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Autore: shilyss    29/01/2020    25 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 7

 

Sacrilegio. Una parola che sapeva di sale ed era rimasta attaccata addosso a Loki durante tutto il viaggio in drakkar, incollandosi alla pelle e all’anima. Aveva affrontato a viso aperto l’idea di portarla via dalla sua casa reclamandola in nome di un patto non mantenuto – cosa sarebbe diventata, allora? Una concubina, una protetta o che altro? – ma quel sacrilegio cui lei faceva riferimento non era nulla rispetto all’altro veto, insormontabile e spaventoso. La fissò scuotendo la testa e ridendo tra sé. Sigyn, ignara di tutto, lo guardava con un misto di paura e disprezzo. Gli aveva risposto a tono, ma al giovane ingannatore non era sfuggito come la ragazza avesse spostato il discorso dal piano generale a quello particolare. Lui parlava degli Æsir, lei di loro due. Di più, aveva ravvisato delle intenzioni irriverenti e scortesi nello sguardo feroce che le era scivolato addosso la sera in cui l’aveva pretesa. “Non siamo così barbari come credi, piccola Vanir. Come tu non sei ancora un’ancella,” puntualizzò con voce roca, tentando di piegare la realtà con le parole e scacciare via i pensieri scomodi e inopportuni che lo assalivano, indegni del principe che era.

Avrebbe potuto rimetterla al proprio posto negando ogni cosa e tacciandola d’essere una bambina con la testa tra le nuvole che aveva letto troppi poemi. Preferì non farlo. La scelta gli provocò un brivido particolare, lo stesso che lo scuoteva qualche istante prima di affondare i suoi pugnali affilati nella carne degli avversari, recitare un incantesimo, compiere una malefatta.

Tutto intorno a loro il sole che s’inabissava nel fiordo spandeva una luce rossa e dorata capace di donare sfumature di colore inaudite alle acque gelide che circondavano Asgard, alle montagne che la proteggevano e in mezzo cui s’insidiava il mare.

La ragazza non poté fare a meno di soffermarsi nuovamente sull’incanto di quella terra aspra, selvaggia e bella come nessuna, che in quelle ore stava imparando a conoscere e ad ammirare, suo malgrado. Alcuni tamburi lontani, accompagnati da un coro di voci maschili e femminili, annunciavano che i festeggiamenti per il ritorno di Odino erano già cominciati. Strinse le labbra. “Avrei giurato alla fine dell’estate, se non vi fosse venuto in mente di prendermi in ostaggio.”

Loki non parve colpito dall’accusa. “Non è solo colpa nostra.”

“Pago comunque per gli errori degli altri,” insistette lei, distogliendo l’attenzione dal tramonto per spostarla sull’Ase. Il senso di colpa la stritolava. Non aveva nemmeno avuto modo salutare Astrid e le altre sorelle. Pensò alla quiete familiare del tempio, dove le giornate venivano scandite da sempre con un ritmo uguale a sé stesso. A quell’ora si iniziava a pregare per poi a cantare fino all’ora di cena. Ci sarebbe stato un posto vuoto – il suo – e ogni compagna avrebbe rivolto un pensiero a lei, che, lontana da quel luogo di pace e virtù, stava perdendo la benevolenza degli Antenati mancando ai suoi doveri.

“Tutti paghiamo per le scelte degli altri,” sentenziò Loki interrompendo bruscamente i suoi pensieri.

Lei inarcò un sopracciglio. “Anche un principe di Asgard?”

L’Ase pensò a quando lo avevano steso su un tavolaccio per ricucirlo – all’alcool ingollato per stordirsi e attenuare il dolore, ai due guaritori che lo tenevano fermo mentre un terzo cercava di salvargli la vita, alle grida soffocate. Con una mano sfiorò la parte della corazza di pelle sotto cui c’era ancora la cicatrice. Non si era mai sentito così vivo come nel momento in cui la morte lo aveva accarezzato con le sue dita e, ogni tanto, sentiva la necessità di accertarsi che la cicatrice fosse ancora lì, dove l’aveva lasciata.

“Più di quanto pensi. Se la nostra intenzione fosse stata fare di te una schiava o disonorarti in qualche modo, lo avremmo già fatto,” concluse, per fugare quell’ombra di terrore che le velava lo sguardo da giorni e che, fino ad allora, aveva trovato tutto sommato divertente mantenere viva.

