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Autore: RosaRossa_99_    29/01/2020    0 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Un fascio di luce arrivò dritto ai miei occhi, risvegliandomi lentamente dal mio stato di tranquillità. Strinsi gli occhi, girandomi dall’altra parte con un movimento veloce e arrabbiato. Stavo sognando due occhi, due gemme verdi piene di tristezza e terrore… spalancai gli occhi di colpo, alzando il busto dal letto di scatto

 

“Stef!”

 

Sentii una mano sulla schiena riatterrarmi sul materasso, facendomi finire con la faccia seppellita sul cuscino, cuscino che sapeva del suo profumo così intrigante. Lo inspirai a pieni polmoni per un istante, prima che una voce, la sua voce, mi riportasse alla realtà

 

“Solitamente ti risvegli sempre in modo così tranquillo?”

 

Alzai la testa, girandola verso di lui e trovandolo poggiato sulla spalliera del letto a torso nudo: i lividi ancora freschi gli ricoprivano la pelle, mescolandosi e quasi mimetizzandosi con i tatuaggi. Il suo viso martoriato dai piccoli tagli, l’occhio avvolto da un alone nero, il labbro gonfio e la ferita sullo zigomo ancora aperta, con piccole gocce di sangue. Ma nonostante il suo stato era mozzafiato, i suoi occhi più brillanti del solito, i capelli scombinati che gli cadevano in modo disordinato sul viso, le sue fossette che si fecero spazio sulle sue guance non appena notò il mio stato di trance. Scossi la testa, schiarendomi la voce e cercando di riprendermi dallo shock di questo risveglio. Avevo dimenticato per un attimo tutto quello successo la sera prima, tutto fin quando i suoi occhi non mi ritornarono in testa, pieni del dolore subito. Ero ancora sconvolta, incredula, senza parole. Come ha potuto e può ancora reggere tutto questo? Perché non denunciarlo? Per quale motivo non dire niente dell’incidente di sua madre? Perché suo padre aveva la polizia dalla sua parte? Non pensavo avesse così tanto potere...

 

“Smettila di pensare”

 

Aggrottai le sopracciglia, scuotendo la testa e cercando di scacciare tutte le domande. Di sicuro non era il momento giusto per porgliele

 

“Non lo stavo facendo”

 

Lui alzò un angolo della bocca, facendo un’espressione da “so tutto io”

 

“Mh, come no. Quando sei nel tuo mondo hai sempre quell’espressione persa nel vuoto e inizi a mordicchiarti il labbro”

 

Mi fermai di colpo, realizzando che in effetti era esattamente quello che stavo facendo. Mai nessuno me lo aveva fatto notare ed ormai era talmente un’abitudine a cui non prestavo più caso.

Mi girai su un fianco, cercando di spostare l’attenzione da me

 

“Come stai?”

 

Lui sorrise, scuotendo la testa

 

“Sto bene, Sophie. Niente che non possa gestire. Tra qualche giorno sarà andato tutto via”

 

Mi tirai a sedere con uno scatto, puntandogli il dito contro il petto

 

“Non farla passare come se fosse una cosa normale, perché non la è. Stef non va assolutamente bene, e il fatto che tra qualche giorno, forse, ti sarai ripreso non cambia il fatto che potrebbe succedere ancora e ancora e che tu non lo impedirai. Io non ti capisco! Non capisco perché gli hai detto quelle cose… per farlo arrabbiare ancora di più… che credevi di fare?? Era meglio se mi avesse scoperto! Almeno si sarebbe fermato! Non ti avrebbe ridotto così...”

 

Lui mi prese per il colletto della maglietta, tirandomi a se e facendo scontrare le nostre labbra, zittendomi. Lacrime amare avevano preso a scendermi sulle guance, mischiandosi al suo sangue, che aveva ripreso a fuoriuscire dal labbro, e creando un sapore metallico e salato. La sua bocca si muoveva avida sulla mia, le sue mani serrate sul tessuto della sua maglietta che mi ricopriva il corpo, come se avessero paura che io potessi svanire da un momento all’altro.

Ci staccammo, tenendo le fronti poggiate l’una sull’altra; le nostre palpebre si alzarono lentamente lasciando scontrare i nostri occhi e cercando di calmare i nostri respiri appesantiti

 

“Non potevo permettere che ti trovasse Sophie…”

 

“Perché...”

