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Autore: kenjina    03/08/2009    1 recensioni
I ritiri, se fatti con persone "normali", sono quasi sempre piacevoli, istruttivi e formativi. Il problema sorge quando queste persone tanto normali non lo sono. E Takenori Akagi e Shin'ichi Maki avranno un bel da fare per tenere a bada le teste calde delle loro relative squadre!
"Si sa, il cognome Sakuragi riporta sempre alla memoria delle grandi teste calde. Hanamichi primo fra tutti. Ma Hime, la sorella gemella dizigote, non era certo da meno. Anzi.
Per Takenori Akagi, il Gorilla dello Shohoku, era una continua lotta fisica e interiore tenere a bada quegli scalmanati dei Sakuragi. Dopo aver conosciuto Hanamichi sperava che almeno la sorella, in quanto donna, potesse essere più alla mano e meno imbecille del fratello.
Risposta sbagliata."

Storia revisionata nell'Agosto 2016
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Nobunaga Kiyota, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Wild Boys'
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La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXVI

Go Shohoku, Go!

«Ma dove diavolo sono finiti quei due celebrolesi?». Akagi, con un spaventoso tic al sopracciglio destro, ed un altrettanto temibile sguardo infuocato, andava avanti e indietro per la banchina della stazione.

Kogure, con un sorriso insicuro, cercò di tranquillizzarlo come sempre. «Dai, Takenori, arriveranno! Non preoccuparti!»

«E se dovessero arrivare al massimo li butti sulle rotaie quando sta arrivando il treno. Semplice, no?».

«Senpai!», si lamentò Ayako rivolta ad un Mitsui che sogghignava, intimamente soddisfatto della sua idea.

«Ok, nel caso possiamo graziare Hime. Ma solo perché è donna», suggerì Ryota, subito interrotto dal Gorilla.

«Eh no! Se dobbiamo fare una cosa facciamola bene!».

I ragazzi risero, anche se ormai stavano iniziando a spazientirsi per il ritardo dei gemelli.

«Non sono amici di Sendoh per niente, quei due». Hisashi si poggiò contro il muro, con le braccia dietro la testa e gli occhi chiusi. Aveva dormito male, quella notte, per la tensione. E come lui tutti gli altri, ovviamente. Il Campionato Nazionale era un appuntamento troppo importante per non sentirsi emozionati e tesi all’inverosimile. Erano una squadra nuova e sconosciuta, ma avrebbero affilato i coltelli pur di farsi valere.

Nel frattempo, due teste rosse stavano correndo come pazzi, ormai senza fiato, nel disperato tentativo di arrivare in tempo per non perdere il treno che li avrebbe portati a Hiroshima.

«Dai, Hana! Siamo quasi arrivati!».

«È tutta colpa di quegli idioti!».

«Non dare le colpe a Yohei e gli altri! Se non fosse stato per loro ora saremmo ancora addormentati e il Gori ci avrebbe staccato la testa a morsi!».

«Ma i gorilla non mangiano solo banane?».

«Hanamichi!».

«Ahaha! Guarda, siamo arrivati! Siamo due geni!».

Sì, due geni malriusciti, dato che come sbucarono dalle scale si videro il Kainan al completo che li guardava spaesati. Nobunaga si ritrovò a sorridere sognante e felice come un ebete, pensando che ritrovarsi la sua bella davanti così inaspettatamente fosse il miglior inizio di giornata che avesse mai avuto dopo il ritiro, mentre Maki indicava ai due un punto dietro le loro spalle. «Lo Shohoku è dall’altra parte, ragazzi».

I due diventarono rossi come i propri capelli e filarono via senza neanche salutare, troppo spaventati dall’ira funesta del loro King Kong. Che infatti, appena li vide, non si risparmiò certo di elargire pugni e tirate d’orecchio ad entrambi. «Cos’è, volevate cambiare squadra?!».

«Ma magari», commentò Kaede, guadagnandosi un’occhiata truce dai fratelli.

«Kit, vai e ammazzati».

Il treno arrivò in quel momento, facendo salire un groppo in gola a tutti.

«Avanti, andiamo», li riscosse Akagi, guardandoli seriamente. «Per noi, per i campioni!».

«Urrà!», gridarono insieme, carichi come non mai.

Fortunatamente il treno non era affollatissimo, e tutto quel branco di bestioni trovò posto con facilità.

«Hicchan! Non basta che sei al fianco del Volpino, ma mi lasci seduto vicino al Baciapiselli e col Gorillone davanti?!».

