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Autore: FairyCleo    05/02/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclimer: Noterete un “leggero” OOC di un personaggio principale.
 
L’odioso saiyan cresciuto sulla Terra

 
Un disastro.
Era stato un terribile, tremendo disastro.
Bulma aveva sperato in un atteggiamento diverso da parte di suo marito, aveva creduto in una sua possibile collaborazione, nel suo essere accomodante, ma si era resa conto che sarebbe stato come chiedere al gelato di non essere dolce.
Si era sbagliata. Di nuovo.
E stavolta temeva che non ci sarebbe stato modo di rimediare.
Così, Bulma Brief si era accasciata a terra, nel suo laboratorio, lasciando che la schiena strisciasse lungo la fredda parete di metallo, mentre davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini in diretta della scena più cruda a cui avesse mai assistito fino ad allora.
Vegeta aveva dato sfogo ai suoi sentimenti, vomitando addosso a Goku quello che pensava veramente di lui. Tutta la rabbia, la frustrazione di quei cinque anni erano venute inesorabilmente a galla, e avevano tirato fuori un Vegeta diverso, un Vegeta stanco di sentirsi moralmente inferiore, un Vegeta stanco di soffrire a causa di una persona che considerava egoista, un Vegeta stanco di apparire sempre perfetto e glaciale quando invece, probabilmente, era quello tra tutti loro a soffrire maggiormente.
Bulma aveva sempre saputo che quel momento, prima o poi, sarebbe arrivato, che suo marito, l’uomo della sua vita, sarebbe esploso e che, a quel punto, niente avrebbe potuto più sistemare le cose.
Bulma lo sentiva e lo sapeva: sapeva che quell’incontro sarebbe stato la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, che lasciarli soli in quella stanza avrebbe potuto scatenare la terza guerra mondiale, e in cuor suo, segretamente, aveva sperato che ciò avvenisse. Solo che Bulma aveva pianificato mentalmente uno scenario ben diverso, ben più cruento, violento, brutale, ma decisamente meno triste e desolante.
La donna dai capelli turchini avrebbe voluto che suo marito tirasse fuori il suo vero io, che esplodesse in un impeto di rabbia furente e si scagliasse contro Goku a suon di pugni, che sfogasse la propria forza, la propria rabbia, la propria frustrazione, il proprio dolore e ritornasse indietro sui suoi passi, sciogliendo così quello sciocco voto che lo vincolava a non combattere mai più e a vivere, di conseguenza, una vita a metà, una vita fatta di rinunce e di mancanze, una vita che non si addiceva al principe dei guerrieri saiyan. Bulma era certa che lo avrebbe visto finalmente felice, a quel punto. O, se non felice, sicuramente lo avrebbe visto con il cuore più leggero.
Non era successo niente del genere.
Vegeta aveva avuto una reazione? Certo che sì. Non era uno che si mordeva troppo spesso la lingua. Solo che aveva reagito nel modo più imprevedibile, più inaspettato.
Perché Vegeta, al contrario di quello che tutti avrebbero creduto o pensato, aveva reagito nel modo più umano possibile. Tagliente, feroce, ma giusto, irrimediabilmente giusto, aveva detto a Goku, alla sua nemesi, quello che nessuno avrebbe mai neanche osato pensare.
Il cinico principe dei saiyan aveva urlato in faccia all’eroe del pianeta Terra di non sapere cosa volesse dire essere umani, facendolo scappare via con la coda fra le gambe. Chi avrebbe mai creduto in un simile epilogo? Goku era andato via da lì mortificato, incapace di reagire, di rispondere a tono, incapace di discolparsi.
Vegeta aveva emesso la sentenza e aveva provveduto all’esecuzione. E – Oh Dende – quello sì che aveva fatto male. Era stato il colpo più forte mai scagliato dal principe, una stoccata violenta, micidiale, e ne avrebbe subito le conseguenze.
“Abbiamo davvero sbagliato tutto?” – si era chiesta ad alta voce, con gli occhi pieni di lacrime. Il velo liquido era diventato talmente spesso da impedirle di scorgere chiaramente i contorni di suo marito nel monitor.
Le faceva male la testa e sentiva un peso sul petto, proprio all’altezza del cuore.
“Abbiamo rovinato ogni cosa?”.
Avrebbe continuato a chiederselo per sempre, Bulma, vagando con la mente verso luoghi lontani, se non avesse sentito un urlo, uno spaventoso urlo di rabbia e frustrazione provenire contemporaneamente dal monitor e dalla Gravity Room, un urlo che l’aveva ricondotta alla realtà.
Era stato lui, a urlare.
Era stato il principe dei saiyan.
Anche se lei si era convinta che mai più sarebbe tornato a essere tale.
 
