Crossover
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Autore: evil 65    30/01/2020    10 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco un nuovo capitolo!
Sì, lo sappiamo, è passato molto tempo, ma siamo stati impegnati con molte cose. Università, riscrittura di alcune parti della trama, per non parlare delle altre fan fiction, tra cui spiccano il crossover tra Avengers e Godzilla (Avengers: The King Of Terror) e il crossover Disney/Dreamworks (The War of Ice and Nightmares).
Vi auguriamo una buona lettura!




Capitolo 22 - I'll show you pain

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I see it in your eyes
You feeling paranoid
You know just what I've done
You know what I've become
I feel it deep inside
With all the pain and lies
I know just what I want
I am an animal...

Adelitas Way – Cage The Beast



Remnant (Pianeta sotto controllo imperiale) - Base della ribellione
 
Accelerator, quella sera, girava per i corridoi della base con uno sguardo spento. I suoi pensieri erano concentrati sui propri ricordi passati che tanto a lungo aveva bramato e che il Dottore gli aveva finalmente restituito.
Non l’avesse mai fatto. Ora il ragazzo ricordava ogni singola cosa. I Kihara, l'Esperimento 10 e, soprattutto, il Progetto Sisters. Quel capitolo della sua vita lo tormentava più di qualsiasi altra cosa, non riusciva più a toglierselo dalla testa.
Era costantemente martoriato da visioni agghiaccianti: le Sisters, le ragazze col volto di Last Order, i loro corpi martoriati ricoperti di sangue accasciati ai suoi piedi, che strillano, lo accusano, allungano le loro mani insanguinate verso di lui esigendo giustizia…
<< BASTA! >> urlò l’esper in risposta, accasciandosi contro il muro del corridoio << Basta, basta, basta, lasciatemi in pace! >>
Si portò le mani sul viso, scivolando con la schiena sul muro e sedendosi sul pavimento. Da quando il Signore del Tempo lo aveva guarito, il tormento di quelle ragazze era aumentato. Sentiva le loro voci nella sua testa ogni minuto, era sicuro che di lì a poco avrebbe potuto impazzire del tutto.
C'era un solo modo per lenire quelle ferite…
Lentamente si alzò e si diresse a passi lenti e silenziosi nella camera di Last Order. La bambina dormiva beata nel suo letto, avvolta nelle coperte e avvinghiata al cuscino come se stesse stringendo un peluche. Un piccolo, autentico angelo, sia quando era sveglia, sia quando dormiva.
Accelerator si avvicinò cautamente e la osservò per qualche minuto; allungò una mano per accarezzarle i capelli, ma quando i palmi delle dita furono a un passo da sfiorarglieli, iniziò a tremare. Il suo cuore gli diceva di farlo, ma la sua mente era ancora pervasa da quelle grida.
Ritrasse lentamente la mano: non si sentiva degno di sfiorarla nemmeno con un dito... non con quelle mani così sporche. Alzò il palmo, ancora tremante, fissandolo, e strinse il pugno, serrando le labbra e gli occhi.
No, non era assolutamente degno. Non meritava il suo affetto.
<< È così difficile mostrare un po' di zelo per le persone? >>
Una voce femminile, proveniente dalle sue spalle. L’albino si girò e vide Aiho Yomikawa sull'uscio della porta.
<< Cosa ci fai qui? >>
<< Parla più piano, o sveglierai la piccola >> lo riprese la donna, placida << Sono venuta a controllare Last Order, e ti trovo qui. Perciò dovrei essere io a farti questa domanda. >>
<< Non sono affari tuoi. >>
<< Sì, invece >> insistette Aiho, fissandolo negli occhi, decisa << Ti ho visto, come la stavi guardando, e come stavi per accarezzarla. Il Dottore ha sbloccato anche i miei ricordi, e so tutto. So ogni cosa, Accelerator, e anche dopo questo scenario... continui ancora a darti del mostro. Te lo dissi già una volta, mi pare. Tu ricambi l'affetto che nutri per la bambina, ma hai paura di dimostrarlo apertamente perché pensi di rovinare tutto. Ragazzo mio, pensi forse che tu possa farlo? Se così fosse... lei ti avrebbe già abbandonato da tempo, eppure continua sempre a stare al tuo fianco, esattamente come me e Kikyō. >>
<< Lei ancora non lo sa . E non deve sapere >> affermò Accelerator.
Yomikawa sembrò non curarsi della sua frase, e riprese il discorso: << Per quanto le cose ci sembrino dure, per quanto il cielo possa essere grigio, dobbiamo compensare con ciò che si può. Non può piovere per sempre, Accelerator, il sole splenderà su di te e su di lei. Ed io... no, io e Kikyō, faremo in modo che sia così. Qualunque cosa accada, io ti tirerò fuori dall'abisso. >>
Il ragazzo rimase fin troppo colpito dalle sue parole. Si limitò a restare in silenzio, con lo sguardo impassibile, ma nel profondo del suo cuore... le era grato. Tuttavia, ancora sentiva di non meritare niente di tutto questo. Era un mostro e non poteva cambiare.
<< So di non essere tua madre, ma... >>
<< Allora non fare finta di esserlo >> sibilò l’esper stringendo i denti, mentre una goccia di sudore gli scendeva dalla fronte.
<< Giusto, scusami... >> rispose la donna, abbassando lo sguardo e facendo un cenno col capo << Buonanotte, Accelerator. >>
Lui si incamminò verso la porta, superandola con un’ampia falcata. Si girò un attimo per guardarla sedersi sul letto, ad accarezzare i capelli di Last Order. Si pentì amaramente di quell’ultima uscita, e pensò di tornare indietro a chiederle scusa. Poi scosse il capo.
Era inutile. Yomikawa non poteva capire, e non avrebbe mai capito.
Ritornò sui suoi passi, e decise di recarsi in giardino a prendere un po’ di fresca aria notturna.
 
                                                                                                                                                               ***

La base ribelle era un turbinio frenetico di attività. Dopo la morte di Qrow Brawen, l’intero impianto era rimasto in un costante stato di allerta. Ora, decine di trasporti stanziavano davanti all’entrata del complesso, in preparazione ad un’eventuale e rapida evacuazione.
Royal Noir si trovava di fronte ad una delle larghe e imponenti fessure rettangolari che fungevano da condotti da areazione per il conglomerato di edifici, aperte e prive di sbarre di sicurezza, situate proprio di fronte ai giardini.
Quella cui il giovane si trovava innanzi non era ad un'altezza sproporzionata, ma era comunque abbastanza in alto: era quasi possibile vedere la vegetazione in scala, e una caduta da lì sarebbe stata certamente fatale. Eppure, il giovane non sembrava curarsi di ciò: sedeva sul bordo sottile, senza neanche premurarsi di sorreggersi a qualcosa, lo sguardo perso nello stesso vuoto dove teneva i piedi a penzoloni.
Erano passati due giorni da quando era stato costretto a lasciare Logan dopo la disavventura nel castello di Gongmen. Troppo poco perché riuscisse a togliersi dalla testa quell'esperienza, anche se una parte di lui si chiedeva se effettivamente sarebbe mai riuscito ad imparare a sopportare il senso di colpa per la morte di Qrow Branwen e il dolore di Summer Rose.
Lo tormentava il pensiero che potesse succedere qualcosa a Logan mentre lui non c’era, lo tormentava non sapere se fosse effettivamente riuscito ad arrivare a Londra senza intoppi, non sapere se fosse effettivamente al sicuro. Per quanto lo desiderasse con tutte le proprie forze, non poteva contattarlo, non in quel momento, e non poteva neanche recarsi sul luogo, anche solo di nascosto, per accertarsi che tutto fosse nella norma: era troppo pericoloso, sarebbe stata una mossa troppo prevedibile da parte sua.
Ma più di ogni altra cosa lo tormentava ripensare al suo confronto con Shen, alle ferite infertegli e alle dure parole rivoltegli da quest’ultimo. Non era la prima volta in cui veniva ferito sia psicologicamente che fisicamente dal governatore, ma erano sempre stati lampi fugaci, un contorno ai loro molteplici combattimenti e confronti. Questa volta era stato diverso, Fire era stato completamente inerme e alla sua completa mercé: aveva resistito unicamente con la pochissima forza di volontà rimastagli e al corpo temprato dagli allenamenti con Royston.
