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Autore: LightingThief    28/01/2020    0 recensioni
[FanFiction su Din Djarin, protagonista della serie tv The Mandalorian contiene spoiler riguardo essa]
Prima c’era stata la quasi schiavitù a Corellia, poi c’era stata l’Accademia a Korriban, le sue missioni, nonostante la caduta dell’Impero, ed adesso invece lei si era liberata di tutto ciò che l’aveva da sempre tenuta incatenata.
Aveva scelto sé stessa ed una vita diversa.
Per la prima volta in assoluto Eryn aveva scelto qualcosa da sola, senza che fossero gli altri a scegliere per lei.
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Eryn Laan, conosciuta anche come Speed, è una ex sith che ha deciso di abbandonare l'ordine perché ha sentito il lato chiaro crescere dentro di sé. Si ritrova così a lasciare quella vita fatta di oscurità e per sfuggire all'impero s'improvvisa cacciatrice di taglie. E' proprio nella Gilda dei cacciatori che conosce il Mandaloriano ed è anche insieme a lui che iniziano le sue disavventure nello spazio, alla scoperta delle proprie emozioni e sensazioni che per lungo tempo entrambi si sono negati.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8. 
The alliance

Aveva studiato con estrema attenzione l’ingresso della tana dell’Imperiale nella speranza di poter scoprire qualcosa sul bambino, la loro preda, ma purtroppo il posto era blindato e lei, dall’esterno, non aveva come studiare o vedere quello stava accadendo all’interno e questo la preoccupava parecchio.
Ancora non erano andati via, quindi, qualsiasi cosa stessero facendo, si stava svolgendo proprio in quella struttura ed a conti fatti non aveva tantissimo tempo per cercare di scoprire qualcosa in più. 
Le tenebre erano calate già da un po’, dandole la possibilità di nascondersi in mezzo ad i vicoli ed evitare di essere visti, infatti al momento la segretezza era fondamentale per Eryn.
Non sapeva bene cosa fare e come agire, Speed stava semplicemente studiando la struttura mentre fin troppe idee iniziavano a farsi strada nella propria mente. Avrebbe potuto fare irruzione da sola, senza neanche aver contato gli assaltatori, e poi avrebbe ucciso l’imperiale e portato via il bambino, nel migliore dei casi, oppure sarebbe stata sopraffatta. Avrebbe potuto utilizzare la propria spada laser, certa che avrebbe avuto il suo effetto, facendosi smascherare immediatamente, oppure avrebbe potuto usare solamente il blaster.
C'erano tante opzioni che la tentavano e che allo stesso tempo mettevano a repentaglio tutto, ed alla fine avrebbe dovuto prendere una decisione. 
Insomma, riuscire in quell’impresa non era per nulla semplice e non era neanche certa che da sola ci sarebbe riuscita perché, se nel peggiore dei casi l’Imperiale si fosse dimostrato uno sensibile alla forza, allora la questione cambiava e l’asticella del pericolo aumentava notevolmente.
C’erano troppe variabili e lei, in quel momento, si sentiva fin troppo confusa, anche perché sapeva fin troppo bene che accettare di provare ad aiutare quel bambino avrebbe avuto una sola ripercussione su di sé, nell’ipotetico caso in cui fosse rimasta viva: l’avrebbero cacciata dalla Gilda. Neanche Greef Karga avrebbe potuto accettare quella sorta di sfregio fatto al proprio lavoro, anzi, sarebbe stato il primo a spararle e poi, probabilmente, si sarebbe aggiunto anche il Mandaloriano che aveva abbandonato il bambino senza porsi alcun problema. Lo aveva visto di sfuggita al bar, ed al suo trionfale rientro ecco che Mando aveva un’intera armatura nuova in lucente beskar, segno che sicuramente quella doveva essere stata la ricompensa perfetta per un lavoro tanto difficile ed importante. Lei, dal canto suo, lo aveva guardato per un paio di secondi, certa che anche lui avesse ricambiato lo sguardo nonostante l’elmo, e poi s’allontanò perché non poteva credere che quell’uomo d’onore che, prima ancora di conoscerla, le aveva offerto il suo prigioniero solo per semplificarle il lavoro, adesso aveva appena consegnato un bambino nelle mani di persone tanto terribili. Parlando con il Mandaloriano non le era sembrato quel genere di persona, seppur fosse tanto temuto da tutti e non fosse poi così loquace, alla fine le dava corda, le parlava ed aveva anche provato a difendere il suo onore, quindi, probabilmente, ciò che aveva davvero scioccato Eryn era la totale indifferenza da parte dell’uomo. Lo aveva ignorato per tutto il tempo e poi era andata via, senza dirgli una parola perché, in fondo, non sapeva neanche lei che cosa potergli dire visto ciò che aveva fatto.