Due pugni risuonarono per tutto lo scompartimento, facendo voltare numerose teste, incuriosite e un po’ spaventate dall’espressione diabolica di Mitsui e Akagi.

Hime ridacchiò, scuotendo la testa, mentre Hisashi ringhiava “Non chiamarmi Baciapiselli in pubblico, deficiente!”. Kaede, al suo fianco, incrociò le braccia, con la testa pericolosamente ciondolante in avanti. «Non mi dire che ti stai già addormentando? Siamo appena saliti!».

Il ragazzo si limitò ad aprire un occhio blu e a puntarglielo contro come una lama affilata. «Se non cominci a parlare magari ci riesco».

Hime sorrise bonariamente, tirandogli un pugnetto affettuoso sulla spalla. «Come se tu non avessi il potere di addormentarti in piedi ad un concerto rock!».

«Hn… Può essere». Tempo due minuti e Rukawa era bello che addormentato, con una bolla che si gonfiava e sgonfiava dalle narici e la testa poggiata su quel comodo cuscino di cui ormai non poteva più fare a meno, ossia la spalla della ragazza.

«Non è possibile… questa proprio non ci voleva!», esclamò a un tratto Akagi leggendo il calendario dei turni delle partite, forse un po’ troppo forte per i gusti degli altri passeggeri.

Il loro primo incontro era fissato contro il Toyotama, squadra che era conosciuta per il suo famoso Ace Killer, un giocatore che non badava allo spirito sportivo quando si trattava di trovarsi in difficoltà.

«Perché tanta agitazione? Il Toyotama è davvero così in gamba? E io che li credevo dei principianti!», commentò Hanamichi, come se fosse lui il vero esperto di basket.

Hisashi, al suo fianco, lo guardò torvo. «No, il vero problema è il secondo incontro».

Hanamichi sporse la testa per leggere meglio. «Paura del Sonno?».

«Deficiente! Si legge Sannoh!».

Hime, anche se impossibilitata a muoversi, drizzò le orecchie, preoccupata. Quella non ci voleva proprio! «State scherzando, vero?».

«Hicchan, conosci anche tu questi del Sonno?».

«Si dice Sannoh!».

«Ma l’hai sentito quel servizio alla tv l’altra sera o stavi solo facendo finta?», esclamò Ryota, scandalizzato.

Nel frattempo il treno si fermò alla Stazione di Osaka, mentre i ragazzi continuavano a parlare concitatamente. «La squadra del Sannoh Kogyo, della prefettura di Akita, l’anno scorso ha vinto il Campionato Nazionale», spiegò Akagi, scuro in viso.

«Davvero?», chiese Hanamichi, grattandosi il mento pensieroso.

«Sì, e anche l’anno prima. E due anni fa», confermò Hime, sprofondando contro il suo sedile.

«Se vincessimo contro il Sonno chi sarebbero i prossimi?».

Molti rinunciarono a spiegargli come si pronunciasse quella fatidica parola, in realtà troppo preoccupati per il loro futuro in Campionato.

«Il liceo Aiwa».

«Oh, bene! Di male in peggio!», commentò qualcuno.

«Il Sannoh Kogyo, il liceo Aiwa… siamo capitati in un girone infernale!», fece drammatico Kogure, che certo non aiutava l’animo dei giocatori. Non si accorse, però, che alle sue spalle stava un colosso con il codino, non troppo contento di quello che aveva appena sentito. Gli cinse il collo con un braccio, rischiando anche di strozzarlo per la forza che usò. «Ehi, posso vedere il tuo biglietto?».

I ragazzi dello Shohoku si fecero attenti tutto d’un tratto, capendo dallo sguardo del nuovo arrivato che non era per niente amichevole. «Hai parlato del Sannoh e dell’Aiwa come le migliori squadre del Campionato», gli disse con stizza il ragazzo. «Cerca di stare più attento a quello che dici, altrimenti chi ti ascolta penserà che il Toyotama non valga niente».

«Aaah! Kishimoto! Ti ha dato di volta il cervello?! Smettila subito!», gridò un uomo, precipitandosi verso il ragazzo e iniziando a scusarsi con i diavoli rossi.

«La smetta di scusarsi, allenatore. Questi bastardi ci stavano insultando», fece sprezzante Kishimoto.

«Ma se non stavamo neanche parlando di voi!», esclamò Miyagi alzandosi, seguito subito dopo da Mitsui. Entrambi avevano uno sguardo che di rassicurante non aveva niente. E Hime sapeva che se avessero continuato per quella strada qualche cazzotto sarebbe sicuramente volato.