*
 
Era scappato via come un codardo, rinunciando persino a passare a salutare Bulma e Trunks.
Aveva lasciato la Capsule Corporation librandosi in volo, noncurante che qualcuno dei passanti avrebbe potuto vedere un uomo adulto munito di aureola fluttuare sui giardini dello stabilimento più famoso della città.
Era troppo sconvolto per pensare di utilizzare il teletrasporto. Chissà dove sarebbe andato, dove si sarebbe ritrovato. Se avesse davvero avuto scelta, avrebbe lasciato che le sabbie mobili del deserto dell’est lo inghiottissero, che il denso e disgustoso fango delle paludi del sud lo trascinasse nei meandri più profondi del pianeta, anche se, forse, neanche laggiù sarebbe stato al sicuro, perché neanche laggiù l’eco delle parole di Vegeta avrebbe smesso di rimbombare nelle sue orecchie e nella sua mente. Purtroppo, in una zucca vuota come la sua, creare un’eco, un rimbombo, non era poi così difficile, e ora ne aveva la certezza.
Era un idiota.
Vegeta era stato duro, crudele, ma era stato sincero. Fra tutti quelli che conosceva, il principe era stato l’unico a dirgli in faccia quello che pensava di lui, era stato l’unico a non avere timore di ferirlo, era stato l’unico, suo malgrado, a smuovergli dentro qualcosa.
Quando mai si era fermato a riflettere sulla sua esistenza? Quando mai aveva pensato realmente alle conseguenze delle sue azioni? A chi sarebbe andato, a chi sarebbe venuto, a chi sarebbe rimasto, per sempre o anche solo per un momento?
Solo dopo essere stato annientato dalle parole di Vegeta si era reso conto di non essersi mai neanche posto quelle domande e, di conseguenza, di non aver mai potuto darsi prima una risposta.
Il tagliente vento della sera sferzava sul suo viso da non-morto, mentre le immagini della città scorrevano veloci davanti ai suoi occhi, veloci come la vita di chi si era lasciato indietro.
“Sono un idiota” – si era detto, cercando di ricacciare indietro le lacrime – “Sono un perfetto idiota!”.
Lacrime.
Da quanto tempo non piangeva, Goku? Da quando Radish, suo fratello, aveva portato via Gohan, da quando aveva scoperto di essere un saiyan e non un terrestre, da quando aveva capito veramente perché era talmente diverso da tutti quelli che lo circondavano.
Nessuno lo aveva mai capito veramente. Nessuno si era mai soffermato a chiedere come quella scoperta lo avesse fatto sentire, come questo avesse cambiato il suo modo di vedere le cose.
Scoprire di essere un alieno, scoprire di appartenere a una crudele razza di guerrieri aveva acceso qualcosa in lui, aveva risvegliato un sentimento sopito da tanto, troppo tempo. Certo, non era un sanguinario sterminatore come Vegeta, non era un violento e crudele assassino come Radish e Nappa, ma la voglia di battersi, di migliorarsi, di diventare sempre più forte lo aveva spinto oltre l’immaginabile, lo aveva condotto al livello supremo, a diventare la leggenda, a diventare quello di cui non avrebbe mai saputo niente se un principe senza reame e senza sudditi non si fosse presentato alla sua porta.
Aveva tenuto tutto dentro di sé, Goku. Aveva nascosto i suoi timori, il suo stato d’animo, il suo vero, autentico io, finché non aveva avuto l’occasione di trovare in parte se stesso in giro per l’universo, dopo aver sconfitto, su Namecc, quella lucertola schifosa di Freezer.
Era arrivato alla conclusione di non essere né umano né saiyan e questo, da un lato, gli andava bene così. Aveva capito di essere diverso da tutto e tutti, di essere unico nel suo genere e, volente o nolente, avrebbe vissuto come desiderava. Non come voleva Chichi, ovvero come un umano, non come avrebbe forse voluto Vegeta, ovvero da saiyan. Lui era… Lui! E che emozione aveva provato quando aveva rimesso l’imperatore della Galassia al suo posto. Quanti sentimenti contrastanti lo avevano attraversato: la rabbia per la morte di Crilin, il disgusto verso Freezer e lo strano sentimento provato nei riguardi di Vegeta. Quando il principe aveva chiuso gli occhi per sempre si era ritrovato a essere lui l’unico, il solo, l’ultimo saiyan purosangue in tutto l’universo. Prima di quel momento, prima di quegli indimenticabili incontri, non aveva mai saputo dare una spiegazione a quel richiamo, a quella voglia di lotta e di miglioramento che montavano in lui fino a consumarlo. Adesso sapeva di volersi battere, di voler diventare sempre più forte, ma non più forte degli altri, bensì di se stesso.
All’epoca, sentiva di volerlo fare per far sì che nessuno potesse mai più venire sulla Terra e prendersi suo figlio, per far sì che i suoi occhi non piangessero mai più lacrime di frustrazione, rabbia e dolore, per far sì che nessuno minacciasse la sua casa.
Ma questo era il Goku di un tempo, il Goku di prima.
Perché, alla fine, se n’era andato. Di nuovo. Definitivamente, lasciandosi dietro i pezzi di chi lo amava incondizionatamente.
E si era chiesto, Goku, se avesse mai amato per davvero. Aveva mai davvero voluto bene a qualcuno con quell’ardore che aveva visto nello sguardo di Vegeta?
Sì. Amava i suoi figli, tutti e due, e amava anche sua moglie, nel suo strano modo forse per molti incomprensibile. E amava i suoi amici. Tutti. Forse, Bulma, Genio e Crilin un po’ più degli altri.
E odiava qualcuno?
Sì, certo. Non era mica perfetto, lui!
In quel momento, odiava Vegeta sin dal profondo del cuore. Lui, l’uomo più buono, più ingenuo e sincero dell’universo, odiava il principe dei saiyan, e lo odiava perché Vegeta lo aveva portato, con il suo cambiamento, con il suo modo di fare, a odiare un pochino se stesso.
 
