Anime & Manga > Yuri on Ice
Segui la storia  |      
Autore: ciredefa    27/12/2019    1 recensioni
Rimase a guardare la porta per una decina di secondi buoni, ma poi il sorriso tenero generato dalle attenzioni si tramutò in un’espressione determinata. Perché? Beh, perché Yuri non aveva nessuna intenzione di passare il compleanno di Viktor lontano da lui [ ... ]
{ Viktor/Yuri scemini | Storia partecipante al Calendario dell'Avvento" organizzato da Fanwriter.it! | 1 parte su 3 }
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Makkachin, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
★★ Calendario dell’Avvento 2019 by Fanwriter.it!
★ Data: 27 Dicembre
★ Rating/Avvertimenti: slice of life, shonen-ai
★ Due righe (facoltative) sul cosa avete scritto: in principio era una one-shot. Poi ho preso la mia solita tangente e ho dovuto dividere il tutto in più parti ( tre, per precisione ). In tutto questo ho passato quasi un mese a scrivere che, onestamente, goals. Tutto è partito da un rewatch magico di Yuri on Ice fatto a Novembre, e la cosa è venuta da sola.
★ Link al vostro blog/twitter/quel che volete:
seguitemi su twitter, che sono molto simpatica e sclero 24/7 su fandom e gay.
★ Hashtag: #CalendarioAvvento2019 #CalendarioFanwriterit #Fanwriterit #XMASwriter

 


The missing luck

 


