Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    04/01/2020    2 recensioni
Poldark, Season 5 Episodio 8: Cosa sarebbe successo se nell'episodio finale le cose fossero andate diversamente e Demelza si fosse imbarcata davvero coi suoi figli per la Jamaica, lasciando Ross al suo presunto tradimento con Tess? Cosa la attende ai Caraibi? Cosa le succederà? Che donna potrebbe diventare in quelle terre selvagge popolate da pirati? E i suoi figli?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eroe... Così lo aveva definito Wichman quando tutto era finito. Eroe, che è una parola che per tutti risveglia fierezza, orgoglio e soddisfazione. Eppure a lui importava poco di tutto ciò, non era per questo che si era lanciato, mesi prima, in quell'assurda e segreta avventura contro i francesi. Si era inimicato tutti, famiglia ed amici, per avvicinarsi al nemico e soprattutto per difendere la sua terra, quella terra che lo aveva visto nascere, che era stata testimone dell'amore fra i suoi genitori prima e poi fra lui e Demelza e della nascita dei suoi bambini. La Cornovaglia era il suo mondo, la terra dove era nato e dove avrebbe voluto morire ed essere sepolto, la sua piccola patria e per la Cornovaglia e per coloro che vi vivevano, avrebbe dato la vita. Terra difficile e dominata da povertà e duro lavoro, spesso sferzata da un vento crudele ed implacabile, ma affascinante, magica, unica, anche se regalava ai più vite per lo più fatte di stenti e fatica. Ma era la sua terra, la sua casa, il suo mondo. E salvare ciò che si ama era qualcosa di talmente banale che Ross faticava a credere che qualcuno, per averlo fatto, lo considerasse un eroe.

Era stato tutto strano, caotico e assolutamente discreto, tanto che gli abitanti della zona non si erano accorti di nulla. Erano arrivati da Londra dei soldati speciali che erano riusciti a scambiare con lui una corrispondenza privata senza essere scoperti, d'accordo con loro aveva condotto in una trappola i generali francesi a capo dell'azione e anche se alla fine c'era stato un intoppo, un intervento nemico di Hanson che per poco non gli era costato la vita, alla fine era stato salvato da... George Warleggan.

Che strana la vita, che strano pensare che il suo antico nemico avesse percepito le sue mosse, le avesse preventivate ai suoi due compagni d'affari che evidentemente, a dispetto delle apparenze, non apprezzava fino in fondo e avesse scelto, visto il tradimento che Hanson e Merceron pensavano di compiere ai danni alla nazione, di stare dalla sua parte, di scegliere la sua terra e di rimanere fede alla sua lealtà verso quelle istituzioni e quei vertici che da sempre inseguiva. George era tante cose, non era una persona quasi mai limpida, spesso era stato vendicativo ma in fondo si era sempre dimostrato coerente e mai aveva tradito tutto ciò in cui credeva e quel potere e quella nazione di cui sperava di arrivare al vertice. Era e sapeva essere anche un tipo losco e poco corretto ma di certo molto lo differenziava dai due brutti ceffi che si erano avvicinati a lui e che in fondo mai, fin dall'inizio, aveva seguito del tutto. Una morale, anche se a volte contorta e perversa, George ce l'aveva. Hanson e Merceron no.

Anche se, doveva ammettere a se stesso, era stato davvero strano, singolare e incredibile trovarsi poi, pochi minuti dopo quell'azione inaspettata, a brindare con lui nella cucina di Nampara. Oh, niente dichiarazioni di pace e amicizia, ognuno aveva mantenuto e giocato nel proprio ruolo ma il rispettivo cinismo stavolta non nascondeva nessun tentativo di nuocersi l'uno con l'altro. Mai sarebbero stati amici ma Ross aveva avuto l'impressione che da quel momento in poi, l'essere nemici sarebbe stato più simile a un gioco di ruolo bonario piuttosto che a una vera e propria guerra. E Ross aveva elogiato George davanti a Wichman, sottolineandone i meriti e premurandosi che questi venissero resi noti a Westminster. George aveva sempre cercato fama e rispetto in maniera errata e scorretta ma stavolta meritava il suo momento di gloria perché stavolta aveva agito per il bene del paese più che per il suo. Era una consacrazione per George e Ross voleva dargli ogni merito, per se stesso non chiedeva nulla e nulla voleva gli fosse riconosciuto, desiderava solo pace per la sua terra e che Hanson e Merceron finissero i loro giorni in prigione, dove non potevano più nuocere a nessuno e dove avrebbero pagato per l'affronto fatto a Ned. Solo questo chiedeva, per se stesso... Aveva agito solo per il bene di chi amava e questo non era forse un atto egoistico rispetto a George che per una volta si era mosso per il bene del paese?

