Capitolo 27
La presenza di Victor era per Milo qualcosa di estremamente molesto.
Nonostante i vani tentativi di Walt di mettere pace, l’abitacolo dell’automobile non era abbastanza capiente per contenere l’aura di ostilità che entrambi emanavano.
Lucas, in totale imbarazzo, abbozzava timidi tentativi di intromettersi nella discussione, che veniva puntualmente accesa da ogni parola, detta o anche non detta.
Il viaggio sarebbe durato al massimo trenta minuti. Trenta minuti in cui sarebbe potuto accadere di tutto: una piccola reazione di Milo fuori controllo e potevano morire tutti all’istante. Inceneriti, fulminati, disintegrati o trapassati dalle sue cuspidi.
L’unico argomento che sembrava far leva sulla sua capacità di autocontrollo era lo stesso che la alimentava: Claire.
L’obiettivo su cui ciascun membro del team doveva focalizzarsi era il suo recupero, almeno su questo erano tutti d’accordo.
Milo dal canto suo si sentiva terribilmente a disagio, non tanto per la sgradita presenza di Victor, ma per la consapevolezza di non riuscire a mantenere un atteggiamento freddo e distaccato, quando c’era in ballo lei. Questo, ne era certo, l’avrebbe portato a commettere qualche errore. Avrebbe dovuto farsi da parte e chiedere a Kanon di prendere il suo posto, invece si era lasciato trascinare dal terrore di perderla. Ma di perdere cosa poi? In fondo, non l’aveva mai avuta.
Le luci al neon del
pronto soccorso dell’ospedale disegnavano sotto i suoi occhi ombre ancora più
scure di quanto in realtà lo fossero. Cristal era stato chiamato d’urgenza nel reparto di rianimazione, a
quanto pare serviva una trasfusione.
Nessuno si era
preoccupato di specificare per chi. Nel peggiore dei casi serviva ad entrambi.
Il corridoio era
deserto, non c’era nessuno oltre a loro. Kanon era seduto di fianco a lui. Non
parlava, ma la sua presenza in quel momento era sufficiente ad impedire a Milo di
andare fuori di testa e sfondare le porte che lo separavano da quel maledetto
reparto.
Dopo l’attacco alla
villa e l’incendio dell’intero palazzo della Fondazione, Lady Isabel chiese al
Cavaliere del Leone e a quello dell’Ariete di organizzare il trasferimento di
tutto lo staff dell’Agenzia. Sarebbero stati accolti al Santuario. Ma Walt
ovviamente non ne volle sapere di abbandonare l’ospedale. Al momento si trovava
ricoverato per un principio di intossicazione, insieme a quell’altro idiota che
aveva riportato Claire sulla scena del pericolo, proprio dopo che lui aveva
fatto di tutto per allontanarla e metterla al sicuro.
Quel pensiero gli fece
involontariamente stringere le mani sul bracciolo della poltrona, gesto che non
sfuggì a Kanon.
“Intendi disintegrarla
o semplicemente plasmarla a tuo piacimento sotto le tue dita?”
“Mhh? A chi ti
riferisci?” Milo si mise sulla difensiva
“Alla poltrona
ovviamente. E a cosa altrimenti?” rispose Kanon indicando il bracciolo serrato
sotto le sue dita.
“Ah, ….” Milo non era
in vena di parlare.
Kanon lo osservò con
un misto di perplessità e preoccupazione.
“Hai l’aspetto di uno
che ha bisogno di dormire”
“Non riuscirei a
dormire nemmeno se fosse un’esigenza vitale. E lo sai benissimo”
“Ma dormire è
un’esigenza vitale. E lo sai benissimo” gli fece il verso Kanon.
Mentre Milo si
sforzava di trovare le parole giuste per far capire a Kanon, senza offenderlo,
che, nonostante apprezzasse la sua presenza, lo preferiva in modalità
silenziosa, arrivò un’infermiera
“Chi di voi è Milo?”
