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Autore: piccina    05/01/2020    2 recensioni
La settimana era stata intensa, il lunedì sarebbe arrivato presto con un appuntamento importante già alle 10 del mattino, Justin era venuto il we scorso e no, non era proprio il caso di volare anche questo fine settimana a NY.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La settimana era stata intensa, il lunedì sarebbe arrivato presto con un appuntamento importante già alle 10 del mattino, Justin era venuto il we scorso e no, non era proprio il caso di volare anche questo fine settimana a NY. Allora cosa diavolo ci faceva all’imbarco per la grande Mela? Lui neppure lo aspettava, era inteso che non sarebbero riusciti a vedersi tutti we e la sera prima si erano abbondantemente consolati con dell’ottimo sesso telefonico, ma tant’è sorbirsi la sfacchinata di arrivare in tarda serata del venerdì e ripartire nel pomeriggio di domenica gli era parso meglio che ammazzarsi di seghe pensando a quel dannato piccolo marito biondo.
Avrebbe dovuto immaginarlo eppure non l’aveva fatto. Justin non era a casa e da quel che vedeva non ci aveva neppure cenato. Stava per rassegnarsi ad aspettarlo, sperando di rimanere sveglio. Forse una doccia l’avrebbe aiutato a lavare via la stanchezza e la delusione di stringere l’asciugamano invece che il biondino. Proprio mentre si stava dirigendo al bagno qualcuno aveva suonato alla porta. Chi cazzo suonava a casa di suo marito a quell’ora? Aveva aperto in maniche di camicia e piedi nudi. La ragazzina ricciolina e minuta che si era trovato davanti l’aveva squadrato a bocca aperta senza aprir bocca. Poi aveva trovato fiato: “cercavo Justin …”
“A quest’ora? E tu chi saresti?”
Un pochino intimidita dal cipiglio dell’uomo che rimaneva sulla soglia riempiendo di sé tutto lo specchio della porta si era presentata. “Sono Nora, abito nell’appartamento a fianco, mi sono trasferita da due settimane. Poco dopo le venti il corriere ha lasciato un pacco per Justin, l’ho ritirato io, ho visto la luce accesa in sala e ho pensato che fosse rientrato” poi si era bloccata, perché stava dando tutte queste spiegazioni a ‘sto tizio e chi diavolo era?
Schiarendosi la voce aveva chiesto:” Scusi lei chi è? Justin è a casa?”
Finalmente l’uomo alto e moro si era scansato, le aveva sorriso e le aveva fatto cenno di accomodarsi. “Sono Brian, il marito di Justin, piacere di conoscerti Nora. Entra pure, lascia a me il pacchetto. Justin non c’è”
Le aveva preso l’involucro di mano e considerato che doveva trattarsi di pennelli nuovi, vista la dimensione, il peso e il rumore nello scuotere la scatola. Si era scusato ed era andato ad appoggiarla nello studio di Justin. Dalla porta aperta aveva visto la ragazzina sedersi sul divano rimanendo sulla punta del cuscino e posando le mani sulle cosce. Sembrava una scolaretta in attesa di parlare con il preside. Doveva essere parecchio giovane, aveva fatto una gentilezza a Justin e lui non era stato molto cortese. Era rientrato in sala sfoderando un sorriso alla Kinney.
“Grazie per aver ritirato il pacco, scusa l’accoglienza poco affabile, ma sono appena arrivato, sono stanco e speravo di trovare Justin a casa, invece nisba. Il rischio delle sorprese, del resto. Ti va qualcosa da bere? Io mi verso un whiskey, tu cosa gradisci?”
“Oh per me niente alcolici, grazie. Se avesse una limonata andrebbe bene, ma non voglio disturbare, vorrà mettersi comodo”
“Sono vecchio, ma non così tanto, puoi darmi del tu, eh? Ora vedo cosa tiene in frigo sunshine”
A sentir chiamare Justin in quel modo Nora aveva ridacchiato e si era distesa, le spalle finalmente rilassate lo dimostravano. Quindi era quello il fantomatico marito di Justin.
Dal frigorifero erano emerse una Pepsi e un succo d’arancia, si era sporto dal bacone della cucina che dava sulla zona giorno, una lattina in una mano e una nell’altra “Niente Limonata!”
“Allora la Pepsi, grazie mille”
Le aveva allungato lattina e bicchiere poi si era versato una generosa dose di liquore e si era accomodato su una poltrona davanti al divano.
“Sei una studentessa? Mi sembri un po’ più giovane di Justin”
“Studio veterinaria, ho appena iniziato il college, ho quasi diciannove anni” aveva risposto tutto d’un fiato.
“Come mai non vivi al campus?”
“Negli studentati non fanno tenere animali e io non potevo lasciare penny, il mio procione” si era affrettata a chiarire.
“Un procione?”
“Sì, l’ho trovata quattro anni fa mentre ero in campeggio, aveva perso la mamma, era piccola e ferita … i miei non pensavano che sarebbe sopravvissuta, ma io l’ho curata e sta benone. E’ merito suo se ho deciso di fare la veterinaria”
“E in questo condominio fanno tenere procioni?” aveva domandato stupefatto e atterrito.
