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Autore: Journey    24/01/2020    1 recensioni
Che cosa succederebbe se Lucifer e Chloe si fossero incontrati quand'erano ragazzi per poi perdersi di vista e ritrovarsi solo da adulti? E che cosa succederebbe se nei loro giorni di gioventù avessero avuto una figlia che hanno rincontrato solo dopo diciotto anni? In questa FF un po' AU, un po' OCC, e sicuramente What If? i nostri protagonisti si troveranno a fare i conti con questa nuova nuova situazione.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20


Abigail era esausta. Aveva cercato di contenere la sua forma demoniaca per troppo tempo, le scoppiava la testa e si sentiva sempre più debole. Si sedette sul divano in pelle di Lucifer da cui viveva da due settimane. I gomiti puntellati sulle cosce e le mani sul viso. La schiena curva e i capelli le ricadevano davanti. Suo padre se ne stava in piedi davanti a lei, la camicia bianca perfettamente stirata gli finiva nei pantaloni neri, stretti in vita grazie alla cinta. Le maniche arrotolate e sollevate fino ai gomiti. Le mani sui fianchi. La guardava severo. In cuor suo stava soffrendo, non avrebbe mai voluto essere duro con lei, ma doveva farlo o non sarebbe stata capace di controllarsi.
“In piedi” disse lui rimanendo nella stessa posizione.
“Basta, sono esausta” rispose lei.
“In piedi, Abigail!” continuò lui con tono autoritario.
“No, sono stanca” disse ancora lei.
“In piedi, adesso!” esclamò lui.
“No!” urlò lei perdendo la pazienza e trasformandosi.
Si alzò in piedi, ma la testa le scoppiava e le girava e, in men che non si dica, svenne. Crollò sul divano. Lucifer si affrettò a raggiungerla, le mise una mano sulla fronte e notò che scottava, bruciava. Cercò di farle riprendere i sensi e poco dopo, la ragazza aprì gli occhi.
“Come stai?” domandò lui preoccupato.
“Sono stanca, papà” rispose lei.
“Lo so, mi dispiace, non dovevo portarti allo stremo, cercavo solo di non renderti prigioniera di te stessa. Io lo sono stato per così tanto tempo... Non voglio questo per te, voglio che tu abbia la vita e la libertà per cui mi sono ribellato, ma che non ho mai ottenuto”
“Lo so, lo so. Ma ti prego, basta per oggi” disse lei mettendosi seduta.
Lui sorrise e le lasciò un bacio sulla fronte bollente. La guardò per qualche secondo negli occhi, non era mai stato capace di esprimere i suoi sentimenti, ma quanto avrebbe voluto saperlo fare. Quanto avrebbe voluto aprire la bocca per dire a sua figlia che le voleva bene. Ma si limitò a guardarla e a sorriderle. Lei probabilmente lo capì, perché lo abbracciò.
In quel momento arrivò Chloe che s’intenerì guardando quella scena. Appoggiata alle porte dell’ascensore si gustò in silenzio quell’attimo di intimità.
“Detective” disse Lucifer sciogliendo l’abbraccio e guardandola.
“Sono passata a trovare Abigail, come procede il vostro addestramento?” domandò raggiungendoli e sedendosi accanto alla ragazza.
“Bene” disse lei.
Chloe si sporse verso Abbi per darle un bacio e immediatamente notò quanto fosse calda. Guardò Lucifer spaventa.
“Che cosa è successo?” domandò.
“Niente mamma, sta tranquilla. Sono solo un po’ stanca” rispose la ragazza appoggiando la testa sulla spalla della detective che guardò Lucifer.
“Ho un po’ esagerato oggi” rispose lui sorridendole colpevole.
“Lucifer!” lo ammonì lei.
“Non essere dura con lui, stava solo cercando di aiutarmi” disse Abigail. “Adesso però, devo andare a letto. Sono davvero esausta” continuò.
