Capitolo XXVI
Go Shohoku, Go!
«Ma dove diavolo sono finiti quei due celebrolesi?».
Akagi, con un spaventoso tic al sopracciglio destro, ed un altrettanto temibile
sguardo infuocato, andava avanti e indietro per la banchina della stazione.
Kogure, con un sorriso insicuro, cercò di
tranquillizzarlo come sempre. «Dai, Takenori, arriveranno! Non preoccuparti!»
«E se dovessero arrivare al massimo li butti sulle
rotaie quando sta arrivando il treno. Semplice, no?».
«Senpai!», si lamentò Ayako rivolta ad un Mitsui
che sogghignava, intimamente soddisfatto della sua idea.
«Ok, nel caso possiamo graziare Hime. Ma solo
perché è donna», suggerì Ryota, subito interrotto dal Gorilla.
«Eh no! Se dobbiamo fare una cosa facciamola bene!».
I ragazzi risero, anche se ormai stavano iniziando
a spazientirsi per il ritardo dei gemelli.
«Non sono amici di Sendoh per niente, quei due».
Hisashi si poggiò contro il muro, con le braccia dietro la testa e gli occhi
chiusi. Aveva dormito male, quella notte, per la tensione. E come lui tutti gli
altri, ovviamente. Il Campionato Nazionale era un appuntamento troppo
importante per non sentirsi emozionati e tesi all’inverosimile. Erano una
squadra nuova e sconosciuta, ma avrebbero affilato i coltelli pur di farsi
valere.
Nel frattempo, due teste rosse stavano correndo
come pazzi, ormai senza fiato, nel disperato tentativo di arrivare in tempo per
non perdere il treno che li avrebbe portati a Hiroshima.
«Dai, Hana! Siamo quasi arrivati!».
«È tutta colpa di quegli idioti!».
«Non dare le colpe a Yohei e gli altri! Se non
fosse stato per loro ora saremmo ancora addormentati e il Gori ci avrebbe
staccato la testa a morsi!».
«Ma i gorilla non mangiano solo banane?».
«Hanamichi!».
«Ahaha! Guarda, siamo
arrivati! Siamo due geni!».
Sì, due geni malriusciti, dato che come sbucarono
dalle scale si videro il Kainan al completo che li guardava spaesati. Nobunaga
si ritrovò a sorridere sognante e felice come un ebete, pensando che ritrovarsi
la sua bella davanti così inaspettatamente fosse il miglior inizio di giornata
che avesse mai avuto dopo il ritiro, mentre Maki indicava ai due un punto
dietro le loro spalle. «Lo Shohoku è dall’altra parte, ragazzi».
I due diventarono rossi come i propri capelli e
filarono via senza neanche salutare, troppo spaventati dall’ira funesta del
loro King Kong. Che infatti, appena li vide, non si risparmiò certo di elargire
pugni e tirate d’orecchio ad entrambi. «Cos’è, volevate cambiare squadra?!».
«Ma magari», commentò Kaede, guadagnandosi
un’occhiata truce dai fratelli.
«Kit, vai e ammazzati».
Il treno arrivò in quel momento, facendo salire un
groppo in gola a tutti.
«Avanti, andiamo», li riscosse Akagi, guardandoli
seriamente. «Per noi, per i campioni!».
«Urrà!», gridarono insieme, carichi come non mai.
Fortunatamente il treno non era affollatissimo, e
tutto quel branco di bestioni trovò posto con facilità.
«Hicchan! Non basta che sei al fianco del Volpino,
ma mi lasci seduto vicino al Baciapiselli e col Gorillone davanti?!».
Due pugni risuonarono per tutto lo scompartimento,
facendo voltare numerose teste, incuriosite e un po’ spaventate dall’espressione
diabolica di Mitsui e Akagi.
Hime ridacchiò, scuotendo la testa, mentre Hisashi
ringhiava “Non chiamarmi Baciapiselli in pubblico, deficiente!”. Kaede,
al suo fianco, incrociò le braccia, con la testa pericolosamente ciondolante in
avanti. «Non mi dire che ti stai già addormentando? Siamo appena saliti!».
Il ragazzo si limitò ad aprire un occhio blu e a
puntarglielo contro come una lama affilata. «Se non cominci a parlare magari ci
riesco».
Hime sorrise bonariamente, tirandogli un pugnetto
affettuoso sulla spalla. «Come se tu non avessi il potere di addormentarti in
piedi ad un concerto rock!».