Milo la guardò per
alcuni istanti senza rispondere, come se avesse problemi ad articolare il
linguaggio.
“E’ lui” rispose Kanon
al suo posto.
“Il suo amico chiede
di lei, se vuole seguirmi”
Milo continuava a
stare seduto e a fissare l’infermiera che si allontanava.
“Che fai, non la
segui?” lo incitò Kanon.
“Perché non mi ha
detto come stanno? Mi ha detto di seguirla, perché sarà qualcun altro a darmi
la notizia?”
Kanon sospirò,
paziente. Mai come in quel momento aveva percepito così chiaramente la
fragilità dell’amico. Ragionò qualche secondo su quali potessero essere le
parole più giuste da utilizzare
“Non ho abbastanza
elementi per rassicurarti, Milo. Ma non ne ho nemmeno a sufficienza per dirti
che stai per ricevere notizie spiacevoli. Preferisci che vada io e poi ti
riporti quanto sta accadendo?”
Milo si alzò in piedi
di scatto “No! Non c’è bisogno, vado io” disse. “Ma … grazie” aggiunse in un
sussurro mentre già si incamminava verso il corridoio, in direzione
dell’infermiera, che si era fermata ad attenderlo all’ingresso del reparto.
Kanon pregò che ad
attenderlo ci fossero anche buone notizie.
L’infermiera condusse
Milo nella camera in cui, disteso in un letto, trovò Cristal, più pallido del
solito. Milo ruotò la testa cercando di capire se nella stanza ci fosse qualcun
altro
“Ci sono solo io, loro
sono in terapia intensiva. Avevano entrambi bisogno di una trasfusione e ho
contribuito con un po’ del mio sangue, solo che ora quell’infermiera mi ha
detto che devo stare qui a riprendermi. Tze, come se non fossi abituato a
sopportare ben di peggio” disse visibilmente contrariato.
“Dal colorito della
tua faccia, pare che ti abbiano dissanguato” rispose Milo osservandolo da
vicino.
“Se dovessi commentare
il tuo, di colorito, Milo di Scorpio, distruggerei in due parole la tua
proverbiale autostima” osservò semplicemente Cristal.
Kanon gli aveva già
fatto capire che il suo aspetto non era esattamente fresco e riposato, ma a
Milo non interessava. L’unica cosa che gli importava era che non fosse successo
niente di irreparabile.
“Come stanno ora?” Milo
fece immediatamente la domanda.
“Stanno cercando di
stabilizzarli. Lei aveva la febbre altissima. Sono riuscito ad abbassare la sua
temperatura corporea utilizzando il mio cosmo. Non so quanto durerà, i medici
mi hanno detto che potrebbe essere necessario ripetere il tutto”.
“Mi dispiace. Non
doveva andare a finire così” Milo non riusciva a guardalo in faccia.
“Da quanto lo sapevi?”
Ecco la domanda a cui
non avrebbe voluto rispondere.
“Da un po’” disse
vago.
“Mhh. Da un po’ tanto
immagino.” Il tono di Cristal non era freddo, né tagliente come si sarebbe
aspettato. Forse il discepolo non era poi così simile al maestro, pensò
ricordando le gelide risposte di Camus.
“E lei, sapeva?
proseguì Cristal.
“L’ha saputo oggi, da
Alexander” Milo ricordò il momento esatto in cui aveva percepito il cambiamento
di Claire nei suoi confronti, solo poche ore prima.
“Dunque Alexander ha
deciso che oggi era il grande giorno delle rivelazioni, per tutti” Cristal lo
disse con una punta di amarezza.
“Mi dispiace, davvero.
Avrei voluto dirtelo, ma…”
“Non spettava a te
farlo Milo. Non farti carico anche di questa responsabilità”
Cristal non gli
portava rancore. Ma questo non fu sufficiente a dargli sollievo.