Dopodiché si alzò dal divano e sparì dietro la porta della camera da letto del padre. Da quando stava da lui quella era diventata la sua camera e il diavolo dormiva sul divano. Lui nel frattempo si avvicinò al bar e versò del whiskey in due bicchieri. Ne porse uno alla detective che lo raggiunse. Sorseggiarono quel liquido in silenzio. La testa appesantita dai continui pensieri e dalla preoccupazione più grande, quella di perdere Abigail.
“A che pensi?” domandò poi la detective senza distogliere lo sguardo dal bicchiere che aveva tra le mani.
“Penso ad Abigail. Sono preoccupato” rispose lui facendo lo stesso.
“Lo sono anche io, Lucifer. Non ho idea di come poterla aiutare e questo mi fa sentire così dannatamente impotente”
“Immagina come mi sento io. Sono il diavolo, sono il diavolo in persona e non ho potere. Nessun tipo di potere su ciò che le sta accadendo. Non so nemmeno cosa le stia accadendo o cosa abbia scatenato questa reazione. Dovrei saperlo, no? Sono il diavolo, per dio!” esclamò e poggiò con forza il bicchiere sul bancone del bar, facendo sussultare Chloe per via del rumore.
“Ehi, ehi” disse Chloe prendendogli la mano e, con l’altra, accarezzandogli il viso. “Non andare lì, non addossarti la colpa di tutto, perché non è colpa tua” gli disse.
“Non è colpa mia? Questa è bella detective, hai qualche altra battuta in serbo per me?” domandò sfregiante.
“Non mi allontanerai, Lucifer. Non sta volta. Sta volta non ti permetto di chiuderti in te, di colpevolizzarti o di scappare a Las Vegas per schiarirti le idee e poi finire a fare un’altra delle tue stupidaggini” disse lei puntandogli il dito contro.
Lui non le rispose, ma si limitò a guardarla infastidito. Odiava quando aveva ragione. E lei aveva sempre ragione. Odiava così tanto quell’aspetto del suo carattere che paradossalmente era uno dei motivi per cui l’amava. Non l’aveva ancora ammesso a se stesso prima, ma l’amava. Di nuovo. Proprio come la prima volta. Probabilmente sapeva di amarla già nell’istante in cui, al Lux, alzò lo sguardo e incontrò di nuovo i suoi bellissimi occhi verdi, nell’istante in cui guardò di nuovo la sua espressione concentrata. Le sue labbra leggermente corrucciata, le stesse che avrebbe voluto baciare. Ricordò l’impulso di stringerla a sé e poi prenderla lì, su quello stesso pianoforte che stava suonando.
Ora gli stava di fronte. La guardava e sentì di nuovo quell’impulso, quella irrefrenabile voglia di farla sua, proprio lì. Perché gli faceva quell’effetto? Perché, soprattutto, era l’unica a fargli quell’effetto? Perché seppure odiava quei suoi comportamenti, voleva inevitabilmente stare con lei. La prese dalle spalle e la guardò severo. Lei sussultò non riuscendo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi magnetici. Lucifer sentiva il bisogno di baciarla, ma non lo fece, non riuscì. Perciò l’abbracciò stretta. Chloe rimase stupita da quel contatto e, forse, anche un po’ delusa. Certo era che non si sarebbe mai aspettata un abbraccio, nella sua mente c’era ben altro, magari un bacio appassionato. Scosse la testa, ancora tra le sue braccia, per scacciare via quel pensiero. Non era il momento. Anche se le farfalle nel suo stomaco la pensavano diversamente.