«Hn… Può essere». Tempo
due minuti e Rukawa era bello che addormentato, con una bolla che si gonfiava e
sgonfiava dalle narici e la testa poggiata su quel comodo cuscino di cui ormai
non poteva più fare a meno, ossia la spalla della ragazza.
«Non è possibile… questa proprio non ci voleva!»,
esclamò a un tratto Akagi leggendo il calendario dei turni delle partite, forse
un po’ troppo forte per i gusti degli altri passeggeri.
Il loro primo incontro era fissato contro il
Toyotama, squadra che era conosciuta per il suo famoso Ace Killer,
un giocatore che non badava allo spirito sportivo quando si trattava di
trovarsi in difficoltà.
«Perché tanta agitazione? Il Toyotama è davvero
così in gamba? E io che li credevo dei principianti!», commentò Hanamichi, come
se fosse lui il vero esperto di basket.
Hisashi, al suo fianco, lo guardò torvo. «No, il
vero problema è il secondo incontro».
Hanamichi sporse la testa per leggere meglio.
«Paura del Sonno?».
«Deficiente! Si legge Sannoh!».
Hime, anche se impossibilitata a muoversi, drizzò
le orecchie, preoccupata. Quella non ci voleva proprio! «State scherzando,
vero?».
«Hicchan, conosci anche tu questi del Sonno?».
«Si dice Sannoh!».
«Ma l’hai sentito quel servizio alla tv l’altra sera
o stavi solo facendo finta?», esclamò Ryota, scandalizzato.
Nel frattempo il treno si fermò alla Stazione di
Osaka, mentre i ragazzi continuavano a parlare concitatamente. «La squadra del
Sannoh Kogyo, della prefettura di Akita,
l’anno scorso ha vinto il Campionato Nazionale», spiegò Akagi, scuro in viso.
«Davvero?», chiese Hanamichi, grattandosi il mento
pensieroso.
«Sì, e anche l’anno prima. E due anni fa», confermò
Hime, sprofondando contro il suo sedile.
«Se vincessimo contro il Sonno chi sarebbero i
prossimi?».
Molti rinunciarono a spiegargli come si
pronunciasse quella fatidica parola, in realtà troppo preoccupati per il loro
futuro in Campionato.
«Il liceo Aiwa».
«Oh, bene! Di male in peggio!», commentò qualcuno.
«Il Sannoh Kogyo, il
liceo Aiwa… siamo capitati in un girone infernale!», fece drammatico Kogure,
che certo non aiutava l’animo dei giocatori. Non si accorse, però, che alle sue
spalle stava un colosso con il codino, non troppo contento di quello che aveva
appena sentito. Gli cinse il collo con un braccio, rischiando anche di
strozzarlo per la forza che usò. «Ehi, posso vedere il tuo biglietto?».
I ragazzi dello Shohoku si fecero attenti tutto
d’un tratto, capendo dallo sguardo del nuovo arrivato che non era per niente
amichevole. «Hai parlato del Sannoh e dell’Aiwa come le migliori squadre del
Campionato», gli disse con stizza il ragazzo. «Cerca di stare più attento a
quello che dici, altrimenti chi ti ascolta penserà che il Toyotama non valga
niente».
«Aaah! Kishimoto! Ti ha
dato di volta il cervello?! Smettila subito!», gridò un uomo, precipitandosi
verso il ragazzo e iniziando a scusarsi con i diavoli rossi.
«La smetta di scusarsi, allenatore. Questi bastardi
ci stavano insultando», fece sprezzante Kishimoto.
«Ma se non stavamo neanche parlando di voi!»,
esclamò Miyagi alzandosi, seguito subito dopo da Mitsui. Entrambi avevano uno
sguardo che di rassicurante non aveva niente. E Hime sapeva che se avessero
continuato per quella strada qualche cazzotto sarebbe sicuramente volato.
«Svegliatevi, idioti! Leggete bene quella rivista!».
Tutti si fiondarono a vedere e quello che lessero
li lasciò di stucco: Toyotama squadra di classe A, Shohoku squadra di classe C.
Per non parlare poi del Sannoh, di classe AA.
«Siete davvero degli ottimisti se
sperate di battervi con il Sannoh», fece Kishimoto, andandosene verso la sua
squadra. Peccato che non avesse fatto i conti con Sakuragi, che gli fece uno
sgambetto in piena regola.
