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Autore: KomadoriZ71    26/12/2019    1 recensioni
Leon è ormai stato sconfitto dal nuovo campione di Galar, ha deciso di dare una svolta alla propria vita, partendo proprio dal look. Entusiasta del cambiamento, decide di parlarne con lo storico rivale, Raihan. Le cose però non andranno come previsto…
Leon/Dandel x Raihan/Laburno | Yaoi | Linguaggio scurrile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Yes, my lord

birra e salsicce






«Questa farà un milione di likes!»

Esclamò Raihan, disteso sul parquet di legno del salotto di casa nel centro di Hammerlocke, mentre ammirava il soffitto a muqarnas deliziosamente intarsiato a ricordare la caverna di un drago, con profonde nicchie e spuntoni, variopinto e impreziosito da gemme preziose, un capolavoro d'architettura orientale unico in tutta Galar.
Era intento a scattarsi l'ennesimo selfie con gli addominali in mostra e il fotogenico Flygon sempre accanto. Aveva passato l'intera mattinata alla ricerca della posa perfetta, con l'illuminazione perfetta e l'angolazione giusta per ottenere una fotografia in grado di acchiappare quanti più punti possibile sul suo social network preferito, e finalmente l'aveva trovata.
«Fly, non rubarmi la scena però!»
Brontolò leggermente infastidito, quando il Drago allungò il muso verso l'obiettivo. Lo scostò con una mano, in modo gentile, e si risistemò in posa, pronto per l'autoscatto, ma proprio mentre stava per premere l'icona sul touch screen, sulla schermata del suo Rotom-Phone comparve un messaggio, appena giunto, che gli impedì di portare a termine lo scatto.
«Ma che palle!» sbraitò scocciato per l'interruzione e si mise seduto a leggere. Era da parte di Leon.

"Raihan, vieni a casa mia, urgente."

Il moro corrugò la fronte dopo la lettura, quel testo così breve e conciso l'aveva riportato alla realtà. Leon aveva bisogno di lui.

"Bro' ke succede? Sn occupato"

"Non posso spiegarti. Vieni. Casa libera."

Raihan iniziò a preoccuparsi, si alzò in piedi e s'infilò la pesante felpa addosso, era Dicembre e anche dentro la sua dimora faceva fresco, rischiava sempre di raffreddarsi quando provava a farsi delle foto a torso nudo in pieno inverno.

«Ha messo il punto alla fine» commentò, guardando Flygon che aveva iniziato a fissarlo con fare interrogativo «la questione è seria, lo mette sempre quando è nervoso!»
Prima di raggiungere la propria camera passò per la cucina, dove si fermò a frugare tra le varie credenze traboccanti di cibo spazzatura: il Capopalestra non era affatto uno chef, quelle poche volte che aveva provato a cimentarsi con i fornelli aveva rischiato di mandare a fuoco l'intera abitazione, per cui preferiva comprare del cibo precotto da riscaldare o passare dal fastfood più vicino. Fortunatamente i suoi Draghi non erano particolarmente esigenti, a loro bastavano degli scarti di carne cruda che Raihan si procurava quotidianamente dalla macelleria sotto casa, così da evitare sprechi; si erano ormai rassegnati al fatto che il loro padroncino non sapesse preparare un curry decente, nemmeno con quello istantaneo. Questa passione per i cibi già fatti la condivideva anche Leon, tuttavia il Campione viveva ancora con sua madre, la quale provvedeva a preparargli piatti sani e nutrienti a base di verdure, e solo durante le scappatelle con Raihan poteva approfittarne per trangugiare salsicce, birra e patatine come se non ci fosse un domani. Uno strappo ogni tanto ci stava, Raihan lo sapeva bene, e infatti quando potevano passare del tempo insieme, soli, si armava con le peggiori schifezze zuccherate per andare da lui, di nascosto dalla donna.
«Dovrei portargli un po' di questa merda, gli farà bene…» bofonchiò, afferrando delle confezioni di nachos e pizzette piccanti per leggere la data di scadenza: sarebbero state ancora commestibili per qualche giorno.

"Bro', sto portando anche la nostra merda!"

digitò prontamente, ma la risposta fu secca e repentina: "Non serve. Sbrigati."