In fondo Ross pensava di non aver fatto chissà che per essere premiato o considerato un eroe. Aveva raccontato molte menzogne a tutti, era stato un abile doppiogiochista e durante la battaglia era stato George a tirarlo fuori dai guai prima dell'arrivo dei soldati da Londra, quindi perché essere elogiato? In fondo non aveva nemmeno imbracciato armi durante gli scontri...

Tutto si era risolto nel giro di poche ore, c'era stata una battaglia notturna in spiaggia e nelle grotte circostanti, i francesi erano stati arrestati e portati via nell'oscurità e la mattina successiva la Cornovaglia si era risvegliata ignara e sonnolenta come sempre, senza percepire il pericolo che aveva corso.

Andava bene così... Ora Ross solo una cosa voleva: andare a casa di Dwight, spiegare al suo amico cosa fosse successo e poi prendere Demelza e i loro bambini e riportarli a casa. Ritrovarla, ritrovarsi... Santo cielo, lei gli era mancata come l'aria... Così come Jeremy che ultimamente lo seguiva sempre e se si allontanava, pareva sentire la sua mancanza più di quando era piccolo e Clowance e la sua bambola, sempre inseparabili. E poi voleva accarezzare il ventre di sua moglie, dove stava crescendo il loro nuovo bambino. Era incredibile ma era ubriaco di gioia all'idea di diventare di nuovo padre dopo che per molto tempo ne aveva avuto paura. Ora nulla importava, nessuna avversità avrebbe potuto fermarlo o frenarlo dall'amare suo figlio o figlia. Se era con Demelza, se erano insieme, non c'era modo che qualcosa andasse male.

Quel mattino si svegliò presto, si fece un bagno, si vestì e senza fare nemmeno colazione, fece per avviarsi alla stalla quando la voce di Wichman, completamente inaspettata, lo raggiunse nell'aia. "Poldark, state uscendo? Siete mattiniero".

Ross si voltò, osservando l'uomo che oltrepassava il cancello della sua casa. Assieme ai soldati era arrivato anche lui e aveva osservato la scena e i combattimenti da una locanda, tenendo in mano le redini dell'operazione in accordo e collaborazione con lui, chiedendogli consigli ed informazioni costanti sui francesi che aveva imparato a conoscere in quei mesi. "Credo di aver fin troppo da fare per poltrire a letto. Ho una famiglia e dopo tutto questo, desidero solo andare a riprendermela".

Wichman si avvicinò. "Beh, se mi date cinque minuti del vostro tempo, la vostra famiglia potrebbe essere ancora più orgogliosa di voi visto la proposta che intendo farvi".

"Di che parlate?".

Wichman indicò la porta d'ingresso di Nampara. "Entriamo un attimo? Vi ruberò poco tempo".

Con un sospiro, Ross dovette cedere a quella richiesta. Quello che aveva davanti era comunque un potente uomo di governo che aveva la fiducia del re e lui era un parlamentare di Westminster. Non poteva rifiutare... "Vi faccio strada".

Lo condusse all'interno, dove regnava il silenzio. Il camino era spento e Ross si rese conto che la casa così, senza la presenza di Demelza, Prudie e l'allegria dei bambini e di Garrick, appariva davvero inospitale e fredda. "Scusate se la casa non è accogliente come dovrebbe, la mia domestica è assieme a mia moglie a casa di amici in questo periodo. Per il loro bene durante la missione coi francesi, ho preferito allontanarle".

Wichman annuì. "Ottima scelta, saggia. Donne e bambini devono stare lontani da certi tipi di situazioni".

Ross distolse lo sguardo. In realtà non la vedeva proprio come il suo interlocutore e anzi, si sentiva in colpa e a disagio per il dolore provocato a Demelza che di certo, se avesse saputo, avrebbe potuto essere un'ottima alleata e consigliera. "Che dovevate dirmi?" - tagliò corto, desideroso solo di raggiungerla.