Strinse gli occhi e scosse il capo, cercando di scacciare dalla mente il ricordo della tortura, ma non ci riusciva. Più di ogni altra cosa, non riusciva a togliersi dalla testa ciò che Shen aveva detto sulla sua famiglia: era davvero possibile che sapesse qualcosa dei suoi genitori? No, non era possibile, sicuramente doveva avergli mentito per tentare di ingraziarselo. Non sarebbe stata nemmeno la prima volta. Lo conosceva bene, sapeva quanto si divertiva a confonderlo con le parole.
Tutto quell’odioso ed esasperante rimuginare e rimembrare quei momenti si coniugava perfettamente in un’unica parola.
“Perché?”
Poteva sembrare assurdo, ma prima di allora non era mai arrivato a porsi direttamente quella domanda, e tanto meno l’aveva mai posta a lui. Quei due anni trascorsi a combattere contro il Governatore Shen col tempo erano diventati una pericolosa e dolorosa quotidianità… ciononostante non si era fermato nemmeno un momento a chiedersi perché.
Perché Shen lo odiava così tanto? Perché si divertiva a farlo soffrire in quel modo? Era semplicemente perché non tollerava il suo continuo ostacolarlo? Era semplicemente sadismo? Un modo come un altro di tentare di dissuaderlo dalla sua missione?
La risposta spontanea del ragazzo a quelle domande sarebbe stata “sì”. Era sempre stato tale il modo di agire di Shen nei suoi riguardi, lo sapeva fin troppo bene. Eppure, questa volta sentiva che c’era sotto qualcosa di più, e gli era stato chiaro solo dopo essersi trovato faccia a faccia in quel modo con il governatore. Mentre quest’ultimo lo stava letteralmente sventrando, il giovane aveva percepito in lui una scintilla diversa dal solito piacere di infliggergli dolore: una scintilla di furia e odio genuino. E solo allora si era reso conto che non era la prima volta che la vedeva indirizzata verso di lui: non ci aveva mai riflettuto concretamente, ma prima di scoprire che lui era Royal Noir, Shen aveva sempre e solo manifestato fastidio, sdegno, disappunto e stizza nei suoi confronti. Poi, dopo aver scoperto la sua vera identità… c’erano state molte più manifestazioni di aggressività e sadismo, così come l’intensificarsi di sguardi assassini, trasudanti il desiderio di farlo a pezzi e ucciderlo dolorosamente.
Era davvero possibile che in realtà l’odio di Shen fosse indirizzato in maniera più specifica a lui, Baelfire? Ma se era così, si tornava al punto di partenza… perché? Perché lo odiava? Loro due non si conoscevano affatto. Al di là della conoscenza delle diverse fazioni e ideali per cui avevano sempre combattuto, non si conoscevano, eppure si odiavano personalmente, eppure l’uno riusciva sempre a capire meglio l’altro, per quanto la cosa li disgustasse entrambi. Ma come era possibile? Come facevano due persone a odiarsi tanto senza conoscersi?
Allora un orribile dubbio si era fatto strada nella sua mente. E se… e se in realtà Shen avesse ragione?
Le sue parole gli rimbombarono in testa senza che potesse trattenerle.
“La verità è che sei come me. Con una piccola, sostanziale differenza: non l’hai ancora capito, perché non vuoi accettarlo.”
“Io so sempre tutto di te. Io e te non siamo altro che facce della stessa medaglia, due folli alla deriva in questo mondo forsennato!”
“Sai che l’unica persona su cui puoi contare... sono io. Hai bisogno di me.”
“No!”
Scosse il capo e si portò i palmi alle orecchie, affondando le dita tra i capelli e il cappuccio, interrompendo qualsivoglia pensiero e allontanando di forza quella voce dalla propria mente. Era venuto lì apposta per non pensare, per lasciarsi andare. Si alzò lentamente in piedi, in perfetto equilibrio, e si girò, dando le spalle al dirupo di fronte a sé: aprì le braccia e con un gesto quasi noncurante si lasciò cadere nel vuoto, supino.
L’aria fredda gli fischiava nelle orecchie, facendo vorticare gli abiti e i vestiti e provocandogli una sonora scarica di adrenalina. Chiuse gli occhi: percepiva sotto la schiena la pressione dell’aria che lentamente si piegava sotto il peso della forza di gravità, accompagnandolo inesorabile verso il terreno.
Era un qualcosa di diverso da volare, ma che lo affascinava ugualmente, e che in un certo senso paragonava al tuffarsi, solamente non dentro l’acqua. Il connubio perfetto tra pericolo e, in un certo senso, l’estasi della libertà assoluta: non c’era spazio per pensare nella caduta libera, solo per sentire, solo per lasciarsi completamente andare.
Chiaramente, fino ad un certo punto.
Quando percepì di essere ormai a soli dieci metri da terra, chiuse il pugno destro e in un lampo verde attivò il bracciale: seguendo quel movimento, le ali sulla schiena si spalancarono di colpo, frenando bruscamente la caduta. Con uno slancio si raddrizzò in verticale, alzò le braccia per planare e atterrò, poggiando con delicatezza le piante dei piedi sul terreno del grande giardino.
Poco lontano, scorse una semplice panchina di legno. La raggiunse e con un sospiro si stravaccò ad osservare la luna piena.
Rowlet era andato a caccia, e probabilmente a fare un giro completo: ogni tanto ne aveva bisogno, era pur sempre un animale selvatico. Il ragazzo non sapeva stabilire se fosse un bene o meno: da una parte, stare da solo dopo tutto quello che gli era successo non gli dispiaceva, ma dall’altra, stare solo con i propri pensieri non si stava rivelando chissà quanto piacevole.
Il suo rimuginare venne interrotto da una voce familiare. Sollevò lo sguardo e vide il ragazzo albino, Accelerator, avvicinarsi e sedersi accanto a lui, portando un braccio dietro lo schienale e accavallando le gambe.
<< Ohi, tu devi essere quel supereroe, Royal Noir... >>
<< A meno che tu non abbia già dimenticato chi ti ha aiutato a recuperare quella mocciosa... >> gli rispose il giovane dai capelli verdi, con una punta di sarcasmo.
<< Solo io posso chiamarla “mocciosa”, e l'avrei recuperata anche da solo >> rispose l’albino << Comunque complimenti, bel tentato suicidio. Sei qui da poco e già vuoi toglierti la vita. Allora è proprio vero che la guerra rende pazzi. >>
<< Non stavo cercando di togliermi la vita >> sbuffò l’adolescente dai capelli verdi, alzando gli occhi al cielo; a quanto pare il ragazzino aveva visto tutto, prima di raggiungerlo lì << Sei sempre così... cinico? >>
<< Io cinico? Chi è che stava per andare all’altro mondo tra te e me? Io direi quello con due belle paia d’ali da pollo. Che ti hanno pure salvato la vita >> rispose l’albino in un ghigno beffardo.
<< Le ho usate volontariamente. Se avessi davvero voluto uccidermi, non le avrei di certo attivate. >>
<< Sei serio? Vuoi forse venirmi a dire che avevi solo voglia di fare un salto nel vuoto? >>
<< E se fosse? Qual è il tuo problema? >>
<< Nessuno, idiota >> sbottò Accelerator, alzando gli occhi al cielo << Sei tu che ne hai uno, a quanto pare. Uno non fa una cosa simile per niente. >>
<< Non – volevo – uccidermi! >> scandì Fire, esasperato << Mi piace l’adrenalina, okay? E volare, buttarsi nel vuoto come prima, me ne procura parecchia. >> Tirò un lungo sospiro. << Mi aiuta a liberare la mente. Troppi pensieri sono veramente fastidiosi. >>
<< Allora siamo in due a pensarla allo stesso modo... >> replicò l’esper, scuotendo il capo << Qui sembra abbastanza tranquillo, penso che rimarrò. >>
Dopo qualche minuto di silenzio, immersi nella fresca brezza della notte, Accelerator tornò a parlare.