«Eh? Lee non rifiuta mai! Cavolo, spero non abbia avuto l'ennesimo mental breakdown!» ringhiò con preoccupazione e incredulità. Leon era un ragazzone solare, attivo, intraprendente, ma anche lui aveva dei momenti di debolezza, anche lui aveva dei limiti, anche lui risentiva dello stress estremo dovuto alla sua carriera. Leon era un essere umano, prima ancora di essere l'ex Campione di Galar. Quando tutte le responsabilità si accavallavano e non lo lasciavano libero di respirare, Leon si chiudeva in casa, se libera, oppure andava segretamente dal suo storico rivale, a Hammerlocke, per gettarsi tra le sue braccia e piangere, per ore ed ore. Raihan lo abbracciava, lo accarezzava con dolcezza, lo lasciava sfogare con pianti ed urla, gli asciugava le lacrime, lo riempiva di baci affettuosi e, soprattutto, lo viziava con del "sano" junk food, finché il brutto momento non gli passava, e lo faceva tornare a sorridere. Per Raihan non era affatto un peso, tutto ciò. Nonostante il carattere impetuoso e irascibile, quando si trattava del suo Leon, era in grado di sfoderare il suo lato più tenero e sensibile senza risparmiarsi. Non avevano paura di mostrarsi a vicenda le proprie insicurezze.