Hime, che aveva visto tutto, si portò le mani alle
labbra, spaventata, quando Kishimoto, capendo chi fosse stato, gli strinse la
testa rossa in mano e gli gridò dietro un “Bastardo” con i contro fiocchi.
L’allenatore del Toyotama iniziò a strillare contro il suo giocatore,
peggio di Taoka nei confronti del suo numero 7 quando arrivava in ritardo agli
allenamenti.
«Ehi, codino».
«Hana, per favore…», bisbigliò Hime, in
apprensione. Quel Kishimoto non le piaceva per niente.
«Al momento giusto mi ricorderò che hai cercato di
schiacciarmi la testa».
Quando l’attaccabrighe si allontanò definitivamente
molti tirarono un sospiro di sollievo, altri ribollivano per la rabbia.
Hanamichi, in particolare, si sentì osservato e si
accorse che la sorella lo stava fissando da un po’, accigliata. La ragazza
mosse le labbra in un “Stai calmo” e subito dopo gli sorrise, vedendo che il
fratello si distese un poco.
*
Dopo il consueto giuramento di tutte le squadre
partecipanti a giocare con il massimo rispetto degli avversari e a presentare
ufficialmente i vari incontri, con tanto di regolamento, lo Shohoku uscì dalla
palestra gremita di gente, dove si fermò a dare un ulteriore occhiata al
tabellone del calendario.
«Condoglianze, ragazzi. Siete capitati nello stesso
blocco del Sannoh e dell’Aiwa», fece una voce alle loro spalle. Shin’chi Maki e tutto il Kainan al completo li guardava con
un misto di ironia e serietà, mentre l’unico babbeo del gruppo si metteva in
posizione di preghiera, per “aiutare spiritualmente” i suoi amici.
«Diciamo pure che siete finiti!», esclamò la
scimmietta del Kainan, ridendosela sotto i baffi.
«Checcosa?!», esclamò
Hanamichi, mentre Hime trotterellava al fianco del suo ragazzo.
Che nel giro di due secondi si gonfiò come un pesce
palla, e con orgoglio ed esuberanza si rivolse a Rukawa. «Sai, non credo
proprio che avremo la possibilità di scontrarci di nuovo», disse quasi
dispiaciuto. «Faremmo bene a concludere la nostra sfida qui!».
«Ma sentitelo!», fece Hanamichi, guardandolo
dall’alto del suo metro e 89, mentre Kaede si chiedeva mentalmente “Quale
sfida?”.
Il numero 11 dello Shohoku, però, si svegliò presto
dai suoi pensieri e sedò subito gli animi, con una frecciata degna della sua
fama. «Tanto prima o poi dovremmo sconfiggerli. Così ci togliamo subito il
pensiero».
Hime e gli altri sorrisero. «Ben detto, Ede!».
Nobunaga, rosso e fumante come una pentola a
pressione, guardò in cagnesco il volpino, maledicendolo per avergli rovinato il
suo momento di gloria davanti alla ragazza e soprattutto per il carisma e il
fascino che suscitava in lei. Mai e poi mai si sarebbe tolto dalla testa che
quella volpe lussuriosa fosse innamorato della sua Hicchan!
Hime, al suo fianco, ridacchiò nel vedere
l’espressione imbronciata della sua scimmietta selvaggia, e gli schioccò un
bacino sulla guancia, mandandolo in estasi totale.
Akagi e Maki, nel frattempo, si stavano sfidando da
veri fuori classe, promettendosi che sarebbero arrivati entrambi a scontrarsi
di nuovo.
«Ehi, ehi! Non direte sul serio, gente! Siete
davvero convinti di arrivare a giocare contro il Kainan?».
«Oh, no… di nuovo quell’idiota», borbottò Hime,
stringendo la mano a Nobunaga, che guardò prima lei poi il tizio che si era
fatto avanti.
«Lo conosci?».
«In un certo senso. Prima, sul treno, stava per far
scattare una rissa», gli sussurrò per non farsi sentire.
«Ehi, Maki! Se non sbaglio durante le eliminatorie
vi siete fatti quasi sconfiggere da questi cinque perdenti».
«Che accidenti hai detto?!», sbraitò Hanamichi,
mentre Hime correva dal fratello per calmarlo.
«Se è davvero così», continuò Kishimoto, «allora
una delle quattro squadre più forti del Campionato è da considerarsi fuori
gioco».
