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Autore: skorpion    13/01/2020    2 recensioni
Da un anno aveva affittato un appartamento in pieno centro, il che significava essere costretto a condividere i mesi estivi con una folla di turisti inferociti che assaltavano puntualmente tutti gli alberghi e le locande di Atene, ma significava anche mettere a distanza di sicurezza tutta la parte della sua vita precedente che si sarebbe volentieri lasciato alle spalle. Quella era la distanza massima che il suo ruolo gli consentiva: non poteva andare oltre, era pur sempre un cavaliere d’oro e il suo tempio non poteva restare completamente senza custode. Un compromesso, questa era la sua vita ora: un patto, un continuo contrattare condizioni, obblighi e doveri.
..... Universi paralleli, ecco cosa erano diventate ora le loro esistenze: due mondi incompatibili che non si sarebbero più incrociati.
Nota: Ambientazione post Hades
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Gold Saints, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 27

Capitolo 27

 

La presenza di Victor era per Milo qualcosa di estremamente molesto. 

Nonostante i vani tentativi di Walt di mettere pace, l’abitacolo dell’automobile non era abbastanza capiente per contenere l’aura di ostilità che entrambi emanavano.

Lucas, in totale imbarazzo, abbozzava timidi tentativi di intromettersi nella discussione, che veniva puntualmente accesa da ogni parola, detta o anche non detta.

Il viaggio sarebbe durato al massimo trenta minuti. Trenta minuti in cui sarebbe potuto accadere di tutto: una piccola reazione di Milo fuori controllo e potevano morire tutti all’istante. Inceneriti, fulminati, disintegrati o trapassati dalle sue cuspidi.

L’unico argomento che sembrava far leva sulla sua capacità di autocontrollo era lo stesso che la alimentava: Claire.

L’obiettivo su cui ciascun membro del team doveva focalizzarsi era il suo recupero, almeno su questo erano tutti d’accordo.

Milo dal canto suo si sentiva terribilmente a disagio, non tanto per la sgradita presenza di Victor, ma per la consapevolezza di non riuscire a mantenere un atteggiamento freddo e distaccato, quando c’era in ballo lei.  Questo, ne era certo, l’avrebbe portato a commettere qualche errore. Avrebbe dovuto farsi da parte e chiedere a Kanon di prendere il suo posto, invece si era lasciato trascinare dal terrore di perderla. Ma di perdere cosa poi? In fondo, non l’aveva mai avuta.

 

Le luci al neon del pronto soccorso dell’ospedale disegnavano sotto i suoi occhi ombre ancora più scure di quanto in realtà lo fossero. Cristal era stato chiamato  d’urgenza nel reparto di rianimazione, a quanto pare serviva una trasfusione.

Nessuno si era preoccupato di specificare per chi. Nel peggiore dei casi serviva ad entrambi.

Il corridoio era deserto, non c’era nessuno oltre a loro. Kanon era seduto di fianco a lui. Non parlava, ma la sua presenza in quel momento era sufficiente ad impedire a Milo di andare fuori di testa e sfondare le porte che lo separavano da quel maledetto reparto.

Dopo l’attacco alla villa e l’incendio dell’intero palazzo della Fondazione, Lady Isabel chiese al Cavaliere del Leone e a quello dell’Ariete di organizzare il trasferimento di tutto lo staff dell’Agenzia. Sarebbero stati accolti al Santuario. Ma Walt ovviamente non ne volle sapere di abbandonare l’ospedale. Al momento si trovava ricoverato per un principio di intossicazione, insieme a quell’altro idiota che aveva riportato Claire sulla scena del pericolo, proprio dopo che lui aveva fatto di tutto per allontanarla e metterla al sicuro.

Quel pensiero gli fece involontariamente stringere le mani sul bracciolo della poltrona, gesto che non sfuggì a Kanon.

“Intendi disintegrarla o semplicemente plasmarla a tuo piacimento sotto le tue dita?”