«Svegliatevi, idioti! Leggete bene quella rivista!».

Tutti si fiondarono a vedere e quello che lessero li lasciò di stucco: Toyotama squadra di classe A, Shohoku squadra di classe C. Per non parlare poi del Sannoh, di classe AA.

«Siete  davvero degli ottimisti se sperate di battervi con il Sannoh», fece Kishimoto, andandosene verso la sua squadra. Peccato che non avesse fatto i conti con Sakuragi, che gli fece uno sgambetto in piena regola.

Hime, che aveva visto tutto, si portò le mani alle labbra, spaventata, quando Kishimoto, capendo chi fosse stato, gli strinse la testa rossa in mano e gli gridò dietro un “Bastardo” con i contro fiocchi. L’allenatore  del Toyotama iniziò a strillare contro il suo giocatore, peggio di Taoka nei confronti del suo numero 7 quando arrivava in ritardo agli allenamenti.

«Ehi, codino».

«Hana, per favore…», bisbigliò Hime, in apprensione. Quel Kishimoto non le piaceva per niente.

«Al momento giusto mi ricorderò che hai cercato di schiacciarmi la testa».

Quando l’attaccabrighe si allontanò definitivamente molti tirarono un sospiro di sollievo, altri ribollivano per la rabbia.

Hanamichi, in particolare, si sentì osservato e si accorse che la sorella lo stava fissando da un po’, accigliata. La ragazza mosse le labbra in un “Stai calmo” e subito dopo gli sorrise, vedendo che il fratello si distese un poco.

 

*

 

Dopo il consueto giuramento di tutte le squadre partecipanti a giocare con il massimo rispetto degli avversari e a presentare ufficialmente i vari incontri, con tanto di regolamento, lo Shohoku uscì dalla palestra gremita di gente, dove si fermò a dare un ulteriore occhiata al tabellone del calendario.

«Condoglianze, ragazzi. Siete capitati nello stesso blocco del Sannoh e dell’Aiwa», fece una voce alle loro spalle. Shin’chi Maki e tutto il Kainan al completo li guardava con un misto di ironia e serietà, mentre l’unico babbeo del gruppo si metteva in posizione di preghiera, per “aiutare spiritualmente” i suoi amici.

«Diciamo pure che siete finiti!», esclamò la scimmietta del Kainan, ridendosela sotto i baffi.

«Checcosa?!», esclamò Hanamichi, mentre Hime trotterellava al fianco del suo ragazzo.

Che nel giro di due secondi si gonfiò come un pesce palla, e con orgoglio ed esuberanza si rivolse a Rukawa. «Sai, non credo proprio che avremo la possibilità di scontrarci di nuovo», disse quasi dispiaciuto. «Faremmo bene a concludere la nostra sfida qui!».

«Ma sentitelo!», fece Hanamichi, guardandolo dall’alto del suo metro e 89, mentre Kaede si chiedeva mentalmente “Quale sfida?”.

Il numero 11 dello Shohoku, però, si svegliò presto dai suoi pensieri e sedò subito gli animi, con una frecciata degna della sua fama. «Tanto prima o poi dovremmo sconfiggerli. Così ci togliamo subito il pensiero».

Hime e gli altri sorrisero. «Ben detto, Ede!».

Nobunaga, rosso e fumante come una pentola a pressione, guardò in cagnesco il volpino, maledicendolo per avergli rovinato il suo momento di gloria davanti alla ragazza e soprattutto per il carisma e il fascino che suscitava in lei. Mai e poi mai si sarebbe tolto dalla testa che quella volpe lussuriosa fosse innamorato della sua Hicchan!

Hime, al suo fianco, ridacchiò nel vedere l’espressione imbronciata della sua scimmietta selvaggia, e gli schioccò un bacino sulla guancia, mandandolo in estasi totale.

Akagi e Maki, nel frattempo, si stavano sfidando da veri fuori classe, promettendosi che sarebbero arrivati entrambi a scontrarsi di nuovo.

«Ehi, ehi! Non direte sul serio, gente! Siete davvero convinti di arrivare a giocare contro il Kainan?».

«Oh, no… di nuovo quell’idiota», borbottò Hime, stringendo la mano a Nobunaga, che guardò prima lei poi il tizio che si era fatto avanti.

«Lo conosci?».

«In un certo senso. Prima, sul treno, stava per far scattare una rissa», gli sussurrò per non farsi sentire.