 

Lui sospirò, rompendo il contatto delle nostre fronti ma mantenendo una presa salda sulla maglietta

 

“È una persona pericolosa. Non so cosa avrebbe potuto fare… dovevo fermarlo. Non potevo permettere che ti facesse del male, non me lo sarei mai perdonato...”

 

Io scossi la testa, avvicinandomi a lui e avvolgendo le braccia intorno la sua schiena, accarezzandola dolcemente, mentre le sue mani si spostarono sui miei fianchi, stringendoli e avvicinandomi ancora di più, fino a farmi mettere a cavalcioni sulle sue gambe

 

“Mi dispiace che hai dovuto affrontare tutto questo da solo. Ma non dovrai più farlo, ci sono io. Non intendo lasciarti, non più. Quindi non provare a respingermi ancora perché mi farai solo avvicinare di più”

 

Gli sussurrai, stringendolo e sentendo il suo viso nascondersi nell’incavo del mio collo, annuendo

 

“Ora devi proprio andare… non ti deve trovare qui”

 

Io annuii, beandomi di quegli ultimi momenti per poi lasciarlo andare, dopo aver posato un bacio delicato sulle sue labbra. Non so cosa eravamo diventati, non credo che la nostra si potesse definire una relazione ma tanto meno un’amicizia… si sarebbe dovuto inventare un nuovo termine per descrivere la nostra situazione.

 

***

 

Per fortuna il sabato non avevamo scuola. Il primo giorno era stato di venerdì in modo da lasciarci il weekend per organizzarci con i primi libri e ambientarci meglio, beh e anche per festeggiare l’inizio del nuovo, dell’ultimo, anno. Cosa avrei fatto dopo? Non ne avevo la più pallida idea, mio padre si aspettava che seguissi la sua strada quindi giurisprudenza, possibilmente in Italia, ma io sentivo che non era la mia strada, anche se allo stesso tempo non volevo deluderlo. Invece la mamma sapeva che quella non era la mia strada, lei mi vedeva più come uno spirito libero, questo perché amavo disegnavo. Ma dopo la sua morte quella passione svanì, tutti i miei disegni erano per lei, era lei l’unica a cui li facevo vedere e a cui erano dedicati; mio padre era sempre troppo preso dal lavoro e non si era mai soffermato più di tanto, ma lei invece mi spronava a continuare e a fare del mio meglio. Tutti i miei disegni e scarabocchi lei li aveva conservati in vari raccoglitori, che io non ebbi più il coraggio di guardare, non ne trovavo una motivazione senza di lei.

Il bussare insistente alla porta mi riportò sul pianeta terra. Mi misi seduta, avvolgendomi la coperta: da quando ero rientrata di soppiatto mi ero precipitata in doccia e avevo cercato di dormire, ma riuscendo solo ad agitarmi nel letto a causa dei mille pensieri che mi avevano tormentato. Stef era sparito dalla sua camera, probabilmente suo padre era tornato e lui era uscito per non incontrarlo.

 

“Gemma? È l’una, sei sveglia?”

 

A mio padre non importava molto degli orari che facevo dato che a scuola avevo sempre reso bene e praticamente non uscivo mai

 

“Si papà. Puoi entrare”

 

La porta si aprì di poco, lasciandomi intravedere il suo viso sorridente

 

“Sei presentabile? C’è una persona qui fuori che vorrebbe parlarti”

 

Una persona?? Stef??? Doveva essere lui dato che non era a casa

 

“Si, aspetta un attimo”

 

Mio padre si richiuse la porta alle spalle, permettendomi di saltare giù dal letto e cambiarmi, indossando una salopette con una t-shirt bianca. Buttai il pigiama sotto il cuscino, coprendo il letto con la coperta quando un altro colpetto alla porta richiamò la mia attenzione

 

“Avanti”

 

La porta si riaprii, lasciando entrare l’unica persona che non mi aspettavo più di rivedere. Istintivamente portai la mano ad avvolgere il polso con ancora il livido ben impresso e indietreggiai, finendo contro la parete, vicino al letto

 

“V-vai via”

 

