Serie TV > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Roscoe24    16/01/2020    8 recensioni
"Magnus si chiese se il fatto che nel giro di nemmeno un’ora, quella fosse la seconda volta che rimanevano incantati a fissarsi, potesse avere un significato. Forse poteva sperare. Ma in cosa?"
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Isabelle Lightwood, Jace Wayland, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Magnus si svegliò con il suono della sveglia. Si allungò immediatamente verso il comodino per spegnerla – e per un pelo non fu tentato di lanciarla fuori da quella stessa finestra da cui filtrava la luce azzurro-grigiastra tipica della mattina presto. Ma sebbene le 5.30 fossero un orario tragico, nemmeno quell’alzataccia rovinò il suo buon umore. Se non altro perché appena aveva aperto gli occhi aveva visto il braccio di Alec che lo circondava e lo teneva stretto al suo petto. Ancora non riusciva a crederci che avevano dormito insieme. Non passava una notte così da anni. Dormire con qualcuno porta sempre con sé quel senso di intimità, di familiarità. Di amore. E anche se non avevano fatto altro, se non stare abbracciati, Magnus toccava il cielo con un dito. Sentire il corpo di Alexander contro il suo, il calore che emanava, era una sensazione meravigliosa. Era come se avesse avuto l’impressione di aver trovato il pezzo mancante del suo intero essere. Era certo che avrebbe voluto svegliarsi in quel modo ogni mattina per il resto della sua vita. Avrebbe voluto dirglielo. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi e dirgli sei quello giusto, la persona creata apposta per me, la metà della mela. Perché era così. Nessuno gli aveva mai fatto provare emozioni così intense, nessuno l’aveva reso felice stando semplicemente abbracciati l’uno all’altro. Una sensazione così profonda di pace e tranquillità non l’aveva provata nemmeno con Camille quando, nei primi anni, pensava che lei fosse l’amore della sua vita. Solo adesso Magnus si rese conto di quanto sbagliasse a pensarla in quel modo. Solo dopo aver incontrato Alexander aveva capito che non poteva essersi sbagliato di più, all’epoca. Perché ora che l’aveva conosciuto, che aveva passato del tempo con lui, sapeva per certo che l’amore della sua vita fosse proprio l’uomo che adesso lo teneva stretto a sé. Sorrise, prima di voltarsi verso di lui, facendo bene attenzione a non sgusciare da quella presa. Gli piaceva stare tra le sue braccia.
Lo guardò dormire. Osservò il suo viso rilassato dal sonno, il respiro regolare, le lunghe ciglia scure che sfioravano le guance, le labbra socchiuse. Ci lasciò un bacio delicato, che tuttavia servì a far svegliare il bell’addormentato, proprio come nelle favole.
“Buongiorno.” Mormorò Alec, la voce impastata dal sonno. Impiegò qualche secondo ad aprire gli occhi. “Devo andarmene, non è vero?”
“Vorrei che non fosse così, confettino.”
“Ma è giusto, in realtà.” Alec sorrise per rassicurarlo, per fargli capire che andava bene così, che non era arrabbiato o scocciato. Era d’accordo quanto lui di tutelare Erin il più possibile. L’ultima cosa che voleva era confondere una bambina di quattro anni riguardo al suo ruolo nella vita del padre. Per adesso era giusto che pensasse che fossero solo amici e poi, quando anche i due adulti coinvolti fossero stati certi della direzione che aveva preso il loro rapporto, avrebbero coinvolto anche la piccola. 
“Sei un tesoro.” Magnus si accoccolò a lui ancora di più, circondandolo a sua volta con un braccio. Alec sorrise ancora e lo strinse a sé, lasciandogli un bacio sui capelli.
Rimasero in silenzio, assopiti, aspettando insieme che il sonno residuo scivolasse via dalle loro membra.
“Mi mancherai.” Mormorò Magnus, con il viso ancora nell’incavo del collo di Alec. Il suo respiro gli solleticò la pelle in modo piacevole.
Alec lo strinse a sé ancora di più, così tanto che se avesse potuto se lo sarebbe sistemato dentro al cuore. “Anche tu.” Poi si scostò quel tanto necessario a guardarlo in viso e appoggiò le proprie labbra sulle sue. “Devo andare.” E lo disse come se fosse la peggiore condanna a cui potesse andare in contro. Lo disse quasi come se separarsi da Magnus gli facesse male. E in effetti un po’ era così. “Tornerò alle 8, così avremo il tempo per andare in aeroporto con calma.”
“Sì.”
“E ti porterò la colazione. Niente caffè, promesso.” Alec ridacchiò e Magnus lo seguì, guardandolo affascinato. Il suo viso si illuminava sempre, quando rideva o sorrideva.
“Mi vuoi viziare?”
“Sì. Sempre.” Alec gli lasciò un altro bacio.
Magnus sorrise. “E io? Io posso viziarti?”
“Se ti fa piacere, chi sono io per dire di no?”
Il ballerino rise e lo baciò, cercando di approfondire il bacio, prima che Alec si tirasse indietro.
“Non mi sono lavato i denti.” Protestò.
“È irrilevante,” ribatté Magnus, prima di provare di nuovo nel suo intento. Ma Alec si scostò di nuovo.
“No, che non lo è.” Si era allontanato da Magnus, tanto che se prima entrambi occupavano il centro del letto, adesso Alec si trovava quasi vicino al bordo. A Magnus quella distanza non piaceva, per niente, e ancora meno gli piaceva non poter baciare Alexander per un motivo futile. Così, con l’agilità che l’aveva sempre caratterizzato e che aveva sviluppato in anni di esercizio, si avvicinò a lui e gli salì sopra, immobilizzandolo al materasso. Alec fu parecchio sorpreso da quel gesto, ma si arrese all’inevitabile e, rimanendo supino, si sistemò meglio per fare in modo che Magnus stesse più comodo… sopra al suo bacino. Una posizione abbastanza tentatrice, che fece deglutire Alec un paio di volte.
Magnus si chinò all’altezza del suo viso. “Adesso ripeti con me: è irrilevante.”
“Non è irrilevante, Magnus, ma penso che i tuoi metodi di persuasione siano parecchio efficaci.” Con lo sguardo, Alec accennò alla loro posizione, ai loro bacini inequivocabilmente vicini e al fatto che Magnus, senza troppi preamboli, gli fosse saltato in braccio a gambe aperte.
“Quindi posso baciarti?”
Alec appoggiò le proprie mani sulle cosce di Magnus. “Puoi.”
Magnus sorrise vittorioso, prima di prendere il viso dell’altro tra le mani e chinarsi su di lui per baciarlo come pensava fosse giusto. Alec socchiuse le labbra e lasciò che la lingua di Magnus danzasse con la propria per qualche istante. Pensò per una frazione di secondo a Will, al fatto che in quattro anni che erano stati insieme, non gli aveva mai permesso di baciarlo appena sveglio, la mattina, perché si sentiva troppo a disagio. Adesso, nonostante credesse ancora nella sua iniziale protesta, non poteva fare a meno di notare quanto in realtà si sentisse a suo agio. Quanto Magnus riuscisse a farlo sentire bene in ogni contesto, a farlo sentire tranquillo, senza nessun tipo di imbarazzo.
Quando si separarono, Magnus appoggiò la fronte a quella di Alec. “Vorrei rimanere qui con te, sempre.”
“Ma devi partire, Magnus. E per quanto io condivida il tuo desiderio, non mi perdonerei mai, se fossi la causa della tua mancata partenza. Amerai quelle tre settimane, ne sono convinto.”
“Le amerei di più se tu ed Erin foste con me.”
Il cuore di Alec si bloccò per un attimo, prima di ripartire all’impazzata. “Io e lei saremo qui ad aspettarti.”
“Lo so. E per quanto quelle tre settimane potranno essere eccitanti, niente sarà paragonabile a ciò che avrò al mio ritorno.” Gli accarezzò il viso, quasi con devozione, prima di lasciargli un altro bacio a stampo.
Alec sorrise e si mise seduto, con Magnus ancora addosso, e lo strinse in un abbraccio. Le sue mani percorsero delicatamente la schiena dell’altro, tracciando il solco della colonna vertebrale, accarezzando i muscoli da sopra la stoffa del pigiama. E poi si fermarono. Alec tenne i suoi palmi al centro della schiena di Magnus e lo strinse ancora di più a sé. Rimasero intrecciati ed in silenzio per qualche istante, pienamente consapevoli che quello era il loro momento per salutarsi. Erano consapevoli che all’aeroporto per salutare Magnus ci sarebbero stati tutti e non avrebbero potuto tenere certi atteggiamenti. Niente baci, davanti agli altri, non ancora. E così quello era il loro momento. Loro due da soli, immersi nel silenzio in una stanza semi-buia, illuminata solamente dalla fioca luce della primissima mattina. Si baciarono ancora, di nuovo, con calma, prendendosi ancora qualche attimo, prolungando ancora per qualche istante quel momento, e poi Alec, con una malavoglia che riuscì a celare a malapena, disse: “Devo andare. Ci vediamo dopo.”
“Certo, passerotto.” Magnus scese da lui con riluttanza e lo osservò uscire dal letto. Gli sarebbe mancato come può mancare l’aria ad un povero disgraziato che sta per annegare. I suoi polmoni cercano aria, ma trovano solo acqua. Magnus avrebbe passato tre settimane a fare una cosa che amava e di questo era felice. Lo rattristava, invece, l’idea di partire senza chi amava.
Accompagnò Alexander alla porta e quando uscì definitivamente da casa sua, Magnus sentì un vuoto dentro. Un vuoto che, era consapevole, si sarebbe riempito nuovamente solo al suo ritorno, quando l’avrebbe rivisto.



