciso l'aveva riportato alla realtà. Leon aveva bisogno di
lui.
"Bro'
ke succede? Sn occupato"
"Non
posso spiegarti. Vieni. Casa libera."
Raihan
iniziò a preoccuparsi, si alzò in piedi e
s'infilò la pesante
felpa addosso, era Dicembre e anche dentro la sua dimora faceva
fresco, rischiava sempre di raffreddarsi quando provava a farsi delle
foto a torso nudo in pieno inverno.
«Ha
messo il punto alla fine» commentò, guardando
Flygon che aveva
iniziato a fissarlo con fare interrogativo «la questione
è seria,
lo mette sempre quando è nervoso!»
Prima
di raggiungere la propria camera passò per la cucina, dove
si fermò
a frugare tra le varie credenze traboccanti di cibo spazzatura: il
Capopalestra non era affatto uno chef, quelle poche volte che aveva
provato a cimentarsi con i fornelli aveva rischiato di mandare a
fuoco l'intera abitazione, per cui preferiva comprare del cibo
precotto da riscaldare o passare dal fastfood più vicino.
Fortunatamente i suoi Draghi non erano particolarmente esigenti, a
loro bastavano degli scarti di carne cruda che Raihan si procurava
quotidianamente dalla macelleria sotto casa, così da evitare
sprechi; si erano ormai rassegnati al fatto che il loro padroncino
non sapesse preparare un curry decente, nemmeno con quello
istantaneo. Questa passione per i cibi già fatti la
condivideva
anche Leon, tuttavia il Campione viveva ancora con sua madre, la
quale provvedeva a preparargli piatti sani e nutrienti a base di
verdure, e solo durante le scappatelle con Raihan poteva
approfittarne per trangugiare salsicce, birra e patatine come se non
ci fosse un domani. Uno strappo ogni tanto ci stava, Raihan lo sapeva
bene, e infatti quando potevano passare del tempo insieme, soli, si
armava con le peggiori schifezze zuccherate per andare da lui, di
nascosto dalla donna.
«Dovrei
portargli un po' di questa merda, gli farà
bene…» bofonchiò,
afferrando delle confezioni di nachos e pizzette piccanti per leggere
la data di scadenza: sarebbero state ancora commestibili per qualche
giorno.
"Bro',
sto portando anche la nostra merda!"
digitò
prontamente, ma la risposta fu secca e repentina: "Non serve.
Sbrigati."
«Eh?
Lee non rifiuta mai! Cavolo, spero non abbia avuto l'ennesimo mental
breakdown!» ringhiò con
preoccupazione e incredulità. Leon era un
ragazzone solare, attivo, intraprendente, ma anche lui aveva dei
momenti di debolezza, anche lui aveva dei limiti, anche lui risentiva
dello stress estremo dovuto alla sua carriera. Leon era un essere
umano, prima ancora di essere l'ex Campione di Galar. Quando tutte le
responsabilità si accavallavano e non lo lasciavano libero
di
respirare, Leon si chiudeva in casa, se libera, oppure andava
segretamente dal suo storico rivale, a Hammerlocke, per gettarsi tra
le sue braccia e piangere, per ore ed ore. Raihan lo abbracciava, lo
accarezzava con dolcezza, lo lasciava sfogare con pianti ed urla, gli
asciugava le lacrime, lo riempiva di baci affettuosi e, soprattutto,
lo viziava con del "sano" junk food, finché il brutto
momento non gli passava, e lo faceva tornare a sorridere. Per Raihan
non era affatto un peso, tutto ciò. Nonostante il carattere
impetuoso e irascibile, quando si trattava del suo Leon, era in grado
di sfoderare il suo lato più tenero e sensibile senza
risparmiarsi.
Non avevano paura di mostrarsi a vicenda le proprie insicurezze.
«Deve
essere a causa di quel marmocchio… Lee non ha mai davvero
digerito
quella sconfitta, hm…» pensò ad alta
voce, riponendo le cibarie
al proprio posto per andarsene in camera. Prese i primi vestiti che
gli furono davanti: calze, jeans, scarpe da ginnastica e un giaccone
pesante da indossare sopra la felpa. Infine si legò la
sciarpa di
lana attorno al collo e uscì di corsa, dirigendosi verso il
primo
Volotaxi disponibile. Avrebbe fatto prima ad usare Flygon, ma non
voleva esporre il rettile a quel gelo glaciale, avrebbe sofferto
molto, al contrario dei Corviknight, molto più resistenti
alle
intemperie stagionali.
