Libri > Mitologia greca
Ricorda la storia  |      
Autore: MoeniaDea    13/01/2020    1 recensioni
Vi è una terza Medusa, che ama la sua condanna e la usa per amare. Ma è davvero amore quello che prova e fa provare ai suoi molti amanti? In mezzo a molte statue, nella sua veste sanguigna, Medusa canta dell'amore, prima di suicidarsi anch'essa.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Medusa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Tre Meduse'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Canto d’amore di una terza Medusa suicida
 
Le luci si illuminano su un palco abitato da statue. Medusa è a lato, con gli occhi scoperti ed i capelli sciolti, seduta su un triclinio sostenuto da corpi pietrificati ed inginocchiati. Sullo sfondo scorrono immagini di scene sessuali ed erotiche. Poi silenzio. Le immagini spariscono, Medusa si alza e inizia a camminare. Lei veste un abito rosso sangue, attorno ai polsi porta delle bende sanguinate. Accarezza e bacia le statue, avvicinandosi a quella di un giovane.
 
O miei amanti, chi mai può avervi fatto questo? Chi mai può avervi privati della vita quando il fuoco della passione vi bruciava le carni?
Che domande: io e io sola! Medusa!
Tu, giovane Callisto, sei stato il primo. Che onore! Hai sperato che con la tua bellezza, talmente abbagliante da essere il tuo nome, potessi spezzare la mia maledizione. Mi vedesti da lontano, quando il mio sguardo era altrove, e ti innamorasti di me. Ed io giocai!
Eri un bambino, cos’altro ti aspetti di fare con dei bambini? Una benda mi copriva e gli occhi, un velo i capelli. Tu insistevi per vedermi totalmente nuda quando giacevi con me, ma io te lo impedivo. Ed eri pure bravo! Ma, ad un certo punto, la tua insistenza mi stancò: mi levai la benda, ed iniziai così il mio statuario d’amore.
Avevi fatto troppa confidenza nell’esser uomo, e nelle regole della civiltà umana tua. Ora sei pietra, e pure più brutto. Non mi dispiace neanche un po’.
 
Medusa si avvicina alla statua di una donna dai capelli raccolti con in capo una corona d’alloro.
 
Clio, mia musa. Ormai solo mia! I poeti non potranno più pregarti nei loro poemi. Non ti bastava l’amore di Pierus e di tuo figlio Giacinto: volevi il mio.
Quanti baci, sotto agli ulivi. Ogni bacio era come vedere scene del passato: guerre, vittorie, sconfitte, generazioni di re ed eroi che si susseguono. Come eri passionale. Anche tu, come Callisto, divenisti curiosa e desiderasti che il tuo amore fosse consumato non solo dai baci ma anche dagli sguardi.
Quando, a tradimento, mi slegasti la benda, capisti perché fino ad allora non ti avevo concesso i miei occhi. Il tuo volto non è quello dello stupore, no. Chiunque, anche il più semplice degli umani, capirebbe che sei sconvolta: sotto alle bende c’era il mio sguardo malvagio. Attendevo con ansia quel momento: perché ucciderti se potevi farlo da sola?
Ora le Muse sono sei, ben gli sta ad Atena. Diciamo che è il mio modo di ringraziarla.
Sì, grazie Pallade Atena: la tua punizione per me è diventato un dono. Mi avrai privato di parte della bellezza, ma l’aria di mistero attorno a me è mille volte più attraente.
Sapete quali parole avevano pronunciato, sia Callisto che Clio, prima di morire? “Ti amo”. Illusi! Io mi stavo solo divertendo. Quelle due parole mi fanno perdere ogni interesse e passione, perché se le hanno dette a me significa che le hanno dette e le diranno ad altri. Io voglio che tutto l’amore di cui sono dotati dalla nascita vada solo ed unicamente a me!
 
Medusa ritorna al centro della scena.
 