23 Dicembre, San Pietroburgo, Russia
 
L’acqua era già calda quando Yuri girò la manopola della doccia.
Si tolse l’ultimo indumento di dosso per finalmente buttarsi sotto il getto rovente. Si passò le mani tra i capelli tirandoli indietro e chiuse gli occhi: secondo lui, giovane uomo giapponese abitudinario dei bollenti onsen, non c’era niente di meglio che una bella doccia calda nel mezzo della classica mattinata invernale. Soprattutto quando vivi a San Pietroburgo da quasi un anno, dove in quel periodo il tepore del sole è solo un ricordo autunnale lontano, e cumuli di neve fresca attendono di essere spalati da davanti la porta di casa.
L’acqua bollente riusciva ad avere un effetto così benefico sul tutto il corpo di Yuri che quest’ultimo non riusciva a farne a meno. I muscoli rigidi si rilassavano e la pelle s’arrossava appena, dove era più a contatto con l’acqua. Aveva un sorriso sornione stampato sulla faccia, cominciò a canticchiare anche un motivetto indefinito mentre s’allungava ad afferrare il flacone di docciaschiuma.
Poi improvvisamente, il gelo.
Il tepore in un attimo si trasformò in freddo polare, sembrava quasi che dal soffione d’acciaio sgorgasse acqua dalla sorgente più gelida pensabile.
Yuri scattò fuori dalla doccia con così tanta velocità che slittò sulle piastrelle umide del pavimento e per poco non cadde, se solo non si fosse aggrappato al lavandino.
Nudo e infreddolito, l’unica cosa che riuscì a dire fu un sonoro “Viktoooor!” che rimbombò per tutto il corridoio.
Era successo di nuovo. “Hai acceso la lavatrice?!” Yuri cercò a tentoni l’accappatoio e appena lo trovò se lo strinse addosso come se fosse un cappotto. Non ricevette risposta dal compagno. S’infilò occhiali e ciabatte ed uscì dal bagno strisciando i piedi sul parquet di legno chiaro.
Yuri arrivò tutto impacciato fino alla cucina. “Viktor? Ci sei?” inquisì curiosamente, cercando con gli occhi la presenza dell’altro.
Ed eccolo lì. Viktor era accovacciato davanti alla lavatrice, lo sguardo fisso sull’oblò che aveva già cominciato il programma di lavaggio. Gli occhi azzurri di Viktor seguivano il moto dei panni, con la mano destra si sorreggeva il mento e sul volto aveva un’espressione molto pensosa.
È sovrappensiero, pensò tra sé e sé Yuri. Non era insolito trovare il compagno, preso tra i suoi pensieri, a fissare intensamente qualcosa quando la sua mente galoppava. Una volta successe persino mentre Viktor preparava le verdure per lo stufato, finendo per tagliare oltre alle cipolle anche la punta del suo indice.
Appena notò la presenza di Yuri si destò dai suoi pensieri. Scattò in piedi ed incrociò le dita delle mani, “Yuri! Che succede?” notò il fatto che l’altro fosse in tenuta da bagno, ancora gocciolante.
“Hai acceso la lavatrice mentre facevo la doccia”.
Ci volle qualche secondo prima che associasse le due cose, “Oh! Scusami! Per la fretta non ci ho pensato!”. Viktor si avvicinò, gli poggiò le mani sulle spalle e gli scoccò un bacio sulla fronte, per farsi perdonare, per poi sgattaiolare via nella loro stanza. Yuri si scaldò appena, ma non abbastanza per perdonare la caldaia della casa.
Effettivamente c’era un motivo per cui Viktor fosse così di fretta quella mattina. Qualche giorno prima arrivò una telefonata da parte di un’emittente russa, abbastanza famosa nel paese, che gli chiese un’intervista esclusiva in uno dei loro programmi più in vista. Ovviamente non se lo fece ripetere due volte e in un attimo prenotò treno e hotel per Mosca, dove vi erano gli studi di suddetta emittente. E fin qui tutto bene, tranne per il fatto che l’intervista sarebbe andata in onda in diretta il ventiquattro dicembre, di sera. Non tanto per il festeggiamento di Natale, visto che in Russia non si festeggia precisamente il venticinque, ma qualche settimana dopo: il vero problema era che Natale cade lo stesso giorno del trentesimo compleanno di Viktor, avvenimento abbastanza importante per Yuri. Quel giorno però lui si sarebbe trovato ad Hasetsu, a casa dei suoi genitori, per passare le feste in compagnia della sua famiglia. Altro problema è che Viktor non avrebbe potuto seguirlo nemmeno se avesse voluto, a causa di altri impegni dovuti Yakov e la compagnia allegra di pattinatori russi.
Dunque la situazione non era delle migliori per Yuri, che però non protestò più di tanto dopo le rassicurazioni di Viktor: “non ti preoccupare, prenderò il primo volo per Fukuoka appena sarò tornato a casa e festeggeremo insieme lì il mio compleanno, intesi? Anche se con qualche giorno di ritardo, non importa”, con quale coraggio si sarebbe potuto opporre alla voce calma e soave di Viktor? Nessuno, ed infatti eccolo lì mentre chiude il suo piccolo trolley, intanto che Yuri abbandonava il suo accappatoio per un paio di pantaloni ed un maglioncino grigio.
Viktor trascinò la sua valigia davanti la porta d’ingresso, si infilò cappotto, sciarpa e guanti e aspettò lì sull’uscio, “Sto andando!” avvisò a gran voce, e subito l’altro sbucò fuori dal corridoio, pattinò con i calzini sul pavimento e arrivò diretto nelle braccia di Viktor.
Stettero per qualche minuto così, tra baci sulle guancia e sulla fronte.
“Mi raccomando” e nient’altro. Non c’era bisogno di altro in effetti, perché l’abbraccio parlava da sé.
“Ci vediamo il ventisette”, Viktor gli prese il mento e lo baciò; bacio che venne ricambiato subito, senza esitazione. Si staccarono, “ci vediamo il ventisette”, soffiò sulle labbra Yuri le stesse parole come a confermarle. E poi starnutì.
“Etciù!” non riuscì a trattenersi e mettendo giusto in tempo la mano davanti alla bocca interruppe irrimediabilmente il momento: i postumi della doccia gelata, sicuramente. Viktor ridacchiò, si sfilò la sciarpa di lana e l’annodò attorno al collo di Yuri.
“Copriti bene e cerca di non ammalarti” gli disse con fare materno, “o almeno, non ammalarti mentre io non posso accudirti, intesi?” sorrise all’arrossarsi lieve delle guance dell’altro. Yuri annuì.
Viktor salutò Makkachin (che ricambiò con una scodinzolata), lanciò un ultimo sguardo a Yuri prima di aprire la porta per poi chiudersela alle spalle.
Rimase a guardare la porta per una decina di secondi buoni, ma poi il sorriso tenero generato dalle attenzioni si tramutò in un’espressione determinata. Perché? Beh, perché Yuri non aveva nessuna intenzione di passare il compleanno di Viktor lontano da lui: per questo aveva annullato il viaggio ad Hasetsu – rimandandolo a Capodanno – e aveva deciso di preparargli una sorpresa proprio nel salotto della loro casa. Tutto sembrava essere cominciato come previsto.
“Makka!” si girò nei confronti del barboncino, che s’alzò tutto incuriosito. “Pronto ad andare a fare un po’ di spese?” gli disse come se potesse parlare giapponese, ma il tono entusiasta fu abbastanza per farlo cominciare a saltellare ed abbaiare gioioso.
E così cominciarono i preparativi: Yuri che s’allaccia in fretta gli scarponcini, mette il guinzaglio a Makkachin ed esce alla volta del mercato più vicino.
 