In
meno di venti minuti era già a Wedgehurst, la piccola
cittadina che
ospitava il Laboratorio, a nord del Percorso 1. Per tutto il tragitto
non aveva fatto altro che chattare con un Leon impaziente che gli
scriveva "dove sei? Ci vorrà molto?" ogni due minuti. Se
fosse stato qualcun altro, ad importunarlo così, Raihan si
sarebbe
stizzito e non poco, ma con Leon aveva mantenuto la calma,
aggiornandolo sulla posizione man mano che sorvolava i vari centri
abitati.
«Eh,
ci mancava pure la grandine!» sbraitò a pieni
polmoni mentre si
precipitava giù per il sentiero, correndo a piedi, e veniva
investito da soffiate di schegge gelide che gli fendevano le gote
accaldate; inciampò un paio di volte sul terreno umido e
accidentato, mandò mille accidenti a divinità
più o meno locali,
tra cui Arceus, ma riuscì a trascinarsi sull'uscio
dell'amato quasi
illeso.
«Lee
eccomi!» urlò una volta dentro. Ormai era di
famiglia e sapeva che
le chiavi di casa erano sotto lo zerbino esterno. Si tolse le scarpe
fradice, che abbandonò all'ingresso e, dopo essersi
assicurato che
la casa fosse effettivamente vuota, zampettò su per le scale
interne
saltando i gradini a tre a tre.
Posò
la mano sulla maniglia della porta di Leon, già
psicologicamente
pronto a trovare la stanza a soqquadro, con il letto sfatto, il
pavimento pieno di lattine accartocciate e il ragazzo in boxer e
canotta, con la barbetta incolta e la chioma scarmigliata, ma
ciò
che si ritrovò davanti una volta girato il pomello fu oltre
ogni
aspettativa.
«Lee…
cosa cazzo…» sibilò, dopo aver
spalancato l'anta, con gli occhi
strabuzzati e la mandibola che a momenti gli piombava per terra. L'ex
Campione era in piedi, con un portamento fiero, davanti al grande
specchio a sistemarsi con una spazzola la criniera fluente e soffice.
Indossava una redingote rosso sangria che gli evidenziava il largo
petto e il ventre asciutto, chiusa da bottoni dorati, che gli
arrivava fin dietro le ginocchia con uno spacco a coda di Swellow,
pantaloni aderenti color crema infilati in un paio di stivali da
fantino neri, appena lucidati, e al collo teneva annodato un mail
coach bianco orlato da merletti. Era un completo fatto su misura,
commissionato ad uno stilista da Leon in persona.
«Raihan,
finalmente! Ci hai messo tantissimo!» esclamò
l'uomo, girandosi
verso l'interlocutore con un sorriso un po' forzato, che lasciava
trasparire un certo nervosismo. Raihan, ancora troppo sbalestrato per
poter articolare una frase di senso compiuto, si limitò ad
indicargli con i gesti la bufera che imperversava fuori dalla
finestra, come per dirgli "è già tanto che son
riuscito ad
arrivare qui vivo e bello".
«Oh,
cavolo che tempaccio…» sussurrò, resosi
conto del clima «ad ogni
modo, Raihan… cosa ne pensi?» domandò
poi, avanzando di qualche
passo verso il moro per fargli osservare e tastare meglio la stoffa,
mordicchiandosi il labbro per la tensione.
«Lee,
penso di aver appena avuto un'erezione» fu la risposta
serrata e
concisa di Raihan che gli raddrizzava il foulard.
«S-Sì
ok, ma quindi? Sto bene?»
«Sacro
Arceus, Lee!» roteò gli occhi al cielo, sbuffando,
mentre quelli
dell'altro si erano istintivamente posati all'altezza della cintola
dei suoi jeans «secondo te? Cazzo se stai bene!»