*
 
“Che fine ha fatto tuo padre? Possibile che sia sempre in ritardo per la cena? Certe abitudini sono proprio dure a morire!”.
“Andiamo, mamma… Non ti agitare! Ho percepito la sua presenza vicino alla Capsule Corporation! Forse è andato a salutare Bulma o a parlare con Vegeta! Quel giorno, quando è tornato, non si sono praticamente rivolti la parola… Arriverà presto, fidati!”.
Gohan aveva cercato di tranquillizzare sua madre, sebbene egli stesso fosse leggermente in apprensione per il ritardo del suo papà.
Goku era uscito nel tardo pomeriggio, dopo che aveva testato la preparazione atletica sua e di Goten. Le cose non erano né migliorate sensibilmente né peggiorate, dal ritorno di suo padre sulla Terra, ma almeno suo fratello gli rivolgeva la parola e si lasciava avvicinare da lui. Non che fosse un gran traguardo, ma almeno era qualcosa! Per Gohan, invece, era stato tutto strano e meraviglioso allo stesso tempo. Averlo in giro per casa era un sogno divenuto realtà, poter sentire la sua risata era un dono prezioso. Non era invecchiato di un giorno e la permanenza nel regno dell’Aldilà non aveva intaccato minimamente il suo carattere allegro e gioviale. Goku era semplicemente Goku! Il loro Goku! E se avesse potuto esaudire un desiderio, sarebbe di certo stato quello di riportarlo indietro e far sì che rimanesse con loro per sempre.
Goten, al contrario, era ancora estremamente diffidente, ma sembrava aver deciso di dare una piccola, piccolissima opportunità al loro papà (sebbene non lo avesse mai chiamato in questo modo).
Aveva accettato di allenarsi insieme a loro e aveva risposto con calma e precisione a ogni domanda che Goku gli aveva fatto ma, dal canto suo, non aveva dimostrato la minima curiosità nei suoi riguardi.
Gohan lo aveva letteralmente sommerso di domande: era ansioso di sapere come trascorresse le sue giornate, se dormisse, se mangiasse, con chi si stesse allenando, chi lo stesse allenando e se ci fossero guerrieri più o meno forti di lui nel regno dell’Aldilà.
Chichi non era stata da meno, ma a queste domande ne erano seguite altre riguardanti la presenza o meno di giovani e avvenenti guerriere passate a miglior vita troppo presto. Guai se qualcuna di loro avesse posato gli occhi su di lui! Anche in quella circostanza, Chichi si era rivelata estremamente gelosa di suo marito. E pensare che aveva detto di odiarlo, di non amarlo più, di disprezzarlo! I suoi occhi brillavano da quando Goku era tornato. Era più serena, era più allegra, era più viva. E questo, i suoi figli lo avevano notato. La loro mamma era un’altra da quando l’uomo che aveva sposato era tornato al suo fianco. Ma, quando rincasava con un pochino di ritardo, o quando, al mattino, non sempre lo trovava al suo fianco, il suo volto si incupiva, e un velo di disperazione scendeva sui suoi profondi occhi scuri. Cosa sarebbe stato di lei quando Goku sarebbe tornato nel regno dell’Aldilà? Chichi era perfettamente consapevole che quella del marito sarebbe stata una breve permanenza, una sorta di “vacanza premio”, ma sembrava averlo dimenticato. O almeno, era bravissima a fingere che non le importasse.
“La cena si raffredderà… Che peccato!”.