“Mhh? A chi ti riferisci?” Milo si mise sulla difensiva

“Alla poltrona ovviamente. E a cosa altrimenti?” rispose Kanon indicando il bracciolo serrato sotto le sue dita.

“Ah, ….” Milo non era in vena di parlare.

Kanon lo osservò con un misto di perplessità e preoccupazione.

“Hai l’aspetto di uno che ha bisogno di dormire”

“Non riuscirei a dormire nemmeno se fosse un’esigenza vitale. E lo sai benissimo”

“Ma dormire è un’esigenza vitale. E lo sai benissimo” gli fece il verso Kanon.

Mentre Milo si sforzava di trovare le parole giuste per far capire a Kanon, senza offenderlo, che, nonostante apprezzasse la sua presenza, lo preferiva in modalità silenziosa, arrivò un’infermiera

“Chi di voi è Milo?”

Milo la guardò per alcuni istanti senza rispondere, come se avesse problemi ad articolare il linguaggio.

“E’ lui” rispose Kanon al suo posto.

“Il suo amico chiede di lei, se vuole seguirmi”

Milo continuava a stare seduto e a fissare l’infermiera che si allontanava.

“Che fai, non la segui?” lo incitò Kanon.

“Perché non mi ha detto come stanno? Mi ha detto di seguirla, perché sarà qualcun altro a darmi la notizia?”

Kanon sospirò, paziente. Mai come in quel momento aveva percepito così chiaramente la fragilità dell’amico. Ragionò qualche secondo su quali potessero essere le parole più giuste da utilizzare

“Non ho abbastanza elementi per rassicurarti, Milo. Ma non ne ho nemmeno a sufficienza per dirti che stai per ricevere notizie spiacevoli. Preferisci che vada io e poi ti riporti quanto sta accadendo?”

Milo si alzò in piedi di scatto “No! Non c’è bisogno, vado io” disse. “Ma … grazie” aggiunse in un sussurro mentre già si incamminava verso il corridoio, in direzione dell’infermiera, che si era fermata ad attenderlo all’ingresso del reparto.

Kanon pregò che ad attenderlo ci fossero anche buone notizie.

L’infermiera condusse Milo nella camera in cui, disteso in un letto, trovò Cristal, più pallido del solito. Milo ruotò la testa cercando di capire se nella stanza ci fosse qualcun altro

“Ci sono solo io, loro sono in terapia intensiva. Avevano entrambi bisogno di una trasfusione e ho contribuito con un po’ del mio sangue, solo che ora quell’infermiera mi ha detto che devo stare qui a riprendermi. Tze, come se non fossi abituato a sopportare ben di peggio” disse visibilmente contrariato.

“Dal colorito della tua faccia, pare che ti abbiano dissanguato” rispose Milo osservandolo da vicino.

“Se dovessi commentare il tuo, di colorito, Milo di Scorpio, distruggerei in due parole la tua proverbiale autostima” osservò semplicemente Cristal.

Kanon gli aveva già fatto capire che il suo aspetto non era esattamente fresco e riposato, ma a Milo non interessava. L’unica cosa che gli importava era che non fosse successo niente di irreparabile.

“Come stanno ora?” Milo fece immediatamente la domanda.

“Stanno cercando di stabilizzarli. Lei aveva la febbre altissima. Sono riuscito ad abbassare la sua temperatura corporea utilizzando il mio cosmo. Non so quanto durerà, i medici mi hanno detto che potrebbe essere necessario ripetere il tutto”.

“Mi dispiace. Non doveva andare a finire così” Milo non riusciva a guardalo in faccia.

“Da quanto lo sapevi?”

Ecco la domanda a cui non avrebbe voluto rispondere.

“Da un po’” disse vago.

“Mhh. Da un po’ tanto immagino.” Il tono di Cristal non era freddo, né tagliente come si sarebbe aspettato. Forse il discepolo non era poi così simile al maestro, pensò ricordando le gelide risposte di Camus.  

“E lei, sapeva? proseguì Cristal.