Inutile dire che quella frase riuscì a scaldare gli
animi anche al Kainan. L’unico che sembrava calmo e tranquillo era proprio il
loro Capitano, che si avvicinò al ragazzo con aria perplessa. «Scusa, con chi
ho il piacere di parlare?».
Bastò quell’unica domanda a far scoppiare a ridere
tutti, soprattutto le due scimmie, che avevano letteralmente le lacrime agli
occhi e dovettero reggersi la pancia a causa del dolore addominale per le
troppe risate. Persino Akagi dovette trattenersi, dato che trovò quella
frecciata più che perfetta per far abbassare le penne a quel pallone gonfiato.
E se Rukawa non fosse stato un volpino surgelato era sicuro che anche lui si
sarebbe spanciato fino a piangere.
L’aria iniziò a farsi pesante, e cominciarono a
partire le prime minacce e le relative risposte da una parte all’altra.
«Piantatela, tutti!», gridò il Gorilla.
Il quadretto si concluse con l’arrivo di Minami, il
Capitano del Toyotama, che richiamò alla calma i suoi ragazzi.
«Rukawa, stai molto attento a quel tipo», lo mise
in guardia Maki, affiancandolo.
«Akagi, siamo tutti sportivi. Comunque vada
l’incontro non ci sarebbe alcun rancore, giusto?», stava dicendo Minami,
o Calimero, come aveva bofonchiato Hanamichi appena aveva visto il
ridicolo taglio di capelli del ragazzo.
«Certamente», rispose Akagi, più serio che mai.
Il Toyotama si allontanò senza aggiungere altro,
tranne uno dei giocatori, un bisonte che più tardi scoprirono essere il
playmaker, e che diede una spallata così forte al povero Miyagi, che cadde a
terra per il colpo.
«Oh, scusa… non ti avevo visto!».
Ryota strinse i denti per l’affronto. «Hai comprato
il biglietto del treno?», gli chiese, facendolo voltare, mentre si rimetteva in
piedi. «Già, perché dopo l’incontro di domani ve ne tornerete a casa, no?».
«Ahaha! Bella così,
Nano!».
«E non chiamarmi “nano”, Hanamichi!».
*
Quella sera stessa l’aria di tensione tra i
giocatori dello Shohoku era palpabile. Hime poteva capirlo solo guardando i
suoi amici negli occhi. Era un’occasione importante per tutta la squadra, ma
ancor di più lo era per Akagi e Kogure, che avevano solo quell’unica chance per
poter dire di aver partecipato al Campionato Nazionale. E perché no, vincerlo!
Hanamichi era al piano di sotto, intento a parlare
al telefono con la sua adorata Harukina-cara, mentre Ryota era
andato a rilassarsi alle piccole terme all’interno di quella graziosa pensione.
Rukawa? Beh, lui dormiva da ore, come era prevedibile.
Hime, invece, era accucciata accanto a Mitsui, sdraiato
invece sul futon e intento a leggere e rileggere la rivista di quella mattina.
Con loro c’era anche un silenziosissimo Akagi, perso a guardare fuori dalla
finestra.
«Io davvero non capisco. Perché ci hanno
classificato come squadra di classe C?», si lagnò Hisashi, offeso contro
chiunque avesse stilato quella graduatoria.
«Forse perché è la prima volta che lo Shohoku
riesce a salire così in alto e credono sia stata solo fortuna», disse Hime,
stringendosi le gambe al petto.
«Già, l’altra sera ci hanno chiamati “meteore”».
«Cosa?! Ma come si permettono?!», s’infervorò la
rossa, facendo sospirare l’amico. «Appena becco la signorina Aida le chiedo se
conosce quest’energumeno che ha osato dire una cosa del genere!».
«Hime, ti stai comportando esattamente come
Hanamichi», le fece notare con una punta di sarcasmo l’amico.
Lei si mise a ridacchiare, rendendosi conto che sì,
in effetti stava divagando un po’ troppo. Si era addirittura messa in piedi, in
una ridicolissima posa plastica da superman. «Ok,
scusami… è la tensione».
«Akagi, che succede?», chiese Kogure, aprendo in
quel momento la porta a scomparsa ed entrando nella stanza.
Hisashi e Hime alzarono lo sguardo sul Capitano,
stranamente troppo quieto.
«Mitsui, dimmi… quando eri alle medie ti capitava
mai di sentirti teso prima di un incontro?», gli chiese Takenori, serio.
L’altro fece spallucce. «Mah, non saprei…».
