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Autore: Indaco_    08/01/2020    2 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Usciti dal vialetto mano per mano, Sonic e Justin si diressero con una camminata sufficientemente veloce al parco cittadino lasciando dietro di loro il fragore delle auto e l’aria pesante del traffico. Justin, a pranzo, con mille tentennamenti gli aveva chiesto timidamente se quel pomeriggio potevano andare a correre assieme. Al blu gli si era stretto il cuore dalla gioia e, senza ombra di dubbio, aveva annuito cercando di contenere la felicità che lo aveva invaso. Amy gli aveva stretto la mano da sotto la tavola, sorridendo complice in quella specie di gioco meraviglioso. Ed ora, in quel scintillante sole pomeridiano, i due erano pronti a far guizzare i muscoli a velocità decisamente innaturale. Il vialetto di ghiaia bianca e polverosa sembrava non aspettare altro che le falcate ultra rapide dei due, chiamandoli verso un rettilineo che si dilungava per chilometri.
< Bene Justin, stammi vicino e mi raccomando: la riva del fiume non guardarla nemmeno. Come al solito se perdi l’orientamento dammi la mano ok? > raccomandò l’adulto mettendosi in posizione, Justin annuì eccitato e dopo qualche rapido saltello imitò l’adulto aspettando trepidante il suo “via”. Nemmeno mezzo secondo dopo, si trovarono a correre a perdifiato lungo la pista improvvisata, scartando le persone all’ultimo secondo. L’aria fresca sferzava le loro guancie come una carezza gentile ma stizzita. Il parco era gremito di persone e bambini: palloni volavano, frisbee tagliavano traiettorie e asciugamani colorati tappezzavano il prato erboso. Un lieve e persistente cicaleccio costituito da risate e grida allegre dava l’impressione che tutto fosse calmo e tranquillo, tranquillità che veniva sradicata quando i due blu passavano a velocità folle nella stradicciola principale causando una ventata che spostava palloni e innalzava asciugamani. Il piccino, ancora intrappolato per via dell’età ad una velocità molto inferiore a quella del padre, stava praticamente planando sulla stradina tanto era veloce. E ovviamente Sonic non ne poteva esserne che orgoglioso, spronandolo quando vedeva che cominciava a rallentare.
Il percorso leggermente in salita, però, iniziò a logorare più velocemente il piccino, che dopo qualche piccola ripresa diede segni di cedimento. Il blu, costretto a trattenere le energie per potergli fare da guida, lo raccolse tra le braccia al volo, sistemandolo al meglio e tenendolo ben saldo. Justin si aggrappò saldamente al suo collo, stupendosi di quella corsa che sembrava non volersi fermare. La sua perplessità venne colmata quando il blu liberò le gambe da quella, come la considerava lui, “corsetta”. L’accellerone bastò a riempire di aria le guancie del bambino che si trasformarono in due piccoli palloncini blu. I colori si fusero: uniti dalla luce del sole e dall’aria che ne modificava i contorni apparve un bistratto arcobaleno su cui il riccio sembrava scivolare con l’agilità di gatto. Stringendo più forte il collo dell’adulto, emise una piccola risata divertita sperando di diventare veloce come lui per poter vivere quel fantastico caleidoscopio quando voleva. Sonic, nel vedere il piccino affascinato da quella velocità e sentire la risata divertita che scaturì dal suo petto, non riuscì a non stringerlo a sé con ancor più affetto.
Si fermò un paio di chilometri più tardi, rallentando gradualmente per non provocare giramenti di testa al bambino. Justin saltò a terra con agilità e tenendo ben stretta la mano dell’adulto si guardò attorno con curiosità. Si trovavano in una piccola raduna, in cui vari tavolini di legno erano stati sparpagliati all’ombra delle giovani latifoglie in lotta tra loro per accapparrarsi una striscia di luce.
< Bene Jus, che dici di riposarci un attimo? > Propose il blu controllando scrupolosamente che il piccolo stesse bene. Justin, con un lieve fiatone, sorrise divertito ed annuì e, mollando l’ancora, guizzò ad ispezionare i tavolini. Scelse quello più vicino ad una quercia dotata di bassi rami su cui avrebbe potuto agilmente salire e improvvisare una scalata. Sonic lo seguì non staccando nemmeno per un secondo gli occhi dal piccolo, il quale lo precedeva mirando già all’albero. I due si sedettero vicino, fianco a fianco. Padre e figlio rimasero per qualche attimo ad osservare quel luogo pieno di pace. Gli accordi di una chitarra classica intenta a strimpellare una vecchia canzone arrivò lontanissima alle loro orecchie, facendogli apprezzare ancor di più quel luogo meraviglioso.