Era una situazione assurda in cui adesso, lei, non sapeva che cosa fare e se esporsi o meno. Magari quel bambino non era in pericolo e lei, che viveva nella paranoia, stava iniziando a vedere mostri laddove non ve ne erano ma se l’impero era disposto a pagare tutto quel beskar per una taglia allora questo voleva dire che il bambino, per loro, era importante, probabilmente troppo importante. 
Lanciò uno sguardo sulla capsula, quella in cui era stato trasportato il piccolo ricercato, adesso buttata in mezzo a dei resti in uno di quei vicoli in cui Speed si era nascosta per osservare meglio il posto, ed allora, dinnanzi a quella visione, le fu abbastanza chiaro che non sarebbe successo nulla di buono a quel piccolo e che lei, se proprio doveva dimostrare di essere cambiata, avrebbe dovuto almeno provare a fa qualcosa, mettendo la vita degli altri dinnanzi la propria personale sicurezza.
Indietreggiò lentamente, decisa a tornare verso la propria nave per prendere qualche altra arma, in modo tale da non essere totalmente sprovvista di nulla oltre ad un blaster, le manette e la spada laser, ma improvvisamente, nel vicolo buio, ecco che due mani l’afferrarono per le braccia trascinandola tempestivamente indietro. La propria schiena urtò contro quel qualcuno che l’aveva appena afferrata, mentre una mano, coperta da un guanto, andò immediatamente a tapparle la bocca per impedirle di urlare o di dire qualsiasi cosa. Mossa parecchio coraggiosa, anche perché, in quanto a forza fisica, Speed non era di certo il massimo, quindi fu letteralmente sopraffatta dal proprio rapitore che la trascinò indietro. 
Possibile che un assaltatore l’avesse vista mentre cercava di studiare la situazione? 
E dire che era stata attenta e discreta nel non farsi vedere. 
«Shhh! Speed non urlare o ci scopriranno!»
Ma la voce conosciuta e distorta da quel maledetto elmo di beskar giunse in un sussurro al proprio orecchio, facendola immobilizzare immediatamente. 
Se fino ad un attimo prima aveva cercato d divincolarsi dal proprio assalitore ecco che in quel momento si lasciò portare via, forse per qualche metro, in modo tale da ritornare nella penombra dei vicoli di Navarro, sorpresa come non mai di ritrovare proprio lui da quelle parti. 
Il Mandaloriano la stringeva fra le proprie braccia facendo aderire totalmente la schiena di lei contro il suo corpo, coperto dall’armatura, e quando finalmente furono lontani da occhi indiscreti abbassò di poco la mano che fino ad un attimo prima le stava coprendo le labbra impedendole di parlare. 
«Che stai facendo qui, Mando?!» sibilò Speed, sempre più confusa, ma decisa a liberarsi dalla sua presa ferrea perché, in fondo, non era più poi tanto certa di volergli parlare o di potersi fidare. 
«Dovrei farti la stessa domanda—… che ci fai qui, Speed?» le sussurrò all’orecchio lui senza lasciare andare la presa, cosa che ovviamente fece innervosire la ragazza. 
«Sei intelligente, lo sai benissimo che cosa sto facendo.» rispose lei prima di inspirare profondamente.