Sigyn si rilassò appena, tanto da dare modo a Loki di cogliere distintamente il sospiro di sollievo che seguì la rivelazione. Studiando il profilo delicato della ragazza, pensò che lei avrebbe dovuto sapere tutto, ogni cosa, compresa la maniera in cui Odino intendeva fugare ogni dubbio sull’esistenza della scintilla.

Sacrilegio. Di nuovo quella parola gli seccò il palato, ma aver desiderato di volerla per sé non equivaleva a disonorarla. Per colpa della maledizione, non poteva più nemmeno prendere in considerazione l’idea di corteggiarla fino a farla capitolare per il gusto becero e irrinunciabile, quello sì, di conquistare l’ancella che lo fissava con disprezzo. Un giorno, Sigurdr avrebbe finito comunque col considerarla peggio di una prostituta, iniziando una fitta corrispondenza a senso unico con Loki fatta di insulti, suppliche, minacce e promesse, ma non era ancora il tempo.

S’infilò due dita nel colletto della corazza intrecciata per allentarlo e respirare meglio, scacciando la fastidiosa sensazione di avere il respiro mozzato che lo perseguitava dal fatidico banchetto dei Vanir. L’interessante gioco cui si era prestato quando aveva deciso di accostarsi a Padre Tutto chiedendo lei si stava trasformando in qualcosa di tremendamente complicato – in una rete che lo avrebbe stretto nelle sue maglie fino a stritolarlo – ma questo, Loki era troppo spavaldo e sicuro di sé per immaginarlo.

 

Quella notte Sigyn rise davanti al fuoco, ma non ballò. Spinto da Frigga, Balder, che all’epoca era solo un bambino, le si era avvicinato per mostrarle alcuni dei suoi giocattoli. La ragazza si lasciò distrarre dalle figure intagliate nel legno del più giovane dei principi di Asgard e finì per rigirarsi tra le dita una deliziosa statuina che raffigurava un cavallo differenziandosi però dalle altre. La mano che l’aveva intagliata era dotata di un certo talento artistico, decise. L’animale era rappresentato in una posa dinamica, con le zampe anteriori sollevate e la criniera mossa da un vento invisibile. Le ricordò certi poemi che parlavano di eroi che sconfiggevano mostri, ma non solo: la figura intagliata le suggeriva una sensazione di libertà. Fece scorrere i polpastrelli sul fianco del cavallo.

“Me l’ha fatto mio fratello,” s’inorgoglì il bambino. Sigyn glielo rese, intuendo che si dovesse trattare di un regalo molto amato, forse raro.

“Quale?” chiese, ma nel suo cuore conosceva già la risposta. Lo aveva visto aggiustare e pulire, con le sue dita svelte e abili, astrolabi e altri strumenti utili alla navigazione[1].

“Loki,” confermò Balder, distratto e felice di riavere il giocattolo.

La ragazza alzò gli occhi cercandolo tra la folla, oltre il falò che guizzava di fronte a lei, tra le ombre degli invitati ubriachi e curiosi. La sua figura alta e slanciata, sempre così diritta e fiera, non c’era da nessuna parte. Sigyn strinse le labbra. Il dio dell’inganno la spiazzava. Di più, la confondeva per via della sua natura infida, brillante, sempre portata alla doppiezza. Le sue frasi affilate e secche dimostravano un’intelligenza acutissima, cui si sposava un talento per le arti magiche che era leggendario. Di lui si dicevano troppe cose e lei temeva che fossero vere tutte quante – Loki si crogiolava palesemente in questo, sfoggiando con abilità i panni del principe e del predone, del mago e del guerriero: troppi contrasti fusi in una sola persona capace di trafiggerla con lo sguardo e donarle, un momento dopo, il suo mantello di pelliccia. Lo detestava e non avrebbe più ripreso in mano il cavallino di legno, ma si accorse che il fatto di non sapere dove fosse la rendeva meno sicura di sé e tesa. Si disse che aveva bisogno di tenerlo d’occhio perché non si fidava di lui, capace di tagliare la gola di un nemico col sorriso sulle labbra e, poco dopo, costruire un giocattolo per un bambino. Si figurò la scena dell’ingannatore che si sedeva accanto al fuoco a raccontare storie mentre, con uno dei suoi coltelli affilati, lavorava il legno con fare sicuro, ritrovandosi a tremare sotto il manto nero che ancora indossava.