 
 Le lenzuola avevano il suo odore. Ed emanavano ancora il suo calore corporeo. Le cose che a Magnus sarebbero mancate di più. Era consapevole che avrebbe sentito il suono della sua voce, quando si sarebbero telefonati, e avrebbe visto anche la bellezza del suo viso, durante le videochiamate.
Ma l’odore della sua pelle e il calore del suo corpo… quelle sono due cose che un telefono non è in grado di trasmettere. Magnus le sentiva entrambe ancora addosso, mentre sistemava la sua camera da letto. Alexander era uscito da dieci minuti e lui doveva andare a farsi una doccia. Non voleva. Lavarsi avrebbe significato lavare via anche l’odore di Alec da sé. E sarebbero passate settimane prima di risentire un profumo simile addosso. Sentiva ancora le sue braccia attorno alla propria vita, il suo respiro delicato sulla pelle, la pressione gentile delle sue labbra sulle proprie. Erano sensazioni fantasma, ma così dannatamente reali.
Magnus, una volta rifatto il letto, raggiunse il comodino e afferrò il cellulare.

> To: Alexander, 05.56
Scrivimi quando arrivi a casa.
E poi aggiunse ciò che veramente voleva dirgli.
È stato bellissimo, stanotte. Mi manchi già.

E sapeva che probabilmente non l’avrebbe letto subito, perché stava guidando e quindi non poteva guardare il cellulare, ma Magnus aveva sentito la necessità di scrivere ciò che provava. Se non altro perché, durante la loro lontananza, rileggendo quei messaggi avrebbe riportato alla mente le stesse sensazioni che adesso erano stampate sulla sua pelle. Avrebbe sentito senza troppa fatica di nuovo le braccia di Alec intorno a sé, avrebbe sentito l’odore della sua pelle e il suo calore corporeo. E, soprattutto, avrebbe sentito il cuore battere all’impazzata al solo ricordo di quella notte passata insieme. 
Magnus sorrise e si diresse verso il bagno per farsi una doccia. Adesso sapeva che non avrebbe mai lavato via Alexander da sé. Non puoi lavare via qualcosa che hai radicato nel cuore. Mai.