< Sei stato bravo Justin, in quella folla ti sei destreggiato alla perfezione > esclamò con sincera meraviglia il blu, appoggiando il mento sulle mani incrociate di fronte a sé. Il piccolo sorrise concentrando completamente l’attenzione sull’adulto,
< è stato facile! Ma la parte che mi è piaciuta di più è stato quando mi hai preso in braccio! Sembrava che fossimo su una navetta spaziale! > esclamò entusiasta alzandosi in piedi sulla panchina. Sonic sorrise e gli scompigliò con tenerezza gli aculei,
< ti porterò a correre più spesso allora. Sempre se a tua mamma vada bene > sottolineò accuratamente riallacciandogli una scarpina. Justin sorrise lievemente e sollevò il piede per facilitare l’adulto in quel compito che lui non riusciva ancora a svolgere.
< Sonic > mormorò in quel frangente richiamando l’attenzione dell’adulto, tutto preso dalla scarpina slacciata. I lacci bianchi avevano raccolto alcuni piccoli semi spinosi ingarbugliando tessuto e semi in un nodo spaventoso.
< Mmmh? >  rispose brevemente il blu mentre, con la pazienza di un santo, toglieva seme per seme dalle snikers del figlioletto. Il vento parve acquetarsi, lasciando solamente frusciare i fiori sparsi nelle aiuolette.
Il piccino tentennò, portando le mani sulle spalle del ragazzo per riacquistare il fragile equilibrio.
< Cosa succederà adesso? > continuò con voce sottile e con un tono molto discreto per un bambino di quattro anni. Quelle parole, sussurrate letteralmente all’orecchio, fecero salire la pelle d’oca al riccio. L’adulto sentì l’agitazione crescergli nel petto, mentre tentava di venire a capo di quella frase misteriosa.
Come poteva sapere della causa? Forse lui e Amy ne avevano parlato con lui nelle vicinanze? Con il terrore che potesse sapere qualcosa di quell’argomento, nervosamente, tolse altri semi, pungendosi le dita con i sottili uncini di cui erano dotati.
Un sorriso poco sincero gli si stampò sulle labbra per temporeggiare alcuni attimi.  Cercando di rimanere impassibile scavò nel discorso con abilità,
< riguardo a cosa? > continuò lui concludendo l’opera di pulizia e apprestandosi a fare un bel nodo. Justin sorrise lievemente, osservando con curiosità i capogiri che l’adulto faceva fare ai lacci per formare due nodi robusti e inscioglibili.
< Ho visto tu e la mamma che vi baciavate prima > sputò fuori con incredibile calma il bambino.
Il sorriso timido, il tono di voce fresco ed innocente del piccino e soprattutto la facilità e la scioltezza con cui aveva affermato ciò, lasciò il riccio senza fiato. Sonic si irrigidì stringendo tra le dita i lacci grigi con cui aveva giocherellato fin due minuti prima. Arrossendo come un peperone e con il cuore che batteva come un mitragliatore, si chiese subito come era potuta accadere una simile distrazione. Ovviamente, presi dal momento, avevano badato poco a quello che regnava attorno a loro, rassicurati anche dal rumore dell’acqua proveniente dal bagno. Ma Justin non era così invisibile, come avevano potuto non notarlo?
Non sapendo come reagire opportunamente a quell’affermazione, il blu respirò a fondo cercando di capire cosa provasse il piccino di fronte a quel gesto d’affetto avvenuto tra lui e la rosa.
< C-come … ci hai spiato? > lo interrogò imbarazzatissimo e nervoso come non mai. Sollevò il viso e lo guardò fisso negli occhi, con il timore di leggere delusione o rabbia o qualsiasi altro sentimento negativo nei suoi confronti. Cogliendolo di sorpresa, si accorse che il piccolo era più sereno di lui, anzi, quasi gioioso addirittura.
Stava trattenendo un sorriso enorme e lo sguardo così rilassato gli fece capire che era tutt’altro che arrabbiato od offeso.
< Sono entrato in cucina e vi ho visto, ma non volevo disturbarvi così sono tornato in bagno > spiegò tutto d’un fiato liberando il piede dalle mani del blu. Le scarpine allacciate significavano nuove corse senza impedimenti. Ammirando per un attimo il lavoro compiuto ai lacci, Justin sorrise e saltò giù dal tavolino con agilità. Sonic, imbambolato da quella confessione, non riusciva a trovare nulla di intelligente da dire.