Wichman si mise a sedere su una sedia del tavolo. "Il Governo e il re in persona sono rimasti molto colpiti dal vostro gesto e dal vostro ingegno. Avete agito nell'ombra senza un tentennamento e senza che nessuno si accorgesse delle vostre mosse, nemmeno i vostri vicini di casa. E nemmeno i francesi, di cui avete guadagnato la fiducia. L'Inghilterra e questa vostra terra vi devono molto signor Poldark, siete un uomo dalle capacità rare e io e gli alti vertici del governo pensiamo che la sola Westminster sia cosa troppo piccola per una persona con le vostre capacità".

Ross rise. "Io e Westminster non abbiamo mai raggiunto alcuno scopo di quelli che mi ero prefissato all'inizio della mia carriera di parlamentare".

"Appunto! Ma ora, da solo, in mezzo all'azione, vi siete distinto!" - lo interruppe Wichman.

"E quindi? Tutto è andato bene, che senso ha rivangare?".

Wichman sorrise, un sorriso sornione e furbo. "Ciò che vogliamo offrirvi Poldark, non sono solo elogi! Di quelli, uno come voi, ne fa a meno! Ma posso darvi altro, avventura, fama, gloria e onore agli occhi del re e della nazione. Siete l'uomo giusto che stavamo cercando da molto e l'ho capito fin dal nostro primo incontro, quando tirammo fuori dai guai e dalla galera Despard. Mi avete dato la conferma, coi francesi, di ciò che sapevo già allora".

Ross, incuriosito, lo osservò attentamente. "Che volete dire?".

Il suo interlocutore lo guardò dritto negli occhi. "Il re in persona vuole offrirvi un posto come spia del governo. All'estero sareste i nostri occhi e le nostre orecchie, un uomo d'azione quando servirà ma soprattutto, un osservatore insospettabile. Non temete il pericolo e siete temerario e intelligente, siete perfetto e lo avete ampiamente dimostrato. Un lavoro che vi impegnerà per dei brevi periodi all'estero, ogni tanto, intervallato dalle tranquille discussioni in Parlamento e dalla vostra vita famigliare. Denaro, fama, gloria, avrete tutto!".

Ross sorrise, lusingato ma deciso a rifiutare. Forse era e sarebbe stato il lavoro della sua vita, quello più adatto al suo carattere irrequieto e ribelle, quello che più avrebbe accarezzato la sua indole mai doma, ma... Ma era cresciuto, una volta avrebbe accettato senza battere ciglio mentre ora l'idea di stare a lungo lontano da Demelza, di rischiare la vita, di non veder crescere i suoi figli era più forte di qualsiasi altra cosa. La morte di Ned e tutto ciò che si sarebbe perso di sua moglie e del figlio in arrivo gli avevano insegnato molto su quali fossero le priorità vere della vita. Forse lo avrebbe rimpianto un giorno, forse sarebbe stata una strada più adatta a lui rispetto a Westminster, forse stava sbagliando a dire no e avrebbe dovuto prima parlarne con Demelza, forse, forse... C'erano troppi forse e quando le cose stanno così, è meglio rifiutare e seguire il proprio cuore ed istinto. "Mi sento onorato di tale proposta ma non ho fatto ciò che ho fatto per riceverne in cambio guadagno e fama. Amo la mia terra, come tutti, e ho solo cercato di difenderla. Ho una miniera da gestire che è l'eredità di mio padre, una moglie che amo e che ho lasciato fin troppo da sola, dei figli che adoro e che spesso non vedo per lunghi periodi e non posso e non voglio sottrarre loro altro tempo con me. Non voglio che per i miei bambini io diventi un estraneo. E di certo non lo voglio per me e mia moglie. Vi ringrazio ma sono sicuro che esistono tante altre persone più adatte di me per questo incarico. Persone giovani, senza responsabilità e legami, disposte a viaggiare in lungo e largo senza rimpianti. Non io, quel tempo per me è passato".

Wichman deglutì, forse colpito da quel rifiuto così repentino. "Non rinuncio così facilmente. Cosa posso offrirvi per farvi cambiare idea? State gettando una proposta che in pochi ricevono!".