Alec rientrò a casa verso le sei e un quarto del mattino. Per uno che odiava le alzatacce, non era mai stato così felice. Avevano dormito insieme. Ancora non ci credeva. Era stato qualcosa di così intimo ed estremamente naturale, come se fosse giusto, come se entrambi fossero esattamente dove dovevano essere: stretti l’uno nelle braccia dell’altro.
Alec non vedeva l’ora di ripetere quell’esperienza. Magari, la prossima volta, avrebbero potuto stare a letto un po’ di più, senza dover correre via perché uno dei due aveva un aereo da prendere.
Tempo al tempo, si disse Alec. Avevano avuto pazienza fino ad ora, l’avrebbero avuta per altre tre settimane. Attendere valeva la pena. Alec lo sapeva. E sapeva anche che avrebbe aspettato Magnus per anni se fosse stato necessario. Era lui quello giusto, ciò che romanticamente viene descritto come l’anima gemella.
Ad Alec quel pensiero fece persino sorridere perché era strano pensare che la sua anima gemella fosse qualcuno così diverso da lui. I loro caratteri erano quasi agli opposti, ma si completavano. Erano come i lati delle calamite. Un polo negativo che attrae necessariamente un polo positivo. I poli uguali non si attraggono mai, quelli opposti, invece, lo fanno sempre. E quando due calamite si attaccano è sempre difficile riuscire a separarle.
Alec voleva sperare che lui e Magnus fossero due calamite potenti. Due magneti destinati a stare insieme.
Sorrise, di nuovo. Magnus gli faceva quell’effetto. Nessun altro era in grado di farlo sorridere così spesso, pensò, mentre si toglieva il giubbotto e ne svuotava le tasche. Notò che sullo schermo del cellulare era comparsa la notifica di un messaggio. Sbloccò lo schermò e vide che il mittente era Magnus. Sorrise di nuovo e il suo sorriso si allargò ulteriormente quando lesse il contenuto del messaggio.
Il suo cuore accelerò, quasi come se volesse fargli capire che aveva ragione a pensare che era lui quello giusto. Quasi volesse dirgli, un’altra volta, ciò che Alec ormai sapeva già: era innamorato di Magnus. Come mai lo era stato di nessun altro. Si trattava di un amore così profondo, che faceva persino fatica a misurarlo, quantificarlo.

> To: Magnus, 06.17
Sono a casa.
Anche per me è stato bellissimo. Non vedo l’ora di rifarlo. Mi manchi già anche tu.


E mi mancherai
, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece perché non voleva gravare su Magnus, non voleva che partisse mal volentieri. Fissò per un istante ancora la chat, poi si diresse verso il bagno per farsi una doccia.
E, ancora, il suo sorriso non voleva abbandonare il suo viso.




*



Alec arrivò alle 8 precise. Davanti alla porta di Magnus inevitabilmente ripensò a qualche ora prima, quando aveva percorso le scale a due a due perché l’impazienza di rivederlo era troppa. Sorrise. E ripensò a quanto Magnus fosse bello in pigiama. O a quanto fosse bello in generale, sempre, indipendentemente da ciò che aveva addosso. Una piccola parte del suo cervello – un po’ sfacciata, oserebbe dire – gli fece domandare quanto potesse essere bello Magnus senza vestiti. Ed Alec, seppur scacciò quel pensiero perché lo trovava poco adatto alla sua attuale situazione, era certo che fosse ancora più bello. D’altronde l’aveva visto con una giacca dorata e decisamente aperta ad Halloween e solo due giorni prima si poteva dire che la sua camicia fosse in realtà inutile tanto che era trasparente, di conseguenza Alec sapeva con assoluta certezza che Magnus senza vestiti sarebbe stato decisamente un bel vedere. Evitò di pensarci. Non voleva distrarsi. Piuttosto, decise che era meglio bussare. Rimase in attesa qualche secondo, prima che la porta si aprisse. Magnus lo accolse in tutto il suo splendore. Indossava una camicia verde alla coreana, abbinata ad un paio di pantaloni grigi che riprendevano lo stesso colore dell’eyeliner.
“Buongiorno, tesoro.”
“Buongiorno.” Alec sorrise. Ed era consapevole che il suo sorriso era soffice e irrimediabilmente innamorato. Dovette fare uno sforzo enorme per non chinarsi e baciare Magnus, ma sapeva che il loro momento alla Cenerentola era finito. “Ti ho portato la colazione, come promesso.” Alzò un sacchetto pieno di dolci. “Niente caffè.”
“Te lo faccio io, tesoro. Abbiamo tempo.” Magnus si spostò per far entrare Alec in casa, il quale gli porse il sacchettino e cominciò a togliersi il giubbotto.
“Non sapevo avessi del caffè.” Puntualizzò Alec, mentre appendeva il giubbotto all’attaccapanni.
“Ce l’ho da quando ti ho conosciuto, zuccherino. Ti ricorda niente?” Lo sguardo di Magnus era furbo e divertito. Alec sapeva che si stava riferendo alla volta che era capitato a casa sua e lui gli aveva offerto del the, che aveva appositamente comprato per Magnus.
“Qualcosa, vagamente sì.” scherzò Alec. “Lo trovo un gesto molto altruistico.”
Magnus sorrise e si avvicinò a lui, riducendo la distanza tra di loro. Erano di nuovo vicini, così tanto da rischiare di sfiorarsi con un minimo movimento. Alec deglutì a vuoto quando gli occhi di Magnus si piantarono nei suoi. Non si sarebbe mai abituato alla loro bellezza, al loro magnetismo, all’effetto devastante che avevano su di lui. Lo sguardo di Magnus aveva un ascendente particolare su Alec, questo ormai l’aveva capito. Lo facevano sentire speciale.