 
Chloe si svegliò presto quella mattina, guardò al suo fianco e notò che l’altra parte del letto era vuota. La sua espressione, fino a quel momento rilassata e soddisfatta, cambiò radicalmente, lasciando il posto alla delusione e alla paura. Scostò le coperte dal suo corpo e si mise seduta. Si guardò ancora intorno, la camicia di Lucifer era sparita, anche i suoi pantaloni e le sue scarpe. Si portò una mano sul viso e si coprì gli occhi. Ispirò profondamente e scosse la testa. Si chiese come avesse potuto essere così stupida! Sapeva che quello non era il ragazzo adatto a lei eppure aveva scelto di concedersi a lui, nonostante, in cuor suo sapesse che era un donnaiolo e che, probabilmente dopo quella notte non avrebbe più avuto sue notizie. Ma da quando avevano cominciato a frequentarsi, prima come semplici amici e dopo come qualcosa di più, lui le aveva fatto credere di essere davvero interessato a lei, profondamente interessato a lei. Tanto da spingerla a fare la prima mossa, a baciarlo dato che lui non si sbrigava a farlo. Ci aveva creduto! C’era cascata con tutte le scarpe. Aveva creduto alle sue parole, ai suoi gesti romantici, ai suoi tentativi di esprimere i suoi sentimenti. Aveva creduto alle sue intenzioni, aveva creduto che a lui importasse di lei. Una lacrima le scivolò sul viso. Se l’asciugò e si alzò in fretta. I suoi sarebbero rientrati dal loro weekend in Florida in qualche ora. Entrò in bagno, cominciò a far scorrere l’acqua della doccia per farla riscaldare. Si guardò allo specchio e, delusa, scosse la testa. Si sciacquò il viso e si lavò i denti. Poi, denudatasi degli ultimi indumenti, entrò nella doccia. Il getto caldo dell’acqua l’aiutò a scaricare un po’ di tensione, ma non riusciva a smettere di pensare che Lucifer l’aveva portata a letto ed era, poi, andato via.
Finita la doccia si vestì e scese in soggiorno con i capelli ancora bagnati. Quant’era stata sotto l’acqua? I suoi dovevano essere rientrati perché c’era un odore squisito proveniente dalla cucina. Sentì anche dei rumori di stoviglie varie e si affacciò, sicura di trovare suo padre ai fornelli. Ma non fu così. Non era John Decker quello intento a preparare la colazione, era Lucifer. Scosse la testa e sorrise. Con quel sorriso andò via quell’orribile macigno che sentiva sul petto da quando aveva realizzato che l’altra parte del letto fosse vuota.
“Che stai facendo?” domandò curiosa.
“Ti sto preparando la colazione. Mi sono svegliato presto stamattina, tu dormivi ancora e ho pensato di prenderti qualcosa dalla caffetteria che sta alla fine dell’isolato. Ma quella roba sembrava essere lì da almeno qualche giorno. Perciò ho fatto un po’ di spesa e ho deciso di prepararti qualcosa con le mie mani” rispose sminuzzando qualcosa sul tagliere.
Era così concentrato, Chloe sorrise di nuovo e si avvicinò a lui. Con le braccia conserte sotto il petto, lo affiancò cercando di sbirciare oltre le sue spalle possenti cosa stesse cucinando. Lui si voltò e la baciò velocemente prima di riprendere a cucinare. Lei sorrise e si sedette sul bancone per poterlo guardare meglio.
“Sai, quando mi sono svegliata e non ti ho trovato, beh ho temuto che te ne fossi andato” confessò lei.
“Me ne sono andato, ma solo a prendere la colazione” rispose lui poggiando lo strofinaccio sulla spalla.
“Adesso lo so, ma ho creduto che per te fossi stata solo un’avventura di una notte” confessò lei non riuscendo a guardarlo negli occhi.
“Ma ti ho detto che quella era la mia intenzione quando ti ho conosciuta, poi è cambiato tutto” rispose lui cercando il suo sguardo senza riuscirci. Perciò le alzò il viso “Per me non sei un’avventura di una notte” le disse.
Lei gli sorrise timidamente e lui la baciò.
“Eccole!” pensò Chloe mentre si godeva quel bacio. Quelle dannatissime farfalle nello stomaco erano tornate. Ogni dannatissima volta! Bastava che lui le dicesse qualcosa di carino, le sorridesse o la guardasse ed eccole. Quando aveva perso completamente la testa per lui? Ormai non riusciva neppure a ricordarlo.