 

Sigyn non poteva saperlo, ma in quel preciso istante Loki stava parlando di lei. Al riparo da sguardi indiscreti, ragionava con Padre Tutto su come accertarsi che possedesse davvero la scintilla. La sensazione acuita dal seiðr che infiammava le vene di entrambi andava appurata in via ufficiale. Una volta fatto ciò, bisognava occuparsi rapidamente dell’assurda promessa di Sigurdr.

“C’è un antico manoscritto che parla del rito e della promessa. Consultalo – dovrai tradurlo, è scritto in rune più antiche delle nostre,” suggerì Odino, imperscrutabile nella penombra.

Loki annuì. Era naturalmente portato per lo studio e l’idea di cimentarsi nell’analisi dei testi più antichi di Asgard lo entusiasmava, ma era pensieroso e inquieto. Mosse un passo in avanti, nel buio. “Potrebbero volerci giorni. Che ne faremo di lei, nel frattempo?”

Anche il suo volto affilato era oscurato dalle tenebre notturne, ma il re degli Æsir, col suo unico occhio, era capace di scavare fin nel cuore di quel figlio che gli assomigliava in maniera dolorosa.

“Potrà servire i nostri altari, per ora.”

L’ingannatore piegò le labbra in una smorfia di fronte alla risposta laconica. Così Sigurdr in qualche modo avrebbe vinto, e del suo piano originario, già mutato e distorto all’inverosimile, non sarebbe rimasto davvero più nulla. Per un mago come lui la traccia lasciata dalla scintilla era come un irresistibile profumo che si spandeva nell’aria, ma era stato lo sguardo sfrontato e offeso di Sigyn a rendere stuzzicante l’idea di gettare il caos nell’ordinata vita di quella contessina che riteneva un grande onore l’essere rinchiusa a vita tra quattro mura a respirare incensi e a pregare. Voleva che si sporcasse col mondo e smarrisse ogni sicurezza. Il cuore di Loki era fatto anche di questo: di sussulti oscuri e di ragionamenti così affilati da tagliare più di un coltello – che affronto sarebbe stato, per quell’alleato pavido e bugiardo, sapere che la sua figlia più giovane era nelle sue mani, sola, nella fredda e feroce Asgard che dominava sui fiordi. Il vestito di lei, rosso e attillato sul seno e sulla vita stretta, lo aveva fatto indugiare in pensieri sfacciati, che la sdegnosa ritrosia di Sigyn e il suo essere quasi un’ancella rendevano solo più interessanti. Era prima di sapere che era stata condannata a un destino atroce, ma quando Sigurdr aveva parlato rivelandogli l’orribile patto, l’unica cosa che Loki aveva potuto fare era stata strapparla comunque via da quel destino in nome delle leggi di Bor, del buonsenso, della malizia. Ma ora che l’aveva portata con sé ad Asgard cosa fare di lei, come e quando dirle cosa l’aspettava? Odino pareva intenzionato a non rivelarle nulla, trattando la ragazza come l’ennesima reliquia rubata a un popolo che non si era piegato abbastanza di fronte al suo potere, ma lui, che incontrava quegli occhi grigi tutti i giorni ricacciando in gola ogni desiderio inopportuno era davvero del medesimo parere?

 

No. Come succedeva ormai sempre più spesso, il giovane comandante della cavalleria degli Æsir non condivideva le scelte spesso fin troppo conservative del padre. In questo aveva un alleato in Thor, sempre pronto a dare battaglia e a intervenire dove fosse necessario – ed era sempre necessario, per lui, si ritrovò a pensare con un moto di fastidio.

“Così suo padre tirerebbe un sospiro di sollievo. Saperla ancella qui o a Vanheim non gli farà alcuna differenza,” constatò con una punta di dispetto nella voce. “Ci considererà deboli, padre.”

Il re non raccolse la provocazione. “È maledetta. Non c’è posto migliore, per lei.”

E poi, pensò Loki, agli Æsir serve la scintilla. “Tu credi che esista un modo per salvarla?”

“È comunque un nostro dovere provarci. Le leggi ce lo impongono.” Il vecchio sovrano sospirò. “Non è tua, Loki. Non guardarla come se lo fosse.”