“Tu vizi me, io vizio te.”
Alec arrossì e Magnus gli baciò una guancia.
“Vieni,” disse il ballerino, “Facciamo colazione. Erin ti sta aspettando da quando si è svegliata.”
Alec sorrise e seguì Magnus in cucina. Percorsero il tragitto che separava il salotto dalla cucina uno vicino all’altro, ma Magnus entrò per primo. Alec notò Erin seduta al tavolo della cucina, intenta a giocare con una bambola. Alec sorrise con tenerezza guardando le piccole mani della bimba che impugnavano i vari vestitini sparsi sul tavolo.
Sayang, guarda chi c’è.” Disse Magnus con dolcezza, chinandosi su di lei per lasciarle un bacio sulla testa. Erin si voltò verso la porta della cucina e quando incontrò Alec il suo visetto si illuminò di felicità. “Alec!” Esclamò e si agitò sulla sua seggiolina per essere presa in braccio. Alec non se lo fece ripetere due volte e l’accontentò subito, sollevandola e lasciandole un bacino sulla guancia. La bambina ridacchiò e lo abbracciò forte.
“Ciao, monyet.” Alec se la sistemò in braccio e poi guardò il tavolo pieno di vestitini. “Stavi vestendo la tua bambola?”
“Sì.” Confermò la piccola. “Vuoi provare?”
Alec sorrise. “Certo.” E si sedette al tavolo con la bimba in braccio. La sistemò sulle sue gambe e fece in modo che le sue braccia fossero ai lati della bambina per far sì che non rischiasse di cadere. Erin si allungò immediatamente verso un vestitino azzurro pieno di fiori gialli. “Volevo metterle questo, ti piace?”
“Mi piace tantissimo.”
Erin batté le manine, felice. “Mettiglielo!”
Alec l’accontentò e si mise a vestire la bambola, sotto lo sguardo intenerito di Magnus, che nel mentre aveva tirato fuori tutto l’occorrente per fare il caffè. Di solito, quando preparavano la colazione, il tavolo era sempre sgombro, ma quella mattina Magnus aveva deciso di fare uno strappo alla regola. Lui ed Erin sarebbero stati lontani per tre settimane, quindi per una volta poteva lasciarla giocare mentre lui preparava la colazione. In più, Alexander ed Erin erano adorabili da guardare e Magnus voleva fare il pieno il più possibile di quella bellissima immagine – stamparla nella memoria e nel cuore.
Niente era più bello e soddisfacente che guardare l’uomo che amava e sua figlia giocare insieme. Niente gli dava più gioia di sapere che andavano d’accordo.
Rimase a guardarli interagire fino a quando la macchinetta del caffè non cominciò a borbottare, segno che il caffè stava salendo e che era quasi pronto. Alec alzò lo sguardo su di lui, ma Magnus gli fece cenno di rimanere dov’era. Si sarebbe occupato lui di tutto. Versò il caffè, nero e senza zucchero, in una tazza per Alec, mentre in un’altra versò il latte caldo per Erin. Nell’ultima, versò il suo the. Portò al tavolino le prime due, sistemandole davanti ad Alec ed Erin, che gli sorrisero e lo ringraziarono entrambi e poi mise la sua davanti al proprio posto, vicino ad Alexander. Prima di sedersi, prese dalla dispensa i biscotti di Erin e il sacchetto di dolci che aveva portato Alec, e poi si accomodò vicino a lui.
Erin, ancora in braccio ad Alec, guardò con curiosità il sacchetto, mentre non prestò particolare attenzione ai suoi biscotti. Li conosceva già. Sapeva che erano a forma di fiore e che erano molto buoni, ma il profumo che proveniva da quel sacchetto la incuriosiva particolarmente.
“Cosa c’è lì, papà?”
“Dolcetti, bintang.
“Posso mangiarne uno?”
Magnus controllò il contenuto del sacchetto. Dentro c’erano bagel e brioches. Prese una brioche e la divise a metà. Una parte la porse ad Erin, una parte la tenne per sé.
La bambina afferrò il pezzo di dolcetto che le veniva porto e ci diede un morso. Masticò piano e con attenzione, come le aveva sempre insegnato il suo papà, e una volta finito il boccone sorrise. “È buonissimo!”
Sia Magnus che Alec si guardarono, inteneriti da quella reazione genuina, e si scambiarono un sorriso.
“Hai ragione, bintang, è buonissimo.”
Erin annuì e continuò a mangiare la sua parte di dolce, mentre Magnus finiva la sua e Alec prendeva un bagel.  Mangiarono con calma, ascoltando i discorsetti di Erin e parlando tra di loro di tutto e di niente. Chiacchiere leggere, da mattina. Chiacchere in serenità, come può succedere in una famiglia. Magnus accarezzò quell’idea quasi con speranza, mentre guardava Erin che raccontava ad Alec del nuovo gioco che avevano fatto all’asilo giorni indietro lei e i suoi compagni.
Alexander era entrato nella vita di entrambi. E Magnus pensò a ciò che aveva detto Raphael, al fatto che se non fosse andata bene, tra di loro, ci sarebbero stati due cuori spezzati, questa volta. E per quanto questa idea lo terrorizzasse, per quanto non si sarebbe mai perdonato se davvero fosse stato la causa della sofferenza della sua bambina, in cuor suo sapeva che lui e Alexander erano stati creati per stare insieme. Si completavano. Erano uno parte dell’altro. Era come se i loro cuori fossero stati legati dal destino, quasi come se Dio stesso, creandoli, avesse scritto che si sarebbero incontrati solo con lo scopo di innamorarsi.
Avrebbe funzionato.
Magnus se lo sentiva.