<< Come è andata l'incursione? Ho sentito che uno ci ha lasciato le penne. >>
Il ragazzo dai capelli verdi dovette farsi forza anche solo per annuire.
<< Io sono qui >> replicò, stringendo un pugno << Per cui... credo... penso... che... sia andata bene. >>
<< A me non sembra che sia andata così bene... hai una faccia da far paura. Ti ha investito un camion? >>
L’incappucciato tirò un sospiro. Erano da soli, come l’altra volta, e per qualche motivo inspiegabile, sembrava che Accelerator avesse voglia di parlargli. Di norma avrebbe detto a qualunque altro interlocutore di farsi gli affari propri, ma questa volta decise di rispondergli. Lo metteva a suo agio, in qualche modo, come gli era successo la volta precedente; in fondo, non aveva niente di meglio da fare, se non rimanere solo con i propri spiacevoli pensieri.
<< Sì, direi che è la definizione più appropriata... >> Rimase in silenzio per qualche secondo a riflettere, lo sguardo chino, per poi sollevarlo l’istante dopo << Ha... ha a che fare con la mia identità segreta... >>
Allungò lentamente la mano, passandola sopra la maschera di gufo; seguendo quel movimento, il cristallo verde lampeggiò e l’oggetto si dissolse in uno sbuffo di fumo verde, lasciando scoperto il volto.
<< Il mio nome è Baelfire. Sono il figlio di Logan Royston, nobiluomo di Gongmen. >>
Sin da quando aveva accettato di seguire il Dottore, non si era mai smascherato, e non l’aveva fatto nemmeno stando a contatto con gli altri ribelli alla base, salvo quando Qrow Branwen l’aveva salvato assieme a sua moglie dalle grinfie di Shen.
Ma adesso era diverso. Adesso non aveva altro luogo dove andare, avrebbe dovuto risiedere nella Resistenza finché Logan non fosse stato fuori pericolo. E dal momento che avrebbe dovuto suo malgrado collaborare nel gruppo dei Time Warriors, tanto valeva deporre ogni segretezza: in fondo, erano tutti sulla stessa barca.
Accelerator lo guardò, scrutandolo in tutto il suo viso, poi sbuffò e prese parola.
<< Il mio nome... è Accelerator. Piacere di conoscerti >> concluse con un ghigno stampato sul labbro.
Sembrava volerlo prendere in giro dicendo che il suo nome coincideva col suo soprannome... o forse no; Fire non sapeva esattamente come interpretare quel sorriso beffardo.
Rimase impassibile di fronte alla dichiarazione, e domandò, inarcando un sopracciglio: << Sei giapponese? >>
<< Ovviamente, lo vedi dal mio aspetto. Perché questo domanda insensata? >>
<< No, in realtà non lo vedo. Non sembri per niente giapponese, e non hai un nome tipico della tua etnia. So che vieni da Kyoto, ma potevi essere semplicemente residente e non originario. Mio padre è così. È inglese, ma vive in Cina da molti anni ormai. Inoltre, questo fatto che per merito del Dottore siamo in grado di capirci anche se parliamo lingue diverse mi ha reso difficile cogliere il tuo accento, visto che ti sento parlare in cinese fluido. >>
<< A volte mi dimentico del mio aspetto, sarà perché non me ne curo >> rispose l’esper, alzando gli occhi per guardare una ciocca di capelli cadente sul viso; la prese tra due dita, pizzicandola appena << Tecnicamente anche io dovrei avere gli occhi e i capelli scuri come il 90% della popolazione giapponese, ma la mia Reflection impedisce ai raggi ultravioletti del Sole di toccarmi il corpo. E questo succede fin da quando ero un neonato, praticamente sono così da sempre. Per quanto riguarda il mio nome... be'... >>
Lasciò la ciocca e scrollò le spalle.
<< Non è che non te lo voglia dire… il Dottore ha sbloccato le memorie della mia vita passata, ma io non riesco a ricordare completamente la mia infanzia. Non ricordo l'aspetto dei miei genitori, e non ricordo nemmeno il mio nome. L'unica cosa che ricordo di esso è che è composto da due caratteri kanji, mentre il cognome da tre. >>
Il Vigilante tacque. Aveva intuito fosse orfano, quando aveva menzionato quella donna, Yoshikawa, definendola la propria tutrice e non la propria madre. Sapeva quanto potesse essere dura crescere senza genitori per gran parte della propria infanzia, ma sapere di aver avuto una famiglia e non ricordarla, non ricordare nemmeno il proprio nome… doveva essere ancora più insopportabile.
<< E così... ti fai chiamare Accelerator >> concluse, dopo qualche istante.
<< Sì, è un soprannome. >>
<< Anche io ho un soprannome, e lo preferisco al mio vero nome. >>
<< Sarebbe? >>
<< Fire. >>
<< Hm... capito >>> rispose l’esper, con noncuranza.
Calò nuovamente il silenzio, rotto quasi subito dal ragazzo dai capelli verdi, colpito da una curiosità.
<< Che cos’è la Reflection? >>
Il Level 5 sbuffò, portandosi indietro i capelli. << Potrei spendere ore e ore a spiegarti come funziona, ma non sei abbastanza intelligente per capire nozioni di fisica ed algebra avanzata sui vettori... >>
<< Ma che carino... >> borbottò l'incappucciato, incrociando le braccia al petto.
<< Dunque... >> continuò Accelerator come se nulla fosse, alzandosi in piedi di fronte a lui e lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla << ti farò una dimostrazione pratica. Forza, prendi un’arma e colpiscimi. >>
Fire rimase molto perplesso di fronte a quella dichiarazione, ma lo sguardo e il tono dell’albino erano piuttosto decisi, perciò immaginò che ci fosse un motivo esplicito se gli chiedeva di fare una cosa del genere. In più, ricordava molto bene ciò che aveva sentito sul Demone Bianco di Kyoto, ovvero che niente e nessuno era in grado di ferirlo e toccarlo. Se ciò era vero, allora doveva presumere che il ragazzino non avrebbe rischiato niente. Ma c’era un solo modo per scoprirlo.
Si alzò in piedi a propria volta e si allontanò da lui di almeno cinque metri. Aprì il palmo e creò una freccia di energia verde, incoccandola nell’arco e sollevandone la punta in direzione dell’adolescente, alzatosi in piedi a propria volta. Quest’ultimo lo fissava con la solita espressione apatica, le mani infilate nelle tasche, in attesa.
Nonostante gli avvertimenti, Fire preferì mirare semplicemente alla spalla: un colpo leggero, che lo avrebbe preso di striscio. Prese la mira e rilasciò: il dardo sfrecciò a velocità luminare dritto contro la figura dell’albino.
La freccia arrivò a pochi centimetri dalla spalla di Accelerator, ma in quell’istante, l’arciere ne vide cozzare la punta contro… contro qualcosa. Qualcosa di apparentemente invisibile, il cui contatto provocò una piccola serie di cerchi concentrici; poi, all’improvviso, il dardo schizzò all’indietro, dritto contro di lui e con una forza molto più grande di quella da lui impiegata. Non poté intercettarlo, sia perché era troppo veloce e sia perché non se lo aspettava: lo sfiorò alla guancia, procurandogli una leggerissima ustione, per poi sorpassarlo e dissolversi nell’aria con un sibilo e un crepitio.
Si toccò la ferita e guardò l'altro con occhi sgranati. << Allora era tutto vero... ecco perché nessuno può toccarti. >>
<< Sarebbe più corretto dire che il mio potere è la manipolazione vettoriale: calore, elettricità, direzione, moto. Posso controllare qualunque vettore con cui entro in contatto. Mi basta calcolare l'algoritmo giusto e... succede la magia. Io ti ho spiegato il mio, Verdino, adesso spiegami il tuo potere. >>
<< Non so che cosa sia >> rispose Fire, scuotendo il capo << Non so se sono un esper come te, o qualcosa di diverso. >>
Creò una piccola sfera di energia verde tra le mani.