Insomma era una grossa sorpresa e non sapeva, dal punto di vista psicologico, cosa potesse dire per calmarlo, visto che era già calmissimo, o per fargli chiarezza, visto che sembrava capire molto meglio di lui cosa stava accadendo. Rizzando la schiena e sistemandosi i capelli nervoso, balbettò più cose incoerenti che utili.
< B-bhe, non era nulla di che, cioè, sì, è stato bello, ma non comporterà nulla! Perciò non preoccuparti, anzi, scusami, posso capire che tu la senta in particolar modo “tua” ma non voglio … >
< vi sposerete? > lo interruppe con un sorriso ancor più grande il bambino, battendo le manine con gioia. L’adulto si infiammò diventando viola dall’imbarazzo, sentì letteralmente lo stomaco chiudersi e capovolgersi come una palla di gomma. Le mani strinsero il bordo del tavolo in modo così convulsivo da sfibrare alcuni pezzi, che caddero a terra inficcandosi nel terreno soffice di foglie.
< No, certo che no! Non bastano due baci e qualche parola per sposarsi Jus > rispose con tono acceso, sentendosi completamente a disagio.  Si alzò in piedi di scatto e si pulì i pantaloni alla meglio con il cuore che gli batteva praticamente in gola e le guancie cremisi.
Justin lo guardava preoccupato, temeva di averlo offeso con quella semplice domanda, ma d’altronde, in tutti i film che aveva visto, dopo qualche bacio scattava il matrimonio, un rituale che aveva riflesso anche in quella situazione.
< Ti sei arrabbiato?  > mormorò con un filo di voce agganciando la manina su quella del ragazzo,
< non l’ho fatto apposta. Vi ho visti per sbaglio > mugolò cercando di attirare la completa attenzione del blu. Sonic osservò il piccino e sospirò lievemente, scrollò le spalle lasciando cadere ansia e indecisione: ormai il piccolo aveva visto, punto e stop e non sembrava nemmeno arrabbiato di ciò! D’altronde non avevano fatto nulla di che.
La prossima volta avrebbero dovuto stare molto più attenti.  Sorridendo più rilassato lo raccolse tra le braccia e lo strinse a sé.
< no tesoro, non sono arrabbiato. D’altronde era solo un … segno d’affetto > rispose sicuro di sé, caricandoselo sopra le spalle con facilità. Justin urlacchiò di felicità, aggrappandosi al collo dell’adulto per mantenere un certo equilibrio. Appoggiando il mento sulla testa dell’adulto, il piccolo giocherellò con le orecchie del malcapitato, piegandole come un orsetto di gomma.
< Però sei stato coraggioso. Baciare una femmina è così … romantico > continuò disgustato stringendo i triangoli blu saldati sull’adulto. Sonic rise per quella affermazione, continuando a camminare lentamente per mantenere l’equilibrio del piccino.
< Anch’io alla tua età lo pensavo, mi chiedevo sempre cosa ci trovassero di divertente gli adulti nel baciare una ragazza > rispose ricordando perfettamente quanto odiasse i film romantici e le soap opera d’amore. Justin annuì con vigore per poi iniziare a giocherellare con gli aculei dell’adulto che intrecciava più e più volte attorno alle dita.
< Io non bacerò mai una femmina, sono fastidiose e fanno un sacco di capricci per niente > borbottò il piccino scuotendo vigorosamente la testa. Quella frase scatenò le risate dell’adulto data l’assurdità di quell’ innocentissima affermazione, 
< vedremo tra dieci anni > gli rispose di rimando asciugandosi una lacrimuccia con un dito.
Il bambino rimase in silenzio per qualche minuto, guardando le giostrine piene di coetanei che urlavano e giocavano, sorvegliati dalle madri intente a badare ai più piccoli non ancora in grado di camminare.
< Sonic? Toglimi una curiosità: come si fanno i bambini? > domandò con innocenza notando la valanga di passeggini e la valanga di neonati urlanti a ridosso di un gruppo di ragazze. L’interpellato, colto alla sprovvista, arrossì e fu preso dal panico. Che lui ricordasse, quella domanda gliela aveva posta a Dylan attorno ai dieci anni quasi per caso. Non era troppo piccolo per quelle domande pesantissime?
< A- a dirti la verità non lo so nemmeno io > esclamò troppo acuto per venir preso sul serio. Il piccolo non si scompose e sembrò non notare quella bugia di dimensioni colossali.