*



“Ho preso tutto, vero?”
“Sì, Magnus. Abbiamo controllato due volte, prima di lasciare la macchina nel parcheggio, ricordi?”
“Stai facendo il so-tutto-io con me?”
“No, sto solo puntualizzando che non c’è niente di cui preoccuparsi.” Disse Alec, portando una delle valige di Magnus. “Ti stai agitando. Non farlo.”
“La fai facile, tu.” Borbottò Magnus, tirando le altre due sue valige. Madelaine, che teneva in braccio Erin e si trovava alle loro spalle, ridacchiò. Dopo aver fatto colazione e aver sistemato le valige di Magnus nella bauliera di Alec, i due erano passati a prendere anche Madelaine. E adesso la donna li guardava entrambi con un’immensa tenerezza e con la consapevolezza che si comportavano già come se fossero una coppia. Chissà se davvero pensavano di darla a bere, dicendo che erano ancora amici. Madelaine era una donna piuttosto intuitiva e conosceva bene suo figlio. Aveva il sesto senso che fosse successo qualcosa tra lui e Alec, ma siccome Magnus non le aveva detto niente, aveva scelto di starsene in silenzio.
Trovò conferma alle sue intuizioni, tuttavia, quando notò che Alec posò con delicatezza la mano che aveva libera sulla schiena di Magnus e gli lasciò una carezza.
“Andrà tutto bene.” Gli disse con voce rassicurante. “Hai preso tutto, non manca niente.”
Magnus si avvicinò d’istinto a lui, quasi quella carezza non gli bastasse e volesse essere abbracciato. Ma si fermò a metà strada, probabilmente rendendosi conto che non erano da soli. Madelaine notò quel gesto e sorrise, ma non disse nulla. Si limitò semplicemente a seguire i due fino all’ingresso dell’aeroporto.
Una volta varcato l’ingresso del JFK International, i rumori diventarono sempre più forti e il via vai delle persone sempre più frenetico.
Magnus si guardò intorno. Vide persone trascinare valige verso l’area apposita per fare il check-in, vide altre persone che invece si dirigevano ai loro gate e altre ancora troppo impegnate a salutare i loro cari per prestare attenzione ad altro. Provò un moto di nostalgia e una sensazione strana gli otturò la bocca dello stomaco. Mancanza. Ecco cos’era. Sentiva già la mancanza di coloro che lasciava a NY e non era ancora partito. Si bloccò all’improvviso, smettendo di trascinare le proprie valige. Alec notò quel gesto e si fermò al suo fianco.
“Che c’è?”
“Come sei riuscito a farlo?” Domandò.
Alec era confuso. “Cosa?”
“Quando sei partito, l’anno scorso. Come ci sei riuscito?”
Alec sospirò. Iniziava a capire il punto di quella domanda. “Non è stato facile. Lasciare qui la mia famiglia per un lasso così lungo di tempo è stato doloroso. Si può dire che ho lasciato a loro la parte sana del mio cuore e ho portato con me solo quella distrutta.” Posò due dita sotto al mento di Magnus per fare in modo che lo guardasse. “Ho sentito la loro mancanza ogni giorno, ma sapevo che al mio ritorno tutto sarebbe stato uguale.” Lasciò la valigia per avere entrambe le mani libere e riuscire così a prendere il viso di Magnus tra di esse. “Quando tornerai, sarà tutto esattamente come l’hai lasciato.”
“Alec ha ragione, tesoro.” Intervenne Madelaine, che aveva guardato in silenzio la scena fino a quel momento. Era assolutamente certa che quel ragazzo fosse la persona adatta per suo figlio. E in cuor suo sperava davvero di averci visto giusto e che sarebbero diventati una coppia, in futuro.
Magnus si voltò verso di lei. Guardò sua madre, sua figlia e infine tornò a guardare Alec. Tre delle persone più importanti per lui – e per un attimo si stupì di quanto Alexander lo fosse diventato in così poco tempo.
“Mi mancherete.” Disse a sua madre. “Non sono più abituato a stare lontano da te, o da Erin.”
Madelaine si avvicinò al figlio e gli accarezzò il viso. “Lo so. Ma è temporaneo. Cerca di guardare solo l’aspetto positivo della cosa: ballerai.”
Magnus sbuffò una risatina. “Vi siete messi d’accordo alle mie spalle, voi due?” Domandò, guardando prima sua madre e poi Alec.
Madelaine portò i suoi occhi su Alec, il quale arrossì leggermente, prima di parlare. “Gliel’ho detto anche io.”
“E hai ragione.” Gli disse, prima di riportare l’attenzione sul figlio. “Hai sentito? Alec ha ragione, dovresti dargli retta.”
Magnus sorrise. “Avete ragione entrambi.” Si sentiva più tranquillo. Avevano ragione. Tutto sarebbe stato esattamente come l’aveva lasciato al suo ritorno. Magari, l’unica cosa che sperava cambiasse era il suo rapporto con Alexander. Magari, al suo ritorno, avrebbero potuto smettere di definirsi solo amici. “Vado a fare il check-in.”
“Ti accompagno.” Disse Alec.
Madelaine rimase con Erin e li guardò avviarsi verso l’apposita area, fianco a fianco. Stavano bene insieme. E la donna aveva notato quanto suo figlio fosse diverso quando vicino a lui c’era Alec. Era più felice, più luminoso, sorrideva più spesso di quanto già non facesse. Alec gli faceva bene. Ed era sicura che fosse anche riuscito a sistemare, finalmente, il cuore ammaccato di Magnus.