“L’ha saputo oggi, da Alexander” Milo ricordò il momento esatto in cui aveva percepito il cambiamento di Claire nei suoi confronti, solo poche ore prima.

“Dunque Alexander ha deciso che oggi era il grande giorno delle rivelazioni, per tutti” Cristal lo disse con una punta di amarezza.

“Mi dispiace, davvero. Avrei voluto dirtelo, ma…”

“Non spettava a te farlo Milo. Non farti carico anche di questa responsabilità”

Cristal non gli portava rancore. Ma questo non fu sufficiente a dargli sollievo.

“Camus te l’avrebbe detto, se ci fosse stato lui al mio posto. Ne sono certo”

“E infatti Camus amava farsi carico di responsabilità non dovute” affermò Cristal, con il pensiero che andava automaticamente al loro scontro alle 12 case.

Milo, che di suo padre conservava solo dei ricordi sfuocati, non riusciva ad immaginare cosa si potesse provare in una situazione come quella che stava vivendo Cristal.

“Non ce l’ho con lui, sai” Cristal sembrava avere intuito i suoi pensieri “Non riesco ad avercela con lui, anche se sento che la rabbia sarebbe un sentimento legittimo da provare. La verità è che sarei felice di avere una seconda occasione.

Tu sai bene, come lo sapeva Camus, quanto io fossi legato al ricordo di mia madre. Per anni ho vissuto con il rimpianto per una famiglia che mi era stata tolta, fino a comprendere, crescendo, che quella famiglia l’avrei ritrovata in altri volti, in altre mani, sotto altre forme. Ed ora il pensiero di poter conoscere lui, di avere una sorella, il poter contare su qualcuno che non siano solo i miei amici e compagni di battaglia, mi riempie il cuore di gioia.”

“Spero davvero che ne avrai l’occasione” rispose Milo con gli occhi lucidi.

“Che ne avremo l’occasione, Milo. O pensi che non abbia capito proprio niente?”

Milo lo guardò a disagio, incerto sulla risposta da dare.

“Avanti Milo, anche un cieco avrebbe notato che c’è un legame tra voi. O almeno quanto tu tenga a lei ” non era un tono di rimprovero, quello utilizzato da Cristal, ma Milo si sentì ugualmente colpevole.

“Questo non mi ha agevolato durante l’azione, purtroppo”.

“ Si riprenderà, abbi fede. Anche tu meriti la tua seconda occasione”

“Non credo di essere meritevole di niente, in questa storia, ma sul fatto che si riprenda, si, ecco su questo voglio avere fede”.

L’intimità di quella discussione fu bruscamente interrotta da quello che sembrava il suono di un allarme. Che fu immediatamente seguito da un’incursione di un giovane medico e un’infermiera che chiedevano nuovamente l’aiuto di Cristal per abbassare la temperatura corporea di Claire.

Cristal balzò giù dal letto con un movimento troppo brusco e un capogiro lo costrinse ad appoggiarsi a Milo per non cadere.

L’infermiera lo invitò quindi ad attendere che la collega gli portasse una sedia a rotelle e Cristal iniziò a spazientirsi di essere trattato come un malato.

Milo si offrì quindi di accompagnarlo sostenendolo per un braccio e in un attimo riuscì a convincere l’infermiera dell’inutilità della sedia a rotelle. Uno sguardo, poche parole e lei pendeva dalle sue labbra: sarebbe riuscito a farle credere qualsiasi cosa, se solo avesse voluto.

“Incredibile” sussurrò Cristal mentre camminavano fianco a fianco per il lungo corridoio “La tua è proprio una dote naturale”.

“Non so di cosa tu stia parlando” gli rispose a bassa voce Milo, mentre fingeva di sostenerlo e lanciava sorrisi rassicuranti all’infermiera che ogni tanto si girava a guardarli.