<< Lo chiamo semplicemente laser, dato che sembra avere la stessa consistenza. O energia. Luce verde… lo so, non è molto originale. Posso manipolarla come voglio, toccarla senza bruciarmi. È una valida alternativa alle frecce normali, in qualche modo sembra essere collegata al mio corpo. Ricordo bene sin da piccolo di aver avuto i capelli neri. Poi, quando ho iniziato ad addestrarmi per controllare ed usare il mio potere, sono diventati... così >> disse sfiorandosi una ciocca smeraldina.
Accelerator inclinò la testa.
<< Forse sei davvero un esper... ma in genere noi siamo coscienti di come esercitiamo i nostri poteri >> spiegò con tono di fatto.
Ci fu di nuovo silenzio per qualche minuto. Poi l’albino prese un respiro profondo.
<< Allora... cosa potrebbe mai turbare l'inafferrabile Royal Noir? >> chiese con un sorrisetto di scherno.
Certo che era assurdo. Sembrava completamente apatico, eppure continuava a chiedere di più, cercava di andare a fondo. Perché poi? Tanto così per sapere? Solo perché si stava annoiando?
In quel momento, Fire pensò che non gli importava. Non voleva ammetterlo nemmeno a sé stesso, ma aveva davvero bisogno di sfogarsi con qualcuno.
<< Il mostro che combatto ogni notte. Qualcuno che pur di mettermi le mani addosso venderebbe l'anima al Diavolo, se non l'ha già fatto... >>
Istintivamente si portò una mano all'avambraccio coperto. Per qualche istante esitò, come se se ne vergognasse profondamente, come se scoprendo quell'orrido marchio avrebbe esposto la testimonianza di un orribile peccato la cui sola vista era aberrante. Poi agguantò il lembo della manica e scoprì la pelle, mostrando gli ideogrammi cinesi di "feccia ribelle".
<< Il mio nemico è Lord Shen >> rivelò << Il governatore di Gongmen... e l'imperatore della Cina. >>
In quel momento, Accelerator si lasciò andare in un fischio. Era evidentemente sorpreso. Riteneva che quello fosse il male minore, ma... dentro di lui sentiva qualcosa, come se fosse un deja vu.
Strinse gli occhi in uno sguardo visibilmente infuriato, per poi acquisire un’espressione pensierosa l’istante dopo.
<<  Capisco… è il tuo Kihara personale. >>
<< Kihara? >>
L’esper tacque, serrando appena le nocche. Fire lo fissò in silenzio: era evidente che voleva parlarne, ma che gli riusciva davvero difficile farlo. Una cosa con cui poteva simpatizzare: era la stessa difficoltà che aveva lui, dopotutto, quando si trattava di esternare informazioni personali.
Nonostante fosse curioso, tacque, restando in paziente attesa.
<< Una famiglia di stronzi del mio mondo prima che avvenisse lo Scisma. Scienziati pazzi e sadici, hanno compiuto esperimenti su giovani esper per sfruttarli come armi. >>
L’albino si strinse nelle spalle. Grazie al Dottore, ora ricordava bene quei terribili esperimenti a cui era stato sottoposto fin da bambino.
<< Dei figli di puttana che sono contento di non dover vedere mai più... >> terminò, stringendo i denti.
Dopo quella dichiarazione, il ragazzo dai capelli verdi rimase in silenzio per qualche istante a fissarlo, combattuto. Infine, trovò il coraggio di parlare.
<< Tu eri uno di quegli esper. >>
Non era una domanda. Era un’affermazione conseguente ad un’intuizione.
Accelerator sbuffò e si girò dall'altra parte. Affondò le unghie nella carne dei bicipiti, rimanendo in silenzio per qualche secondo.
<< Sì... >> confessò infine << Avevo solo... quattro o cinque anni, non mi ricordo che età avessi ma ero solo un bambino, e quelli... quelli mi hanno tolto ogni cosa. E quando sono cresciuto di più, è cominciato l'esperimento “Sisters”. >>
Cinque anni. Fire era ancora all’orfanotrofio all’epoca. Non ripensava mai con piacere ai momenti che precedevano l’incontro con Rowlet e l’adozione da parte di Logan, li ricordava sempre come momenti tristi e difficili. Ma di fronte a quanto gli stava raccontando quello che era un ragazzino, al suo confronto… la spiacevolezza di quei momenti si dissolveva come fumo nell’aria.
All’orfanotrofio era stata dura, certo, ma non era niente, assolutamente niente al confronto di quello che doveva aver subito Accelerator. Il Vigilante cercò persino di provare ad immaginare se fosse successo, alla sua età, il suo essere vittima di chissà quali orribili test. Cercò di immaginare come potesse essere, da bambini, venire privati e spogliati di qualsiasi cosa potesse renderlo a conti fatti l’innocente e infantile creatura che era. Si sentì lentamente soffocare solo all’idea. Poteva comprenderlo, ci riusciva… ma non fino in fondo. O meglio, se ci provava… sentiva che sarebbe potuto impazzire da un momento all’altro.
Che Accelerator avesse qualche problema e che covasse dentro di sé un dolore profondo, questo gli era stato chiaro in quell'istante in cui l'aveva conosciuto. Ma non aveva fatto chissà quali congetture al riguardo, aveva pensato che potesse essere perché era stato adottato, perché era costretto a vivere per la strada e quindi aveva imparato a lottare per la sopravvivenza, in quanto Demone Bianco…
Mai e poi mai il suo cervello avrebbe potuto concepire una simile storia. D’un tratto, tutto acquistava un senso. L’espressione apatica, la scontrosità, le risate disturbanti. In effetti, erano forse troppo per un ragazzo rimasto semplicemente orfano.
In un certo senso, erano simili. Non uguali. Simili.
<< Non sei obbligato a parlarne… >> gli sfuggì dalla bocca.
L’albino voltò di getto lo sguardo verso di lui. Notò subito i suoi sentimenti di disagio, ma non riusciva a comprenderne il perché. Non era semplice pietà, era molto di più... che potesse, forse, comprendere il suo dolore?
“Stronzate, non potrebbe mai e poi mai capire” si disse.
Ma forse... valeva la pena tentare.
<< E va bene, togliamoci questo dente >> borbottò quasi a se stesso << Prima di tutto, sicuramente saprai che il livello massimo che un esper può raggiungere è il 5. Ma i Kihara volevano spingersi oltre, sapevano che era possibile trascendere i limiti e arrivare al tanto agognato livello 6. C'erano solo sette Livelli 5 nel mio mondo, ed io ero uno di loro e, ovviamente, il candidato più promettente per poter raggiungere il livello successivo. I Kihara stabilirono che per riuscire a raggiungere questo upgrade avrei dovuto uccidere 200 volte la terza in classifica tra gli esper, Mikoto Misaka, detta Railgun... ma ovviamente ciò era impossibile. Grazie al codice genetico della Railgun, loro, riuscirono a creare 20.000 cloni della suddetta, e tutti di livello 3. Il mio compito era ucciderle tutte, una alla volta in date e orari prestabiliti e con metodi di assassinio diverso. Io... >>
Si morse il labbro.
 << ... io accettai >> sussurrò a bassa voce.
Si mise le mani nelle tasche e prese un altro respiro.
<< Non le ho uccise tutte, ma ne ho eliminate 10.000. Io ho ucciso 10.000 ragazze innocenti, uccellino >> gli disse con un ghigno << L'ho fatto. Le ho schiacciate sotto la suola delle mie scarpe, 10.000 di loro e tutto per il potere! Sei davanti a un assassino, uccellino, sei davanti ad Accelerator! >>
Al sentire una simile dichiarazione, Fire si ritrovò incapace di trattenere un sussulto. Gli ci vollero cinque minuti contati per metabolizzare; sentì una cascata di brividi sparsa in tutto il corpo. Fortunatamente, era abbastanza bravo a controllare la propria mimica facciale, dopo tutto l'esercizio che era stato costretto a fare. Non fece una piega e rimase ben fermo al proprio posto, mentre con la mente tentava di decifrare il marasma di emozioni conseguenti a quella rivelazione.