«Oh
u-uhm… non guardarmi come se fossi un tonto, dici sempre che
sarei
eccitante anche con un sacco di iuta addosso, per
cui…»
«E
quindi» lo interruppe prontamente, schiarendosi la voce
«mi hai
fatto venire qua solo per farmelo alzare o… c'è
dell'altro?»
chiese, incrociando le braccia al petto e guardando il compagno in
tralice.
«Sì,
in realtà c'è dell'altro… vieni,
sediamoci» annuì,
accompagnando Raihan a sedersi sul proprio letto, di fronte a lui.
Sul comodino c'erano già degli snacks dolci e delle birre,
ormai
calde. Il Domadraghi allora si tolse il giubbotto e lo
scaraventò
via, i riscaldamenti erano accesi e faceva abbastanza caldo.
Era
calato il silenzio nella stanza, da una parte Leon che cercava, nel
proprio cervello, le parole giuste per formulare nel modo
più idoneo
quel che voleva comunicargli, e dall'altra Raihan, che si faceva
mille congetture mentali sul motivo della convocazione. Gli sembrava
che il Campione stesse bene, fin troppo bene, aveva il solito aspetto
regale e solare, non c'erano segni di pianto sul suo viso, ma allora
perché tutta quell'urgenza? Era vero che alcune volte Leon
sapeva
essere un po' egocentrico e ingigantiva problemi di poco conto, ma
doveva esserci dell'altro. Ci sperava, Raihan, che ci fosse
dell'altro. Un Leon così ben vestito? Forse voleva
chiedergli di
uscire, voleva portarlo al cinema, o a cena fuori, in qualche
ristorante prelibato, questo giustificava il precedente rifiuto sul
cibo spazzatura; ma uscire con quella tempesta invernale? Roba da
pazzi. Leon a volte faceva cose folli, quando se le metteva in testa,
ma così era troppo. Che volesse… dichiararsi?
Forse voleva
parlargli proprio dei suoi sentimenti? A tal pensiero, il volto di
Raihan iniziò ad avvampare. Certo che era strano, insomma,
dovrebbe
essere chi si dichiara ad andare dal proprio amato, con un bel mazzo
di fiori e dei cioccolatini, e non viceversa. Ma d'altronde, quando
mai avevano fatto qualcosa di prettamente "normale", quei
due?
«Ti
ascolto, Lee» sussurrò, per rompere il silenzio e
invogliarlo ad
iniziare.
«Sai,
Raihan… quest'ultimo periodo è stato davvero
arduo per me»
incominciò a dire, alquanto titubante, prendendo le mani di
Raihan,
ancora un po' fredde, per avvicinarle alle proprie labbra e baciarle
dolcemente, nelle pause tra una frase e l'altra «sono stato
male,
dopo quella sconfitta. Avevo perso la motivazione, mi sembrava che
nulla avesse più senso nella mia vita… l'unica
cosa a tenermi un
po' vivo era la tua presenza, per te non è cambiato molto,
siamo
sempre rivali e io resto sempre l'imbattuto…
però, io ecco, ho
preso una decisione molto importante…»
«Con
calma, Lee… nessuno ci insegue, rilassati»
bisbigliò per
tranquillizzarlo, il tono di voce di Leon faceva trasparire tutta la
sua insicurezza. Il Capopalestra allora ghermì la spazzola
precedentemente usata dall'amato e prese a passargliela tra le
ciocche, spostandogli tutta la folta massa di capelli davanti alla
spalla, le pettinò con cura e pazienza, togliendo i piccoli
nodi che
si formavano qui e lì e poi iniziò a intrecciarle
in una semplice
treccia. Leon lo osservava deliziato, trovava incredibile la bravura
del rivale nell'acconciare i capelli, era quasi ipnotizzato dal
movimento sinuoso di quelle dita ossute e affusolate. Raihan, dal
canto suo, era inebriato dal profumo di lavanda fresca che esse
sprigionavano ad ogni tocco, erano state da poco lavate.