Furono condotti entrambi direttamente nella stanza in cui era distesa Claire e per Milo fu uno shock vederla in quelle condizioni. Era intubata, con un macchinario che monitorava le sue funzioni vitali e le braccia piene di lividi. Non seppe dire quale di quei lividi fosse quello procurato da lui e quali invece fossero quelli dovuti alle flebo e alle trasfusioni. Non riuscì ad avvicinarsi abbastanza per scoprirlo. Cristal invece, senza alcuna difficoltà o titubanza, si era accostato di fianco al letto e aveva preso entrambe le mani della sorella tra le sue, iniziando ad espandere il suo cosmo per abbassare la temperatura.

Dopo qualche minuto il macchinario a cui era attaccata decretò che il battito era risalito e si era stabilizzato.

Il giovane medico sembrò molto soddisfatto e si affrettò a sostituire la sacca di una flebo. Prima di uscire dalla stanza  disse, rivolto ad entrambi

“Potete restare, se volete. Ora è stabile, la presenza di persone care potrebbe aiutarla a risvegliarsi”.

I due annuirono in silenzio. Milo pensò a quanto poco gli si addicesse in quel momento la definizione di persona cara.

Cristal invece si sedette subito sul letto, e, inaspettatamente, cominciò a parlare alla sorella, tenendo una delle mani tra le sue

“Claire, mi senti? Ho appena scoperto che sei mia sorella, di avere ancora un padre, non posso perderti ora. So che sei forte, lo sento, so che puoi farcela” Poi si girò rivolto a Milo

“Non vuoi provare a dirle qualcosa anche tu? Credo che la aiuterebbe a riprendersi”

“Io non credo proprio. Anzi, potrebbe essere controproducente” rispose Milo laconico “Ma resterò seduto qui a vegliare, fino a che non riaprirà gli occhi”.

“Come preferisci. Visto che resterai qui, intanto vado a sincerarmi delle condizioni di Alexander,  Lady Isabel dovrebbe essere con lui”.

“Ho cercato di bloccare l’emorragia, spero di essere arrivato in tempo. Non ho idea di chi l’avesse ridotto in quello stato, quando siamo arrivati noi era già ferito ed era già scoppiato l’incendio” disse con un misto di rabbia e frustrazione.

“Si lo so, ho parlato con Walt poco fa. A quanto pare Alexander è stato previdente: prima di perdere i sensi gli ha fatto promettere che qualsiasi cosa gli fosse accaduto, ufficialmente avremmo dovuto dichiararlo morto” la voce di Cristal tremò impercettibilmente mentre pronunciava le ultime parole. 

“Sa che questo è l’unico modo di proteggere sua figlia, anche se dovesse entrare  in coma” Milo approvava la strategia. 

“Non lo so Milo. Io la vedo solo un’altra menzogna nei confronti di Claire. A proteggere lei avremmo provveduto noi!”

“Ne sei convinto? Dopo quanto è successo oggi, sei davvero convinto di questo?  Noi siamo Cavalieri, addestrati per lottare contro nemici ben definiti. Al momento non siamo preparati ad affrontare tutti gli aspetti di questa storia, alcuni dei quali sfuggono alla nostra comprensione. No, finchè Alexander è impossibilitato ad agire, è molto meglio che Claire stia lontana da lui, e da noi. E lo farà solo se avrà la certezza della sua morte. L’Agenzia stessa proteggerà Claire fino a che lui non sarà di nuovo in grado di farlo”.

“ Spero con tutto il cuore che quel giorno arrivi presto. Per lui, per lei e … per noi” rispose Cristal uscendo dalla stanza.

Rimasto solo nella stanza di Claire, Milo ebbe la sensazione di essere di troppo. Si sentiva come un intruso che spiava nella camera di una sconosciuta. Sentiva di non avere nessun diritto di stare li, ma allo stesso tempo non c’era nessun altro posto al mondo in cui sarebbe potuto stare, in quel momento.

Passarono i minuti, o forse erano ore, in cui non riuscì a non pensare alla loro storia, all’intensità di quello che avevano vissuto e a come ora gli sembrasse tutto lontano anni luce dalla realtà.