 
Lucifer sciolse l’abbraccio e guardò la donna che aveva di fronte. Lei gli accarezzò il viso dolcemente. Si avvicinò di più a lui che scosse la testa senza mai distogliere lo sguardo. Sapeva cosa stava per fare, glielo leggeva negli occhi, era desiderio. Stava per baciarlo. Ne aveva bisogno, tremendamente, aveva bisogno di lei più che mai in quel momento. Ma se poi se ne fosse pentita? Se era la disperazione di quella preoccupazione comune a spingerla a baciarlo? Non voleva quello. Prima che potesse fare chiarezza, le labbra di lei toccarono le sue e si ritrovò ad assaporare ogni secondo di quel contatto. Si trovò ad intensificarlo. Le mani sulla nuca di Chloe. L’allontanò solo per poterla guardare un attimo, per imprimere il suo volto nella sua mente in quel preciso istante.
“Perché?” le chiese soltanto.
“Perché ne ho bisogno” rispose lei.
Lui non ebbe bisogno di altro, la baciò ancora, più intensamente di prima. Quando le mani cominciarono a vagare per il suo corpo, si dovette fermare. La guardò.
“Non possiamo” disse lui.
“Va tutto bene, Lucifer” lo rassicurò lei.
“Non possiamo. Abigail è di là, potrebbe svegliarsi in qualunque momento e la traumatizzeremmo a vita” continuò il diavolo.
“Hai ragione” gli sorrise lei.
Lui l’attirò a sé e la baciò di nuovo. Poi l’abbracciò.
“Possiamo restare così per un po’?” domandò lei poggiando la testa sul suo petto.
“Tutto il tempo che vuoi” rispose lui.
 
L’indomani mattina Abigail si svegliò sentendosi rigenerata, fresca come una rosa si potrebbe dire. Si mise seduta sul letto. I raggi del sole filtravano dalla finestra. Si spostò i lunghi capelli dietro l’orecchio e sbuffò. Non usciva da quando aveva cominciato l’addestramento con Lucifer e Amenadiel. Aveva bisogno di uscire, di vedere le persone a cui voleva bene, di non sentirsi prigioniera di quella lussuosissima Penthouse e di se stessa. Uscì dalla stanza ancora sbadigliando, sicura di imbattersi in suo padre già pronto a mettersi all’opera. O, al massimo in Amenadiel, che non le avrebbe permesso neppure di andare in bagno prima di cominciare quella tortura che chiamavano addestramento. Ma, quando guardò sul divano fu colta da un’immagine inaspettata. Lucifer dormiva ancora seduto sul divano e non era solo. Stesa, con la testa sulle sue gambe, c’era sua madre, Chloe. Con un braccio suo padre l’abbracciava, proprio sotto il seno, mentre l’altro gli penzolava fuori dal divano. Abbi scosse la testa e andò in bagno. Quando uscì quei due erano ancora nella stessa posizione. Gli si piazzò davanti e tossì rumorosamente per attirare la loro attenzione. Ma nulla si mosse. Così penso di farlo ancora e questa volta sua madre aprì gli occhi. La guardò e cercò di mettersi seduta, ma il braccio di Lucifer era troppo stretto attorno a lei.
“Lucifer” disse perciò.
Lui spostò leggermente la mano, facendola salire un po’. Il necessario perché finisse sul suo seno.
“Buongiorno detective” disse con gli occhi ancora chiusi, tono malizioso e sorridendo.
La donna roteò gli occhi e, sfruttando quel movimento, si liberò dalla sua presa.
“Lucifer!” lo ammonì ancora.
Lui a quel punto aprì svogliato gli occhi e quando si accorse che Abigail li stava guardando divertita, cercò di ricomporsi.
“Abigail!” disse.
“Ok, tutto questo è incredibilmente imbarazzante e disgustoso, ma anche divertente” commentò la ragazza.