«Deve essere a causa di quel marmocchio… Lee non ha mai davvero digerito quella sconfitta, hm…» pensò ad alta voce, riponendo le cibarie al proprio posto per andarsene in camera. Prese i primi vestiti che gli furono davanti: calze, jeans, scarpe da ginnastica e un giaccone pesante da indossare sopra la felpa. Infine si legò la sciarpa di lana attorno al collo e uscì di corsa, dirigendosi verso il primo Volotaxi disponibile. Avrebbe fatto prima ad usare Flygon, ma non voleva esporre il rettile a quel gelo glaciale, avrebbe sofferto molto, al contrario dei Corviknight, molto più resistenti alle intemperie stagionali.
In meno di venti minuti era già a Wedgehurst, la piccola cittadina che ospitava il Laboratorio, a nord del Percorso 1. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che chattare con un Leon impaziente che gli scriveva "dove sei? Ci vorrà molto?" ogni due minuti. Se fosse stato qualcun altro, ad importunarlo così, Raihan si sarebbe stizzito e non poco, ma con Leon aveva mantenuto la calma, aggiornandolo sulla posizione man mano che sorvolava i vari centri abitati.
«Eh, ci mancava pure la grandine!» sbraitò a pieni polmoni mentre si precipitava giù per il sentiero, correndo a piedi, e veniva investito da soffiate di schegge gelide che gli fendevano le gote accaldate; inciampò un paio di volte sul terreno umido e accidentato, mandò mille accidenti a divinità più o meno locali, tra cui Arceus, ma riuscì a trascinarsi sull'uscio dell'amato quasi illeso.
«Lee eccomi!» urlò una volta dentro. Ormai era di famiglia e sapeva che le chiavi di casa erano sotto lo zerbino esterno. Si tolse le scarpe fradice, che abbandonò all'ingresso e, dopo essersi assicurato che la casa fosse effettivamente vuota, zampettò su per le scale interne saltando i gradini a tre a tre.
Posò la mano sulla maniglia della porta di Leon, già psicologicamente pronto a trovare la stanza a soqquadro, con il letto sfatto, il pavimento pieno di lattine accartocciate e il ragazzo in boxer e canotta, con la barbetta incolta e la chioma scarmigliata, ma ciò che si ritrovò davanti una volta girato il pomello fu oltre ogni aspettativa.
«Lee… cosa cazzo…» sibilò, dopo aver spalancato l'anta, con gli occhi strabuzzati e la mandibola che a momenti gli piombava per terra. L'ex Campione era in piedi, con un portamento fiero, davanti al grande specchio a sistemarsi con una spazzola la criniera fluente e soffice. Indossava una redingote rosso sangria che gli evidenziava il largo petto e il ventre asciutto, chiusa da bottoni dorati, che gli arrivava fin dietro le ginocchia con uno spacco a coda di Swellow, pantaloni aderenti color crema infilati in un paio di stivali da fantino neri, appena lucidati, e al collo teneva annodato un mail coach bianco orlato da merletti. Era un completo fatto su misura, commissionato ad uno stilista da Leon in persona.
«Raihan, finalmente! Ci hai messo tantissimo!» esclamò l'uomo, girandosi verso l'interlocutore con un sorriso un po' forzato, che lasciava trasparire un certo nervosismo. Raihan, ancora troppo sbalestrato per poter articolare una frase di senso compiuto, si limitò ad indicargli con i gesti la bufera che imperversava fuori dalla finestra, come per dirgli "è già tanto che son riuscito ad arrivare qui vivo e bello".
«Oh, cavolo che tempaccio…» sussurrò, resosi conto del clima «ad ogni modo, Raihan… cosa ne pensi?» domandò poi, avanzando di qualche passo verso il moro per fargli osservare e tastare meglio la stoffa, mordicchiandosi il labbro per la tensione.
«Lee, penso di aver appena avuto un'erezione» fu la risposta serrata e concisa di Raihan che gli raddrizzava il foulard.
«S-Sì ok, ma quindi? Sto bene?»
«Sacro Arceus, Lee!» roteò gli occhi al cielo, sbuffando, mentre quelli dell'altro si erano istintivamente posati all'altezza della cintola dei suoi jeans «secondo te? Cazzo se stai bene!»
«Oh u-uhm… non guardarmi come se fossi un tonto, dici sempre che sarei eccitante anche con un sacco di iuta addosso, per cui…»
«E quindi» lo interruppe prontamente, schiarendosi la voce «mi hai fatto venire qua solo per farmelo alzare o… c'è dell'altro?» chiese, incrociando le braccia al petto e guardando il compagno in tralice.
«Sì, in realtà c'è dell'altro… vieni, sediamoci» annuì, accompagnando Raihan a sedersi sul proprio letto, di fronte a lui. Sul comodino c'erano già degli snacks dolci e delle birre, ormai calde. Il Domadraghi allora si tolse il giubbotto e lo scaraventò via, i riscaldamenti erano accesi e faceva abbastanza caldo.