Fu allora che successe. Lei mosse impercettibilmente una mano, poi aprì gli occhi, e molto lentamente ruotò il capo di lato. Lui rimase per un attimo pietrificato, come incapace di agire. La prima cosa che gli venne in mente di fare fu quella di chiamare il medico, che arrivò immediatamente seguito da un’infermiera e si mise a trafficare con i tubi del respiratore. Lo fecero uscire dalla stanza, chiedendogli di attendere fuori. Per la prima volta nella sua vita, Milo ebbe l’istinto di fuggire. Ma non lo fece. Attese pazientemente che l’equipe medica facesse il suo lavoro e quando gli dissero che poteva rientrare nella stanza e che lei era definitivamente fuori pericolo, si sentì talmente sollevato da dimenticarsi di tutto il resto.

Rientrò nella stanza con il cuore che gli scoppiava nel petto. Notò subito che non aveva più il respiratore. Il battito invece era sempre monitorato.

La prima cosa che fece Claire appena sentì la porta che si apriva fu pronunciare il nome di Victor. Dell’idiota che era stato la causa di tutto.

“Victor, sei tu?” continuava ad agitarsi voltando il capo da una parte all’altra.

Milo non riusciva a tollerare che il primo pensiero una volta risvegliata fosse rivolto a quello. Tuttavia cercò di mantenere la necessaria freddezza

“ Stai calma, ti sei appena ripresa” le disse.

A quelle parole lei si fermò, rimase immobile per qualche secondo, mentre metteva a fuoco i suoi lineamenti. E lui percepì l’esatto momento in cui i suoi occhi lo riconobbero. Il ghiaccio della Siberia era sicuramente più caldo dello sguardo gelido che gli dedicò Claire.

“Stai lontano da me” il macchinario indicò immediatamente una variazione nella sua frequenza cardiaca. Milo non seppe dire se fosse una reazione di rabbia o di paura.

“ Non sono qui per farti del male, Claire” le rispose pacato, ma senza avvicinarsi al letto.

“ E io ti sto chiedendo di andartene, non sopporto la tua presenza”  rispose lei con il fiato che iniziava a mancarle. Era decisamente più rabbia che paura, pensò lui.

“ Non mi avvicinerò più di così. Volevo solo assicurarmi che stessi bene”.

Lei lo guardò con un’espressione di incredulità

“Oddio, devo proprio averti dato la certezza che sia fottutamente semplice prendermi per il culo”

“Io non ti ho mai … “ Milo si interruppe, non riuscì a proseguire.

“ Non hai mai cosa, Milo? Pronuncia pure le tue ultime menzogne e poi vattene”

Lui continuava a guardarla in silenzio. Non una parola riusciva ad uscire dalle sue labbra. Ma mantenne gli occhi puntati sui suoi, senza distogliere lo sguardo

“ Non vuoi parlare? E allora cosa vuoi? Hai bisogno che io ti aiuti a trovare le parole giuste? Cosa volevi dirmi, che tu non mi hai mai mentito? Che non mi hai ingannata, soggiogata e sedotta? O che poi  non hai tradito i miei sentimenti? O forse sei venuto qui a dirmi che non hai fatto del male a mio padre e a Victor sotto i miei occhi, per poi tentare di uccidere me?”

Questo era decisamente troppo.

“Non sai di cosa stai parlando” rispose Milo tra i denti, cercando di mantenere la calma. Calma che veniva minata ogni qualvolta lei pronunciava il nome di Victor.

“Invece io penso di sapere molto più di quello che credi. Sai, gli abitanti di Rodorio sono molto bene informati sul tuo conto. Mi avevano giustamente messo in guardia su di te, assassino del Grande Tempio”.

Milo impallidì, ne era certo, perché per un attimo ebbe l’impressione che il suo sangue non defluisse più in tutte le parti del corpo.