«Ehi, Maki! Se non sbaglio durante le eliminatorie vi siete fatti quasi sconfiggere da questi cinque perdenti».

«Che accidenti hai detto?!», sbraitò Hanamichi, mentre Hime correva dal fratello per calmarlo.

«Se è davvero così», continuò Kishimoto, «allora una delle quattro squadre più forti del Campionato è da considerarsi fuori gioco».

Inutile dire che quella frase riuscì a scaldare gli animi anche al Kainan. L’unico che sembrava calmo e tranquillo era proprio il loro Capitano, che si avvicinò al ragazzo con aria perplessa. «Scusa, con chi ho il piacere di parlare?».

Bastò quell’unica domanda a far scoppiare a ridere tutti, soprattutto le due scimmie, che avevano letteralmente le lacrime agli occhi e dovettero reggersi la pancia a causa del dolore addominale per le troppe risate. Persino Akagi dovette trattenersi, dato che trovò quella frecciata più che perfetta per far abbassare le penne a quel pallone gonfiato. E se Rukawa non fosse stato un volpino surgelato era sicuro che anche lui si sarebbe spanciato fino a piangere.

L’aria iniziò a farsi pesante, e cominciarono a partire le prime minacce e le relative risposte da una parte all’altra.

«Piantatela, tutti!», gridò il Gorilla.

Il quadretto si concluse con l’arrivo di Minami, il Capitano del Toyotama, che richiamò alla calma i suoi ragazzi.

«Rukawa, stai molto attento a quel tipo», lo mise in guardia Maki, affiancandolo.

«Akagi, siamo tutti sportivi. Comunque vada l’incontro non ci sarebbe alcun rancore, giusto?», stava dicendo Minami, o Calimero, come aveva bofonchiato Hanamichi appena aveva visto il ridicolo taglio di capelli del ragazzo.

«Certamente», rispose Akagi, più serio che mai.

Il Toyotama si allontanò senza aggiungere altro, tranne uno dei giocatori, un bisonte che più tardi scoprirono essere il playmaker, e che diede una spallata così forte al povero Miyagi, che cadde a terra per il colpo.

«Oh, scusa… non ti avevo visto!».

Ryota strinse i denti per l’affronto. «Hai comprato il biglietto del treno?», gli chiese, facendolo voltare, mentre si rimetteva in piedi. «Già, perché dopo l’incontro di domani ve ne tornerete a casa, no?».

«Ahaha! Bella così, Nano!».

«E non chiamarmi “nano”, Hanamichi!».

 

*

 

Quella sera stessa l’aria di tensione tra i giocatori dello Shohoku era palpabile. Hime poteva capirlo solo guardando i suoi amici negli occhi. Era un’occasione importante per tutta la squadra, ma ancor di più lo era per Akagi e Kogure, che avevano solo quell’unica chance per poter dire di aver partecipato al Campionato Nazionale. E perché no, vincerlo!

Hanamichi era al piano di sotto, intento a parlare al telefono con la sua adorata Harukina-cara, mentre Ryota era andato a rilassarsi alle piccole terme all’interno di quella graziosa pensione. Rukawa? Beh, lui dormiva da ore, come era prevedibile.

Hime, invece, era accucciata accanto a Mitsui, sdraiato invece sul futon e intento a leggere e rileggere la rivista di quella mattina. Con loro c’era anche un silenziosissimo Akagi, perso a guardare fuori dalla finestra.

«Io davvero non capisco. Perché ci hanno classificato come squadra di classe C?», si lagnò Hisashi, offeso contro chiunque avesse stilato quella graduatoria.

«Forse perché è la prima volta che lo Shohoku riesce a salire così in alto e credono sia stata solo fortuna», disse Hime, stringendosi le gambe al petto.

«Già, l’altra sera ci hanno chiamati “meteore”».

«Cosa?! Ma come si permettono?!», s’infervorò la rossa, facendo sospirare l’amico. «Appena becco la signorina Aida le chiedo se conosce quest’energumeno che ha osato dire una cosa del genere!».

«Hime, ti stai comportando esattamente come Hanamichi», le fece notare con una punta di sarcasmo l’amico.

Lei si mise a ridacchiare, rendendosi conto che sì, in effetti stava divagando un po’ troppo. Si era addirittura messa in piedi, in una ridicolissima posa plastica da superman. «Ok, scusami… è la tensione».

«Akagi, che succede?», chiese Kogure, aprendo in quel momento la porta a scomparsa ed entrando nella stanza.

Hisashi e Hime alzarono lo sguardo sul Capitano, stranamente troppo quieto.