Inutile negarlo. Era rimasto agghiacciato. Sconvolto. Orripilato. Poteva immaginarsi tutto, tranne che una cosa del genere. Il respiro gli si era mozzato, la saliva gli si era seccata e il cuore batteva talmente forte come fosse sul punto di esplodere da un momento all’altro.
Confusione. Sconvolgimento. Sgomento. Tremore. L’aveva sconvolto sapere che quel ragazzo avesse potuto compiere qualcosa di tanto terribile, si era spaventato da quel repentino cambio di atteggiamento. Probabilmente, se prima gli fosse apparso sotto quelle “spoglie”, avrebbe dato per scontato di avere di fronte un pazzo irrecuperabile. E per un istante in quel momento l’aveva pensato.
Però... prima aveva osservato attentamente l’albino mentre l’aveva ascoltato, e aveva riscontrato un’ombra di dolore e rimorso. Ma allora perché adesso si stava comportando così?
Per un po’ rimase per qualche istante a fissarlo, il volto dall’espressione impenetrabile. A tradirlo c’erano solo il suo cuore pulsante e il respiro fermo.
<< Perché? >>
Dovette ripeterlo, perché gli era uscito poco più di un sussurro.
<< Perché hai accettato di fare una cosa del genere? >>
<< Perché? Perché io volevo il potere! Il potere assoluto per poter eliminare chiunque mi ostacolasse! >> rispose l’esper con una risata divertita << Livello 5? Numero Uno? Il Più Forte? Stronzate prive di significato! Ciò che conta davvero nella vita... è avere più potere, sempre di più. E sai che c'è? >>
Il suo ghigno si fece ancora più largo e sadico.
<< Non me ne pento neanche un po’. Ora capisci che cos'è un animale? Un vero cattivo non cerca qualcosa di logico, come la vendetta o i soldi. Non si può né comprare, né dominare. Non ci si ragiona, né ci si tratta >> concluse con una scrollata di spalle decorata da un sorriso maniacale.
Fire strinse pugni, costringendosi a mantenere un’ espressione impassibile – impresa titanica – e a regolarizzare il proprio respiro.
<< Avresti il coraggio di ripeterlo di fronte a lei? >> gli sfuggì dalla bocca, mentre assottigliava lo sguardo in un’espressione di vago disprezzo.
Era ben chiaro a chi si stesse riferendo.
Si sentì un pazzo a sfidarlo così. Eppure c’era qualcosa, quel qualcosa che prima l’aveva spinto a fidarsi di lui con la sua identità, a convincerlo a resistere, a fronteggiarlo. Forse il fatto che in quel mentre gli ricordava molto Shen - al quale, per nessuna ragione al mondo, intendeva mostrare debolezze - gli aveva fatto riacquistare un po’ di vigore.
Accelerator strinse gli occhi. Lo aveva beccato proprio sul suo unico tallone d'Achille.
Non voleva perdere quella sfida. Sì, perché ora era diventata una sfida personale. Si ricordava bene della loro chiacchierata al parco, e se quel ragazzo pensava davvero che lui fosse buono o, addirittura, un papà... si sbagliava di grosso. Era deciso a dimostrargli che lui era un mostro, e lo avrebbe fatto urlare. Esattamente come tutti quelli che lo avevano additato come tale.
Contorse la bocca in un inquietante e sadico sorriso, mentre dilatava le pupille dei suoi occhi color rosso sangue.
<< Vuoi mettermi alla prova, bastardo? Non ci metterei nulla a dirglielo. E sai qual è la cosa più buffa? Quelle ragazze... erano le sue sorelle! >> terminò con una risata.<< Sì, lei è una di loro! >>
Quell'orrida risata era disgustosamente e inquietantemente familiare. Per un solo, terrificante attimo, a Fire parve di vedere i lineamenti del ragazzo alterati, più simili a quelli del governatore, e rischiò di vacillare, sia nella postura che nello sguardo. Dannazione, stava veramente impazzendo! Non solo perché aveva la visioni, ma anche perché stava fronteggiando spudoratamente il Demone Bianco di Kyoto, di cui adesso provava giusta paura intrinseca.
Durante quel caos di pensieri, Accelerator proseguì nel suo delirio psicopatico.
<< Io ho assassinato le sue sorelline. Tutte di seguito, una per una. La prima è morta per un colpo di proiettile che ho deviato contro di lei. Poi ho iniziato a sperimentare cose sempre più nuove. Alla numero diecimila ho invertito il flusso sanguigno >> sussurrò freddamente << Sembrava una fottuta opera d'arte moderna. Ad un’altra ho invece strappato una gamba come se fosse un foglio di carta. Ammetto che è stato divertente vederla strisciare... prima che ci facessi un ragù schiacciandola con un container! >>
E, a quest’ultima dichiarazione, scoppiò a ridere.
<< Eddai, supereroe! Non fare quella faccia sconvolta! Non mi avevi forse detto di averci a che fare tutti i giorni con un mostro? >>
E continuò a ridere di gusto, prendendosi volutamente gioco di lui.
La paura e l'incredulità del ragazzo dai capelli verdi stavano lentamente facendo posto alla rabbia. Una rabbia sorda, trasudante sdegno e orrore: era troppo disgustato da simili dichiarazioni, troppo deviato e scandalizzato. Ogni singolo ragionamento, buonsenso o logica gli svanì dalla mente, e quella maledetta impulsività ed emotività che gli impediva di considerarsi a tutti gli effetti adulto esplose: il pugno si caricò di energia verde e questa si liberò in un lampo verde, sparato dritto contro quella detestabile faccia ridente.
Accelerator rimase sorpreso da quell’esplosione. Naturalmente, non si fece nulla: la scarica di energia cozzò semplicemente contro la Reflection, provocandovi sopra larghi cerchi concentrici.
In genere, se qualcuno tentava di colpirlo con un pugno o con qualunque altra cosa, gli rompeva le ossa di rimando. Questa volta non lo fece: si limitò semplicemente a rimanere fermo, immobile e immacolato, e a far dissolvere l’energia manipolando il suo scudo.
<< Oooooh, gran bella prova, eroe... ora non ti dispiace se ricambio il favore?! >>
Prima di poter fare qualsiasi cosa, Fire se lo ritrovò davanti, materializzatosi ad un singolo soffio di distanza; sentì la trachea cinta in una morsa atrocemente salda, ed era assurdo constatare fosse provocata da quelle dita affusolate, pallide e magre: di rimando, la vista gli si offuscò, così poté solo percepire di venire alzato di peso e sbattuto di spalle ad una delle pareti più vicine di cui il giardino era circondato. Boccheggiando, strinse le mani attorno al polso esile, recuperando piano la vista.
Il suo sorriso di Accelerator era più largo. Era convinto di aver vinto, di aver finalmente ottenuto ciò che voleva.
<< Cos'è che mi avevi detto, EH? Che il mostro che combatti ogni notte è peggio? Che non bisogna fermarsi alle apparenze? Che se non fossi così, la mia auto-proclamata figlia non mi gironzolerebbe intorno? Oh, ne hai dette di stronzate, bastardo. Ora che cosa dovrei farti, hmm? Forse vorresti vedere cosa succede… quando viene invertito il flusso sanguigno di un uomo! Ti va di provare? >>
Fire gli rifilò uno sguardo fiammeggiante. Quando andava in bestia non ragionava più razionalmente: incurante di qualsiasi cosa, aprì la bocca e ne sputò fuori tutto il veleno accumulatoglisi in gola.
<< Ho detto delle stronzate!? Davvero!? Che cazzo di problemi hai!? Cosa ti importa di quello che ti viene a dire un cretino vestito da uccello? Perché dovrebbe fregartene qualcosa? Te lo dico io perché: perché sei un completo idiota se pensi di potermela dare a bere con questa recita da psicopatico! Ma guardati! Sei talmente disastroso come cattivo che hai bisogno di chiedermi il permesso, prima di farmi del male! Cerchi di spaventarmi!? Ma quanto sei imbecille, per non essertene accorto da solo che ho già paura? Cos’è, non ti basta? Vuoi che mi metta a strillare come una ragazzina!? Vuoi che implori pietà!? Te lo puoi scordare, lurido pezzo di merda! Puoi pure usarmi come giocattolo sadico, se ti aggrada, ma scordati che ti assecondi! Se sei diventato il più potente di tutti dopo tutte le porcherie che hai fatto, perché diavolo non ci sei tu al posto del Maestro, eh!? Me lo spieghi!? >>
Stavolta fu costretto a riprendere fiato, ansimando. Il battito del cuore aveva ripreso ad accelerare, e per un istante spaventoso quasi temette che fosse opera dell’altro se batteva tanto forte quasi da scoppiare.