«Ecco,
dunque… ho deciso di dare una svolta alla mia immagine, ora
mi
sento un uomo più serio e maturo, ora ho nuovi obiettivi,
io… io
voglio migliorare me stesso, e voglio dare l'opportunità a
tutti gli
Allenatori di Galar di diventare più forti, di seguire i
propri
sogni… quindi ho avviato un progetto davvero importante! Hai
presente la Rose Tower, sì?»
«…
beh?» mugugnò, dopo aver fissato l'acconciatura
con un elastico.
Aveva sperato fino all'ultimo che quella "decisione" avesse
riguardato il loro rapporto, così scostante e sibillino,
fatto di
baci e morsi, lusinghe e imprecazioni, abbracci e spinte, lussuria e
riservatezza, e invece riguardava tutt'altro. Rimase comunque ad
ascoltarlo, cercando di non far trasparire troppo la sua delusione.
«Beh,
ora che il presidente si è dimesso, l'ho trasformata in una
Battle
Tower! Tutte le regioni ne hanno una, non voglio essere da meno! Non
lo trovi fantastico?»
«Immagino
di sì, sì indubbiamente è una bella
iniziativa… eheh…»
sorrise appena, non voleva smorzare l'entusiasmo dirompente
dell'altro, vedere Leon così gioioso era la luce dei suoi
occhi,
dopotutto.
«E
non ho ancora finito!»
«Hm?»
«Inserirò
anche una categoria per le Lotte in Doppio, così…
così potrai
sfruttare al meglio le tue strategie! Dimmi te se non sono un
genio!»
«Ah…
wow… sarà divertente, allora» disse,
alzandosi improvvisamente in
piedi. Si era fatto tutta quella strada solo per questo? Leon si era
azzimato così solo per rinnovare il proprio look? Davvero
era così
urgente un parere estetico? Non poteva semplicemente mandargli una
foto allo specchio e chiedergli un'opinione? Quanto egocentrismo.
Raihan sentì un groppo salirgli in gola, avrebbe voluto
ringhiargli
in faccia che era diventato troppo pieno di sé, ma al tempo
stesso
non voleva rovinargli l'umore, Leon adesso era felice, si era
ripreso, Raihan lo amava e faceva di tutto per vederlo contento e
soddisfatto, eppure non riusciva a godersi la buona notizia, si
sentiva come messo da parte, deluso, e forse in tutto ciò il
vero
egocentrico era lui.
«Raihan?
Dove vai? Ehi!» gli afferrò prontamente un polso,
impedendogli così
di fuggire, ma l'altro gli dava ancora le spalle. Tremava
leggermente, serrava i pugni, incurvava la schiena, stava cercando
con tutte le sue forze di trattenersi dall'espettorare qualche
ingiuria frutto della momentanea rabbia.
«Sei
peggio di Hop! Non ho ancora finito, devo ancora dirti la cosa
più
importante… dopo potrai anche mandarmi a quel paese, ma devo
dirtela, per forza…»
«Avanti,
sentiamo!» ruggì il moro, serrando i denti.
«…
ma stai piangendo? Ehi Raihan…?» Leon
addolcì la voce e la morsa
sul suo avambraccio, invitandolo nuovamente a sedersi sul giaciglio.
Il Domadraghi tirò su col naso un paio di volte, si
passò la manica
della felpa sulle palpebre, per eliminare ogni traccia di lacrime,
deglutì e tornò sul materasso, evitando lo
sguardo diretto e
indagatore di Leon.
«Allora?
Che devi dirmi, sniff sniff?» borbogliò con le
braccia conserte,
come un bambino offeso.
«Hai
gli occhi lucidi, sicuro di stare bene?» domandò,
posandogli il
palmo sulla fronte «ma sei bollente! Devi aver preso freddo,
accidenti…»
«Leon
puoi smetterla di rendere ancora più imbarazzante questo
momento?
Dimmi quello che devi dirmi e finiamola, per favore!» il tono
inviperito del moro non passò inascoltato, per cui il
Campione si
scostò appena da lui, temeva di aumentare ulteriormente il
suo
nervosismo col contatto fisico.
«Scusami…
n-niente è solo che volevo ringraziarti per tutte le volte
che mi
sei stato accanto nei momenti peggiori, senza di te io… io
non ce
l'avrei mai fatta ad arrivare fin qui, ma averti come compagno di
scappatelle e rivale… e-ecco, non mi basta più,
sento che ho
bisogno di averti più… più vicino, in
t-tutti i sensi…»
balbettò con un certo imbarazzo, mentre tra le mani si
rigirava un
berretto nero.