“Camus te l’avrebbe
detto, se ci fosse stato lui al mio posto. Ne sono certo”
“E infatti Camus amava
farsi carico di responsabilità non dovute” affermò Cristal, con il pensiero che
andava automaticamente al loro scontro alle 12 case.
Milo, che di suo padre
conservava solo dei ricordi sfuocati, non riusciva ad immaginare cosa si
potesse provare in una situazione come quella che stava vivendo Cristal.
“Non ce l’ho con lui,
sai” Cristal sembrava avere intuito i suoi pensieri “Non riesco ad avercela con
lui, anche se sento che la rabbia sarebbe un sentimento legittimo da provare.
La verità è che sarei felice di avere una seconda occasione.
Tu sai bene, come lo
sapeva Camus, quanto io fossi legato al ricordo di mia madre. Per anni ho
vissuto con il rimpianto per una famiglia che mi era stata tolta, fino a
comprendere, crescendo, che quella famiglia l’avrei ritrovata in altri volti,
in altre mani, sotto altre forme. Ed ora il pensiero di poter conoscere lui, di
avere una sorella, il poter contare su qualcuno che non siano solo i miei amici
e compagni di battaglia, mi riempie il cuore di gioia.”
“Spero davvero che ne
avrai l’occasione” rispose Milo con gli occhi lucidi.
“Che ne avremo
l’occasione, Milo. O pensi che non abbia capito proprio niente?”
Milo lo guardò a
disagio, incerto sulla risposta da dare.
“Avanti Milo, anche un
cieco avrebbe notato che c’è un legame tra voi. O almeno quanto tu tenga a lei
” non era un tono di rimprovero, quello utilizzato da Cristal, ma Milo si sentì
ugualmente colpevole.
“Questo non mi ha
agevolato durante l’azione, purtroppo”.
“ Si riprenderà, abbi
fede. Anche tu meriti la tua seconda occasione”
“Non credo di essere
meritevole di niente, in questa storia, ma sul fatto che si riprenda, si, ecco
su questo voglio avere fede”.
L’intimità di quella
discussione fu bruscamente interrotta da quello che sembrava il suono di un
allarme. Che fu immediatamente seguito da un’incursione di un giovane medico e
un’infermiera che chiedevano nuovamente l’aiuto di Cristal per abbassare la
temperatura corporea di Claire.
Cristal balzò giù dal
letto con un movimento troppo brusco e un capogiro lo costrinse ad appoggiarsi
a Milo per non cadere.
L’infermiera lo invitò
quindi ad attendere che la collega gli portasse una sedia a rotelle e Cristal
iniziò a spazientirsi di essere trattato come un malato.
Milo si offrì quindi
di accompagnarlo sostenendolo per un braccio e in un attimo riuscì a convincere
l’infermiera dell’inutilità della sedia a rotelle. Uno sguardo, poche parole e
lei pendeva dalle sue labbra: sarebbe riuscito a farle credere qualsiasi cosa,
se solo avesse voluto.
“Incredibile” sussurrò
Cristal mentre camminavano fianco a fianco per il lungo corridoio “La tua è
proprio una dote naturale”.
“Non so di cosa tu
stia parlando” gli rispose a bassa voce Milo, mentre fingeva di sostenerlo e
lanciava sorrisi rassicuranti all’infermiera che ogni tanto si girava a
guardarli.
Furono condotti
entrambi direttamente nella stanza in cui era distesa Claire e per Milo fu uno
shock vederla in quelle condizioni. Era intubata, con un macchinario che
monitorava le sue funzioni vitali e le braccia piene di lividi. Non seppe dire
quale di quei lividi fosse quello procurato da lui e quali invece fossero
quelli dovuti alle flebo e alle trasfusioni. Non riuscì ad avvicinarsi
abbastanza per scoprirlo. Cristal invece, senza alcuna difficoltà o titubanza,
si era accostato di fianco al letto e aveva preso entrambe le mani della
sorella tra le sue, iniziando ad espandere il suo cosmo per abbassare la
temperatura.