O l’amore! Amore! Un nobile sentimento, vero?
Cosa c’è di nobile nel consumarsi carni e spirito, nel dannarsi le notti e le giornate, nel trasformare il fiato in sospiri ricchi di malinconia? Ve lo dico io: niente.
Eppure è meraviglioso circondarsene. Quando l’amore permea ogni fibra dei miei amanti, sento il bisogno di immortalare il momento… con un mio sguardo.
Appena conquisto uno di loro, iniziano a bruciare di passione per me. Vedo riflesse nei loro occhi quelle fiamme così piene di vita che le condannano. E quando, pieni d’amore, vengono da me a sussurrare quelle due parole, allora il mio interesse sparisce, perché ormai ho ottenuto ciò che voglio.
Ma ve lo chiedo lo stesso: amatemi, amatemi! Donatemi tutto il vostro amore, che sia passato, presente e futuro!
 
Medusa si sdraia sul triclinio, inizia a bere vino da un calice.
 
Ora voi mi chiederete: perché lo fai?
Perché l’amore è un veleno, e come uccidono molti magnifici serpenti? Sono stata condannata con questo potere, non posso più avere una vita normale: ormai carne da macello per eroi, posso vendicarmi sui pupilli dell’Olimpo.
Come seduco io neanche Afrodite ne sarebbe capace. Atena voleva rendermi indesiderabile, ma ha prodotto solo l’effetto contrario. Voleva negarmi la bellezza, ed invece ne sono circondata ora. Non mi stupisco di certo delle azioni di una vergine!
Lei dall’Olimpo ha assistito inerte al consumarsi di molti amori, e ha voluto rimediare al suo errore nella maniera di tutti gli dei: mandando eroi sacrificabili a tentare di uccidermi. Eppure non ci è riuscita.
 
Dei fari illuminano un gruppo di statue maschili nell’angolo. Sono tutti giovani in armatura.
 
Ogni singolo mortale si è innamorato di me. Mi è bastato davvero poco: il volto velato, così misterioso, e qualche carezza per averli ai miei piedi.
Diciamocelo, dovrebbero pensarci due volte prima di mandare dei ragazzini in queste imprese folli: con tutti quegli ormoni, i loro desideri cambiano subito.
Ammetto che qualche uno m’ha resistito, ma gli è bastato vedere la possente vitalità rimasta di qualche altro eroe, oltre che l’arco di Eros, e subito sperano nello stesso miracolo di Pigmalione. Sono divertenti da vedere, ma dopo un po’ i loro pianti diventano fastidiosi. Ed è così che vengono pietrificati ancora abbracciati ai loro freddi amanti.
Molte giovani fanciulle, invece, vengono qui sperando che possa liberare dal sortilego i loro eroi promessi in matrimonio: tutto inutile, il mio potere è irreversibile.
Loro piangono, ed io inizio a consolarle; il loro desiderio d’amore diventa una sete infinita, ed appena incontrano le mie labbra per loro è finita. Iniziano a bruciare d’amore per me, e al massimo momento del loro splendore… PIETRA!
 
Medusa si alza, inizia a camminare tra le statue ma continuando a sorseggiare il vino.
 
Io sono stupita della facilità con cui gli umani si innamorano. Secondo un filosofo, quello con sempre la testa nel suo mondo delle idee per intenderci, essi sarebbero stati divisi da Zeus alle origini del mondo: da androgini, esseri perfetti, ad umani incompleti.
Ma io, quando divenni così, sono abbastanza sicura che la mia metà si trasformò in un’insignificante biscia.
Eppure loro continuano indisturbati ad innamorarsi: questa cieca caccia al completarsi lì porta ad aprirsi, sperando di ritrovare il pezzo mancante. Procedono per tentativi, e soffrono ad ogni fallimento. Non che mi sorprenda, la stupidità umana è quasi proverbiale.
Ognuna di queste statue ha dietro di sé una storia: c’è Euthasia, giovane amante di un eroe come molti altri, ma dagli occhi profondi come la notte; e c’è Kyros, che si è mosso dall’Oriente in cerca di fama, e condannato dal fragile equilibrio della sua volontà.
Ecco Alypos: giovane talento della scultura, si innamorò di me e volle ritrarmi. Io mi rifiutavo, ma lui insisteva. Cercò addirittura di violarmi, nonostante non avesse neanche la metà della virilità di Poseidone. Alla fine fu lui a divenire statua.
Poi c’è Sophia, una giovane che scappò dal suo villaggio rifiutando un matrimonio. Lei trovo rifugio nella mia grotta senza saperlo, ed io la consolai per tutta la notte, dandole una visione di cosa significava amare. Mi amò fino all’alba, quando il sole illuminò la sua pelle ormai fredda.
 