«Io non sono mai stato teso come oggi», confessò
Akagi, facendo sbalordire tutti. «Non riesco a smettere di tremare». Prese un
respiro, anche se non servì a calmarsi. «Vado a farmi una corsa per rilassarmi».
Hime si alzò, seguendolo. «Vengo con te, Capitano!».
Gli sorrise candidamente quando lui la guardò sorpreso.
Akagi annuì, iniziando a correre senza aspettarla.
«Ehi, non sei tu quello che deve dare il buon
esempio ai suoi giocatori?», gli disse Hime, affiancandolo.
Le lanciò un’occhiata indecifrabile, ma non certo
di quelle micidiali che era solito elargire come pane. «Lo so, scusami».
La ragazza gli batté affettuosamente una mano sul
braccio. «Vedrai, Capitano, porterai la tua squadra molto lontano… ne son
convinta».
Prima che Akagi potesse dire qualsiasi cosa, una
voce squillante risuonò nella notte.
«Ehi, Gori! Hicchan?! Che state
facendo?!», sbraitò peggio di una lavandaia Hanamichi, balzando accanto ai due
e seguendoli.
«Uncinetto, Sakuragi. Non vedi?», borbottò
Takenori, facendo scoppiare a ridere la ragazza e lasciando parecchio perplesso
il fratello.
«Sai, Gori, non so perché ma l’idea di te che fai
uncinetto, magari con gli occhialini sul naso e la cuffietta della nonna in
testa, mi piace parecchio! Ahaha!».
Akagi sbuffò. «Ma la lingua la usi solo per sparare
cazzate?».
Se ci fossero stati Mitsui o Ryota, o peggio ancora
Kaede, qualcuno avrebbe sicuramente ribattuto che sì, poteva usarla solo per
quello, povero sfigato. Akagi tirò un sospiro di sollievo per non dover
assistere a una menata del genere. Nonostante tutto, però, si ritrovò a
sorridere. Diede una veloce occhiata ai due fratelli, che avevano iniziato a
blaterare cose senza senso come il loro solito, e li ringraziò mentalmente. In
fondo, anche se quei due psicopatici di Sakuragi l’avevano fatto invecchiare
prima del tempo, non poteva non essergli riconoscente. Ricordava ancora di
quando la ragazza era comparsa per la prima volta in palestra, entusiasta di
poter dare una mano come manager; aveva subito legato con tutti e non poteva
negare che già lei avesse portato una ventata di aria fresca. Poi qualche
giorno dopo era arrivato l’altro imbecille del fratello e da lì all’Inferno il
passo fu veramente corto. Ma alla fine quelle due teste calde si erano rivelati
l’ottimo rimedio per i momenti di crisi, di qualsiasi genere essi fossero.
Soprattutto quella capa bacata di Hanamichi, ottima valvola su cui sfogare i
propri pugni.
«Ehi, Gori». Akagi lo guardò, sospirando e
preparandosi mentalmente alla prossima cavolata del rossino. «Vedrai che
batteremo sia il Sonno che l’Aiwa!».
«E cosa te lo fa pensare?».
Hanamichi sorrise candidamente. «Ma è ovvio, io
sono un Genio!».
* * * *
Piccolo siparietto per l’autrice:
Buon inizio di
settimana a tutti, gente! Come annunciato questo è probabilmente il penultimo
capitolo di WB, il prossimo, a meno di un’idea geniale, sarà l’epilogo. Ma non
temete (?!), ho già buttato giù la prima bozza per un seguito, sia perché ci
sono punti in questa storia che non sono stati spiegati a dovere (vi starete
arrovellando ancora per capire che è successo tra Ayako e Ryota in ritiro,
vero? Io mica me ne sono dimenticata! :D) e che hanno bisogno di essere approfonditi
con più calma, sia perché il circus di Slam Dunk non
smette mai di darmi idee su idee! Questa è stata una fanfiction
più che altro incentrata sulla scimmietta selvaggia del Kainan, dato che è un
personaggio che adoro ma che, ahimè!, mi sembra un po’ sottovalutato… La
prossima, se la scriverò veramente, non avrà un personaggio “principale”, ma
darò il giusto spazio che si meritano a tutti questi adorati “ragazzi
selvaggi”. :)
Un grazie a Fix89thebest che ha
aggiunto WB tra le seguite! E ovviamente a tutti voi carissimi lettori e
lettrici! (siete in vacanza, vero? VERO?! XD)
Ci vediamo presto!
Un abbraccio strittoloso,
Kenjina.