Dopo qualche minuto il
macchinario a cui era attaccata decretò che il battito era risalito e si era
stabilizzato.
Il giovane medico
sembrò molto soddisfatto e si affrettò a sostituire la sacca di una flebo.
Prima di uscire dalla stanza disse,
rivolto ad entrambi
“Potete restare, se
volete. Ora è stabile, la presenza di persone care potrebbe aiutarla a
risvegliarsi”.
I due annuirono in
silenzio. Milo pensò a quanto poco gli si addicesse in quel momento la
definizione di persona cara.
Cristal invece si
sedette subito sul letto, e, inaspettatamente, cominciò a parlare alla sorella,
tenendo una delle mani tra le sue
“Claire, mi senti? Ho
appena scoperto che sei mia sorella, di avere ancora un padre, non posso
perderti ora. So che sei forte, lo sento, so che puoi farcela” Poi si girò
rivolto a Milo
“Non vuoi provare a
dirle qualcosa anche tu? Credo che la aiuterebbe a riprendersi”
“Io non credo proprio.
Anzi, potrebbe essere controproducente” rispose Milo laconico “Ma resterò
seduto qui a vegliare, fino a che non riaprirà gli occhi”.
“Come preferisci.
Visto che resterai qui, intanto vado a sincerarmi delle condizioni di Alexander,
Lady Isabel dovrebbe essere con lui”.
“Ho cercato di
bloccare l’emorragia, spero di essere arrivato in tempo. Non ho idea di chi
l’avesse ridotto in quello stato, quando siamo arrivati noi era già ferito ed
era già scoppiato l’incendio” disse con un misto di rabbia e frustrazione.
“Si lo so, ho parlato
con Walt poco fa. A quanto pare Alexander è stato previdente: prima di perdere
i sensi gli ha fatto promettere che qualsiasi cosa gli fosse accaduto,
ufficialmente avremmo dovuto dichiararlo morto” la voce di Cristal tremò
impercettibilmente mentre pronunciava le ultime parole.
“Sa che questo è
l’unico modo di proteggere sua figlia, anche se dovesse entrare in coma” Milo approvava la strategia.
“Non lo so Milo. Io la
vedo solo un’altra menzogna nei confronti di Claire. A proteggere lei avremmo
provveduto noi!”
“Ne sei convinto? Dopo
quanto è successo oggi, sei davvero convinto di questo? Noi siamo Cavalieri, addestrati per lottare
contro nemici ben definiti. Al momento non siamo preparati ad affrontare tutti
gli aspetti di questa storia, alcuni dei quali sfuggono alla nostra
comprensione. No, finchè Alexander è impossibilitato ad agire, è molto meglio
che Claire stia lontana da lui, e da noi. E lo farà solo se avrà la certezza
della sua morte. L’Agenzia stessa proteggerà Claire fino a che lui non sarà di
nuovo in grado di farlo”.
“ Spero con tutto il cuore che quel giorno arrivi presto. Per lui, per lei e … per noi” rispose Cristal uscendo dalla stanza.
Rimasto solo nella
stanza di Claire, Milo ebbe la sensazione di essere di troppo. Si sentiva come
un intruso che spiava nella camera di una sconosciuta. Sentiva di non avere
nessun diritto di stare li, ma allo stesso tempo non c’era nessun altro posto
al mondo in cui sarebbe potuto stare, in quel momento.
Passarono i minuti, o
forse erano ore, in cui non riuscì a non pensare alla loro storia,
all’intensità di quello che avevano vissuto e a come ora gli sembrasse tutto
lontano anni luce dalla realtà.
Fu allora che successe.