La ragazza si era stretta nelle spalle imbarazzata “in realtà no, ma io posso … l’intero complesso è dei miei nonni. Credo che questo, comprato da voi, sia uno dei pochi appartamenti non in affitto”
“E chi diavolo sono i tuoi nonni? Rockefeller?”
“ehmm no, mio nonno è David Koch”
Era mancato poco che si strozzasse con il whiskey, quel pulcino riccioluto e timido era la nipote di uno degli uomini più ricchi d’America e lo diceva quasi vergognandosene.
“Quindi ho il piacere di conversare con la signorina Nora Koch?”
“Oh no, io sono Nora Deschamps, mio padre è francese. Un artista come Justin, solo che lui è uno scultore” 
“A proposito di Justin – aveva detto guardando l’orologio – chissà dov’è…”
“Mmm se non ha cambiato idea, io lo so. Voleva andare con un suo amico allo XO. Un locale aperto da poco, mi avevano invitato ad andare con loro, però ero stanca. Grazie per la Pepsi, ma è meglio che ora vada.” Si era alzata per congedarsi e lui l’aveva accompagnata alla porta. “Ancora grazie Nora e spero di rivederti. Buon riposo”
La ragazza, che viveva dirimpetto, stava infilando la chiave elettronica nella fessura che si era sentita chiedere: “Sai l’indirizzo dello XO? Così mi eviti di cercarlo su Google” le aveva domandato Brian facendo l’occhiolino. “Raggiunge … Raggiungi Justin?”
“L’idea è quella sì e se non lo trovo mi faccio una birra e torno a casa”
“L’aveva detto Jus che eri un gran figo” aveva sospirato dopo avergli dettato il recapito e chiuso la porta dietro di sé.
Ed eccolo lì, jeans stretti a strizzare quel meraviglioso culo, pullover di cotone a maglie larghe che gli cadeva impertinente sulle spalle e le immancabili sneakers ai piedi, era bellissimo, sembrava giovanissimo e stava ridendo scompostamente seduto su uno sgabello al bancone. Il viso un po’ arrossato dal caldo dell’ambiente e dalle risate, gli occhi luminosi e le labbra leggermente umide. Si era incantato a guardarlo, fino a quando il suo amico – chi cazzo era poi, questo non l’aveva mai visto – gli aveva messo un braccio sulle spalle avevano ripreso a ridere insieme.
“C’è un tizio che ti fissa”
Justin aveva fatto spallucce, era abituato ad essere guardato e gli piaceva anche, soprattutto se c’era Brian nei dintorni che faceva finta non gli importasse. Da quando si deciso ad arrendersi al fatto che lo amava, lo beccava spesso a fulminare con lo sguardo chi sembrava troppo interessato, ma Brian quella sera era a Pittsburgh e prima di una settimana non avrebbe avuto i suoi occhi su di sé e neppure le sue mani, se per quello. 
“Guarda anche me in un modo che non mi piace, spostiamoci va che non voglio guai stasera” John era balzato giù dallo sgabello e Justin si era voltato per seguirlo quando il cuore aveva perso un battito. Aveva lasciato l’amico impalato e si era lanciato fra le braccia dell’uomo inquietante che li stava scrutando fino a un momento prima. Gli era saltato addosso, le gambe strette alla sua vita e stava comprendo di baci il volto dello sconosciuto, che ora non sembrava più inquietante, ma allegro.
“Brian! Brian, non ci credo sei venuto. Come hai fatto a trovarmi?”
“Piano Sunshine, ho per caso interrotto qualcosa?” gli aveva chiesto con un tono leggermente sostenuto e mettendolo giù, nel dubbio gli aveva passato, con fare possessivo, un braccio sulle spalle.
“Eh sì” gli aveva risposto a tono il biondino.
“Ah sì?” aveva ribattuto con quella voce sottilmente affilata di quando è indeciso se gli devono girare i coglioni e nel dubbio si porta avanti.
“Certo, stavo chiacchierando con John, vieni te lo presento. Un nuovo acquisto della galleria, un texano forte bevitore e maestro con la china, dovresti vedere che lavori sta esponendo…” L’aveva preso per mano e trascinato davanti a un texano altamente stupefatto.
“John il tizio inquietante è mio marito Brian, mi ha fatto una sorpresa, ma tranquillo non morde”  
“Se non ce n’è bisogno” aveva sussurrato porgendo la mano e presentandosi.
Si erano seduti a un tavolino, un po’ distante dal centro del locale, dove la musica arrivava meno forte e si poteva parlare senza urlare. Avevano ordinato un altro giro e Justin si era allungato sul marito, gli aveva preso un lobo fra le labbra e sussurrato piano “è etero, sposato e simpatico, dagli una possibilità” poi gli aveva lasciato un morsino e si era girato sorridente verso l’amico che tornava dalla toilette.
  
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