La replica del principe cadetto fu rapida e sfrontata. “L’ho guardata come la concubina che avrei dovuto prendermi per la promessa mancata di suo padre. E tu eri d’accordo proprio perché avremmo potuto sfruttare la sua scintilla. Ma era prima di sapere della promessa. Niente di più. Non ti fidi del mio buonsenso, padre?” ironizzò allargando le braccia. “Non sono senza controllo come altri, che non conoscono il senso della misura,” concluse senza nascondere una punta di risentimento.

Odino replicò stancamente. “Loki, a chi ti riferisci, di grazia?”

L’ingannatore s’inumidì le labbra. “A nessuno,” mentì con un brivido, perché ogni contrasto che s’instaurava tra lui e il genitore aveva il potere di fargli tremare le vene dei polsi, come se l’affetto e la stima di Padre Tutto fossero qualcosa di non necessariamente scontato. Le altre parole, quelle che avrebbe dovuto dire e che, un giorno avrebbe pronunciato davvero, rimasero a vorticare nella sua testa. A Thor. Che giustifichi e proteggi sempre nonostante le sue intemperanze.

 

Loki e Odino non si dissero nient’altro. Tra loro rimase un discorso sospeso, un’incomprensione velata d’amarezza che nessuno dei due aveva il desiderio di affrontare. Lingua d’Argento tornò a mescolarsi con gli ospiti del banchetto. Reggeva un corno d’idromele con cui cercava di scacciare la tensione dell’ennesima discussione quando incrociò Sigyn. Balder le saltellava intorno reggendo i suoi giocattoli e lei, vedendolo, s’irrigidì, come sempre. Lo scrutò aggrottando la fronte e spostando lo sguardo dal suo volto visibilmente tirato all’alcool.

“Non sarai ubriaco, spero.”

“Che carina! Ora ti preoccupi per me,” ironizzò beffardo. “Noi Æsir reggiamo bene l’idromele. Vuoi assaggiare?” propose offrendole il corno. Balder gli si mise di fianco, perché i suoi fratelli maggiori esercitavano, su di lui, un fascino tutto particolare. Provava una soddisfazione inaudita nello stare loro accanto e nell’osservare da vicino le placche delle armature decorate con lupi e draghi marini, le else luccicanti e ben lucidate di asce e pugnali e spade.

Sigyn deglutì. “Le ancelle non bevono. Credevo te ne fossi accorto,” alluse, riferendosi ai giorni in cui Sigurdr li aveva ospitati.

“Avanti, assaggiane un sorso. Ci sono sacrilegi peggiori da commettere,” insistette l’Ase sfoderando il migliore dei suoi sorrisi laterali. “Ti scalderà.”

Lei scosse la testa. “Mi confonderà,” decise, e Loki si soffermò sulle ciocche d’oro che le sfioravano le guance, il collo e il seno che intuiva sotto l’abito.

“Se anche fosse,” le spiegò con voce roca, “non potrei farti nulla. Odino ha deciso. Da domani potrai pregare quanto vorrai presso i nostri altari.”

Sigyn, sorpresa, non replicò e accettò il corno, avvicinando le labbra al bordo. Lasciò che il liquido le bagnasse appena, assaporando così l’idromele corposo e forte a un tempo. L’ingannatore non aveva smesso di fissarla come se volesse rapirla di nuovo, ma non fece nulla, allontanandosi con la scusa che doveva studiare certe carte.

 

Il giorno dopo, Loki la vide mentre pregava presso l’altare, avvolta in un abito di lana candido come la neve, come si confaceva alle ancelle del suo rango. Dopo il giuramento il colore da indossare sarebbe stato diverso, cambiando a seconda del rango di appartenenza. Si appoggiò a una colonna e rimase a guardarla, osservandola mentre si muoveva tranquilla, priva di quel fuoco che aveva spesso mentre gli parlava. Era serena. Non fece nulla per richiamare la sua attenzione, ma decise con un sospiro esausto che avrebbe fatto di tutto per togliersela dalla mente. Gli girava la testa dalla stanchezza, i suoi occhi erano cerchiati di scuro e non aveva fatto altro che trascrivere e tradurre rune illeggibili e, soprattutto, inutili, scritte su pergamene mezzo divorate dai topi. Nonostante i buoni propositi, sentiva la necessità impellente di continuare a cercare, in mezzo ai libri e alle incisioni del tempo che era stato, una traccia, una soltanto, che gli indicasse come agire per spezzare la maledizione. Sigyn non si accorse della sua presenza. Si voltò verso la colonna presso cui Loki aveva sostato solo dopo che lui se n’era andato.