San Pietroburgo splendeva durante questo periodo dell’anno. O almeno, così gli raccontava sempre Viktor, visto che Yuri abitava lì da troppo poco tempo per averne la certezza. La città aveva tutto: grandi palazzi, negozi, piazze e monumenti meravigliosi, ma anche cose come la spiaggia e il mare. Per dirigersi in centro Yuri prese al volo il tram, seguito fedelmente da Makkachin: trovò un posto a sedere vicino il finestrino, si mise a braccia conserte a guardare il paesaggio urbano mattutino che scorreva velocemente. Una visione così diversa dalla sua Hasetsu, cittadina marittima del caldo Kyushu. Chiamare sua madre per dirle che al pranzo di Natale non sarebbe stato presente fu più doloroso del previsto: dall’altro capo della cornetta sentì un po’ di tristezza nella sua voce, ma fu abbastanza comprensiva da capire la situazione. Anche se in Giappone non si festeggia il Natale in modo tradizionale, è sempre una buona occasione per riunire la famiglia attorno a del buon cibo, e per la sua famiglia ogni scusa era buona per condividere momenti come quelli.
Non fece in tempo di finire i suoi pensieri che arrivò la fermata di Yuri e in un attimo si trovò sul marciapiede gelido, in cammino verso il mercato.
Non aveva ancora idea di cosa avrebbe cucinato per il compleanno di Viktor, dunque decise di andare completamente ad istinto, lasciandosi ispirare.
Il mercato era colorato e pullulava di persone di ogni tipo, ma Yuri non era per nulla spaesato: non era la prima volta che veniva da quelle parti, e sapeva benissimo come muoversi. Facevano spesso la spesa lì perché a detta di Viktor stesso, ‘preferisco comprare frutta e verdura da chi la coltiva’. La sua voce gli rimbombò nella testa, e Yuri sorrise alla vista della distesa di verdure variopinte.                     
Comprò del luccicante pesce di fiume, farina, patate e funghi, sfoggiando a tutti i venditori il suo russo formale ma ancora un po’ incerto, soprattutto sulla pronuncia. Vivere a San Pietroburgo ha richiesto a Yuri una minima conoscenza della lingua, almeno per sopravvivere. Si poteva dire che aveva fatto passi da gigante in quei mesi: certo non poteva sostenere grandi conversazioni, ma riusciva egregiamente a dire il minimo indispensabile per farsi comprendere dalla gente locale e non incappare in situazioni spiacevoli. Certo le signore del mercato lo guardavano con un certo dubbio quanto, parlando tra sé e sé, Yuri passasse da un giapponese fitto ed incomprensibile ad un semplice ‘grazie mille’ o ‘quanto costa?’ rivolto nei loro confronti.
Ci erano volute settimane prima che riuscisse a capire come comporre frasi semplici, i numeri, il vocabolario base. Yuri non sapeva con quale pazienza Viktor provasse ad insegnargli il russo, ma con la pratica e il tempo aveva scoperto che ogni volta che azzeccava il verbo giusto gli occhi del suo ragazzo s’illuminavano di felicità. Da quel momento divenne tutto molto più semplice.
Una volta decretato avesse tutto il necessario, Yuri decise di tornare a casa, facendo la stessa strada a ritroso. Passando per le vie affollate di negozietti, si fermò ad osservare una vetrina tutta addobbata di luci di un’enoteca: un vino sarebbe stato perfetto per la cena, così entrò e ne uscì con una bottiglia di vino bianco, frizzante, chiusa in una scatolina dorata decorata da dei fiocchetti.
Era già oltre l’ora di pranzo quando Yuri fece ritorno al loro appartamento. Sistemò la spesa e il vino in frigo per poi buttarsi sul divano. L’indomani avrebbe cominciato a cucinare e a sistemare il salotto: tutto procedeva secondo i piani.
 