Accelerator rimase senza parole davanti a quelle grida e accuse. Aveva finalmente ottenuto ciò che voleva, eppure sentiva qualcosa dentro di sé, qualcosa che non andava. Voleva farsi apparire come un mostro davanti a lui, ce l'aveva fatta, e ora si sentiva a disagio. In qualche modo... le parole del ragazzo lo avevano ferito, era stato appena paragonato al Maestro, se non addirittura peggio. La gente gli dava spesso del mostro o del demonio, ma questo, per lui, era peggio.
Mollò la presa sul ragazzo con un gesto brusco, osservandolo cadere a terra e tossire sonoramente. Il suo sguardo si fece serio: non c'era più soddisfazione o senso di vittoria dopo aver ottenuto la tanto agognata ragione.
<< Perché è fallito >> mormorò, mentre il ragazzo dai capelli verdi si sollevava in piedi a fulminarlo con lo sguardo << L’esperimento Sisters... è fallito. È stato fermato dalla Railgun e da un idiota di Livello 0. Ma non è grazie a quell’esperimento che sono diventato il Numero Uno. L'esperimento che mi ha reso il più forte... >> si toccò il ventre<< ... l'esperimento che mi ha reso il più forte è un altro. >>
Fire rimase impalato, in piedi, ad osservarlo. Si era aspettato una reazione totalmente diversa. Quale non avrebbe saputo dirlo. Forse si aspettava che gli avrebbe riso di nuovo in faccia in modo maniacale, o che mettesse in atto la sua minaccia. Non si aspettava quell’espressione impassibile, come se non volesse mostrare più le sue emozioni. Qualcosa di quello che gli aveva detto l’aveva ferito davvero nel profondo.
Accelerator gli voltò le spalle, ed iniziò ad allontanarsi. L’altro non poteva vederlo, ma l’espressione del suo volto… era quella di un ragazzo triste.
<< Aspetta! >> sfuggì dalla bocca del Vigilante, ma l’albino non lo sentì nemmeno, e continuò ad allontanarsi fino a sparire tra i corridoi della base.
Rimasto solo, Fire desiderò con tutto se stesso di non aver mai aperto bocca. Era infantile da fare schifo, ma ora si sentiva un verme. Si odiò per quell’attimo di debolezza, ma non poteva farci niente. Adesso si sentiva un verme, per avergli detto qualcosa del genere. Per averlo paragonato al Maestro. Al Maestro!
Ma chi poteva biasimarlo, dopo quello che aveva scoperto? Quel ragazzo era un assassino, come Shen, e come lo stesso Maestro. L’istante dopo si odiò per aver pensato una cosa del genere. E con questo? Quale diritto aveva lui, Fire, di trattarlo in quel modo? Quale diritto aveva di ritenersi migliore di lui? Non dimostrava forse il contrario, dopo una cattiveria simile?
“Ecco il cinico, razionale, egoista, indifferente Fire Royston. Tu... non guardi in faccia nessuno.”
<< Basta >> disse ad alta voce, coprendosi nuovamente le orecchie con le mani.
Perché doveva andare sempre così? Era stanco. Stanco di essere sempre così pieno di dubbi, stanco di sentirsi tanto irrequieto, stanco di nascondersi, stanco di essere così… fragile.
Era stato anche troppo sveglio a rimuginare, per quella notte. Avrebbe fatto meglio ad andare a dormire, finché poteva farlo. Sempre se riusciva a farlo.
Con un gesto azionò le ali e si librò in volo, rientrando a sua volta nella base e rifugiandosi nella propria camera.

                                                                                                                                                        * * *


Terra (Centro Imperiale) - Cina

Le pareti di roccia fendevano l’ardente sabbia del deserto. Come cinque dita appartenenti ad un gigante, i rostri chiudevano all’esterno gli afosi raggi del sole, il vento sferzante e crudele e la mistica bellezza di un paesaggio di dune e colline sabbiose costantemente mutate dagli elementi. Eppure… il suono giungeva. Ovattato, flebile, ma giungeva.
Le orecchie di Marie ne captavano le vibrazioni, le sfumature, le voci che andavano infrangendosi contro quel rifugio ricoperto dall’oceano incandescente, quasi come se quest’ultimo fosse un essere vivente, cosciente e consapevole degli insetti che vagavano sul suo dorso, affondando nel suo corpo informe.
La vampira giaceva su di un fianco, avvolta dalle coltri di lana, stesa sul suolo pietrificato e con un sapore familiare ed estraneo allo stesso tempo sulle labbra; era sangue, ne era sicura, la sua essenza scorreva nelle sue vene, riportandola lentamente alla vita, donando vigore alle sue membra, alla sua pelle, ai muscoli… e a quella nera anima che albergava lì, racchiusa fra ossa, carne e tendini.
Provò a muoversi, smosse lentamente le gambe, stringendosi nelle coperte con la mano destra e portandole in alto, fin sopra il seno. Sbatté gli occhi color rubino e scrutò con interesse il bizzarro rifugio nel quale si trovava.
Auth stava seduta davanti a lei. Le dava le spalle, con la lunga coda ondeggiava mollemente.
La dea osservava alcuni globi luminosi mentre danzavano di fronte a lei, piccole stelle che emanavano un tepore dolce, materno, mentre una bellissima luna piena stava a poche braccia dal suolo, piccola quanto un pugno, fatta di materia ed energia. Irradiava un bagliore pallido ma non spettrale… forse triste, malinconico.
Marie sorrise fra sé e sé, e si mise seduta con un lieve gemito.
<< Grazie >> disse dopo lunghi istanti di silenzio, durante i quali si era portata accanto alla donna, che tuttavia non rispose. Si limitò a sollevare il braccio destro, stringere il pugno con veemenza e far sgorgare il sangue dal polso ferito.
La Nosferatu mai aveva visto un fluido vitale di tale natura: fluido si, ma allo stesso tempo privo di materi, eppure reale. Poteva percepirne il profumo, metallico e intenso invaderle le narici.
Mantenendo il silenzio, Auth le porse l’arto, invitandola con un cenno del capo a nutrirsi. Era… una scena bizzarra, dotata di una propria, inarrivabile bellezza; potevano apparire come una madre intenta ad allattare la figlia neonata, mentre globi celesti e luminosi danzavano lentamente sopra le loro teste.
Nel mentre, Auth contemplò gli eventi di quella mattina.
I sogni le erano sempre sembrati una cosa strana. Pulsavano nella mente delle persone, degli umani, in maniera distorta e confusa.
Alle volte si rivelano soltanto questo, sogni nati dalle sensazioni sepolte nell'inconscio, sensazioni forti che provocano determinate rappresentazioni oniriche della realtà. Questo valeva per gli umani, e per i Nosferatu. Ma per una divinità come lei… i sogni non erano mai soltanto "sogni".
Quando Auth si era svegliata, poche ore prima, aveva percepito un distinto brivido lungo la schiena, una sensazione alienante e sconosciuta… paura. Aveva tirato un lungo sospiro: era veramente difficile abituarsi a quelle sensazioni mortali, come il freddo e la vivida preoccupazione.
E fu allora, in quel momento di calma assoluta, di pace, in cui la donna era impegnata a contemplare quei timori così sinistri… che accadde.
Ad appena un centinaio di metri dalla coppia, guizzò nel cielo velato una brillante scintilla azzurra, come un fulmine che saetta all'insù invece che verso il suolo.
Un istante dopo, l'esplosione titanica squarciò il centro dell'oasi come una lanterna. L’onda d’urto risultante sollevò banchi di sabbia e perfino gli alberi adiacenti al giardino, modificando l'assetto del paesaggio.