Medusa si appoggia alla statua di una giovane con la schiena inarcata e il volto colto nell’istante dell’orgasmo.
 
Infine c’è lei, il più prezioso dei miei trofei: Menodora. Lei era una cacciatrice di Artemide, una delle sue ancelle, offerta ancora giovane alla dea e poi resa immortale al compiersi dei suoi 16 anni. Guardate il suo corpo! Così bello e puro. Il seno ancora acerbo che cresce, e questa bellezza congelata prima di sbocciare completamente, come un fiore nato troppo presto in primavera.
Appena si innamorò di me, fu chiaro che avrebbe rotto il suo voto di castità. Entrò in questa grotta quando avevo solo una benda a coprirmi gli occhi, e, bruciando di passione, mi baciò. Una scossa mi percorse tutta, e iniziai a ricambiare quel fuoco. Per la prima volta, non riuscivo a fare a meno di quel piacere dato da un’innamorata.
Le nostre dita esplorarono i nostri corpi togliendo ogni veste che incontrava, e finimmo sul mio giaciglio nude, a fare l’amore come solo due spiriti liberi sono capaci. Ogni suo tocco, ogni sua carezza, era un’esplosione di piacere. La sua bocca era fuoco puro su ogni centimetro della mia pelle, fino alla mia più intima parte dove diventava un incendio. Nel pieno della foga, quando era su di me e ci toccavamo a vicenda con le nostre intimità, il nodo della benda si sciolse, e lei divenne pietra nel pieno dell’orgasmo. Eppure la sete di piacere era tale che non riuscivo a staccarmi: la desideravo. Quel desiderio mi bruciò fino a quando ogni traccia di calore sparì dalla pietra.
 
Medusa si stacca dalla statua, e inizia a snodarsi le bende avvicinandosi al pubblico.
 
Voi probabilmente state pensando che io debba fermarmi. Non mietere altre vittime. In realtà, state solo sperando che il numero delle mie “vittime” non aumenti fino a quando Perseo non mi taglierà la testa.
Conosco la storia. Fino alla nausea.
Ed è per questo che mi sono portata avanti. Nessun umano, ignorante di cosa sia l’amore, avrà la mia persona.
 
Medusa si toglie le bende insanguinate, lasciandole cadere ai suoi piedi.
 
Ringrazio voi tutti per avere ascoltato il mio canto d’amore. È arrivato il momento di calare il sipario su di me, Medusa, in ogni mia forma.
 
Medusa entra nella vasca (ancora vestita). Sullo sfondo viene proiettata l’ombra di Perseo che arriva volando. Tutto si spegne, fatta eccezione della luce sulla statua di Menodora: il suo viso viene proiettato sullo sfondo, e si vede dai suoi occhi scendere delle lacrime.


Nota dell'Autore/Autrice:
Eccoci qua! Non è stato per niente facile lavorare a questa Medusa. Un grazie immenso a Frizzina per avermi dato l'idea, oltre che sopportato come sempre (datele un premio). Grazie anche a Martina (non ha EFP ahimè), che grazie a lei ho avuto un po' più di determinazione a pubblicare questi monologhi. Questa è l'ultima Medusa che scrivo, e probabilmente anche l'ultimo monologo da cui ai prossimi mesi. Per citare Jack Skellington (o Skeletron): ho delle ideuzze da restarci secco lì.
Spero davvero vi sia piaciuta questo terzo monologo,
MoeniaDea

Per i meno avezzi alla mitologia, una piccola nota: il Pigmalione a cui fa riferimento Medusa è un mitico re di Cipro che amò una statua di Afrodite, e la dea la rese umana. Pigmalione la chiamò Galatea e da lei ebbe il figlio Pafo.
Menadora invece, tradotto dal greco, vuol dire "dono alla Luna", ecco perché Artemide.
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Mitologia greca / Vai alla pagina dell'autore: MoeniaDea