Lui in tutta risposta entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle e girando la chiave, estraendola dalla toppa e mettendola in tasca. Sentii le labbra e le gambe tremare, mi mancava l’aria, non riuscivo a respirare. Guardai verso la finestra, sperando di vedere Stef, ma trovando la stanza vuota

 

“T-ti prego, vattene v-via”

 

Lui si girò guardandomi e io mi sentii inchiodata in quell’angolino e in trappola. Aprii la bocca pronta ad urlare per chiamare mio padre, ma prima che una singola lettera uscisse dalla mia bocca la sua voce la rimandò indietro

 

“Inutile che chiami tuo padre. Non c’è nessuno, gli ho chiesto se poteva lasciarci da soli e sai com’è… lui si fida di me e poi doveva andare a lavoro”

 

Neanche Mela era a casa dato che il sabato e la domenica le aveva libere. Merda. Ero totalmente sola

 

“C-cosa vuoi, Dave?”

 

Lui sorrise, facendo dei passi verso di me e facendomi bloccare il respiro in gola

 

“Finire quello che avevo iniziato”

 

Mi accasciai a terra, portandomi le ginocchia al petto e sentendomi per un attimo di nuovo in quel bagno, impaurita e totalmente sola

 

“Stai lontano da me. È finita, non ti voglio più vedere!”

 

In un momento di coraggio gli urlai contro, forse mostrandomi forte se ne sarebbe andato rassegnandosi. Ma lui ghignò, avvicinandosi fino ad arrivare dinanzi a me

 

“No che non è finita. Quello ti ha fatto il lavaggio del cervello, tu mi ami e io amo te. Noi siamo destinati a stare insieme, perché non lo capisci?”

 

Mi alzai, strisciando la schiena sulla parete. Rannicchiata ai suoi piedi ero come alla sua mercé

 

“Io non ti ho mai amato, mai”

 

Pronunciai quelle parole sibilando e mostrando lo sguardo più cattivo che potessi fare

 

“So che non è così. Se no perché stare con me?”

 

Io ghignai

 

“Stavo con te per coprire i miei veri sentimenti, sentimenti che ho sempre provato per Stef. Tu eri solo un ripiego, una sorta di chiodo scaccia chiodo. Niente di più che un modo per non pensare a lui”

 

Gli sputai contro quelle parole, non mi importava della sua reazione, non mi importava più di niente. Lui mi aveva fatto male fisicamente e anche psicologicamente, o ci aveva tentato, ma non glielo avrei più permesso. Tutte quelle storielle da bravo ragazzo e fidanzato perfetto erano solo quello, storielle.

Vidi il suo sguardo scurirsi, la mascella serrarsi. Almeno sapevo di avergli procurato una reazione, di averlo scosso in qualche modo. Le sue mani mi bloccarono le spalle in un secondo, spingendomi contro la parete procurando un tonfo e facendomi sbarrare gli occhi, ma ormai mi ero spinta troppo oltre per tirarmi indietro

 

“Puoi sbattermi al muro e spingermi tutte le volte che vuoi, puoi farmi tutto il male di cui sei capace. Ma non avrai niente da me. Non l’hai mai avuto. Sai solo farmi del male e farmi paura, perché non puoi ricevere nessun’altra reazione da me. Niente di niente. E quindi sai che ti dico? Vai al diavolo, non mi fai più paura. Picchiami fino a farmi sanguinare, prendimi a schiaffi fino a farmi svenire, i lividi che mi lascerai saranno l’unica cosa che avrò di te sul mio corpo. Nient’altro. Tu non sei niente per me”

 

Il suo sguardo era pieno di shock, non si aspettava questa reazione da me; probabilmente aveva pensato che con il terrore sarei ritornata da lui o con un lavaggio del cervello. Ma io ero più forte, dovevo. Non mi sarei più fatta intimorire da lui, non aveva il controllo su di me. Anche se all’inizio ero impaurita, non mi sarei fatta mettere i piedi in testa e non glielo avrei fatto vedere. Ad ogni parola uscita dalla mia bocca sentivo un senso di potenza crescere in me insieme all’adrenalina. Dovevo mostrarmi forte e non spaventata da lui, cosa che funzionò perché le sue mani allentarono la presa sulle mie spalle, dandomi l’occasione di sfuggire alla sua presa.