Era calato il silenzio nella stanza, da una parte Leon che cercava, nel proprio cervello, le parole giuste per formulare nel modo più idoneo quel che voleva comunicargli, e dall'altra Raihan, che si faceva mille congetture mentali sul motivo della convocazione. Gli sembrava che il Campione stesse bene, fin troppo bene, aveva il solito aspetto regale e solare, non c'erano segni di pianto sul suo viso, ma allora perché tutta quell'urgenza? Era vero che alcune volte Leon sapeva essere un po' egocentrico e ingigantiva problemi di poco conto, ma doveva esserci dell'altro. Ci sperava, Raihan, che ci fosse dell'altro. Un Leon così ben vestito? Forse voleva chiedergli di uscire, voleva portarlo al cinema, o a cena fuori, in qualche ristorante prelibato, questo giustificava il precedente rifiuto sul cibo spazzatura; ma uscire con quella tempesta invernale? Roba da pazzi. Leon a volte faceva cose folli, quando se le metteva in testa, ma così era troppo. Che volesse… dichiararsi? Forse voleva parlargli proprio dei suoi sentimenti? A tal pensiero, il volto di Raihan iniziò ad avvampare. Certo che era strano, insomma, dovrebbe essere chi si dichiara ad andare dal proprio amato, con un bel mazzo di fiori e dei cioccolatini, e non viceversa. Ma d'altronde, quando mai avevano fatto qualcosa di prettamente "normale", quei due?
«Ti ascolto, Lee» sussurrò, per rompere il silenzio e invogliarlo ad iniziare.
«Sai, Raihan… quest'ultimo periodo è stato davvero arduo per me» incominciò a dire, alquanto titubante, prendendo le mani di Raihan, ancora un po' fredde, per avvicinarle alle proprie labbra e baciarle dolcemente, nelle pause tra una frase e l'altra «sono stato male, dopo quella sconfitta. Avevo perso la motivazione, mi sembrava che nulla avesse più senso nella mia vita… l'unica cosa a tenermi un po' vivo era la tua presenza, per te non è cambiato molto, siamo sempre rivali e io resto sempre l'imbattuto… però, io ecco, ho preso una decisione molto importante…»
«Con calma, Lee… nessuno ci insegue, rilassati» bisbigliò per tranquillizzarlo, il tono di voce di Leon faceva trasparire tutta la sua insicurezza. Il Capopalestra allora ghermì la spazzola precedentemente usata dall'amato e prese a passargliela tra le ciocche, spostandogli tutta la folta massa di capelli davanti alla spalla, le pettinò con cura e pazienza, togliendo i piccoli nodi che si formavano qui e lì e poi iniziò a intrecciarle in una semplice treccia. Leon lo osservava deliziato, trovava incredibile la bravura del rivale nell'acconciare i capelli, era quasi ipnotizzato dal movimento sinuoso di quelle dita ossute e affusolate. Raihan, dal canto suo, era inebriato dal profumo di lavanda fresca che esse sprigionavano ad ogni tocco, erano state da poco lavate.
«Ecco, dunque… ho deciso di dare una svolta alla mia immagine, ora mi sento un uomo più serio e maturo, ora ho nuovi obiettivi, io… io voglio migliorare me stesso, e voglio dare l'opportunità a tutti gli Allenatori di Galar di diventare più forti, di seguire i propri sogni… quindi ho avviato un progetto davvero importante! Hai presente la Rose Tower, sì?»
«… beh?» mugugnò, dopo aver fissato l'acconciatura con un elastico. Aveva sperato fino all'ultimo che quella "decisione" avesse riguardato il loro rapporto, così scostante e sibillino, fatto di baci e morsi, lusinghe e imprecazioni, abbracci e spinte, lussuria e riservatezza, e invece riguardava tutt'altro. Rimase comunque ad ascoltarlo, cercando di non far trasparire troppo la sua delusione.
«Beh, ora che il presidente si è dimesso, l'ho trasformata in una Battle Tower! Tutte le regioni ne hanno una, non voglio essere da meno! Non lo trovi fantastico?»
«Immagino di sì, sì indubbiamente è una bella iniziativa… eheh…» sorrise appena, non voleva smorzare l'entusiasmo dirompente dell'altro, vedere Leon così gioioso era la luce dei suoi occhi, dopotutto.
«E non ho ancora finito!»
«Hm?»
«Inserirò anche una categoria per le Lotte in Doppio, così… così potrai sfruttare al meglio le tue strategie! Dimmi te se non sono un genio!»