“Sì, mamma… Hai ragione… Ma aspettiamolo lo stesso” – aveva detto Gohan, cercando di essere accomodante.
Mentre in cucina si svolgeva quel casalingo siparietto, Goten se ne stava sul pavimento, in salotto, a giocare con il piccolo Ouji. Il dolce cagnolino diventava ogni giorno sempre più grande e imparava cose nuove. Sin da subito si era dimostrato intelligente e curioso e, proprio come lui, diffidente verso Goku. Era come se avesse capito che il saiyan non apparteneva a quel mondo, come se sapesse che il piccolo Goten provasse sentimenti contrastanti nei suoi riguardi.
“Vieni qui, Ouji… Portami la palla!” – gli aveva chiesto, con voce ferma ma dolce allo stesso tempo.
E il cucciolo, con quella buffa aria un pochino goffa, aveva recuperato la piccola palla di gomma a colori, portandola al proprietario che lo aveva premiato con un biscotto.
Goten era concentrato su di lui e questo lo aiutava a non pensare troppo a quello che gli stava accadendo attorno, sebbene le sue orecchie fossero puntate in direzione della cucina. Sentiva ogni cosa, Goten, capiva ogni cosa. Forse, capiva meglio di tutti loro messi insieme.
Goku era andato via senza dire niente? Improbabile, in quel caso…
“É sempre in ritardo, era sempre così… Così…”.
“Papà è fatto così, mamma… Ormai dovresti saperlo!”.
Già… Almeno lei avrebbe dovuto saperlo.
“Bè, Ouji” – aveva bisbigliato al cagnolino – “Goku è fatto davvero male!” – aveva esclamato, prendendolo in braccio e grattandolo dietro le orecchie – “Lui non lo avrebbe mai fatto, lo sai?” – aveva proseguito, serio, girandolo con il muso verso di sé e guadandolo negli occhi – “Lui sarebbe arrivato in tempo, e tutti gli avremmo portato rispetto”.
A quelle parole, Ouji aveva abbaiato, quasi come se avesse capito quello che il suo padroncino gli aveva detto e avesse espresso approvazione.
“Lo so, Ouji, lo so. Anche io vorrei che… che Goku non fosse mio padre”.
Lo aveva bisbigliato piano, pianissimo. Guai se qualcuno dei presenti lo avesse sentito. Per fortuna, erano rimasti in cucina a chiacchierare. Goten, però, non poteva sapere che qualcuno lo stesse ascoltando. Non poteva sapere che, presto, quella preghiera pronunciata a fior di labbra in una sera qualunque, sarebbe stata esaudita.

Continua

Ragazze/i,
vi chiedo immensamente scusa per aver saltato l’aggiornamento della settimana passata.
Ho avuto degli impegni improrogabili e ho dovuto per forza mettere da parte la mia storia, ma oggi sono di nuovo qui!
Non so ancora se tornerò ad aggiornare di martedì o di venerdì! Oggi è appunto un giorno “spurio”, ma non volevo tardare ancora!
Ciò detto (spero davvero che possiate perdonarmi), che ne pensate di questo capitolo?
Goku, alla fine dei conti, ha dimostrato di non essere sempre così spensierato come tutti credono. Questo mio Goku (lasciatemelo dire, un pochino OOC ma pertinente al mio racconto) è tormentato perché non si sente capito da chi lo circonda.
Ma questo basta a giustificare le sue azioni? Fatemi sapere cosa ne pensate!
Per quanto riguarda i luoghi – deserto e isole – sono di mia invenzione!
;)
Ogni tanto è bello prendersi delle libertà!
A presto!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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