Agli occhi di Claire questa reazione fu come un’ammissione di colpevolezza, e proseguì imperterrita

“ Sai cosa c’è Milo di Scorpio? Voglio dirti addio augurandoti esattamente quello che meriti: che tutte le povere vittime che hai ucciso senza pietà ti perseguitino ogni giorno nei tuoi sogni e nei tuoi pensieri, mentre dormi e mentre sei desto, affinché tu non possa trovare più pace finché campi, così che tu possa finalmente espiare i tuoi peccati”.

“Ma che maledizione ben scelta, mia cara, per impedirmi in eterno di trovare pace” l’espressione di Milo era mutata. I suoi occhi orano erano freddi e la sua voce tagliente, esattamente come quando in battaglia si preparava a sferrare il suo colpo contro il nemico.

“Allora lascia che anche io ti dica una cosa, in modo da chiarire le posizioni: tu non sei certo priva di colpe, in questo gioco di inganni. Abbiamo entrambi mentito, ciascuno per un bene superiore. Come ti avranno bene informato i discreti  abitanti di Rodorio, il mio bene superiore è la mia dea, Athena, a cui devo il rispetto e la vita. Dea che ha tutta la mia devozione e alla quale ho giurato fedeltà eterna e che proteggerò ad ogni costo e da qualsiasi minaccia. E il fatto che tu sia ancora viva dopo esserti azzardata ad attentare alla sua vita sotto i miei occhi, fa di te una ragazza molto fortunata. Fossi in te ragionerei su questo, prima di sentenziare sulle azioni degli altri.”

Tutto ciò che accadde da quel momento in avanti, Milo lo ricordava solo a frammenti. Pezzi confusi dove parole cariche di odio si mischiavano a parole piene di rabbia. Parole che avrebbero perseguitato entrambi per anni.

Parole che davano forma ad una nuova realtà, dove non c’era spazio per il perdono, né per il chiarimento. Dove non c’era più spazio per loro due insieme.

 

La fastidiosa voce di Victor distolse Milo dai suoi pensieri. Stava dando indicazioni a Walt sul modo in cui entrare ed uscire dall’edificio in cui sospettavano fosse rinchiusa Claire. I satelliti dell’agenzia avevano registrato movimenti sospetti nell’area, monitorata da giorni.

Lucas sosteneva che la presenza di un forte campo magnetico avrebbe potuto alterare le condizioni fisiche dell’ambiente, ragione per cui anche il cosmo di un cavaliere avrebbe potuto non essere in grado di svilupparsi a dovere.

Victor approfittò di questa analisi per perorare le sue teorie

“ Mi occuperò io di liberare Claire, conosco benissimo l’edificio e sono in grado di piazzare strategicamente cariche esplosive che ci potranno garantire un’adeguata via di fuga, in caso qualcosa andasse storto”.

Che un Cavaliere d’Oro dovesse seguire le indicazioni dell’ultimo scarto dell’Agenzia sul modo in cui recuperare un ostaggio, questo era fuori da ogni grazia divina.

“ Penserò io a Claire. Basterebbe anche un decimo del mio cosmo, per risolvere la situazione” Milo non voleva sentire ragioni su questo punto.

“ Ho salvato la vita a Claire talmente tante volte che non mi serve certo l’ aiuto di uno che ha bisogno di un’armatura per farlo” Victor aveva deciso di farlo incazzare.

“Veniamo se mi serve un’armatura per farti tacere per sempre” il cosmo di Milo stava iniziando ad incresparsi paurosamente.

“Basta così!” sentenziò Walt “Milo, ti prego di tenere a bada il tuo cosmo, non possiamo rischiare che ci scoprano ora per una simile leggerezza”.

Milo accettò il velato rimprovero in silenzio. Si fidava di Walt, se non altro perché era il braccio destro di Alexander.

“Dunque, sarà Milo ad entrare per primo, io e Victor lo seguiremo, mentre Lucas ci darà supporto logistico da qui” fu Walt a dare le indicazioni operative.