Lei mosse impercettibilmente una mano, poi aprì gli occhi, e molto lentamente
ruotò il capo di lato. Lui rimase per un attimo pietrificato, come incapace di
agire. La prima cosa che gli venne in mente di fare fu quella di chiamare il
medico, che arrivò immediatamente seguito da un’infermiera e si mise a
trafficare con i tubi del respiratore. Lo fecero uscire dalla stanza,
chiedendogli di attendere fuori. Per la prima volta nella sua vita, Milo ebbe
l’istinto di fuggire. Ma non lo fece. Attese pazientemente che l’equipe medica
facesse il suo lavoro e quando gli dissero che poteva rientrare nella stanza e
che lei era definitivamente fuori pericolo, si sentì talmente sollevato da
dimenticarsi di tutto il resto.
Rientrò nella stanza
con il cuore che gli scoppiava nel petto. Notò subito che non aveva più il
respiratore. Il battito invece era sempre monitorato.
La prima cosa che fece
Claire appena sentì la porta che si apriva fu pronunciare il nome di Victor.
Dell’idiota che era stato la causa di tutto.
“Victor, sei tu?”
continuava ad agitarsi voltando il capo da una parte all’altra.
Milo non riusciva a
tollerare che il primo pensiero una volta risvegliata fosse rivolto a quello.
Tuttavia cercò di mantenere la necessaria freddezza
“ Stai calma, ti sei
appena ripresa” le disse.
A quelle parole lei si
fermò, rimase immobile per qualche secondo, mentre metteva a fuoco i suoi
lineamenti. E lui percepì l’esatto momento in cui i suoi occhi lo riconobbero. Il
ghiaccio della Siberia era sicuramente più caldo dello sguardo gelido che gli
dedicò Claire.
“Stai lontano da me” il
macchinario indicò immediatamente una variazione nella sua frequenza cardiaca.
Milo non seppe dire se fosse una reazione di rabbia o di paura.
“ Non sono qui per
farti del male, Claire” le rispose pacato, ma senza avvicinarsi al letto.
“ E io ti sto
chiedendo di andartene, non sopporto la tua presenza” rispose lei con il fiato che iniziava a
mancarle. Era decisamente più rabbia che paura, pensò lui.
“ Non mi avvicinerò
più di così. Volevo solo assicurarmi che stessi bene”.
Lei lo guardò con
un’espressione di incredulità
“Oddio, devo proprio
averti dato la certezza che sia fottutamente semplice prendermi per il culo”
“Io non ti ho mai … “
Milo si interruppe, non riuscì a proseguire.
“ Non hai mai cosa,
Milo? Pronuncia pure le tue ultime menzogne e poi vattene”
Lui continuava a
guardarla in silenzio. Non una parola riusciva ad uscire dalle sue labbra. Ma
mantenne gli occhi puntati sui suoi, senza distogliere lo sguardo
“ Non vuoi parlare? E
allora cosa vuoi? Hai bisogno che io ti aiuti a trovare le parole giuste? Cosa
volevi dirmi, che tu non mi hai mai mentito? Che non mi hai ingannata,
soggiogata e sedotta? O che poi non hai
tradito i miei sentimenti? O forse sei venuto qui a dirmi che non hai fatto del
male a mio padre e a Victor sotto i miei occhi, per poi tentare di uccidere
me?”
Questo era decisamente
troppo.
“Non sai di cosa stai
parlando” rispose Milo tra i denti, cercando di mantenere la calma. Calma che
veniva minata ogni qualvolta lei pronunciava il nome di Victor.
“Invece io penso di
sapere molto più di quello che credi. Sai, gli abitanti di Rodorio sono molto
bene informati sul tuo conto. Mi avevano giustamente messo in guardia su di te,
assassino del Grande Tempio”.
Milo impallidì, ne era
certo, perché per un attimo ebbe l’impressione che il suo sangue non defluisse
più in tutte le parti del corpo.