"Lo so. Ma non posso fare altrimenti...".

Wichman scosse la testa. "Pensate bene a ciò che fate e dite. Prendetevi tempo...".

Ross sorrise, dolcemente. "Amo mia moglie, ho difeso questa terra per lei. E per i nostri figli... Presto diventerò di nuovo padre e per me conta solo questo, che i miei bambini possano giocare in spiaggia senza il pericolo che invasori stranieri facciano loro del male".

Wichman sospirò. "Moglie e figli sono importanti certi, ma non demordo tanto facilmente" – borbottò, alzandosi dalla sedia.

Ross gli porse il cappello. "Lo immagino...".

L'uomo si diresse verso la porta con in mente già i passi successivi per farlo cedere. "Per oggi non voglio rubarvi altro tempo, Poldark. Ma sappiate che tornerò".

"Lo immagino...".

Wichman fece per uscire, quando all'improvviso si bloccò. "E la ragazza?".

"Quale ragazza?" - chiese Ross.

"La giovane Tess, la piccola traditrice della patria che ora è nella prigione di Truro... Il cappio si avvicina pericolosamente per lei".

Ross impallidì. Tess era una persona infida e cattiva, ma soprattutto ignorante e non così intelligente da poter capire a cosa portassero le sue azioni. E l'ignoranza era una brutta bestia da sconfiggere. E chi ne era affetto doveva essere compatito e guidato, più che punito. "Vi chiedo indulgenza. E' giovane e sicuramente avrà imparato la lezione, se non a livello nozionistico, comunque grazie alla paura che starà vivendo in questi giorni".

Wichman lo guardò intensamente. "Ciò di cui si è macchiata, è un reato capitale".

"Lo so... Ma una ragazza analfabeta ed ignorante, che ne sa di queste cose?".

"Cosa proponete, Poldark?".

Ross ci pensò su. Voleva liberarsi di lei al più presto ma non gli andava di immaginarla appesa a una picca. Era un qualcosa di mostruoso contro cui si era sempre battuto e non avrebbe fatto eccezioni anche ora che si trattava di Tess. "Lavori socialmente utili. Per la comunità... Guardata a vista ma in una situazione dignitosa. Lontana da quì e da coloro che potrebbero fomentarla di nuovo contro il re".

Wichman annuì. "Ci penserò, se... E voi? Ci penserete?".

"A cosa?".

"Alla mia proposta!"

Ross sospirò, se non gli dava un contentino, avrebbero fatto sera e l'allusione di Wichman a Tess di fatto era una velata minaccia o comunque un tentativo di ricatto non certo celato. "Certo, ovviamente ci penserò. Ma non fatevi illusioni".

E così dicendo, strinse la mano a Wichman e lo congedò.

L'uomo se ne andò mestamente ma a passo spedito, il passo di un uomo potente che non era abituato ai no. Ma ora non aveva importanza, ora Ross non voleva pensare a nulla se non alla sua famiglia.

Ora doveva correre da Dwight!

Prese il suo cavallo e come un folle galoppò fino alla grande ed elegante residenza degli Enys.

Vi arrivò che il sole era già sorto del tutto, in una mattina priva di vento e piuttosto nebbiosa. Faceva freddo, un freddo pungente ma Ross non pareva sentirlo. Il cuore gli batteva forte all'idea di rivedere sua moglie e raccontargli la verità e anche se immaginava che ne sarebbe seguita una lite e che avrebbe dovuto dar fondo a tutte le sue risorse per farle capire quanto l'amasse, era certo che tutto sarebbe andato bene e che quella sera si sarebbe addormentato con lei fra le braccia, al caldo del camino nella loro stanza. E avrebbero riso ancora insieme, si sarebbero amati e avrebbero chiacchierato per ore di quanto successo in quegli strani, intensi e anche oscuri mesi.

Si avviò alla porta quando, nel giardino, vide Dwight che camminava con Horace che probabilmente aveva accompagnato fuori per i suoi bisogni.

Il medico spalancò gli occhi quando lo vide ma poi non ne seguì uno dei suoi caldi e accomodanti sorrisi. Rimase freddo, con gli occhi di ghiaccio, a guardarlo con incredulità. Poi si avvicinò di alcuni passi col cagnolino che lo seguiva impettito e piuttosto contrariato da quella interruzione della sua passeggiata. "Che ci fai quì?" - gli chiese, senza giri di parole.