«Non dovresti stare da queste parti.»
«Mando! Che cosa hai fatto? Perché gli hai consegnato un bambino? Si tratta di imperiali!»
Ecco, non erano passati neanche dieci secondi e la strategia dell’ignorarlo, quella che aveva attuato al bar, era appena andata a farsi benedire perché lei. 
«Lo so—…» rispose lui allentando di poco la presa sulle proprie braccia mentre il tono di voce venne interrotto da un sospiro. «Potrei aver commesso un errore.»
Quell’ammissione, tanto inaspettata quanto gradita da Eryn, la fece ricredere, ancora una volta, su tutto ciò che aveva anche solo teorizzato in quel momento. Non era una persona cattiva, alla fine aveva davvero un cuore ed un codice d’onore che non poteva tradire per una ricompensa e quelle parole, così forzate ma colme di verità, ne erano la pura dimostrazione. 
Probabilmente Speed rimase così a bocca aperta che fu un vero miracolo il fatto che lui non potesse vederla in faccia, essendo lei di spalle. 
«Intendi per—…» provò ad accennare la biondina. 
«Per il bambino. Non avrei dovuto consegnarglielo.» 
E stranamente si sentì meglio quando quelle parole giunsero al proprio orecchio, perché a quanto pareva non era davvero così pessimo come, fino a poco prima, aveva pensato. Alla fine anche lui aveva una coscienza e si era ricreduto, non poteva rimanere insensibile dinnanzi ad un bambino consegnato nelle mani sbagliate, ovviamente, e per questo motivo Speed smise di opporre resistenza e socchiuse leggermente gli occhi, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo. 
Lui era un cacciatore di taglie non un uomo cattivo e senza scrupoli, anche se magari con le taglie non era così, ma in quel caso non era stato giusto ed aveva capito di aver commesso un grave errore e questo la fece sentire decisamente meglio. 
«Hai visto? Il mio intuito femminile aveva ragione: fare affari con l’impero non porta a niente di buono anche se ti riempiono di beskar.» rispose a sua volta in un sussurro mentre la presa sulle proprie braccia si fece più lenta fino a lasciarla andare, così che Speed potesse finalmente liberarsi da lui. 
«Devi per forza sottolinearlo?» le domandò, allora, il Mandaloriano decisamente poco propenso agli scherzi in quel momento. 
Lentamente, seppur nell’ombra, ecco che Eryn si voltò ritrovandosi a fronteggiare la figura di Mando. Si toglievano parecchi centimetri di differenza, ma in quel caso, erano più vicini di quanto non fossero mai stati. Seppur al buio poté notare il beskar della nuova armatura brillare, ma la propria attenzione venne dirottata in direzione del suo casco, sperando, quasi inconsciamente, di poter vedere attraverso quel vetro che lo proteggeva da chissà quanti anni.
«Sì, perché tu sei testardo e non mi vuoi stare a sentire—… però adesso sei qui. Hai cambiato idea e l’importante è questo.» 
«Già—…» mormorò a bassa voce lui prima di lasciarsi andare ad una breve ma intensa pausa. «Che cosa ti ha fatto l’Impero, Speed?» 
Quella domanda, decisamente inaspettata, la lasciò senza parole al punto che sbattè più volte le ciglia prima di riuscire a riprendersi. Era davvero così evidente che l’impero le avesse fatto qualcosa? Forse sì, probabilmente perché si era lasciata sfuggire quella sorta di apprensione prima della partenza, ed allora ecco che la ragazza indietreggiò, quasi a voler mettere una certa distanza fra di loro, per via del nervosismo. 
«L’Impero non fa mai nulla di buono—…» mormorò lei anche se, in quel caso, era rimasta sul vago per non destare sospetti.
L’Impero l’aveva cresciuta, l’aveva spinta verso il lato oscuro, l’aveva abbandonata a Korriban e l’aveva costretta a diventare qualcosa che Eryn non sarebbe mai voluta essere. La sua era stata sopravvivenza ed il male che aveva fatto, quando era stata una Sith, non sarebbe mai potuto essere cancellato, però, a conti fatti, nessuno avrebbe mai potuto comprenderla. Neanche uno come lui, anzi, se ricordava bene la storia dei Mandaloriani erano stati in guerra con l’Impero per tanto tempo. 