Agli occhi di Claire
questa reazione fu come un’ammissione di colpevolezza, e proseguì imperterrita
“ Sai cosa c’è Milo di
Scorpio? Voglio dirti addio augurandoti esattamente quello che meriti: che
tutte le povere vittime che hai ucciso senza pietà ti perseguitino ogni giorno
nei tuoi sogni e nei tuoi pensieri, mentre dormi e mentre sei desto, affinché
tu non possa trovare più pace finché campi, così che tu possa finalmente
espiare i tuoi peccati”.
“Ma che maledizione
ben scelta, mia cara, per impedirmi in eterno di trovare pace” l’espressione di
Milo era mutata. I suoi occhi orano erano freddi e la sua voce tagliente,
esattamente come quando in battaglia si preparava a sferrare il suo colpo
contro il nemico.
“Allora lascia che
anche io ti dica una cosa, in modo da chiarire le posizioni: tu non sei certo
priva di colpe, in questo gioco di inganni. Abbiamo entrambi mentito, ciascuno
per un bene superiore. Come ti avranno bene informato i discreti abitanti di Rodorio, il mio bene superiore è
la mia dea, Athena, a cui devo il rispetto e la vita. Dea che ha tutta la mia
devozione e alla quale ho giurato fedeltà eterna e che proteggerò ad ogni costo
e da qualsiasi minaccia. E il fatto che tu sia ancora viva dopo esserti
azzardata ad attentare alla sua vita sotto i miei occhi, fa di te una ragazza
molto fortunata. Fossi in te ragionerei su questo, prima di sentenziare sulle
azioni degli altri.”
Tutto ciò che accadde
da quel momento in avanti, Milo lo ricordava solo a frammenti. Pezzi confusi
dove parole cariche di odio si mischiavano a parole piene di rabbia. Parole che
avrebbero perseguitato entrambi per anni.
Parole che davano
forma ad una nuova realtà, dove non c’era spazio per il perdono, né per il
chiarimento. Dove non c’era più spazio per loro due insieme.
La fastidiosa voce di Victor distolse Milo dai suoi pensieri. Stava dando indicazioni a Walt sul modo in cui entrare ed uscire dall’edificio in cui sospettavano fosse rinchiusa Claire. I satelliti dell’agenzia avevano registrato movimenti sospetti nell’area, monitorata da giorni.
Lucas sosteneva che la presenza di un forte campo magnetico avrebbe potuto alterare le condizioni fisiche dell’ambiente, ragione per cui anche il cosmo di un cavaliere avrebbe potuto non essere in grado di svilupparsi a dovere.
Victor approfittò di questa analisi per perorare le sue teorie
“ Mi occuperò io di liberare Claire, conosco benissimo l’edificio e sono in grado di piazzare strategicamente cariche esplosive che ci potranno garantire un’adeguata via di fuga, in caso qualcosa andasse storto”.
Che un Cavaliere d’Oro dovesse seguire le indicazioni dell’ultimo scarto dell’Agenzia sul modo in cui recuperare un ostaggio, questo era fuori da ogni grazia divina.
“ Penserò io a Claire. Basterebbe anche un decimo del mio cosmo, per risolvere la situazione” Milo non voleva sentire ragioni su questo punto.
“ Ho salvato la vita a Claire talmente tante volte che non mi serve certo l’ aiuto di uno che ha bisogno di un’armatura per farlo” Victor aveva deciso di farlo incazzare.
“Veniamo se mi serve un’armatura per farti tacere per sempre” il cosmo di Milo stava iniziando ad incresparsi paurosamente.
“Basta così!” sentenziò Walt “Milo, ti prego di tenere a bada il tuo cosmo, non possiamo rischiare che ci scoprano ora per una simile leggerezza”.
Milo accettò il velato rimprovero in silenzio. Si fidava di Walt, se non altro perché era il braccio destro di Alexander.
“Dunque, sarà Milo ad entrare per primo, io e Victor lo seguiremo, mentre Lucas ci darà supporto logistico da qui” fu Walt a dare le indicazioni operative.
Milo annuì senza proferire parola. Richiamò la sua armatura e si preparò all’azione.