Ross deglutì. Che non sarebbe stato accolto dal suo migliore amico a braccia aperte se l'aspettava, ma tutta quella freddezza e quel rancore, no. Doveva fare ammenda anche con lui dopo quando si erano detti nell'ultimo incontro, confessare il perché delle sue menzogne, raccontargli le sue gesta e sentire la sua ramanzina su quanto fosse stato sciocco ed avventato ma Ross sapeva che alla fine, come sempre, Dwight avrebbe capito e sarebbe stato dalla sua parte. "Sono venuto per Demelza e per i bambini, per portarli a casa".

Dwight continuò a guardarlo imperturbabile. "Pare che Tess sia sparita misteriosamente dalla circolazione. Per questo sei quì? Il tuo letto è tornato freddo?".

Tess? Santo cielo, doveva chiarire assolutamente quella situazione e l'incredibile malinteso che ne era seguito. Ma Dwight come poteva pensare...? "Tess? Posso giurarti che nulla di quella ragazza è mai stato di mio interesse. E che tutto ciò che ho fatto di strano in questi mesi ha una spiegazione".

"Che io non voglio sentire!" - lo bloccò Dwight.

"Per favore...".

Il medico assunse uno sguardo duro. "A tutto c'è un limite, Ross! Qualsiasi cosa tu abbia fatto e il perché, QUALSIASI, non ti da né il diritto di essere quì né quello di chiedere di Demelza! Un uomo che non sa proteggere la sua famiglia, non merita una famiglia!".

Ross si morse il labbro, la rabbia di Dwight e la sua delusione erano talmente evidenti da fargli male e non voleva che chiarire. Anche se guardandolo, cominciò a chiedersi se non avesse sbagliato, se avesse scelto la strada giusta e se davvero non fosse andato troppo oltre in quel gioco pericoloso. "Dwight, posso spiegarti! Tu hai ragione, ma ti assicuro che proteggere la mia famiglia è sempre stata la mia priorità!".

"Parole, Ross! Smentite dai fatti!".

"Dwight!".

Il medico gli indicò il cancello. "Hai fatto delle scelte, Ross. Ora segui la strada a cui ti hanno portato e lascia stare tutti noi che da quelle scelte siam stati feriti. Cerca la tua Tess, per la quale hai gettato via tua moglie e i tuoi bambini! Te la meriti una così, Demelza era troppo per te anche se lei ha sempre pensato il contrario".

Disperato, Ross lo prese per le braccia. "Dwight, ho bisogno di vedere Demelza e di spiegarvi tutto! Se solo mi lasciassi parlare...".

Dwight lo allontanò. "Sei arrivato troppo tardi, Demelza non è più quì e per fortuna ha messo le distanze fra voi prima che tu la uccidessi di dolore".

Ross spalancò gli occhi. Che voleva dire, Dwight? CHE VOLEVA DIRE??? Sentì la terra che gli sprofondava sotto i piedi e ogni certezza venir meno. Era davvero andato troppo oltre stavolta, pur con le migliori intenzioni? Demelza aveva issato in qualche modo bandiera bianca troppo schiacciata dal dolore? "Dwight, se questo è uno scherzo, sappi che non è divertente".

"Ti pare che stia scherzando?" - chiese il medico.

"Dwight, Demelza aspetta un bambino, non può essere andata via! Dimmi dov'è e chiariamoci prima che io impazzisca".

Dwight annuì, giocando con la punta del piede con un sassolino. "Un bambino, sì! Ed era talmente sconvolta e provata dalle tue azioni che non trovava la forza di andare avanti con la gravidanza e mi ha chiesto aiuto per interromperla".

Il cuore e la mente di Ross si riempirono di orrore. Pensò a lei, alla donna che amava e al dolore che doveva aver provato pensando che lui e Tess... che lui... Santo cielo, dopo Elizabeth forse Demelza, pur con tutta la forza di cui era dotata, non poteva farcela a reggere... Ancora una volta aveva compito lo stesso errore e aveva date per scontate cose che scontate non erano. Pensò a come una madre meravigliosa come Demelza potesse essere arrivata a una decisione tanto terribile e contraria a tutto ciò che lei era e a quel bimbo in arrivo, alla culla che aveva ridipinto a casa, alla gioia di diventare padre e all'orrore di essere stato, forse, la causa della fine di quella piccola e preziosa vita di cui non poteva che incolpare se stesso. "Dwight, dimmi che non lo ha fatto!" - urlò disperato, facendo sussultare il povero Horace mentre stringeva le spalle del medico.