No, Mando non l’avrebbe di certo compresa, quindi era meglio non dire nulla e rimanere nell’anonimato. 
«Sì lo so, ma cosa hanno fatto a te?»
«Chi lo sa, forse non mi ha fatto nulla—…ma non importa, adesso dobbiamo solamente cercare di capire come tirare fuori il bambino.»
Lui esitò, come del resto faceva sempre quando qualcosa non gli andava bene, questo lo aveva iniziato a capire anche lei, ed alla fine annuì impercettibilmente. 
«Il tuo è lo sguardo di chi ha visto qualcosa di brutto, però hai ragione dobbiamo pensare al bambino.»
Speed ebbe qualche secondo di esitazione per via delle parole del Mandaloriano, tremendamente veritiere, ma alla fine trovò la forza per annuire di nuovo.
«Già. Allora ho contato più guardie di quelle che ci sono normalmente, sicuramente perché devono tutelarsi, quindi potremmo entrare da—…»
«Potremmo entrare? Noi?»
Questa volta fu il turno di Speed nell’esitare, inarcando un sopracciglio nell’espressione più scettica di sempre. 
Pensava davvero di lasciarla indietro giunti a questo punto? Allora non aveva capito nulla. 
«Ovvio, noi!»
«E’ troppo pericoloso, lo sai.» replicò secco il Mandaloriano che non sembrava voler ammettere repliche. Ma in quel caso ci sarebbero state. 
Eccome. 
«Mando—… smettila. Come se queste irruzioni in ambiente nemico mi spaventassero. Ero apposta qui prima ancora che arrivassi tu.»
«Se lo farai anche tu sarai fuori dalla Gilda, Speed, rifletti. E’ davvero questo quello che vuoi?» 
Se voleva sorprenderla con poche e semplici domande ecco che Mando ce la stava mettendo tutta perché, per l’ennesima volta, quella domanda che la spiazzò completamente la colpì in pieno petto costringendola a rimanere in silenzio per qualche istante di troppo. Allora la stava a sentire ogni qual volta parlava, le prestava attenzione ed a modo suo si stava preoccupando per il futuro di lei e quello lo aveva reso, ancora una volta, ben più interessante di chiunque avesse incontrato fino a quel momento. 
«Esisteranno altre gilde di cacciatori di taglie, giusto? Oppure potrei mettermi in solitaria e—… e trovare altro da fare. Ci avevo già riflettuto mentre venivo qui e sinceramente non fa nulla, questo è più importante.»
Sussurrò quell’ultima parola anche perché, stranamente, sentì un colpo al cuore, perché se al posto di quel bambino ci fosse stata lei, come era accaduto anni addietro, avrebbe davvero voluto essere salvata. Ed aiutare quel piccolo equivaleva a dire togliere un possibile strumento all’Impero, anche se non sapeva che cosa gli avrebbero potuto fare. 
E poi, anche quello, probabilmente, faceva parte del suo percorso per redimersi, seppur non volesse ammetterlo apertamente. 
«D’accordo, intanto pensiamo ad entrare nella struttura imperiale, il resto lo vediamo successivamente.» commentò il Mandaloriano annuendo a sua volta in direzione della ragazza e seppur la luce fosse esigua Speed riuscì ad intravedere il lucente beskar compiere quel movimento.
«Spero solo che tu non voglia improvvisare perché di solito quando si improvvisa va tutto male.» lo rimbeccò la ragazza a bassa voce lasciandosi sfuggire l’ombra di un sorrisetto.
Così, senza aggiungere altro, quasi in maniera automatica, entrambi si misero in marcia per organizzare quella che sarebbe stata l’irruzione più problematica di sempre, nella speranza di poter salvare in tempo il bambino. In questo frangente di eventi il tempo era fondamentale e non potevano rischiare di farselo portare via, anche perché non sapevano per quanto l’avrebbero tenuto li. 