«Mitsui, dimmi… quando eri alle medie ti capitava mai di sentirti teso prima di un incontro?», gli chiese Takenori, serio.

L’altro fece spallucce. «Mah, non saprei…».                                                                                               

«Io non sono mai stato teso come oggi», confessò Akagi, facendo sbalordire tutti. «Non riesco a smettere di tremare». Prese un respiro, anche se non servì a calmarsi. «Vado a farmi una corsa per rilassarmi».

Hime si alzò, seguendolo. «Vengo con te, Capitano!». Gli sorrise candidamente quando lui la guardò sorpreso.

Akagi annuì, iniziando a correre senza aspettarla.

«Ehi, non sei tu quello che deve dare il buon esempio ai suoi giocatori?», gli disse Hime, affiancandolo.

Le lanciò un’occhiata indecifrabile, ma non certo di quelle micidiali che era solito elargire come pane. «Lo so, scusami».

La ragazza gli batté affettuosamente una mano sul braccio. «Vedrai, Capitano, porterai la tua squadra molto lontano… ne son convinta».

Prima che Akagi potesse dire qualsiasi cosa, una voce squillante risuonò nella notte.

«Ehi, Gori! Hicchan?! Che state facendo?!», sbraitò peggio di una lavandaia Hanamichi, balzando accanto ai due e seguendoli.

«Uncinetto, Sakuragi. Non vedi?», borbottò Takenori, facendo scoppiare a ridere la ragazza e lasciando parecchio perplesso il fratello.

«Sai, Gori, non so perché ma l’idea di te che fai uncinetto, magari con gli occhialini sul naso e la cuffietta della nonna in testa, mi piace parecchio! Ahaha!».

Akagi sbuffò. «Ma la lingua la usi solo per sparare cazzate?».

Se ci fossero stati Mitsui o Ryota, o peggio ancora Kaede, qualcuno avrebbe sicuramente ribattuto che sì, poteva usarla solo per quello, povero sfigato. Akagi tirò un sospiro di sollievo per non dover assistere a una menata del genere. Nonostante tutto, però, si ritrovò a sorridere. Diede una veloce occhiata ai due fratelli, che avevano iniziato a blaterare cose senza senso come il loro solito, e li ringraziò mentalmente. In fondo, anche se quei due psicopatici di Sakuragi l’avevano fatto invecchiare prima del tempo, non poteva non essergli riconoscente. Ricordava ancora di quando la ragazza era comparsa per la prima volta in palestra, entusiasta di poter dare una mano come manager; aveva subito legato con tutti e non poteva negare che già lei avesse portato una ventata di aria fresca. Poi qualche giorno dopo era arrivato l’altro imbecille del fratello e da lì all’Inferno il passo fu veramente corto. Ma alla fine quelle due teste calde si erano rivelati l’ottimo rimedio per i momenti di crisi, di qualsiasi genere essi fossero. Soprattutto quella capa bacata di Hanamichi, ottima valvola su cui sfogare i propri pugni.

«Ehi, Gori». Akagi lo guardò, sospirando e preparandosi mentalmente alla prossima cavolata del rossino. «Vedrai che batteremo sia il Sonno che l’Aiwa!».

«E cosa te lo fa pensare?».

Hanamichi sorrise candidamente. «Ma è ovvio, io sono un Genio!».

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Buon inizio di settimana a tutti, gente! Come annunciato questo è probabilmente il penultimo capitolo di WB, il prossimo, a meno di un’idea geniale, sarà l’epilogo. Ma non temete (?!), ho già buttato giù la prima bozza per un seguito, sia perché ci sono punti in questa storia che non sono stati spiegati a dovere (vi starete arrovellando ancora per capire che è successo tra Ayako e Ryota in ritiro, vero? Io mica me ne sono dimenticata! :D) e che hanno bisogno di essere approfonditi con più calma, sia perché il circus di Slam Dunk non smette mai di darmi idee su idee! Questa è stata una fanfiction più che altro incentrata sulla scimmietta selvaggia del Kainan, dato che è un personaggio che adoro ma che, ahimè!, mi sembra un po’ sottovalutato… La prossima, se la scriverò veramente, non avrà un personaggio “principale”, ma darò il giusto spazio che si meritano a tutti questi adorati “ragazzi selvaggi”. :)

Un grazie a Fix89thebest che ha aggiunto WB tra le seguite! E ovviamente a tutti voi carissimi lettori e lettrici! (siete in vacanza, vero? VERO?! XD)

Ci vediamo presto!

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

   
 
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