Dwight scosse la testa. "No, lei è Demelza e non avrebbe mai potuto farlo e andare fino in fondo. Pur col cuore spezzato ha deciso di tenere il piccolo. Ma se n'è andata per non impazzire e io approvo la sua scelta".

Quella risposta servì ad acquietare per un attimo il suo animo in tumulto. "Dio, grazie, il bimbo è vivo... E lei dov'è? Se non è quì, dov'è?".

Dwight lo fissò nuovamente, gelido. "Non lo so. Lontano, suppongo, dove non rieschierà di incrociare di nuovo la tua strada o quella di Tess".

Non credeva a una parola. "DWIGHT, LEI DOV'E'???".

Ma Dwight rimase di ghiaccio. "Non lo so e anche se lo sapessi, non te lo direi. Demelza merita pace, i tuoi figli meritano pace! E di non incrociarti in giro con quella donnetta con cui li hai traditi! Ci hai traditi tutti e ora accettane le conseguenze! Avevi una famiglia meravigliosa e una donna unica che, da quel che so, ha saputo perdonarti cose che difficilmente una donna qualunque avrebbe perdonato!".

Ross impallidì. Cosa sapeva Dwight? Che cosa aveva raccontato Demelza? Elizabeth? Il suo amico conosceva qualcosa del suo errore con Elizabeth e di quello che poteva esserne scaturito? Santo cielo, odiava se stesso per aver fatto quella pazzia il maggio di alcuni anni prima e l'idea che Dwight sapesse e lo giudicasse lo atterriva. Era stato un uomo orribile e mai si sarebbe perdonato fino in fondo per quell'errore e il biasimo di Dwight sarebbe stato ancora più insopportabile. "A cosa... ti riferisci?".

"Lo sai meglio di me, senza che io te lo spieghi!".

Ross lo riprese per le spalle. "Dwight, dov'è Demelza?".

Il medico se lo scrollò di dosso, prendendo in braccio Horace e dirigendosi verso la porta. "Lontano! Ragion per cui non hai motivo di stare quì e sei invitato ad andartene e a non tornare".

"Dwight!" - gli corse dietro Ross.

Ma il suo vecchio amico non si voltò, raggiunse la porta e prima di sparire dietro ad essa, lo ammonì di nuovo. "Te lo ripeto, non sei più il benvenuto in questa casa! Cerca di non metterti nei guai, stammi alla larga e vivi la tua vita secondo le leggi e le regole che governano le nostre terre. Demelza mi ha chiesto di vegliare su di te prima di partire e io posso solo ammonirti sulle conseguenze di certe decisioni pericolose. Per il resto sei un uomo, hai fatto delle scelte e altre ne farai in futuro. Sta attento".

E poi Dwight sparì dietro alla porta e un domestico fu mandato fuori per accompagnarlo verso l'uscita del giardino.

Ross rimase lunghi minuti fuori dalla tenuta, ad urlare il nome del suo amico, con cuore e animo schiacciati dalla disperazione. Ma Dwight non uscì. E nemmeno Caroline o Demelza o i bambini. Non uscì nessuno...

E Ross si rese conto che aveva perso tutto e che l'amore della sua vita, i suoi figli e tutto il suo mondo erano scivolati lontano, non sapeva dove, in fuga da un uomo che tanto aveva sbagliato ma che per loro avrebbe dato la vita. Pensò a quei capelli rossi che tanto lo affascinavano di sua moglie, alla dolcezza della sua voce mentre cantava, al sorriso biricchino di Clowance e a quello più dolce di Jeremy. E a un bambino che forse mai avrebbe dormito nella culla che aveva ridipinto per lui.

E anche se non si sarebbe arreso alla loro perdita tanto facilmente e li avrebbe cercati fino in capo al mondo, in quel momento non poté fare a meno di piangere e di chiedersi cosa avrebbe fatto e di come, in un mondo tanto grande, avrebbe potuto trovarli.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77