Anzi, con innocenza doppia, rivangò il discorso con un mezzo sorriso imbarazzato
< è per questo che non hai figli? Non sai come si fanno? > continuò con dolcezza privo di qualsiasi pelo sulla lingua. Dalla padella alla brace, Sonic sentì gambe e polmoni bloccarsi di colpo, il cervello a k.o. non ordinò di inspirare ai bronchi, troppo preso nel significato di quel collegamento semplice e ovvio. E poi, in quel momento, con un figlio non suo sulle spalle e una ragazza a casa con cui era un casino anche semplicemente chiarire, era particolarmente tosta. Anche perché Justin avrebbe potuto riportare quanto sentito. Sorrise obbligato e si scrollò quella domanda puntigliosa dalle spalle come un cane che si scrolla l’acqua di dosso.
< Esattamente > rispose semplicemente declinando qualsiasi possibile spiegazione. Justin emise un “oh” di meraviglia, dispiaciuto per quel ragazzo per cui provava un affetto particolare. Ripensò per qualche secondo alla questione, cercando una soluzione semplice per quelli che erano i suoi quattro anni. Un’idea gli passò tra i pensieri come una saetta. Sobbalzando per la magnifica intuizione, gliela propose al riccio senza tanti giri di parole stritolando le orecchie blu ancora tra le sue dita.
< Sonic! La mamma ha fatto me! Significa che lei sa come si fanno! Perché non gli chiedi? Lei potrebbe insegnarti! > esclamò gioioso sperando di essere realmente d’aiuto. Come risposta, dopo qualche attimo di silenzio, ottenne una risata allegra e contagiosa che fece sgorgare un paio di lacrime al riccio. Asciugandosi gli occhi con il polso, il blu non riuscì a fermare le risate che lo fiaccarono come una di quelle corse perdifiato. Smise solo dopo aver buttato fuori l’ultimo soffio di aria contenuto nei polmoni.
< H-hai ragione Jus, è una bella idea > borbottò sistemandosi gli aculei caduti sulle spalle. Il riccetto blu sorrise soddisfatto ma pian piano, come accorgendosi di qualcosa che non andava, spense quel sorriso gioioso  trasformandolo in una riga orizzontale.
Ripensando all’intera questione era giunto anche ad una eventualità che non aveva subito considerato: se Sonic avesse avuto un bebè, per lui non ci sarebbe stato più spazio, d'altronde, con un bambino suo, che se ne faceva di un altro? Per giunta estraneo?. Il magone più cupo scese nel piccolo ma grande cuore di Justin, facendolo imbronciare tristemente. Continuando la camminata e non sentendo più domande, per Sonic fu naturale come respirare accertarsi che il piccolo stesse bene. Temeva che il piccino ripensasse, a causa di quelle domande, a Jason, l’unico motivo che lo buttava giù di morale.
< Jus?  Tutto ok? > lo spronò allegro l’adulto. Il riccetto, interpellato a dovere, saltò al dunque con un battito di ciglia, necessitava di sapere o meglio, necessitava di avere quel ragazzo nella sua vita. Il suo volergli bene e quella sensazione di protezione che solo lui gli faceva sentire era qualcosa di nuovo per il bambino.
< Sonic? Tu vorresti un bambino? >domandò a bruciapelo al ragazzo che in quel momento stava facendo da portantina. Quella domanda era una trappola, Sonic era sicuro che se quella domanda significasse molto di più di quello che poteva sembrare. Aveva la netta sensazione che quel quesito contenesse riferimenti a lui e alla riccia. Tenendo ben saldo il bambino sopra di sé pensò ad una risposta sincera che potesse andare bene per le varie interpretazione che si poteva dare a quella generica domanda. Impiegò qualche attimo per formulare una frase semplice e chiara, ma dopo essersi arrovellato la verità sgusciò fuori dalla sue labbra come una biglia.
< Si Jus, mi piacerebbe molto un piccolo. Che sia mio o no, non mi interessa. > concluse brevemente rendendosi conto di aver superato molte linee con quelle semplici parole.  
Justin sorrise e chiuse il discorso. La risposta aveva calmato parzialmente i suoi dubbi, sperava di aver capito bene e soprattutto sperava che quelle parole avessero incluso anche lui.
Il blu, non sentendo obiezioni, decise di cambiare discorso prima che il piccolo potesse fare altre domande scomode. Tirandolo giù dalle spalle con delicatezza, lo portò a terra afferrandogli la mano per non rischiare di perderlo in mezzo alla calca.