Poi, la luce azzurra cominciò a schiarirsi… e da essa fuoriuscì la figura di un uomo alto e dai corti capelli biondi, vestito con un elegante abito nero con tanto di scarpe di tela abbinate.
<< Toc toc! >> esclamò il Maestro, allargando ambe le braccia a mo' di presentatore.
Auth era pronta, allertata dall’onirica sensazione. Con una rapido movimento del braccio, creò dal terreno una mano gigante, interamente fatta di pietra e sabbia: seguendo il movimento della sua controparte di carne e sangue, il costrutto si scagliò contro l’avversario, agguantandolo e bloccandolo completamente.
<< Dovrei rispondere “chi è”? >> chiese, sarcastica, stringendo la presa, ondeggiando la coda con palese nervosismo.
Sentiva una stretta gelida penetrare a fondo nel suo addome, e per lei non era affatto normale. Si sentiva in pericolo, come una preda davanti ad un letale predatore.
In tutta risposta, il Maestro si limitò a sorridere. Aprì la bocca… e la richiuse quasi all'istante, il volto adornato da un'espressione contemplativa.
Poi, con un movimento disarmante, il braccio destro dell'uomo sembrò oltrepassare la dura roccia come se fosse una superficie liquida, generando piccole increspature lungo il minerale.
Il Signore del Tempo si mise rapidamente una mano nella tasca del completo, estraendo un pezzo di carta ripiegato. Aprì il foglietto con i denti, sembrò leggere qualcosa al suo interno e annuì a se stesso.
<< Vediamo… sì. Qui c’è scritto che io dovevo dire “Toc toc”, tu avresti dovuto rispondere “chi è?”, e a quel punto io avrei dovuto ribattere: “Il vostro carnefice”... ugh, suonava meglio nella mia testa, sembra così cliché. Dimenticalo >> borbottò il biondo, arrotolando il pezzo di carta tra le mani e lanciandoselo dietro. Sembrava del tutto inalterato dalla situazione in cui si trovava.
Era la seconda volta, dopo lo Scisma, in cui Auth si trovava a contemplare qualcosa che non capiva.
O meglio, qualcuno. Quell'uomo andava oltre tutto ciò che conosceva, e adesso comprendeva perché quell'individuo venuto dal suo sogno le aveva fatto un tale effetto, regalandole un tale sentimento di impotenza.
Si sentiva… no, era piccola, piccola e impaurita. Perché quando ti trovi davanti qualcosa oltre la tua capacità di raziocinio, la paura è il sentimento più naturale e Auth... comprese solo allora davvero la natura della sua mortalità, e si rese conto di essere cedevole, miserevole... sola.
Com'era possibile che un individuo di tale risma le provocasse una tale ondata di pensieri, di sensazioni che mai prima di quel momento le avevano sfiorato la mente?
<< Tu... te ne devi andare >> disse, ondeggiando la coda sempre più forte e veloce, spostandosi d'istinto davanti alla Nosferatu tremante e delirante per la sete, da lei nascosta con una coperta.
A quelle parole, il Maestro rilasciò un sospiro apparentemente rassegnato.
<< Vorrei tanto, amore >> disse, quasi con riluttanza, prima di picchiettare la mano libera sulla stretta di roccia.
Per un attimo sembrò non accadere niente. Poi, lentamente, la gabbia cominciò a sgretolarsi, riversando sul terreno erboso copiose quantità di sabbia e lapilli.
<< Ma vedi, quando si apre una nuova attività… >> riprese, spolverandosi la giacca come se niente fosse << bisogna stabilire delle regole. Lo sai come ho fatto a mantenere l'ordine in questo mio piccolo angolo di universo? Con la paura. >>
Detto questo, compì un passo in direzione di Auth.
<< Con lo spettacolo di azioni spaventose. Se qualcuno mi deruba… gli taglio le mani. Se mi offende… gli taglio la lingua >> continuò con quel suo intramontabile sorriso, mentre gli occhi diventavano man mano sempre più gialli.
<< Se qualcuno distrugge una delle mie città… gli taglio la testa, la infilo su un palo e la espongo così in alto che tutto il mondo sarà in grado di vederla! >> esclamò, fermandosi ad appena un paio di metri dalla figura della donna << È questo che preserva l'ordine delle cose... comprendi? Oh, che maleducato, non ho nemmeno chiesto il tuo nome. >>
<< Sei qui… >>
Auth si girò quasi di scatto all’udire la flebile voce di Marie. La vampira si sosteneva da terra con una mano, mentre l’altra era poggiata sulla gola. Aveva sollevato la coperta, stringendola fino a coprire anche il collo, scossa dai brividi. Ora fissava il Signore del Tempo con gli occhi sgranati.
<< Sai che la città è distrutta, eppure… non provi paura. Il battito del tuo cuore… è diverso. Non come il mio o come quello degli umani. Di battiti... io ne percepisco due… >>
Le sfuggì un altro rantolo, mentre si rivolgeva alla figura della donna.
<< Non è normale ... non è come Landa… >>
Il Maestro si picchiettò la tempia.
<< La tua amica ha un buon orecchio… ma non sembra messa troppo bene >> osservò con tono di fatto << Potrei mettere fine alle sue sofferenze anche ora, sai? Un piccolo POOF! e tutto il dolore sparirebbe come un non nulla… assieme a lei, ovviamente. Ma ehi! Meglio che niente, giusto? >>
Auth non rispose. Il suo corpo aveva iniziato ad emanare un forte calore, ardendo il terreno fino a cambiarne la forma in una vitrea superficie.
Si mosse velocemente, molto velocemente, prendendo Marie fra le  braccia e stringendola a sé.
<< Va tutto bene >> sussurrò alla vampira, scossa da continui brividi << va tutto bene, è solo un uomo. >>
Puntò uno sguardo feroce sul Maestro, ma di fronte a quell’inquietante sorriso la determinazione svanì come neve al sole, lasciando spazio alla sensazione di essere davanti ad un'ombra, un'ombra che a poco a poco inglobava l'intera grotta oscurando il fascio di pallida luce proveniente dal foro causato dall'arrivo di quella… creatura, che tutto era fuorché umana.
<< No… >> le rispose Marie, biascicando come una vecchia esausta << Lui è… oltre… te… >>
<< Dici il vero, ragazzina >> disse il Maestro con tono beffardo << E sai perché lo so? Perché io… sono il Maestro. E qui a Battleground, mia cara… io sono oltre TUTTO! >>
A quel punto, una luce abbagliante avvolse il corpo del Signore del Tempo, mentre raffiche di vento cominciarono a smuovere le fronde dell'oasi, sollevando tempeste di sabbia nell'area circostante.
Stavolta Auth sentì il proprio cuore battere di rabbia repressa. La sua mente tornò al giorno dello Scisma, alla disperazione totale che l'aveva travolta nella sua interezza.
<< Allora... non puoi farmi paura >> sibilò, i muscoli pulsanti e le vene che si gonfiavano poco a poco per l'afflusso di sangue in costante aumento << Tu avrai creato questo mondo... ma non sei certo il primo dio che uccido! >>
Urlando, irradiò a sua volta un bagliore dorato, liberando un’onda di energia tutto intorno a loro: ridusse l'intera oasi a un cumulo di pietra e sassi, disgregando il manto erboso, le fronde delle palme e facendo evaporare l'acqua: tale forza scagliò indietro il Maestro, bloccandolo in un'autentica nebulosa che sembrava essere stata strappata direttamente da un pezzo di cosmo.
<< Ma se vogliamo fare a gara, allora posso stare al gioco >> sputò la donna.
Per qualche secondo, la figura del suo avversario scomparve nella gabbia di oscurità e corpi celesti. Poi, da quell'agglomerato indistinto, arrivò una voce calma e inflessibile.
<< Interessante… stai utilizzando la materia oscura tra gli atomi per ricreare nebulose in miniatura. Un trucco niente male >> commentò il Signore del Tempo.
In quel preciso istante, nella mano destra dell'uomo iniziò a formarsi un globo di luce dorata, che cominciò a disperdere le nebulose.