Mi allontanai, dandogli una ginocchiata sullo stomaco, facendolo piegare in due e dandomi l’occasione di aprire la finestra e saltare sul ramo vicino. Ero piena di adrenalina, sentivo che niente avrebbe potuto fermarmi, e il mio pensiero ora era rivolto solo a lui, a Stef e ai suoi due meravigliosi occhi verdi

 

“Sophie??”

 

Alzai lo sguardo e un sorriso si fece strada sulle mie labbra vedendolo. Era affacciato alla finestra della sua stanza e mi guardava con aria interrogativa.

 

“Che stai facendo?”

 

Non gli risposi ma piuttosto iniziai a camminare sul ramo, avvicinandomi sempre di più a lui, e non appena fui abbastanza vicina con un salto atterrai sul suo davanzale e le sue mani subito si posarono sui miei fianchi, aiutandomi a non perdere l’equilibrio

 

“Che è successo?”

 

Scossi la testa, avvolgendo le braccia al suo collo e fiondando le mie labbra sulle sue, cosa che inizialmente lo colse alla sprovvista ma subito ricambiò il bacio, avvolgendo le mani alla mia schiena e portandone una dietro la nuca, avvicinandomi ancora di più a lui. Per un attimo mi ero dimenticata di tutto, persino di Dave che ora ci guardava dalla mia finestra. Ci staccammo riprendendo fiato dal bacio, e poggiando le fronti le une contro le altre

“Cazzo… se entrare dalla finestra ti fa questo effetto allora dovresti usarla più spesso”

 

Disse procurandomi una risata

 

“In realtà...”

 

La mia frase fu interrotta dalla voce di Dave

 

“Sei solo una lurida puttana. Neanche il tempo di rompere con me che già te la fai con un altro, con lui poi… pensavo che tu puntassi al meglio, ma a quanto pare non è così”

 

Stef si accigliò, spostandomi dal davanzale della finestra facendomi scendere, per vedere da dove provenisse la voce. Non appena i loro sguardi si incontrarono, lui mi portò dietro la sua schiena con fare protettivo

 

“Rimangiati tutto quello che hai detto”

 

Sibilò, iniziando a scavalcare seppur con fatica, a causa di tutti i lividi. Io lo afferrai da un braccio, impedendogli di uscire. So che avrebbe potuto tranquillamente scavalcare e andargli a spaccare la faccia, ma non volevo, non mi importava niente di quello che gli usciva dalla sua bocca. Sarebbe stata una soddisfazione per lui vedere sofferenza da parte mia e rabbia da parte di Stef, e non lo avrei accontentato. Riportai l’attenzione di Stef su di me, mettendomi avanti a lui e posando le mie mani sul suo petto

 

“Vuole ottenere solo questo da te. Mostrati indifferente, non mi interessa più quello che pensa, non mi è mai interessato. Ora tutto quello che voglio sei tu, tutto quello di cui mi importa sei tu. Non lasciargli questa soddisfazione, non ascoltarlo”

 

Lui posò una mano sulla mia guancia, accarezzandola lentamente con il pollice

 

“Ti ha fatto del male?”

 

Scossi la testa

 

“Gliele ho cantate, come si suol dire. Si è pure preso una ginocchiata...”

 

Stef alzò l’angolo della sua bocca, mostrando una fossetta e chinandosi lasciandomi una bacio a stampo

 

“Brava la mia ragazza”

 

Mi sentii mancare il fiato per un attimo. Mi aveva definito la sua ragazza? Anche lui sembrò rimanerne sorpreso, dato la bocca semiaperta, ma la nostra attenzione venne deviata di nuovo da Dave che sembrava non volersi dare pace dal non avere nessuna reazione

 

“Sei solo una feccia umana! Uno scarto della società!! Lei si stancherà presto di te e tornerà strisciando da me!!!”

 

Le sue urla isteriche gli procurarono una risata

 

“Tutto quello che vuoi, fighetta isterica!”

 

Disse, prima di chiudere la finestra alle sue spalle e prendermi in braccio, facendo scontrare nuovamente le nostre labbra. Le mie gambe immediatamente si avvolsero al suo bacino e le mie braccia al suo collo, stringendomi a lui.

Mi sentivo più viva che mai.

   
 
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