Lungo quel tratto di strada, un musicista vestito in modo sportivo stava dando prova di sé con complicati accordi e gradevoli canzonette, facendo radunare un sacco di gente. Padre e figlio lanciarono una veloce occhiata per poi allontanarsi da tutto quel caos e quella confusione, entrambi non sopportavano troppo casino. Continuando il loro percorso, Sonic osservò il piccino pensando ad un modo per poter raccogliere un po’ di preziose informazioni. Dentro di sé sapeva benissimo che non era lecito sfruttare il piccolo per verificare quello che la rosa gli aveva confessato, ma la preoccupazione gli fece velocemente sparire i sensi di colpa.
< Cosa avete fatto di bello, tu e la mamma questa mattina? > chiese con assoluta innocenza il riccio, guardandosi attorno e fingendo una normalità che non c’era. Justin s’incupì un poco, dando l’impressione a Sonic che ricordare quella mattina non era una bella cosa.
< E’ stata noiosa, quando siamo andati in quel palazzo di vetro siamo stati in silenzio e fermi per cinque minuti. Per fortuna poi sono uscito e sono andato dalle donne che c’erano lì dentro, hanno continuato a darmi cioccolatini di ogni tipo! > esclamò soddisfatto gioendo un pelino al ricordo delle caramelle rosa e dei dolci  vari. Sonic non rispose subito, assimilò le sue parole iniziando a rimuginarle dentro di sé con attenzione: dopo averlo visto l’avvocato l’aveva spedito fuori senza la madre. Ovviamente era facile capire il perché, certe cose il piccino era meglio che non le sapesse. E non gli importava molto sapere cosa la volpe avesse detto alla madre, Amy avrebbe sviscerato tutto non appena tornati a casa.
Era l’altro aspetto che gli premeva di più, la ragazza era stata davvero così male da dover andare in quell’ambulatorio?
< Oh già, la mamma me l’ha raccontato e mi ha detto anche che quando sei sceso dalla sedia ha dovuto lavarti da tanto eri appiccicoso > gli rispose con dolcezza passandogli una mano tra gli aculei irti e fittissimi. Il bambino sorrise e annuì orgogliosissimo di quel personale record che aveva fatto ridere l’ignaro padre.
< E … poi? Spero che non ti abbia portato a mangiare il gelato! Dopo tutti quegli zuccheri rischi di prenderti il diabete come minimo > continuò lui porgendo particolare attenzione alle famigerate parole che stava per pronunciare.
< Purtroppo no, siamo tornati a casa … >
< A casa?! > lo interrupe dirimpetto voltandosi verso il riccetto quasi per testare l’autenticità di quella affermazione.
Quel tassello, mancante nella descrizione che Amy gli aveva fornito, lo stupì parecchio, tanto che Justin approfondì quell’aspetto per placare la curiosità del blu.
< Sì ma non per molto, siamo ripartiti subito dopo e siamo andati all’ombu …. embo … > tentennò sforzandosi al massimo per ricordare il nome esatto del luogo che la madre aveva ripetuto almeno una decina di volte.
< All’ambulatorio? > lo aiutò l’adulto che stava tracannando ogni singola lettera e virgola che il piccino emetteva. Il piccolo annuì ondeggiando gli aculei e riprese con più vigore,
< è stato lunghissimo, la mamma ha iniziato a compilare un sacco di cartacce ed inoltre non si poteva correre ne saltare … ero così stanco! > si lamentò con foga sapendo che Sonic capiva cosa significava rimanere fermi  per più di un’ora.  
L’adulto sorrise comprendendo appieno quell’angoscia da immobilismo forzato, ma non riusciva a chiedersi che razza di carte la rosa aveva compilato se era stata male. Per non destare sospetti concluse l’interrogatorio: aveva abbastanza informazioni su cui riflettere e poi, nel caso Justin avesse elencato per filo e per segno quella conversazione alla rosa, non avrebbe dimostrato una curiosità eccessiva. Tenendosi per sé il milione di domande che gli ronzavano nella testa, propose al piccolo un’altra corsetta. 

Spazio autrice:
Sono leggermente in ritardo ma spero che ne valga la pena e che questo capitolo, nonostate sia piuttosto lungo, sia anche abbastanza leggero. Come sempre, se doveste trovare errori o avete consigli per alleggerire il testo, vi chiedo di segnalarli, anche privatamente se volete.
Detto ciò vi auguro un buon anno nuovo!
Baci!
Indaco
  
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