 

 

Erano passati anni da allora. Balder uscì dalla consueta visita mattutina fatta a sua madre con il volto scuro per la preoccupazione. Loki e Thor non erano ad Asgard e, a detta di Frigga, non si vedevano dalla sera precedente, dopo che Padre Tutto aveva annunciato l’intenzione di nominare a breve e in via ufficiale il suo erede diretto. La notizia improvvisa era riuscita a scuotere il palazzo fin nelle sue fondamenta. Nell’ascoltare la novità, Thor si era alzato dalla sedia proponendo un fragoroso brindisi e riempiendo il corno suo e quello di Loki d’idromele fino all’orlo. Al fratello preferito aveva passato un braccio attorno al collo e dato una violenta pacca sulla spalla, dicendo che sarebbe stato un re magnanimo, capace di tollerare tutte le sue bravate. L’ingannatore, sorpreso dalla decisione paterna e forse già perso nei suoi vorticosi ragionamenti, sul momento si era limitato a stirare le labbra in un ghigno breve. Solo dopo qualche istante e con la gola scaldata dall’alcool aveva replicato con arguzia alla sicurezza di Thor. Certo, lui poteva stringere tra le mani una delle più potenti reliquie che gli Æsir avessero mai avuto, ma impulsivo e spaccone com’era anche con Mjollnir avrebbe fatto ben poco. Magari era lui, Loki, colui che avrebbe governato Asgard in futuro.

“Non ci contare troppo, fratellino,” era stata la risposta di Thor

L’ingannatore roteò platealmente gli occhi. “Con te Asgard sarebbe in guerra un giorno sì e l’altro pure. Immagino già i disastri che mi toccherebbe sistemare dopo,” scherzò. A un osservatore molto attento non sarebbe sfuggito lo sforzo che il principe cadetto stava facendo per sfoggiare una tranquillità che, certo, in quel momento non gli apparteneva. Sapeva di essere stato spregiudicato. Era consapevole che il fatto di non riuscire a impugnare Mjollnir era un punto a suo sfavore nella nomina a futuro re. Padre Tutto gli riconosceva molte cose – l’intelligenza, l’abilità nel convincere e trattare col prossimo, una spiccata abilità col seiðr che aveva quasi del prodigioso, eppure il suo unico occhio, raramente benevolo, più spesso gelido e feroce, si posava più a lungo e con maggiore soddisfazione su Thor che su di lui. Loki era troppo astuto per non averlo notato da tempo; solo, si era sforzato di razionalizzare quell’impressione, cercando ovunque prove che la convalidassero o la smentissero. Dal loro padre suo fratello aveva ereditato il corpo massiccio e poderoso, i lineamenti del volto, i colori. Inoltre, anche se per pochi mesi, vantava i diritti tipici dei primogeniti. La sua somiglianza con Odino, invece, era prettamente caratteriale e interessava sia certi atteggiamenti esteriori come il modo di guardare, ridere o bere, sia i gusti più profondi, le preferenze a tavola, il modo di ragionare, l’abilità nel ferire il prossimo, anche. Condividevano gli stessi difetti ed entrambi ne erano più che consapevoli.