«Ah… wow… sarà divertente, allora» disse, alzandosi improvvisamente in piedi. Si era fatto tutta quella strada solo per questo? Leon si era azzimato così solo per rinnovare il proprio look? Davvero era così urgente un parere estetico? Non poteva semplicemente mandargli una foto allo specchio e chiedergli un'opinione? Quanto egocentrismo. Raihan sentì un groppo salirgli in gola, avrebbe voluto ringhiargli in faccia che era diventato troppo pieno di sé, ma al tempo stesso non voleva rovinargli l'umore, Leon adesso era felice, si era ripreso, Raihan lo amava e faceva di tutto per vederlo contento e soddisfatto, eppure non riusciva a godersi la buona notizia, si sentiva come messo da parte, deluso, e forse in tutto ciò il vero egocentrico era lui.
«Raihan? Dove vai? Ehi!» gli afferrò prontamente un polso, impedendogli così di fuggire, ma l'altro gli dava ancora le spalle. Tremava leggermente, serrava i pugni, incurvava la schiena, stava cercando con tutte le sue forze di trattenersi dall'espettorare qualche ingiuria frutto della momentanea rabbia.
«Sei peggio di Hop! Non ho ancora finito, devo ancora dirti la cosa più importante… dopo potrai anche mandarmi a quel paese, ma devo dirtela, per forza…»
«Avanti, sentiamo!» ruggì il moro, serrando i denti.
«… ma stai piangendo? Ehi Raihan…?» Leon addolcì la voce e la morsa sul suo avambraccio, invitandolo nuovamente a sedersi sul giaciglio. Il Domadraghi tirò su col naso un paio di volte, si passò la manica della felpa sulle palpebre, per eliminare ogni traccia di lacrime, deglutì e tornò sul materasso, evitando lo sguardo diretto e indagatore di Leon.
«Allora? Che devi dirmi, sniff sniff?» borbogliò con le braccia conserte, come un bambino offeso.
«Hai gli occhi lucidi, sicuro di stare bene?» domandò, posandogli il palmo sulla fronte «ma sei bollente! Devi aver preso freddo, accidenti…»
«Leon puoi smetterla di rendere ancora più imbarazzante questo momento? Dimmi quello che devi dirmi e finiamola, per favore!» il tono inviperito del moro non passò inascoltato, per cui il Campione si scostò appena da lui, temeva di aumentare ulteriormente il suo nervosismo col contatto fisico.
«Scusami… n-niente è solo che volevo ringraziarti per tutte le volte che mi sei stato accanto nei momenti peggiori, senza di te io… io non ce l'avrei mai fatta ad arrivare fin qui, ma averti come compagno di scappatelle e rivale… e-ecco, non mi basta più, sento che ho bisogno di averti più… più vicino, in t-tutti i sensi…» balbettò con un certo imbarazzo, mentre tra le mani si rigirava un berretto nero.
Raihan strabuzzò gli occhi, non credeva a quelle parole «questa… questa è una dichiarazione, Lee? Mi prendi per il culo? Sto sognando?»
«Beh sì, dovrebbe essere una dichiarazione, lo sai che le parole non sono il mio forte… vorrei solo poterti avere al mio fianco, poter condividere tutto con te, gioie e dolori, come abbiamo sempre fatto… ma con quel qualcosa in più, mi capisci?»
«Vuoi che scopiamo di più, insomma» concluse l'altro, ora più sollevato.
«Q-Quello anche, cioè… che diamine Raihan, puoi essere meno... prosaico? Sto cercando di essere un po' romantico, non rovinare sempre tutto»
«Che significa "prosaico"?»
«A te importa solo quello?» sbuffò, teneramente imbronciato « Io ti confesso i miei sentimenti, ti dico che ti amo… e tu pensi subito a… scopare?»
«Beh Lee, anche quello è un aspetto… cosa? Hai detto "ti amo"?» ripeté con un misto di sorpresa ed euforia.
«Sì ecco, penso di amarti, di essermi innamorato sul serio insomma…»
«Da quanto, Lee? Quando l'hai capito?» incalzò Raihan, che senza essersene reso conto aveva ripreso a piangere, ma per la contentezza.
«Un po' da sempre, da quella volta che mi hai rubato i nachos alla paprika dallo zaino, per esempio. Per qualche motivo non riuscivo a essere arrabbiato con te, eppure erano i miei nachos… capisci? Alla paprika, poi…»
«Per quale fottuto motivo non me l'hai detto anni fa? E… come avevi capito che ero stato io?»
«Non so, in parte temevo di non essere ricambiato, non ti ho mai immaginato propenso ad una relazione stabile e monogama, e poi… e poi non volevo che finissimo al centro di qualche gossip, la mia vita privata deve restare fuori dalle telecamere» spiegò con gentilezza, allungando il braccio per asciugare le stille di gioia che imperlavano gli zigomi di Raihan con un fazzoletto «eh, perché quando ti baciavo sulle labbra sentivo quel retrogusto piccante che mi invogliava a divorarti?»
«Ah, sapevo che avrei dovuto portarli anche oggi!»
«Non ce n'è bisogno» asserì con decisione, poi afferrò tra il pollice e l'indice il viso di Raihan, lo avvicinò al proprio e si fiondò sulla sua bocca, riempiendola di baci bramosi e voraci; Raihan gli gettò le braccia al collo, lo tirò a sé e si lasciò coinvolgere, strizzò gli occhi per far uscire le ultime gocce trattenute e permise alle due lingue di intrecciarsi finché non ebbero più fiato. Si staccarono di pochi centimetri, ansimando l'uno contro l'altro, gli sguardi carichi di cupidigia, mentre in quella stanza iniziava a fare decisamente troppo caldo.