Claire sentiva come se tutte le ossa del suo corpo si stessero spezzando. Il sangue che fuoriusciva dalle ferite si mischiava a quello che stava sputando dalla bocca. Non era un buon segno, poteva essere sintomo di un’emorragia interna. Non si era mai ritrovata in una simile condizione di emergenza e non era preparata a far fronte a tutto quel dolore.
Il suo torturatore aveva una forza sovrumana, contro la quale lei non aveva alcuna possibilità. Quando pensò di essere arrivata al limite della sopportazione e fu sul punto di perdere nuovamente i sensi, si sentì sollevare in malo modo per le gambe, per essere trascinata sul pavimento. La trasportò in quel modo fino alle scale, lasciando dietro il suo passaggio una copiosa scia di sangue, mentre lei a stento tratteneva i gemiti di dolore causati dall’attrito tra il suo corpo martoriato e il pavimento.
“Ehi zuccherino, adesso dobbiamo fare qualche gradino, sei pronta a salire sulla giostra?” le disse con sadismo, ridendo sguaiatamente.
Claire non fece in tempo a realizzare cosa stesse accadendo che si sentì trascinare per le scale ed ebbe la sensazione che la sua schiena già a pezzi stesse andando definitivamente in frantumi.
Quando pensò di non avere più un’articolazione al suo posto, fu scaraventata al centro di una stanza e lasciata agonizzante per un tempo che le sembrò infinito.
Non mangiava e non beveva da parecchie ore, ma non sentiva né fame né sete, percepiva solo sofferenza, e molto freddo. Il freddo le era entrato dentro e la faceva tremare. Il sangue che aveva perso le stava provocando l’ipotermia. In quelle condizioni non aveva più nemmeno la forza mentale di reagire, avrebbe voluto addormentarsi e non svegliarsi più, almeno avrebbe smesso di provare tutto quel dolore che la stava facendo impazzire.
Quando si accorse di non essere più sola nella stanza, era già circondata da tre nuovi energumeni. Alzò lo sguardo e riconobbe le armature nero ossidiana, identiche a quella che indossava colui che l’aveva ridotta in quello stato. Un elmo copriva i loro volti, rendendoli irriconoscibili.
“Cosa diavolo volete da me?” riuscì a pronunciare con quel poco di fiato che le era rimasto. Perfino respirare era diventato doloroso.
“Quell’incapace le ha lasciato ancora la forza di parlare?” disse uno con voce sprezzante “Cosa ci voleva a capire che doveva ridurla ad uno stato vegetativo?”
“Povera cara, sta tremando” intervenne una voce femminile, per nulla intenerita “Credo che abbia freddo, perché non la scaldi un pochino Flame?” proseguì mentre rideva.
“ Provvedo subito” rispose il terzo, prima di lanciare una fiammata sulle braccia scoperte e ferite di Claire, provocandole una dolorosa ustione. L’urlo le morì in gola. Non aveva più la forza nemmeno di gridare.
Possibile che fosse quella la sua fine? Destinata a morire tra quelle atroci sofferenze? Fu allora che ebbe la consapevolezza che no, non voleva morire. Sarebbe stata disposta a sopportare di tutto, pur di avere un solo briciolo di speranza di uscirne viva. Malconcia, ma viva. Doveva resistere e avere fede. Fede che Juliet la stesse cercando e che la trovasse. Che le mandasse Victor in suo soccorso, lui che riusciva sempre a tirarla fuori dai casini. All’ultimo minuto, prima che gli eventi precipitassero. Stavolta sarebbe stata dura anche per lui. Il nemico aveva un potere che un uomo solo non poteva contrastare, se non munito di un intero arsenale. Mentre pensava che avrebbe voluto avere in quel momento almeno metà dell’arsenale portatile di Victor, il suono sordo di un’esplosione la fece sobbalzare, mettendo in allerta i suoi tre carcerieri.