Raihan
strabuzzò gli occhi, non credeva a quelle parole
«questa… questa
è una dichiarazione, Lee? Mi prendi per il culo? Sto
sognando?»
«Beh
sì, dovrebbe essere una dichiarazione, lo sai che le parole
non sono
il mio forte… vorrei solo poterti avere al mio fianco, poter
condividere tutto con te, gioie e dolori, come abbiamo sempre
fatto…
ma con quel qualcosa in più, mi capisci?»
«Vuoi
che scopiamo di più, insomma» concluse l'altro,
ora più sollevato.
«Q-Quello
anche, cioè… che diamine Raihan, puoi essere
meno... prosaico? Sto
cercando di essere un po' romantico, non rovinare sempre
tutto»
«Che
significa "prosaico"?»
«A
te importa solo quello?» sbuffò, teneramente
imbronciato « Io ti
confesso i miei sentimenti, ti dico che ti amo… e tu pensi
subito
a… scopare?»
«Beh
Lee, anche quello è un aspetto… cosa? Hai detto
"ti amo"?»
ripeté con un misto di sorpresa ed euforia.
«Sì
ecco, penso di amarti, di essermi innamorato sul serio
insomma…»
«Da
quanto, Lee? Quando l'hai capito?» incalzò Raihan,
che senza
essersene reso conto aveva ripreso a piangere, ma per la contentezza.
«Un
po' da sempre, da quella volta che mi hai rubato i nachos alla
paprika dallo zaino, per esempio. Per qualche motivo non riuscivo a
essere arrabbiato con te, eppure erano i miei nachos…
capisci? Alla
paprika, poi…»
«Per
quale fottuto motivo non me l'hai detto anni fa? E… come
avevi
capito che ero stato io?»
«Non
so, in parte temevo di non essere ricambiato, non ti ho mai
immaginato propenso ad una relazione stabile e monogama, e
poi… e
poi non volevo che finissimo al centro di qualche gossip, la mia vita
privata deve restare fuori dalle telecamere»
spiegò con gentilezza,
allungando il braccio per asciugare le stille di gioia che
imperlavano gli zigomi di Raihan con un fazzoletto «eh,
perché
quando ti baciavo sulle labbra sentivo quel retrogusto piccante che
mi invogliava a divorarti?»
«Ah,
sapevo che avrei dovuto portarli anche oggi!»
«Non
ce n'è bisogno» asserì con decisione,
poi afferrò tra il pollice
e l'indice il viso di Raihan, lo avvicinò al proprio e si
fiondò
sulla sua bocca, riempiendola di baci bramosi e voraci; Raihan gli
gettò le braccia al collo, lo tirò a
sé e si lasciò coinvolgere,
strizzò gli occhi per far uscire le ultime gocce trattenute
e
permise alle due lingue di intrecciarsi finché non ebbero
più
fiato. Si staccarono di pochi centimetri, ansimando l'uno contro
l'altro, gli sguardi carichi di cupidigia, mentre in quella stanza
iniziava a fare decisamente troppo caldo.
«Avanti,
spogliati» annaspò Leon, con voce autoritaria,
quasi fosse un
comando incontestabile «mi hai fatto venire voglia»
aggiunse,
agguantandogli i fianchi spigolosi.
«Ehi
ehi, calmiamoci, my lord!»
ridacchiò Raihan, che ancora doveva
riprendersi dalla lieta confessione «siete troppo avventato,
seigneur»
sibilò, scimmiottando una parlata aristocratica,
maliziosa e intrigante. Non aveva mai visto il suo rivale
così ben
vestito in un contesto domestico, era abituarlo a vederlo sempre
sciatto e trascurato, indossava qualcosa di più decente solo
in
occasione di determinate cerimonie o cene, ma solo perché
era sua
madre a spronarlo, per cui a Raihan faceva una strana ma positiva
impressione. Gli sembrava di aver davanti un nobile principe
ottocentesco o qualcosa del genere, roba che si trovava solo in
antiche favole con principesse da salvare e Draghi da abbattere, e la
cosa gli stimolava bislacche fantasie. Si sistemò a carponi
sulla
branda e, dopo aver schioccato un bacio a stampo sulle labbra di Leon
che lo fissava in modo confuso, iniziò con fare provocante
ad
allentargli il nodo del mail coach, piazzandogli nel mentre dei
morsetti sulla gola che lo costrinsero a deglutire.