«Avanti, spogliati» annaspò Leon, con voce autoritaria, quasi fosse un comando incontestabile «mi hai fatto venire voglia» aggiunse, agguantandogli i fianchi spigolosi.
«Ehi ehi, calmiamoci, my lord!» ridacchiò Raihan, che ancora doveva riprendersi dalla lieta confessione «siete troppo avventato, seigneur» sibilò, scimmiottando una parlata aristocratica, maliziosa e intrigante. Non aveva mai visto il suo rivale così ben vestito in un contesto domestico, era abituarlo a vederlo sempre sciatto e trascurato, indossava qualcosa di più decente solo in occasione di determinate cerimonie o cene, ma solo perché era sua madre a spronarlo, per cui a Raihan faceva una strana ma positiva impressione. Gli sembrava di aver davanti un nobile principe ottocentesco o qualcosa del genere, roba che si trovava solo in antiche favole con principesse da salvare e Draghi da abbattere, e la cosa gli stimolava bislacche fantasie. Si sistemò a carponi sulla branda e, dopo aver schioccato un bacio a stampo sulle labbra di Leon che lo fissava in modo confuso, iniziò con fare provocante ad allentargli il nodo del mail coach, piazzandogli nel mentre dei morsetti sulla gola che lo costrinsero a deglutire.
«Siete così ben abbigliato, my lord, quest'oggi…» riprese Raihan, continuando a portare avanti quella sorta di gioco di ruolo che si era appena creato, tra il "gentleman" e il "sottomesso" «siete forse venuto a chiedere la mia mano?»
«Eh? Ma se ci siamo appena fidanzati ufficialmente! Non puoi pensare già al m-matrimonio, cioè…»
«Ahh e stai al gioco per una volta! Volevo inscenare una cosa carina!» protestò con uno sbuffo, rimuovendogli il fazzoletto dal collo per passare a sbottonargli la redingote. In tutte le altre occasioni Raihan gli si era avventato addosso per strappargli con foga i vestiti, leggins o pantaloncini sportivi che fossero, senza curarsi di danneggiarli con le sue grinfie, perché faceva parte dei loro preliminari e a detta sua "ispiravano violenza", a causa del pessimo gusto di abbinamento. A Leon non dispiaceva, trovava eccitante avere a che fare con quel ragazzo posseduto dall'anima di un Drago, doverlo domare e poi sottomettere con forza e destrezza. Il topos era sempre quello, più o meno. Eppure questa volta Raihan non se l'era sentita di sgualcire quei tessuti preziosissimi, per cui aveva optato per qualcosa di più soft ma ugualmente stimolante. Leon si trovava un po' scettico di fronte a quella messinscena, non era abituato a cambiamenti così repentini, trovava difficile concepire un Raihan così improvvisamente docile e mite. Come doveva comportarsi?
«Q-Quindi uhm… faccio finta di essere un principe e tu fai finta di essere il mio… servo, tipo?»
«Vedo che inizi a capire! Su, sarà divertente!» esultò contento, mollandogli qualche altro bacio sui pettorali marmorei, appena scoperti «poi se la cosa dovesse metterti a disagio… potrai dire la safeword e ci fermeremo, come sempre, ok?»
«Oh, d'accordo… ehm, e qual era la safeword?» domandò con un sorriso imbarazzato, grattandosi la nuca.
«Era "it's champion time", però direi di cambiarla, ormai… che ne dici di "paprika" o "nachos?"»
«Nachos. È perfetta»
«Bene, non mangerò più quei cosi come prima» concluse e riprese a slacciargli la cinta dei pantaloni, divenuti fin troppo stretti per Leon. L'altro allora iniziò a fare lo stesso col compagno, con movimenti lenti e posati, avrebbero avuto tutta la notte per stare da soli, dal momento che la madre e gli anziani erano partiti per Circhester, dove il nonno avrebbe dovuto seguire una terapia termale per mitigare gli acciacchi dell'artrite divenuta un fastidioso problema per l'uomo, e sarebbero tornati dopo un giorno.
«E così» esclamò Leon, dopo essersi schiarito la voce con un colpo di tosse, in modo da abbassarla di un'ottava «tu, cioè voi, ricambiate i miei sentimenti, mio fedele scudiero?»
«Yes, my lord» replicò il moro, baciandogli il dorso della mano «vi amo più della mia stessa vita, vi difenderei a spada tratta contro ogni minaccia!»
Il gioco stava procedendo bene,entrambi si erano ben calati nelle rispettive parti, si stavano divertendo, seppur con qualche piccolo imbarazzo e difficoltà iniziale, ma tutto sommato quella di Raihan era stata un'idea originale e piacevole.