*



In fila per il check-in, Alec cercò la mano libera di Magnus. L’uomo sorrise, prima di voltarsi verso il medico.
“Cosa stai facendo, tesoro?”
“Ti prendo per mano, mi sembra ovvio.”
“E dov’è finita tutta la discrezione di stamani?”
Alec socchiuse un occhio. “Devo ricordarti che l’altra sera mi hai preso per mano davanti a tutti? Dov’era, in quell’occasione, la tua discrezione?”
Magnus sorrise e lasciò che Alec intrecciasse le loro dita. “Sei contento?”
“Di prenderti per mano in pubblico? Non ne andrà della vostra reputazione, signor Bane?” Lo prese in giro Alec.
“Piantala.” Rispose Magnus, con un’occhiata.
Alec ridacchiò. “Cosa penseranno di voi i domestici, o la plebe che ci circonda, dopo avermi concesso un gesto tanto sfacciato e audace?”
“Sei un idiota.” Magnus alzò gli occhi al cielo, ma un sorriso lo tradì. Alec si chinò leggermente a baciargli una guancia e a Magnus non rimase altro da fare che reggergli il gioco. “Chissà cosa dirà la plebe di questo bacio, signor Lightwood. Volete proprio rovinare la mia nobile reputazione?”
Alec rise e fece per baciarlo di nuovo, ma Magnus questa volta si voltò per fare in modo che fossero le loro labbra a sfiorarsi.
Questo è stato un gesto sfacciato, signore. Ma oltremodo piacevole.” Disse Alec, che sentiva il cuore sfarfallare. Magnus sorrise, mentre avanzava in fila. Dopo poco sarebbe toccato a lui.
“Lo so. Di recente, signor Lightwood, ho scoperto quanto sia soddisfacente baciarvi.”
Alec lasciò la presa sulla mano di Magnus e fece vagare la propria sulla schiena del ballerino, fino a stringerlo a sé. Gli baciò una tempia, prima di farsi serio e sussurrargli all’orecchio: “Per questo non vedo l’ora che torni. Voglio passare un’intera giornata a baciarti.”
“Solo una?” Lo stuzzicò Magnus, che dal canto suo si era accoccolato meglio al fianco di Alec.
Le labbra di Alec, che adesso erano di nuovo all’altezza della tempia di Magnus, sfiorarono la sua pelle quando si aprirono in un sorriso. “Non volevo sembrare appiccicoso, Magnus.”
“So che non lo sei. Quindi, ti domando di nuovo: solo una?”
Alec baciò di nuovo la tempia di Magnus, prima di rispondere. “No. Passerò tutte le giornate che mi concederai a baciarti. Userò ogni occasione, ogni banale scusa per baciarti, sfiorarti, e averti vicino. Perché mi viene istintivo toccarti, perché se non lo faccio mi sembra di impazzire.”
Magnus, con la spina dorsale che stava diventando di burro, si guardò intorno per costatare se qualcuno – Erin o sua madre – potessero vederli. Appurato che le due non erano nelle vicinanze, Magnus lasciò i suoi bagagli per essere in grado di afferrare il viso di Alec con entrambe le mani. Lo tirò a sé per baciarlo. Un bacio vero, non un semplice contatto di labbra. Alec rispose a quel bacio quasi come se lo avesse agognato da tempo e finalmente venisse accontentato. Circondò la schiena di Magnus con entrambe le braccia e lo strinse forte a sé, come se volesse unire i loro cuori e i loro corpi, prima che dovessero separarsi. Non prestarono particolare attenzione al resto delle persone in fila perché poco contavano. Prestarono unicamente attenzione alle loro labbra, che si muovevano insieme morbide e complici, e alle loro lingue che si intrecciavano e danzavano insieme con dolcezza, con quella voglia di scoprirsi e di conoscersi.
Quando si separarono per prendere fiato, Magnus appoggiò la fronte a quella di Alec. “Ogni volta che ti bacio,” cominciò, sussurrando, “Mi sembra che tu possa essere mio, ogni volta sempre un po’ di più.”
Alec sorrise e, senza titubanza alcuna, o timore, disse con totale semplicità, come se fosse la più assoluta delle verità: “Io sono già tuo, Magnus. E non vorrei essere di nessun altro.” Ed era vero. Il cuore di Alec, del quale Magnus aveva avuto tanta cura fino a quel preciso momento, apparteneva a lui – e sempre sarebbe stato così.
Magnus sorrise, mentre con i pollici accarezzava il viso di Alec. Gli sembrò di essere in un’altra dimensione. Un luogo quasi mistico, nel quale era finito per pura fortuna e dal quale non avrebbe mai voluto uscire. In quella specifica dimensione, si appartenevano. Non c’erano voli da prendere e settimane da passare separati. C’era solo la prospettiva di stare insieme e darsi un’infinità di baci.
“Ehm, signori?”
La dimensione di Magnus venne frantumata dalla voce del ragazzo addetto al check-in. Il giovane li stava guardando come se disturbarli fosse l’ultima cosa che volesse fare, ma che, data la fila che si era momentaneamente bloccata, era costretto a fare.
“Tocca a voi.”
Magnus sussultò leggermente, accarezzò un’ultima volta Alec e si riappropriò dei propri bagagli. “Scusami tanto, caro. Sono stato distratto.” Magnus sorrise e appoggiò le proprie valige una ad una sul rullo, dove vennero pesate e poi fatte scivolare fino a che non sparirono dietro ad una tendina, dirette verso la stiva dell’aereo. Il ragazzo completò l’operazione al computer e poi salutò educatamente i due, che uscirono dalla fila per tornare a cercare Erin e Madelaine.
“Chissà dove sono finite.”
“Chiamale,” disse Alec, “Io chiamo Izzy, prima mi ha chiamato, ma non ho sentito il cellulare. Ero… distratto.”
Magnus gli rivolse un sorrisetto complice e poi estrasse il telefono. Lui chiamò suo madre, mentre Alec chiamava sua sorella. Durante entrambe le telefonate, nessuno dei due lasciò gli occhi dell’altro, leggendoci dentro un amore che ancora non erano riusciti a confessare a parole.





Madelaine ed Erin si erano allontanate perché la donna aveva sentito un forte bisogno di caffè. A differenza del figlio, Madelaine adorava il caffè e per questo lei e Alec si trovarono subito immersi una conversazione sui vari tipi di chicchi che esistevano e i vari modi in cui venivano lavorati in base ai paesi di provenienza.
Magnus era felice che legassero, anche se doveva ammettere che sentirsi un po’ escluso andava a ferire un tantino le sue ancora presenti manie di protagonismo, nonostante queste fossero decisamente diminuite rispetto a quando era più giovane.
“Papà?”
“Dimmi, tesoro.” Magnus prestò attenzione ad Erin, che era seduta sulle sue ginocchia, mentre aspettavano seduti in una sala d’attesa, l’arrivo della combriccola che voleva salutarlo prima della partenza.
“Mi vorrai bene anche da lontano?”
A Magnus vennero quasi le lacrime agli occhi. Strinse forte a sé la sua bambina e le baciò i capelli. “Sentirò la tua mancanza ogni giorno, harta saya yang berharga. E certo che ti vorrò bene anche da lontano. Io ti vorrò bene per sempre, Erin. Kamu adalah hal terpenting dalam hidupku. Lasciarti qui è come lasciare il mio cuore.”
“Anche tu mi mancherai tanto.” La bambina si accoccolò al padre e affondò il faccino contro il suo petto, aggrappandosi con le manine alla camicia di Magnus. “E ti voglio bene per sempre anche io, papà.”
Erin alzò lo sguardo sul padre e sorrise, prendendo il viso di Magnus tre le sue manine paffute. Erano calde e morbide.
“Dalla luna e ritorno?” domandò l’uomo.
La bambina annuì.
“Io di più. Due volte dalla luna e ritorno.” Le disse Magnus.
“Allora io tre volte!” Esclamò convinta Erin. 
Magnus ridacchiò, stringendola di nuovo non appena Erin lasciò il suo viso. “D’accordo, bintang. Tu di più.” L’accontentò, ma non era sicuro fosse vero. Sapeva quanto sua figlia gli volesse bene, ma lui avrebbe dato la vita per lei senza batter ciglio. Erin era il suo cuore e la amava con la parte più profonda di se stesso. Se si trattava di lei, tutto il suo egoismo smetteva di esistere perché, automaticamente, era lei la cosa più importante dell’universo, persino più importante di se stesso – era così da quando era venuta al mondo, e sarebbe stato così fino alla fine dei suoi giorni.