«Siete
così ben abbigliato, my
lord, quest'oggi…» riprese Raihan,
continuando a portare avanti quella sorta di gioco di ruolo che si
era appena creato, tra il "gentleman" e il "sottomesso"
«siete forse venuto a chiedere la mia mano?»
«Eh?
Ma se ci siamo appena fidanzati ufficialmente! Non puoi pensare
già
al m-matrimonio, cioè…»
«Ahh
e stai al gioco per una volta! Volevo inscenare una cosa
carina!»
protestò con uno sbuffo, rimuovendogli il fazzoletto dal
collo per
passare a sbottonargli la redingote. In tutte le altre occasioni
Raihan gli si era avventato addosso per strappargli con foga i
vestiti, leggins o pantaloncini sportivi che fossero, senza curarsi
di danneggiarli con le sue grinfie, perché faceva parte dei
loro
preliminari e a detta sua "ispiravano violenza", a causa
del pessimo gusto di abbinamento. A Leon non dispiaceva, trovava
eccitante avere a che fare con quel ragazzo posseduto dall'anima di
un Drago, doverlo domare e poi sottomettere con forza e destrezza. Il
topos era sempre quello, più o meno. Eppure questa volta
Raihan non
se l'era sentita di sgualcire quei tessuti preziosissimi, per cui
aveva optato per qualcosa di più soft ma ugualmente
stimolante. Leon
si trovava un po' scettico di fronte a quella messinscena, non era
abituato a cambiamenti così repentini, trovava difficile
concepire
un Raihan così improvvisamente docile e mite. Come doveva
comportarsi?
«Q-Quindi
uhm… faccio finta di essere un principe e tu fai finta di
essere il
mio… servo, tipo?»
«Vedo
che inizi a capire! Su, sarà divertente!»
esultò contento,
mollandogli qualche altro bacio sui pettorali marmorei, appena
scoperti «poi se la cosa dovesse metterti a
disagio… potrai dire
la safeword
e ci fermeremo, come sempre, ok?»
«Oh,
d'accordo… ehm, e qual era la safeword?»
domandò con un sorriso
imbarazzato, grattandosi la nuca.
«Era
"it's champion time",
però direi di cambiarla, ormai…
che ne dici di "paprika" o "nachos?"»
«Nachos.
È perfetta»
«Bene,
non mangerò più quei cosi come prima»
concluse e riprese a
slacciargli la cinta dei pantaloni, divenuti fin troppo stretti per
Leon. L'altro allora iniziò a fare lo stesso col compagno,
con
movimenti lenti e posati, avrebbero avuto tutta la notte per stare da
soli, dal momento che la madre e gli anziani erano partiti per
Circhester, dove il nonno avrebbe dovuto seguire una terapia termale
per mitigare gli acciacchi dell'artrite divenuta un fastidioso
problema per l'uomo, e sarebbero tornati dopo un giorno.
«E
così» esclamò Leon, dopo essersi
schiarito la voce con un colpo di
tosse, in modo da abbassarla di un'ottava «tu,
cioè voi, ricambiate
i miei sentimenti, mio fedele scudiero?»
«Yes,
my lord» replicò il moro, baciandogli
il dorso della mano «vi amo
più della mia stessa vita, vi difenderei a spada tratta
contro ogni
minaccia!»
Il
gioco stava procedendo bene,entrambi si erano ben calati nelle
rispettive parti, si stavano divertendo, seppur con qualche piccolo
imbarazzo e difficoltà iniziale, ma tutto sommato quella di
Raihan
era stata un'idea originale e piacevole.
«Allora
dimostratemelo, schiavo… altrimenti sarò
costretto a punirvi»
ammiccò, battendo piano un lembo della cintura di cuoio sul
proprio
palmo, minaccioso.