«Allora dimostratemelo, schiavo… altrimenti sarò costretto a punirvi» ammiccò, battendo piano un lembo della cintura di cuoio sul proprio palmo, minaccioso.
Raihan stava per rispondere, eccitatissimo dalla prospettiva, quando entrambi udirono il rumore della serratura inferiore scattare. Rabbrividirono.

«È Hop?» mormorò preoccupatissimo Raihan, che come un lampo si era catapultato a recuperare il giaccone.
«No, impossibile! Piuttosto preferirei che fossero dei ladri!» disse col cuore in gola l'altro, balzato giù dal letto per occultare gli alcolici nel cassetto.
«Leon che cazzo! Sono i tuoi! Non erano a Circhester?» chiese piuttosto terrorizzato, dopo essersi affacciato dalla finestra per vedere se ci fosse la loro auto.
«Dovevano essere lì, giuro! Dai, nasconditi!»
«Dove vado?»
«Sul balcone, presto, stanno salendo!»
«Col cazzo!»
La signora intanto era giunta sull'uscio della camera, con le scarpe di Raihan , ormai asciutte, tenute in mano. Bussò con delicatezza.
«Lee, Ray!»
I due si guardarono per un momento sconcertati, quasi a dirsi "come fa a saperlo?" ma poi il Capopalestra abbassò imbarazzato lo sguardo sui propri piedi scalzi e capì.
«Sì mamma? Già qui?» rispose l'altro, cercando di risultare quanto più naturale possibile.
«Purtroppo i treni erano bloccati a causa del maltempo, la grandine ha causato parecchi disagi e la visita è stata rimandata… Ray, perché non resti qui a cena con noi, tesoro?»
«Ma che disdetta! C-Certo che resto!»
«Bene!» esclamò la donna, posando le calzature di Raihan per terra, accanto allo stipite «tra due ore sarà pronto, fatevi trovare giù, d'accordo?»
«Sì mamma» intonarono all'unisono, tirando un sospiro di sollievo quando udirono il suono dei tacchi della donna allontanarsi giù per la scalinata. Erano ancora mezzi nudi e sudati, col cuore a mille per lo spavento, si gettarono sul giaciglio esausti, uno sull'altro.
«Beh… non sembrava arrabbiata per la tua presenza, anzi…»
«Dici che avrà intuito che stavamo facendo robe?»
«Può darsi… a questo punto, perché non lo dichiariamo anche a loro?»
«S-Sarebbero favorevoli alla nostra relazione?» chiese il moro, mettendosi seduto di scatto, con le mani tremanti e le cuspidi che gli martoriavano il labbro inferiore.
«Ma certo che sì! Anzi, non vedono l'ora di una dichiarazione ufficiale!» lo rassicurò il Campione, rotolando al suo fianco per adagiare la testa sulle sue ginocchia.
«Serio? Allora… allora va bene, sì, glielo diremo, cioè glielo dici tu e io annuisco»
«D'accordo!»
Si sorrisero in modo amorevole, tornando nuovamente ad abbracciarsi e coccolarsi per scambiarsi effusioni e baci carichi di passione e dolcezza, mentre fuori la grandine martellava violenta contro il vetro e la tempesta si assopiva nei loro animi.



~~~~~~

Angolo di Xavier

Salve! Che dire, questa è la prima ff che scrivo sulla coppia Leon x Raihan. Questi due mi hanno preso praticamente subito, non potevo non scrivere qualcosa su di loro.

Non sono pienamente soddisfatto dall'esito di questa ff, sono piuttosto incerto sulla loro caratterizzazione (spero di non essere andato troppo OOC *cough cough*) cioè, l'idea di base era molto meno capziosa (?), sarebbe dovuto ruotare tutto attorno ad un Leon incerto sul nuovo outfit e a Raihan che gli dà pareri, poi tra un bicchiere di limoncello e l'altro… non so cosa sia successo. Non lo so. Non chiedetemelo. Questo è il risultato. Però ehi, mi sono divertito a scriverla e questo è l'importante!
Quindi uhm, niente, spero vi sia piaciuta!


   
 
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