<< Ma se crei energia negativa da quegli stessi atomi, utilizzando gli elettroni che vi ruotano attorno… allora la tua offensiva perde di significato >> disse, con un sorriso agghiacciante.
Al contempo, la massa luminosa cominciò a crescere.
<< E lo sai qual'è il bello degli elettroni, mia cara? Sono MOLTO instabili… boom! >>
Porse la mano in avanti, mentre l'attacco di pura energia negativa si protrasse nell'aria come una frusta, producendo una temperatura abbastanza alta da bruciare qualunque cosa si trovasse ad almeno dieci metri dalla sfera.
Auth comprese le intenzioni del Maestro per un pelo, e riuscì a difendersi creando un varco nell’aria che risucchiò l’esplosione. La sua natura era limitata, il suo potere lo era altrettanto e i varchi richiedevo una quantità immane di energia e pura potenza tanto sul piano fisico quanto su quello mentale. Il risultato furono dei risucchi capaci solo di isolare loro due dall'esplosione e, quando il bagliore andò scemando, attorno a loro restava solo terra vitrea e riarsa.
Il Maestro lanciò un fischio, battendo ambe le mani con un sorriso impressionato.
<< Davvero niente male, quell'attacco era abbastanza forte per uccidere un esper di Livello 4. Penso che sia ora di utilizzare le armi pesanti >> disse scrocchiando il collo << Bubu... >>
La figura dell'uomo scomparve in un guizzo di vesti neri, per poi riapparire a pochi centimetri dal volto dell'entità. La sua altezza, ora, era uguale alla sua, come se fosse cresciuto di un metro nella frazione di mezzo secondo.
<< ...Settete! >> esclamò, afferrando il volto della donna e spingendolo contro il terreno vetrificato.
L'impatto generò un'onda d'urto abbastanza forte da sollevare il manto dell'oasi, mentre il corpo di Marie veniva sbalzato in aria. Il colpo fu immediato, veloce e inaspettato: l'urto della schiena col terreno solidificato le incrinò alcune delle ossa più deboli.
Auth avrebbe voluto urlare ma non vi riuscì: nonostante il dolore, i suoi pensieri erano diretti al vecchio e fragile corpo della Nosferatu che precipitava ad alcuni metri da lei.
Supina, mosse rapidamente la lunga coda, facendola scattare in direzione dell’avversario e avvolgendogliela attorno al collo, strattonandolo all’indietro di scatto. Piegò le gambe e premette all’indietro i palmi sul terreno, risollevandosi da terra con uno slancio e scagliandosi contro il Maestro grazie ai propri riflessi sovrumani.
Con un balzo, utilizzò le gambe per intrappolargli il collo in una presa di sottomissione, bloccandolo con tutta la forza di cui era capace: quindi, con un colpo di reni accentuato, si sollevò lesta in aria, compiendo una rapidissima giravolta. Appena fu certa di aver raggiunto il punto critico, si gettò in picchiata verso terra, schiantando infine l’avversario al suolo.
Mentre affondava nel terreno, il Maestro mantenne uno sguardo impassibile, come se fosse atterrato semplicemente sul materasso di un letto.
<< Sei brava con le acrobazie… >> commentò << ma sai anche fare il morto? >>
La indicò con un dito, lo stesso dito da cui, appena mezzo secondo dopo, partì un raggio di pura energia, azzurro come il cielo stesso, che investì in pieno il corpo della donna.
Stavolta, tuttavia, Auth era riuscita a percepire l'incremento di energia e aveva approfittato della spinta per compiere un altro balzo e afferrare Marie, prima di rotolare per un paio di iarde per terra.
Il suo movimento era stato rapido, ma non abbastanza: il braccio sinistro, una parte del volto e l'esterno coscia alla sinistra erano ustionati. Sarebbe guarita, ma il danno era esteso l'aveva segnata nel profondo. Di conseguenza, il tempo di guarigione sarebbe stato lungo.
E mentre stringeva Marie, comprese che non stava affrontando una battaglia impari. Il Maestro non aveva accusato nessun danno mentre lei, se fosse stata investita in pieno dal suo attacco, sarebbe morta a tutti gli effetti.
“Non posso… non con lei” si disse, osservando la vampira stretta fra le braccia.
Nel mentre, il Maestro si rialzò da terra, con movimenti simili a quelli di una marionetta collegata a dei fili invisibili. Come se la gravità stessa non lo influenzasse nel minimo.
<< Penso che mi sia finita della sabbia nell'orecchio >> borbottò, picchiettandosi la testa.
Fatto questo, posò lo sguardo sulla coppia di fuggitive, alzando ambe le mani a mo’ di pistole.
<< Balla per me, tesoro! >> esclamò con un sorriso estatico, mentre dagli indici scaturivano altri raggi di pura energia. Il tutto mentre il Signore del Tempo rideva maniacalmente.
Auth riuscì a deviare i primi proiettili con la formazione di potenti scudi cinetici che dispersero l'energia dei singoli raggi. Dopo un po’, tuttavia, si ritrovò a schivare muovendosi rapida sulle lunghe gambe, la piccola Marie stretta a sé come una bambina.
Si mosse a destra, a sinistra, poi ancora a destra, saltò verso l'alto, strisciò sul ventre scattando come poteva, arcuando la schiena e agitando la coda, ringhiando e mostrando i denti. Era inutile, non riusciva a percorrere la distanza necessaria ad avvicinarsi senza rischiare di venire colpita, e non poteva lasciare Marie da sola per avere più libertà nei movimenti: sapeva che, se l’avesse fatto, il Maestro l’avrebbe uccisa seduta stante.
Che fare, che fare, che fare?
Spalancò la bocca come per urlare, ma invece dalla bocca eruttò una fiammata ad altissima temperatura che puntò dritta contro il nemico.
<< Avrò bisogno di molta crema >> commentò spassionatamente il Maestro, mentre sollevava le mani in direzione della volta celeste.
Come dal nulla, il deserto sembrò sollevarsi a immagine e somiglianza di una barriera alta almeno un centinaio di metri. I minuscoli granelli che la costituivano cominciarono a condensarsi, generando uno spesso strato di roccia compatta che frenò l'avanzata della vampata.
Poi, il muro di pietra solida cominciò a sgretolarsi, tornando semplice sabbia… i cui granelli ora presentavano una forte temperatura esterna, a causa dell'attacco appena bloccato.
Sulla superficie della barriera comparve il volto ghignante del Maestro, mentre questi porgeva la mano destra in avanti e scaricava la tempesta di detriti incandescenti sui corpi delle avversarie.
Stavolta, Auth non poté fare nulla: non aveva più le forze o l'energia di portare avanti una lotta del genere, e se l’ultimo suo attacco non aveva potuto nulla, allora era ormai certo che la lotta fosse persa in partenza. Se avesse perseverato, avrebbe ottenuto come unico risultato l’indebolire ulteriormente Marie.
Per questo diede spalle al Maestro. Per questo subì l'attacco rannicchiandosi su se stessa e tenendo la vampira stretta a sé, in modo da proteggerla dalla tempesta di detriti e tenendola al sicuro mentre la sua pelle d'oro, i muscoli, le ossa, le vene, i tendini, la carne, ogni cosa veniva lacerata dal calore e dalla sferzata crudele di quei lapilli ardenti.
<< Bevi, bambina >> biascicò, passando il braccio destro, ancora segnato dall'attacco subìto dalle labbra della rossa << Bevi e cresci forte. >>
Emise un leggero rantolo e cadde di fianco, con gli ultimi barlumi di coscienza che se ne andavano assieme alla visione degli ultimi raggi di luce, prima che la tenebra divenisse, ancora una volta, il suo unico mondo.



Boom!
Ebbene sì, Auth e Marie sono ora nelle mani di un Maestro decisamente molto arrabbiato. Nel mentre, Accelerator e Fire hanno avuto una conversazione cuore a cuore. Tenete a freno la mente, shippatrici seriali, questi due avranno al massimo una bromance.
Nel prossimo capitolo, i team RWBY e JEKP arrivano alla base della Ribellione! E il Maestro ha qualcosa di speciale in mente per le sue nuove catture...
  
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