Gli altri arrivarono dopo poco. L’ora della partenza di Magnus era sempre più vicina e lui era sempre più consapevole che tutto, piano piano, stava diventando sempre più reale. Non era più solo un’idea proiettata nel futuro, era un avvenimento imminente, qualcosa che di li a pochi istanti, l’avrebbe messo su un aereo diretto verso la città degli angeli.
Lontano da Erin, da Alexander e da tutta la sua famiglia, composta proprio da quelle persone che adesso erano lì con lui, formando una piccola folla.
C’erano tutti: Isabelle, Simon, Clary, Jace e Diana. Raphael, Rosa e Max – che avevano deciso di saltare le prime ore di lezioni per salutare Magnus; Catarina e Maia, che poverina era arrivata direttamente dopo un turno notturno all’Hunter’s Moon.
“Oh, cara, dovevi riposare.” Le disse Magnus, abbracciandola. La ragazza ricambiò quella stretta con un sorriso stanco, ma felice.
“Riposerò dopo che sarai partito. Non potevo non salutarti.”
Magnus la strinse di più. Maia era minuta e quasi spariva tra le sue braccia. “Fai buon viaggio. Stai attento, divertiti e chiama, ogni tanto. Tienici informati, d’accordo?”
Magnus le lasciò un bacio tra i ricci. “Sì, mamma.”
“Idiota.” Gli sussurrò, prima di abbracciarlo di nuovo e poi sciogliere l’abbraccio. “Hai salutato Alec come si deve?” scherzò, sempre tenendo un tono di voce basso.
“Che vuoi dire?”
“Se avete finalmente smesso di guardarvi come se voleste saltarvi addosso e vi siete saltati addosso per davvero.”
Magnus per una frazione di secondo si chiese se fosse davvero così evidente quello che provava per Alexander. Compreso il volergli saltare addosso.
Ripensò alla notte prima, a come fossero stati abbracciati, a come fosse stato meraviglioso svegliarsi e trovarlo nel suo letto. Si sforzò di trattenere un sorriso perché era consapevole che sarebbe stato più eloquente di una miriade di parole e l’avrebbe smascherato. Quel sorriso sarebbe stato l’equivalente di lo amo più di quanto abbia mai amato nessun altro.
“Non dire sciocchezze, cara. Siamo…”
“Amici,” Lo precedette lei, guardandolo con un sopracciglio alzato come se non credesse minimamente a quello che Magnus stava dicendo. “Sì, certo. E io sono la regina di Inghilterra.”
Insolente. Ma a Magnus, Maia piaceva anche per quello. Era schietta, diretta, sfacciata e onesta. Non girava mai intorno a nessuna questione e arrivava sempre dritta al punto.
“Beh, allora c’è da dire che li porti davvero bene i tuoi novantatré anni!”
La ragazza lo fulminò. “Ripeto: sei un idiota.”
Magnus rise e lei gli fece una linguaccia.
“Hai finito di monopolizzarlo?” Max si intromise tra di loro, scansando delicatamente Maia, per piazzarsi davanti a Magnus e abbracciarlo. Erano alti uguali, anche se Magnus era convinto che il ragazzo sarebbe cresciuto ancora un po’. Maia protestò per come era stata liquidata, ma poi decise di farsi da parte.
“Mi mancherai, amico.” Disse Max, mentre abbracciava Magnus. “Ogni tanto mandami dei messaggi, magari non come quelli che manderai ad Alec.”
Magnus sciolse l’abbraccio, prendendo il ragazzo per entrambe le braccia e scansandolo leggermente da sé. “Che messaggi pensi mandi a tuo fratello, scusa?”
“Non lo so, sicuramente qualcosa di tremendamente sdolcinato o oscenamente sexy.”
“Non ho mai fatto niente del genere!”
Tranne quelli sdolcinati che vi siete scambiati questa mattina, gli fece notare una vocina nella sua testa. Ma Magnus decise che non era il caso che si sapesse.  
Max sembrò genuinamente stupito. “Ah, no? Cavolo, ero convinto di sì. Voglio dire, da come vi guardate, pensavo fosse evidente che aveste passato la fase ‘siamo solo amici’, e invece…beh, scusami.”
Perché tutti lo pensavano, dannazione? Era così palese? Magnus era davvero così incapace a mascherare i suoi sentimenti? A quanto pareva, gli si leggeva in faccia ciò che provava per Alexander.
“Non importa…”
Max guardò l’amico per qualche istante, per assicurarsi di non averlo infastidito in qualche modo. Appurato che non c’era alcun tratto di fastidio nei lineamenti di Magnus, lo abbracciò di nuovo. L’uomo ricambiò e poi il ragazzo si fece da parte per fare in modo che anche Rosa lo salutasse. Lo abbracciò fortissimo, stringendolo più che poté.
“Raph sarà insopportabile, senza di te. Sei tipo il suo regolatore umano dell’umore.”
“Ti ho sentito, piccola impertinente!” Brontolò Raphael alle spalle della sorella. “Ed è ovvio che ciò che è uscito dalla tua bocca es mentira, il mio umore mica dipende da questo idiota!”
“Aw, quanto sei dolce, Raphi. Mi mancherai anche tu caro.” Disse Magnus, con un sorriso stampato sul volto, mentre si accingeva ad abbracciare Raphael, il quale, restio al contatto, lo osservò con una smorfia contrariata.
“Non ci provare.” Lo ammonì, ma Magnus lo ignorò, inglobandolo comunque in un abbraccio.
“Ammetti che ti mancherò. Ammettilo, Raphi.” Magnus continuò a stringerlo, nonostante le proteste di Raphael.
“Solo se smetti di stringermi e di chiamarmi in quel modo ridicolo, sai che lo odio.”
Magnus sciolse la presa e rimase in attesa, guardando l’amico negli occhi con un sorriso stampato sul viso che doveva essere innocente, ma che in realtà era solo insolente. “Sto aspettando, Santiago.”
Raphael alzò gli occhi al cielo, un ringhio gutturale precedette le sue parole: “Mi mancherai, brutto idiota.”
“Anche tu, bestiolina scontrosa!”
Raphael lo fulminò. “Basta che non mi abbracci più.”
Magnus rise e scosse la testa, alzando le mani in segno di resa. Raphael, a quel punto, si fece da parte per lasciare che il resto del gruppo lo salutasse.
Clary lo strinse più forte che poté, dicendogli che le sarebbe mancato tantissimo, ma che era felice per l’opportunità che aveva. Jace, che era pur sempre Jace, lo abbracciò con la delicatezza di un grizzly e gli disse di prendere un po’ di sole anche per lui. Anche Diana volle salutarlo, facendosi prendere in braccio.