Raihan
stava per rispondere, eccitatissimo dalla prospettiva, quando
entrambi udirono il rumore della serratura inferiore scattare.
Rabbrividirono.
«È
Hop?» mormorò preoccupatissimo Raihan, che come un
lampo si era
catapultato a recuperare il giaccone.
«No,
impossibile! Piuttosto preferirei che fossero dei ladri!»
disse col
cuore in gola l'altro, balzato giù dal letto per occultare
gli
alcolici nel cassetto.
«Leon
che cazzo! Sono i tuoi! Non erano a Circhester?» chiese
piuttosto
terrorizzato, dopo essersi affacciato dalla finestra per vedere se ci
fosse la loro auto.
«Dovevano
essere lì, giuro! Dai, nasconditi!»
«Dove
vado?»
«Sul
balcone, presto, stanno salendo!»
«Col
cazzo!»
La
signora intanto era giunta sull'uscio della camera, con le scarpe di
Raihan , ormai asciutte, tenute in mano. Bussò con
delicatezza.
«Lee,
Ray!»
I
due si guardarono per un momento sconcertati, quasi a dirsi "come
fa a saperlo?" ma poi il Capopalestra abbassò imbarazzato lo
sguardo sui propri piedi scalzi e capì.
«Sì
mamma? Già qui?» rispose l'altro, cercando di
risultare quanto più
naturale possibile.
«Purtroppo
i treni erano bloccati a causa del maltempo, la grandine ha causato
parecchi disagi e la visita è stata rimandata…
Ray, perché non
resti qui a cena con noi, tesoro?»
«Ma
che disdetta! C-Certo che resto!»
«Bene!»
esclamò la donna, posando le calzature di Raihan per terra,
accanto
allo stipite «tra due ore sarà pronto, fatevi
trovare giù,
d'accordo?»
«Sì
mamma» intonarono all'unisono, tirando un sospiro di sollievo
quando
udirono il suono dei tacchi della donna allontanarsi giù per
la
scalinata. Erano ancora mezzi nudi e sudati, col cuore a mille per lo
spavento, si gettarono sul giaciglio esausti, uno sull'altro.
«Beh…
non sembrava arrabbiata per la tua presenza, anzi…»
«Dici
che avrà intuito che stavamo facendo robe?»
«Può
darsi… a questo punto, perché non lo dichiariamo
anche a loro?»
«S-Sarebbero
favorevoli alla nostra relazione?» chiese il moro, mettendosi
seduto
di scatto, con le mani tremanti e le cuspidi che gli martoriavano il
labbro inferiore.
«Ma
certo che sì! Anzi, non vedono l'ora di una dichiarazione
ufficiale!» lo rassicurò il Campione, rotolando al
suo fianco per
adagiare la testa sulle sue ginocchia.
«Serio?
Allora… allora va bene, sì, glielo diremo,
cioè glielo dici tu e
io annuisco»
«D'accordo!»
Si
sorrisero in modo amorevole, tornando nuovamente ad abbracciarsi e
coccolarsi per scambiarsi effusioni e baci carichi di passione e
dolcezza, mentre fuori la grandine martellava violenta contro il
vetro e la tempesta si assopiva nei loro animi.
~~~~~~
Angolo di Xavier
Salve!
Che dire, questa è la prima ff che scrivo sulla coppia Leon
x
Raihan. Questi due mi hanno preso praticamente subito, non potevo non
scrivere qualcosa su di loro.
Non
sono pienamente soddisfatto dall'esito di questa ff, sono piuttosto
incerto sulla loro caratterizzazione (spero di non essere andato
troppo OOC *cough cough*) cioè, l'idea di base era molto
meno capziosa
(?), sarebbe dovuto ruotare tutto attorno ad un Leon incerto sul
nuovo outfit e a Raihan che gli dà pareri, poi tra un
bicchiere di
limoncello e l'altro… non so cosa sia successo. Non lo so.
Non
chiedetemelo. Questo è il risultato. Però ehi, mi
sono divertito a
scriverla e questo è l'importante!
Quindi
uhm, niente, spero vi sia piaciuta!