Dovevano agire ed anche in fretta. 

All'interno della base Imperiale

Din si sentiva stordito da tutto quello che aveva fatto e che stava sentendo dentro di sé. Si era sempre ripromesso di non essere sentimentale e che, una volta indossato la maschera di Mandalor non avrebbe più dovuto mostrare quel che sentiva, ma l’ansia, in quegli attimi, era decisamente troppa. 
Aveva fatto un errore, probabilmente il più grande della sua vita, ed adesso ne stava pagando le conseguenze, o meglio, stava cercando di risolvere in qualche maniera quella situazione che di per sé sembrava catastrofica. Lui era il migliore cacciatore di taglie perché portava i prigionieri, li trovava sempre ed alla fine li prendeva vivi oppure sotto al freddo. Non si faceva mai scrupoli quando si trattava di un ricercato, di un evaso, o di qualsiasi altra persona la cui fedina penale non era esattamente la migliore di sempre. Ma in quel caso era stato tutto diverso: aveva ottenuto il beskar, una nuova migliore armatura e l’armatrice gli avrebbe addirittura voluto dare un proprio sigillo, ma Din Djarin non meritava nulla di tutto ciò. Non meritava le occhiate invidiose della gente mentre camminava con la sua nuova scintillante armatura, non meritava la gratitudine di Karga, non meritava neanche la riconoscenza del Cliente, e soprattutto non sentiva di meritare l’aiuto che in quel momento Speed gli stava donando. Avrebbe portato in salvo il bambino a qualsiasi costo e si era preparato a farlo da solo, deciso ad infiltrarsi nella base, sparare a chiunque ostacolasse il proprio cammino, e poi uscire alla meno peggio, correndo verso la propria nave. Ma poi, in quel vicolo, non troppo lontano dove era stata abbandonata la capsula in cui lo aveva trasportato fino ad allora, ecco che aveva visto lei, pronta sicuramente a biasimarlo per ciò che aveva fatto, ma nulla di tutto ciò era uscito dalle labbra di Speed, che anzi, si dimostrò pronta a donargli il suo aiuto, anche se questo voleva dire una sola cosa: guai con la Gilda ed ovviamente anche con l’Impero. Da li gli era sorto il dubbio più grande: che cosa le era successo? Che cosa doveva averle fatto l’Impero viste le sue parole e quello che lei chiamava “intuito femminile”? 
Din non era esattamente capace di capire le donne, ma sapeva riconoscere quando qualcuno doveva avere affari in sospeso con qualche altro, e quello era ciò che Speed sembrava trasmettergli in quell’istante. Qualsiasi cosa fosse, però, sembrava ben disposta a fargliela pagare o per lo meno ad ostacolare i loro piani e questo andava più che bene e poi la biondina aveva detto che prima o poi gliene avrebbe parlato. 
Così avevano fatto un accordo prima di fare irruzione nella struttura degli Imperiali. 

«Collaboriamo fin quando il bambino non sarà al sicuro, va bene?»
«Ci sto.» 
«Perfetto, pensavo sarebbe stato più difficile convincerti, Mando.»
«Non sono in vena di patteggiamenti complicati, Speed.»
«Quindi sei davvero preoccupato per quel bambino.» 
«Non esageriamo. Non—… voglio che gli succeda qualcosa di brutto.»
«Per questo è necessario sbrigarci. Quindi che si dia inizio alla collaborazione.» 


Non aveva esitato neanche per un istante nell’accettare la collaborazione, anzi, stranamente si era ritrovato ad accettarla anche con troppa facilità, di solito lui rifletteva e lo faceva anche con attenzione, ma quella volta era stato avventato e non si pentiva, forse perché sentiva che di lei, in fondo, poteva fidarsi e che il suo voler portare in salvo il bambino non nascondeva nessun doppio fine.