“Danza non sarà bellissima senza te, Mangus.” Gli disse circondandogli il collo con le piccole braccia.
Il cuore di Magnus si intenerì tantissimo. Le lasciò un bacio sulla guancia. “Ma ci andrai lo stesso? Farai compagnia ad Erin?”
“Certo!” Esclamò la bambina, come se fosse una cosa ovvia, “Io e Erin faremo tantissime cose insieme!”
Magnus sorrise e le lasciò un bacio sulla fronte. Era felice che Erin avesse Diana. Era sicuro che Clary avrebbe fatto di tutto per non far sentire sola sua figlia ed era certo che avrebbe fatto in modo che le due bambine passassero più tempo possibile insieme. Era grato per avere una persona premurosa e attenta come Clary, nella sua vita.
Dopo Diana, fu il turno di Catarina, la quale gli lasciò un bacio sulla guancia e gli disse che era felice per lui, e che lo aspettava per Natale, per rispettare, come ogni anno, la loro tradizione di farsi una bevuta prima del cenone della vigilia. Magnus sperava davvero che il suo contratto venisse rispettato e che riuscisse davvero a tornare almeno per Natale e ripartire poi il 26 sera.
Dopo Cat, anche Simon ed Isabelle lo salutarono, abbracciandolo a turno. Isabelle scherzò dicendogli che avrebbe fatto bene a portarle qualcosa di carino da LA e lui, sebbene sapesse che non fosse seria, si appuntò mentalmente di comprarle qualcosa.
Avrebbe comprato qualcosa a tutti, durante il suo soggiorno nella soleggiata Los Angeles.
“Posso salutare il mio bambino?” Domandò Madelaine, quando tutti gli amici ebbero finito di spupazzarsi Magnus.
Il ballerino sorrise. “Non sono più un bambino.”
Madelaine liquidò quell’affermazione con un gesto casuale della mano. “Lo dici sempre e io ti dico sempre che per me lo sarai sempre.” La donna lo strinse a sé, con tutta la sua forza. Magnus dovette chinarsi un poco per ricambiare quella stretta. “Divertiti, tesoro. È una bella opportunità. Non preoccuparti troppo per Erin, ci siamo noi con lei. Tu goditi questa avventura, noi saremo qui al tuo ritorno. E staremo bene.”
E Magnus per una frazione di secondo si domandò se in quel noi sua madre stesse includendo anche Alexander, come se anche lei stesse cominciando a vederlo come un membro della loro famiglia.
Volle pensare di sì.
Sua madre gli lasciò un bacio sulla guancia, prima di farsi da parte, lasciando che Alec, con Erin in braccio, si avvicinasse.
La bambina immediatamente si sporse verso il padre. “Ciao, papà.” Disse la bambina, stringendolo forte, dopo che lui l’ebbe presa in braccio. Di tutte le braccia che l’avevano stretto in quell’ultima mezz’ora, Magnus ebbe la sensazione che quelle di sua figlia gli lasciassero un’impronta profonda addosso. Dovette ricordarsi che sarebbe stata bene, che c’era un’intera famiglia a prendersi cura di lei, che non sarebbe stata sola.
Lasciarla gli fece male al cuore, come se qualcuno gli stesse cavando il petto con un cucchiaio.
“Ciao, piccola mia. Papà torna presto. E ti porterà un regalo.”
Erin sorrise e annuì. “Quando torni hai promesso che faremo i biscotti.”
“Ma certo. Faremo quelli al cioccolato, i tuoi preferiti.” Le lasciò una serie di baci sulle guance, quasi avesse voluto lasciarle una scorta di affetto che la bambina avrebbe potuto immagazzinare da qui al suo ritorno.
La abbracciò ancora una volta, stringendola un po’ di più, e quando l’altoparlante annunciò l’apertura dei gate e l’imminente partenza del suo aereo, Magnus lasciò che Alec riprendesse in braccio la bambina.
“Devo andare.” Disse e di tutti gli occhi che lo stavano guardando, lui intrecciò quelli di Alec. Il medico si avvicinò e lo abbracciò con il braccio che non reggeva Erin.
“Mi mancherai,” gli sussurrò all’orecchio, “Ma sono felice che tu faccia qualcosa che ti rende felice.”
Magnus avrebbe voluto dirgli che lui lo rendeva felice, ma non gli sembrava il caso. Stava per partire e una frase del genere avrebbe reso il momento ancora più emotivo di quanto non fosse. Se lo tenne per sé, decidendo che, comunque, avrebbe ritrovato un’occasione per dire quella frase ad Alexander.
“Anche tu mi mancherai.” Rispose, quindi, sussurrando a sua volta.
Magnus lo guardò ancora per qualche istante, poi gli accarezzò una guancia. Dopo aver accarezzato anche quella di Erin, rivolse di nuovo un saluto generale a tutti e poi si voltò per incamminarsi verso il suo gate.
Alec lo seguì con lo sguardo per tutto il tragitto. E se, un anno prima, quando era stato lui a partire, il suo cuore era rimasto a NY con la sua famiglia, questa volta riuscì quasi ad avvertire il momento in cui gli uscì dal petto per seguire Magnus su quell’aereo.
Magnus si era portato via il suo cuore, lasciandogli un vuoto nel petto che si sarebbe ricolmato solo al suo ritorno.




 
-----------------------------------------
Ciao a tutti! I’m back e mi dispiace tantissimo di averci messo così tanto, ma è un periodo un po’ particolare, dove ho davvero pochissimo tempo e scrivere mi viene difficile.
Comunque, dal momento che non aggiorno da un secolo, ho pensato di pubblicare questo capitolo nonostante sia decisamente più corto degli altri – è quasi la metà di quelli pubblicati prima di questo, ma è anche una sorta di capitolo di passaggio, dedicato solo alla partenza di Magnus, e avevo paura che farlo troppo lungo sarebbe stato lento e noioso, quindi eccoci qui! Spero comunque che vi sia piaciuto e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
Mi farebbe piacere anche sapere alcune delle vostre idee… nel senso, cosa vi piacerebbe vedere tra Alec e Magnus, o tra qualche altra coppia… non so, momenti che potrei inserire nella storia e di cui, ovviamente, vi darei i crediti!
Se avete qualche idea, scrivetemi pure come preferite: nelle recensioni o nei messaggi privati!
Come sempre, ringrazio chiunque legga, abbia messo tra le preferite/seguite/ricordate e chi trova il tempo di recensire, lo apprezzo davvero tantissimo!
Un abbraccio, alla prossima! <3 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Roscoe24