 
23 Dicembre, treno regionale per Mosca, Russia
 
Da San Pietroburgo ci vogliono circa tre ore e mezza per arrivare a Mosca, e questo Viktor lo sapeva bene. Non amava molto viaggiare in treno, soprattutto quando era stracolmo di persone come in quel momento. Signori ben vestiti, famiglie e bambini riempivano il vagone già pieno di aria viziata di un brusio di sottofondo poco piacevole. Ma c’era d’aspettarselo: prendere il treno per la capitale il ventitré dicembre non era stata una mossa troppo furba. Il viaggio però passo in fretta, in compagnia degli auricolari e del paesaggio innevato.
Anche una volta sceso dal treno, si ritrovò intrappolato in un via vai di persone infinito. In compagnia della sua trolley s’avvio verso il parcheggio dei taxi, per raggiungere subito l’hotel.
Viktor è sempre stata una calamita per i riflettori che gli piacesse o meno, ed un po’ per questo che accettò l’intervista del giorno dopo. Già si immaginava il calibro delle domande che gli sarebbero state poste: la carriera, il ritorno in pista dopo l’anno di pausa, Yuri.
Già, Yuri. Era a causa sua se Viktor aveva un leggero broncio disegnato sul viso. Si stava già pentendo di non averlo fatto venire con lui, ma non avrebbe mai perdonato sé stesso se gli avesse negato la possibilità di stare con la sua famiglia ad Hasetsu. Da quando vivevano insieme, Yuri partiva raramente per il Giappone: tra allenamenti, gare e la vita condivisa il tempo era quasi introvabile.
Ma la vena egoistica non gli dava tregua: una parte di lui lo rassicurava, dicendogli che aveva preso la scelta giusta nel lasciarlo andare da solo; l’altra invece desiderava averlo a portata di carezze, di baci, in ogni momento. Quando varcò la porta della sua stanza d’hotel persino il letto, a due piazze con un candido piumino bianco e quattro cuscini, gli ricordò che potevano essere insieme quella notte, come tutte le notti nella loro casa.
La sera era già calata quando Viktor si ridestò da questi pensieri. Ordinò la cena in camera, non aveva molta voglia di uscire, e nell’attesa divenne un tutt’uno con il suo cellulare.
Premeva velocemente le dita sulla superfice liscia, producendo un lieve ticchettio, ed improvvisamente ridacchiò: era una foto di Makkachin, addormentato a testa in giù tra il divano e il pavimento, che Yuri gli aveva mandato qualche minuto prima. Si erano già mandati i rispettivi aggiornamenti sulla giornata, con cuoricini e tutto il resto. Il povero cameriere dovette bussare più di una volta per attirare l’attenzione di Viktor tanto che era preso. Si scusò imbarazzato, beccandosi un’occhiataccia.
Andò subito a letto dopo la cena, cercando di ignorare il vuoto di fianco a lui. Da che era il tipo di persona che, indipendentemente dalla grandezza del letto, si ritrovava a dormirvi al centro, ora se ne stava inconsciamente in un lato. Uno degli ennesimi impatti di Yuri sulla sua vita, decretò.
Il giorno dopo si svegliò presto. Il direttore televisivo lo aveva invitato molto prima delle riprese per pranzare insieme e scambiare quattro chiacchere: per le dieci del mattino era già alla reception dell’hotel a fare il checkout. Una macchina lo aspettava subito fuori: si stupì un po’ per tutte le attenzioni, neanche a dire che fosse il presidente della Russia. Ma obiettivamente era una delle persone più in vista nel campo sportivo, tra successi e a volte scandali, dunque la sorpresa finì lì.
Il direttore era un uomo di mezza età, vestito di tutto punto: lo accolse con un sorriso appena attraversata la porta scorrevole all’ingresso, avvicinandosi e a lui e stringendogli vigorosamente la mano. Parlava velocemente e con uno stretto dialetto locale, e soprattutto cominciò a vomitargli addosso tutta una serie di informazioni e chiacchere che Viktor non ebbe nemmeno il tempo di controbattere prima di arrivare davanti al camerino, che gli era stato gentilmente prestato per l’occasione.
Pranzarono insieme, e più passava il tempo e più la pazienza dell’atleta si abbassava a velocità inaudita. S’immaginò se a partecipare a quella conversazione ci fosse anche il suo Yuri: rise fra sé e sé. Il maledettamente gentile e cordiale Yuri che anche alla domanda più idiota di qualche giornalista doveva sempre rispondere in modo completo e pacato, anche quando non era necessario. Forse, il motivo per cui non aveva ancora liquidato quel direttore era un questo: immaginarsi Yuri lo intratteneva di più in comparazione, ma non negò di sentirsi sollevato quando si congedò, per lasciarlo preparare.
Dalla sua trolley tiro fuori una giacca grigia e una cravatta nera, qualcosa di non troppo elaborato ma comunque elegante. Circa una ventina di minuti dopo una signorina bussò alla sua porta, dicendogli che lo stavano aspettando.

Dopo circa un’oretta di trasmissione, le luci dello studio s’abbassarono e Viktor si cominciò a dirigere verso la porta: ovviamente dopo infiniti saluti e convenevoli, ma una veloce occhiata al suo orologio da polso gli mise una certa fretta. Recuperò la sua valigia e con passo svelto arrivò fino alla strada. Sventolo la mano, cercando di fermare il primo taxi che passava lì davanti, saltò nell’abitacolo e esclamò, chiudendo la portiera: “Portami all’aeroporto, grazie”, il conducente annuì.
Viktor tirò un sospiro di sollievo. Tutto procedeva secondo i piani, sarebbe arrivato lì in mezz’ora, preso il volo in una e contava di arrivare lì, ad Hasetsu, la serata del giorno seguente. Perché non aveva alcuna intenzione di passare il suo compleanno lontano da Yuri, anche se si trovasse in capo al mondo.









Note: ho volutamente tralasciato il contenuto dell'intervista perché non volevo impelagarmi in cose politiche e similia. Soz
♥♥
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: ciredefa