“Disgustoso? Abigail tua madre è in ottima forma, posso assicurartelo” rispose lui tranquillo.
Chloe si portò una mano sul viso per nascondere l’imbarazzo.
“Ti prego, smetti di parlare” gli chiese la detective.
“Ma detective ti sto facendo un complimento, il tuo seno è incredibilmente sodo nonostante le due gravidanze, sono motivi di orgoglio!” continuò lui.
“Ok, forse è meglio che vada adesso” disse lei alzandosi dal divano.
“Detective!” protestò Lucifer.
“Mamma aspetta un secondo. Devo chiedervi una cosa, a tutti e due” disse la ragazza.
“Certo, Abigail, chiedi pure” disse Lucifer facendole cenno di sedersi sul divano accanto a lui.
La ragazza guardò il posto indicato da suo padre non convinta.
“Nah, preferisco restare in piedi” disse.
“Cosa volevi chiederci?” domandò Chloe in piedi accanto al bracciolo del divano.
“Beh, non esco da un po’ e non faccio altro che allenarmi. Mi sento chiusa in gabbia, vorrei uscire, tornare all’università. Rivedere Trixie, stare con le mie amiche e con Karen” disse. “Perciò quand’è che potrò riprendere a vivere la mia vita normalmente?” domandò.
“Mai se non imparerai a gestire le tue emozioni e a controllare il tuo corpo” rispose tranquillamente Lucifer.
Abigail emise un suono di frustrazione. Lui la guardò confuso, come se non riuscisse a capire il motivo di tale esternazione. Chloe lo guardò e ispirò rumorosamente. Poi si voltò a guardare sua figlia.
“Tesoro, quello che tuo padre vuole dire è che devi avere un po’ di pazienza. Da quanto so siete già a buon punto, riesci a controllarti per ore intere, perciò sono sicura che machi poco” intervenne Chloe.
“Ma sono stanca, non ce la faccio più! Perché non posso essere come tutti gli altri?” domandò frustrata.
Sua madre le si avvicinò e le accarezzò dolcemente la guancia. Abigail appoggiò la fronte sulla spalla della donna che l’abbracciò.
In quel momento l’ascensore si aprì e Lucas Fletcher fece il suo ingresso nella tana del lupo. Abigail alzò la testa e, quando il suo sguardo incontrò quello del ragazzo, chiuse i pugni e strinse la mascella. Chloe notò immediatamente questo cambiamento nella figlia e si apprestò a controllare discretamente gli occhi di sua figlia. Li vide cambiare colore, in quell’istante la ragazza si voltò dando le spalle all’ospite. La detective, allora, si affrettò a raggiungerlo.
“Fletcher, che ci fai qui?”
“Detective abbiamo provato a chiamarla, ma non rispondeva. Non era a casa sua, perciò il detective Espinoza mi ha detto che avrei potuto trovarla qui. Ho bisogno di lei e di Lucifer per un caso a cui sto lavorando” disse lanciando frequentemente delle occhiate nella direzione di Abigail.
Quell’atteggiamento insospettì ancora di più la detective che, facendo mente locale, si ricordò che la prima volta che Abigail aveva avuto il suo cambiamento era stato proprio in centrale. Ed era stato il giorno in cui le sembrava che Lucas si comportasse in maniera strana con lei.
“Aspetta un attimo qui, Fletcher, devo parlare in privato con Lucifer” disse la detective facendo cenno col capo al suo partner di seguirla sul balcone.
“Che succede, detective?” domandò l’uomo.
“Penso che Lucas c’entri qualcosa con il cambiamento di Abigail”
“E perché mai?” domandò lui.
“Non lo so, ma lo scoprirò. Facci caso, lei ha avuto la prima mutazione in centrale proprio il giorno in cui ti dissi che Fletcher era strano. E adesso, non appena l’ha visto i suoi occhi sono mutati istantaneamente” disse lei a voce bassa per essere sicura che dentro non la sentissero.