Milo annuì senza proferire parola. Richiamò la sua armatura  e si preparò all’azione.

 

Claire sentiva come se tutte le ossa del suo corpo si stessero spezzando. Il sangue che fuoriusciva dalle ferite si mischiava a quello che stava sputando dalla bocca. Non era un buon segno, poteva essere sintomo di un’emorragia interna. Non si era mai ritrovata in una simile condizione di emergenza e non era preparata a far fronte a tutto quel dolore.

Il suo torturatore aveva una forza sovrumana, contro la quale lei non aveva alcuna possibilità. Quando pensò di essere arrivata al limite della sopportazione e fu sul punto di perdere nuovamente i sensi, si sentì sollevare in malo modo per le gambe, per essere trascinata sul pavimento. La trasportò in quel modo fino alle scale, lasciando dietro il suo passaggio una copiosa scia di sangue, mentre lei a stento tratteneva i gemiti di dolore causati dall’attrito tra il suo corpo martoriato e il pavimento.

“Ehi zuccherino, adesso dobbiamo fare qualche gradino, sei pronta a salire sulla giostra?” le disse con sadismo, ridendo sguaiatamente.

Claire non fece in tempo a realizzare cosa stesse accadendo che si sentì trascinare per le scale ed ebbe la sensazione che la sua schiena già a pezzi stesse andando definitivamente in frantumi.

Quando pensò di non avere più un’articolazione al suo posto, fu scaraventata al centro di una stanza e lasciata agonizzante per un tempo che le sembrò infinito.

Non mangiava e non beveva da parecchie ore, ma non sentiva né fame né sete, percepiva solo sofferenza, e molto freddo. Il freddo le era entrato dentro e la faceva tremare. Il sangue che aveva perso le stava provocando l’ipotermia.  In quelle condizioni non aveva più nemmeno la forza mentale di reagire, avrebbe voluto addormentarsi e non svegliarsi più, almeno avrebbe smesso di provare tutto quel dolore che la stava facendo impazzire.

Quando si accorse di non essere più sola nella stanza, era già circondata da tre nuovi energumeni. Alzò lo sguardo e riconobbe le armature nero ossidiana, identiche a quella che indossava colui che l’aveva ridotta in quello stato. Un elmo copriva i loro volti, rendendoli irriconoscibili.

“Cosa diavolo volete da me?” riuscì a pronunciare con quel poco di fiato che le era rimasto. Perfino respirare era diventato doloroso.

“Quell’incapace le ha lasciato ancora la forza di parlare?” disse uno con voce sprezzante “Cosa ci voleva a capire che doveva ridurla ad uno stato vegetativo?”

“Povera cara, sta tremando” intervenne una voce femminile, per nulla intenerita “Credo che abbia freddo, perché non la scaldi un pochino Flame?” proseguì mentre rideva.

“ Provvedo subito” rispose il terzo, prima di lanciare una fiammata sulle braccia scoperte e ferite di Claire, provocandole una dolorosa ustione. L’urlo le morì in gola. Non aveva più la forza nemmeno di gridare.

Possibile che fosse quella la sua fine? Destinata a morire tra quelle atroci sofferenze? Fu allora che ebbe la consapevolezza che no, non voleva morire. Sarebbe stata disposta a sopportare di tutto, pur di avere un solo briciolo di speranza di uscirne viva. Malconcia, ma viva. Doveva resistere e avere fede. Fede che Juliet la stesse cercando e che la trovasse. Che le mandasse Victor in suo soccorso, lui che riusciva sempre a tirarla fuori dai casini. All’ultimo minuto, prima che gli eventi precipitassero. Stavolta sarebbe stata dura anche per lui. Il nemico aveva un potere che un uomo solo non poteva contrastare, se non munito di un intero arsenale. Mentre pensava che avrebbe voluto avere in quel momento almeno metà dell’arsenale portatile di Victor, il suono sordo di un’esplosione la fece sobbalzare, mettendo in allerta i suoi tre carcerieri.

  
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