Lui si stava mettendo in gioco perché quello era un proprio errore e sapeva fin tropo bene che venir meno ad un accordo con un qualche cliente voleva dire mettersi nei guai con la gilda e questo destino attendeva anche la ragazza, ed un po’ gli dispiaceva. Magari, se solo fosse stato possibile, in qualche modo si sarebbe preso tutta la responsabilità così da evitarle problemi. 
Maledizione, da quando iniziava a preoccuparsi degli altri al di fuori di sé stesso? Era una cosa stupida e che lo riempiva d’ansia, oltre che costringerlo a rimuginare, fin troppo, su tutta quella situazione.
E poi, dopo essersi accordati, ecco che fecero irruzione nella piccola sede dell’imperiale circondata da assaltatori. Fu meno complicato del previsto, anche perché due pistole blaster erano ben meglio di una, e finalmente, durante quegli scontri a fuoco, poté constatare che effettivamente la mira di Speed era parecchio buona e che, nonostante agisse un po’ troppo d’impulso, ci sapeva fare nello stendere i nemici, anzi, gli aveva addirittura coperto le spalle evitando il colpo di un assaltatore non del tutto steso, freddandolo prima che lui potesse attaccarli di nascosto. 
Nessuno di loro due sapeva come muoversi ed i loro scambi di parole si limitarono a cose del tipo “da questa parte” oppure “di la”. Solo una volta le disse, seppur sussurrato, “fai attenzione”, ma a quanto pareva anche lei sapeva ciò che faceva quindi era chiaro che facesse attenzione anche nel muoversi in mezzo a quei corridoi sconosciuti. 
Alla fine trovarono il laboratorio, od almeno, questo fu ciò che si presentò dinnanzi ad i loro occhi dietro quella porta che aveva nascosto il piccolo per troppo tempo. Mando lo vide rinchiuso in una sorta di macchina che lo stava analizzando, anche se dalla sua espressione forse gli provocava addirittura dolore, ed il medico, quello che lo aveva studiato fin dal primo momento in cui era giunto fin li, spaventato sollevò un tablet per difendersi, come se quello fosse possibile. 
«Che cosa gli stavate facendo?!» fu tutto ciò che riuscì a dire in preda alla rabbia, pentendosi sempre di più di aver abbandonato quel bambino nelle mani tanto sbagliate quali quelle dell’Impero. 
Lo spinse via, così da allontanare chiunque osasse toccarlo per fargli del male, e mentre armeggiava con la macchina ecco che vide Speed guardarsi intorno alquanto preoccupata. 
Sì, ormai sapeva riconoscere gli sguardi della paura o della preoccupazione  e lei sembrava avere proprio quegli occhi, così fu costretto a riportarla alla realtà in modo tale che non abbassasse la guardia, qualsiasi cosa le fosse successo. 
«Speed, tutto bene?
» le domandò conscio che non gli avrebbe di certo risposto con la verità.
Ed infatti gli occhi scuri di lei, mentre vagavano sulla grande sala del laboratorio, ecco che alla fine si poggiarono dapprima sul bambino ed alla fine su Din, intento a liberarlo.
«Sì, ci sono.
» mormorò lei in risposta, andando addirittura ad annuire per sottolineare il concetto. 
«Prendilo tu, d’accordo? 
»
Gli sembrò la cosa giusta da fare, lasciare che fosse lei a portarlo ed a prendersi cura del piccolo mentre lui si limitava ad aprire la strada, pronto per tornare indietro verso la sua stessa nave. E così, dopo aver sganciato finalmente il piccolo, Din lo passò a Speed che lo prese fra le braccia e la sua espressione passò dall’essere terribilmente preoccupata a quella serena di chi aveva appena incontrato qualcosa di estremamente bello e piacevole. Lui, da dietro il suo casco, li guardò qualche secondo di troppo, quasi assorto da tutta quella tranquillità, ma alla fine si destò ancor una volta, conscio che il loro lavoro, li dentro, era appena iniziato. 
Intanto avevano salvato il bambino, il resto era tutto da vedere.
   
 
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