“Detective di solito sono io quello che trae conclusioni affrettate e perdonami se ti rubo la battuta, ma: noi non accusiamo senza prove. E le tue sono prove circostanziali” disse. “Ah però, sto diventando proprio bravo” esclamò compiaciuto.
Nel frattempo, Lucas Fletcher, all’interno della Penthouse, ne approfittò per parlare con Abigail.
“È da un po’ che non ti si vede in centrale” commentò senza ricevere alcuna risposta.
Abigail fu raggiunta alle spalle dalla sua voce e cercò di concentrarsi il più possibile per tenere a bada la sua nuova forma che scalpitava e fremeva per uscire e liberarsi.
“Che fai, mi ignori?” domandò lui cercando di attirare la sua attenzione.
“No, dimentico solo che tu sia mai esistito” commentò sarcastica lei girandosi e guardandolo dritto in faccia.
“Ce l’hai ancora con me per quella storia? Insomma, Abigail è stato solo un errore” continuò lui.
“Ce la sto mettendo davvero tutta per...” cominciò a dire a denti stretti prima di fermarsi e ispirare lentamente. “Che tu fossi uno stronzo mi era chiaro e sono stata una cretina a credere che potesse esserci altro dietro questo” disse indicandolo.
“Ma dai! Siamo stati a letto insieme una volta. Era solo sesso... Non avrai creduto davvero che poteva esserci qualcosa tra noi”
“Perché tu non l’hai sentito?”
Lui non rispose.
“Ascolta non sono una cretina. Ho avuto altre esperienze occasionali prima, ma credevo di aver provato qualcosa di vero con te quella notte, una connessione speciale e l’ho provata già prima di finire nel tuo letto. Perciò capirai la mia rabbia quando ho realizzato il giorno dopo che per te non è stata la stessa cosa e che sei soltanto uno stronzo” rispose lei.
I pugni chiusi, stretti. Le unghie le stavano lacerando lentamente i palmi delle mani, ma fortunatamente stava controllando la sua forma.
In quel momento rientrarono Lucifer e Chloe. L’atmosfera lì dentro era pesante, gelida come il vento invernale. Chloe guardò prima sua figlia, notando i suoi pugni chiusi e poi Lucas, i cui occhi erano stranamente lucidi.
“Tutto bene?” domandò.
“Sì”, risposero all’unisono i due. Dopodiché Abigail girò i tacchi e si rifugiò in camera di suo padre, camera che ormai era diventata sua.
La detective guardò Lucifer che aveva un’espressione infastidita, probabilmente quella atmosfera glaciale gli aveva fatto cambiare idea sulla sua ipotesi. Quando Lucas andò via, il signore degli inferi si avvicinò alla sua partner.
“Ora mi credi?” domandò la donna.
“Forse. Ma prima devo chiedere a mio fratello Uriel se sa di cosa si tratta oppure Amenadiel me la farà pagare”
“Va bene, ma dopo cercheremo di capire cos’è successo tra quei due” rispose Chloe.
“Quando mi dai gli ordini mi fai impazzire” le sussurrò Lucifer con voce seducente all’orecchio.
Lei lo guardò infastidita e scosse la testa.
 
Lucifer e Chloe erano sul tetto di un edificio abbandonato nel cuore di Los Angeles. Le luci prepotenti del giorno avevano lasciato il posto a quelle artificiali della notte. La città era in fermento come ogni venerdì sera. Rumori di auto, clacson, voci di persone e musica proveniente dai vari locali riempivano il silenzio. Uriel atterrò su quello stesso tetto pochi minuti dopo essere stato chiamato.
“Ma che piacere!” esclamò facendo rientrare le ali e avvicinandosi ai due. “Lucifer e la sua umana. Siete già tornati insieme?” domandò.
I due si guardarono un attimo e presero ad annaspare alla ricerca di una risposta da dare. L’angelo rise di gusto e scosse la testa.