Sia Loki che Thor fremevano da tempo, premendo affinché il genitore si risolvesse nello scegliere il più degno tra loro. In questo modo, Asgard avrebbe potuto iniziare finalmente una nuova era. Da troppo tempo Padre Tutto governava puntando a conservare il suo potere anziché accrescerlo: si era fatto cauto e andava dicendo che il compito degli Æsir non era espandere i propri commerci fino ai confini dei Nove Regni e anche oltre né di raccogliere – razziare – nuove reliquie, ma di garantire la pace e la prosperità propria e degli alleati. I principi pensavano che questo ragionamento fosse un segno inequivocabile che il loro padre fosse stanco e troppo vecchio per governare. Di più, era una decisione egoista: Odino aveva avuto modo di sfogare la sua sete di conquista combattendo per una vita intera e fermandosi solamente dopo l’ultima, terribile, guerra contro re Laufey, quando già da molti anni ricopriva il ruolo di sovrano e condottiero ed era divenuto un genitore A loro, ai suoi figli che aveva tirato su per essere re, negava il piacere e il dovere di combattere semplicemente perché lui non amava più farlo. I due fratelli negli ultimi anni si erano scontrati fin troppo spesso con l’augusto e severo dio delle forche su questa stessa questione: scalpitavano per agire e venivano tenuti faticosamente a freno dall’autorità paterna. La dolorosa vicenda che aveva riguardato Sigyn, poi, aveva esasperato soprattutto l’animo di Loki, lasciando che un’amarezza senza fondo gli infettasse il petto. Per reclamarla e impedire che il suo destino tremendo si compisse era sceso fin dove le radici dell’Yggdrasill traevano nutrimento. Aveva dato prova di essere un maestro nell’uso del seiðr, riuscendo a recitare un incantesimo così oscuro e potente che persino Odino ne era rimasto colpito e spaventato. Di nuovo, non si era tirato indietro di fronte alla necessità di versare il proprio sangue per Asgard, seppure tutelandosi il più possibile grazie alla sua lingua svelta e arguta, ma tutto questo non era bastato né a sollevare Mjollnir né a essere degno agli occhi del suo re, anzi. Sarebbe stato meglio agire nell’ombra.

Da quando Sigyn se n’era andata, Loki non l’aveva più cercata né nominata. Inizialmente, Thor si era sforzato di convincerlo a indagare meglio sui motivi di quella che a lui sembrava più una fuga che una decisione ponderata con cura. Si era persino offerto di aiutarlo nella ricerca: erano o no fratelli, alleati, amici? Loki, con la voce secca di chi non ammetteva repliche e il tono deciso che aveva rubato a Odino, gli si era avventato contro invitandolo a farsi i fatti propri. Lei – si era guardato bene dal pronunciarne persino il nome – non significava assolutamente niente. L’aveva presa come ostaggio, un tempo, ma lui non vestiva i panni del suo carceriere. Era libera di andarsene quando e come voleva. Ed era ciò che aveva fatto. Era seguita una breve rissa da cui entrambi erano usciti con qualche livido e un paio di ferite lievi.

Di tutto questo, Balder il Buono aveva colto solo il desiderio di primeggiare dei due scaltri e scalmanati principi. Crescendo aveva scoperto di comprenderli sempre meno e, nonostante li cercò a lungo, non riuscì a trovarli da nessuna parte. Immaginò che avessero deciso di festeggiare l’imminente decisione a modo loro, cimentandosi in qualche impresa folle e pericolosa che sarebbe valsa loro il biasimo e la meraviglia di tutti. Non pensò a Sigyn né alla storia che la riguardava e nemmeno alle conseguenze che la scelta di un erede avrebbe causato a tutti loro.

 

Continua…

 

 

 

Amore, quando ti diranno

Che ti ho dimenticato,

e anche se sarò io a dirlo,

quando io te lo dirò,

non credermi.

(Pablo Neruda)

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e Lettori,

Eccomi, finalmente!

Ullalà! Siamo a un punto di svolta, ve ne siete accorti? Il prossimo capitolo sarà anche PoV Sigyn, vi avverto.

Allora, ricapitolando: Loki voleva prendersi come concubina l’ancella Sigyn. Lei aveva la scintilla, ma meglio così. Odino era d’accordo – sarebbe stato un sacrilegio, ma non gravissimo: lei non aveva ancora giurato. La rivelazione di Sigurdr porta tutto su un altro piano. Sigyn è totalmente intoccabile e la scintilla peggiora le cose ♥. Lei ovviamente non sa ancora niente di questo (nel passato) ed è concentrata su ciò che sa. Scusate lo spiegone, ma non avete idea delle fisime che mi sono fatta.

 

Vi ringrazio dal più profondo del mio cuore per aver listato/recensito la storia. Per voi un clic può non essere nulla, ma per un’Autrice significa tantissimo. Bastano undici parole o un clic nelle liste per restituire un po’ della magia che la lettura dovrebbe ispirare a chi scrive.

Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/.  Ah, mi trovate pure su Twitter ;)

Ricordo che Vanheim e il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

Occhio che la settimana prossima torniamo nel 1982: non mancate <3

 

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose,

Shilyss



[1] Come negli scorsi capitoli, sul drakkar.

   
 
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