“Lasciamo perdere... come mai mi avete chiamato?” domandò incrociando le braccia al petto.
“Come saprai Abigail ha una forma mostruosa e ci chiedevamo se tu sapessi qualcosa in più in merito” disse lui.
“Lucifer che viene a chiedere aiuto a me, di nuovo. Comincia proprio a piacermi questa cosa”
“Smettila di gongolare idiota o ti faccio sparire quel ghigno dalla faccia a suon di pugni” esclamò lui infastidito.
“Lucifer!” lo ammonì Chloe.
“Ma detective lui mi infastidisce” si giustificò lui.
“E comunque certo che so qualcosa. Ho visto il momento in cui si è trasformata, una forma mostruosa incredibilmente affascinante” commentò. “Ad ogni modo, penso che voi siate qui perché volete sapere cosa scateni la mutazione e come risolverla. Dico bene?” domandò lui camminando avanti e dietro con le mani giunte dietro la schiena.
Lucifer si stava innervosendo e di certo, vederlo fare avanti e dietro, non aiutava.
“Sì, esatto” rispose Chloe prendendo il braccio del suo partner che cominciò a calmarsi lentamente.
“La rabbia e la paura sono le emozioni che scatenano questa reazione. Come bloccarlo dipende da lei. Ma vedo che siamo sulla buona strada” disse Uriel fermandosi davanti al fratello.
“Cosa l’ha scatenato?” domandò la donna.
“Non riesco a capire. Non... non lo so. È strano che io non la sappia. Io, non capisco. È già successo dovrei essere capace di vederlo, ma non riesco. Sarebbe accaduto prima o poi, ma non capisco perché non riesca a vedere quel momento” Uriel era sinceramente confuso e disorientato. Così tanto che dovette mettersi seduto.
“Neanche tuo fratello lo sa, ascoltami Lucifer. Io probabilmente non capirò nulla di questa faccenda degli angeli, del sovrannaturale, ma il mio intuito mi dice che c’entra Lucas Fletcher” disse la detective.
“Lucas Fletcher? Perché questo nome mi è familiare?” domandò Uriel rialzandosi lentamente e riprendendo a fare avanti e dietro ripetendo il nome del detective.
“Che ti prende? Ti si è fuso il cervello?” domandò Lucifer guardando suo fratello.
“Lucas Fletcher!” esclamò quello avvicinandosi a loro come un pazzo.
Istintivamente Lucifer spostò la detective dietro di sé per proteggerla.
“Uriel?” domandò il diavolo.
“Lucas Fletcher dovrebbe essere morto” esclamò l’angelo.
“Morto? Ti assicuro che è molto vivo” rispose Lucifer.
“Lo so, ma dovrebbe essere morto! Non capisci?” domandò ancora riprendendo a fare avanti e dietro.
“Senti Uriel, sicuro di non aver sbattuto contro qualche aereo mentre venivi qui? Non so, magari hai picchiato la testa contro il cancello della città d’Argento?” domandò ancora Lucifer.
“No, Luci. Qualcosa ha interferito con gli eventi. Ecco perché non riesco a leggerli correttamente. E quel qualcuno ha a che fare con Lucas Fletcher. Lui dovrebbe essere morto” continuò.
“E come?” chiese istintivamente la detective.
“Muore giovane poliziotto prodigio in seguito ad aggressione in un supermarket. Il proprietario del negozio afferma che Lucas Fletcher, questo era il suo nome, l’ha salvato dalle grinfie di due criminali. Il sindaco e i cittadini tutti sono vicini alla famiglia” Uriel stava recitando quello che sembrava essere un articolo di giornale.
“È morto in servizio” commentò a bassa voce Chloe.
“No, non era in servizio. Gli ha messi in fuga, ma uscendo, uno gli ha sparato” continuò l’angelo.
“Ma Lucas è vivo” disse ancora Lucifer attirando l’attenzione dei due.
“Cercherò di capire perché” affermò Uriel.
   
 
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