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Autore: AthenaKira83    05/02/2020    3 recensioni
Quando Magnus Bane, ex agente speciale della Marina militare statunitense, accetta di fare un favore al padre, di certo non si aspetta di dover fare da babysitter a uno scontroso, irritante, ma dannatamente attraente, agente di viaggi che non ha alcuna intenzione di rendergli facile il compito che gli è stato affidato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seduto dietro la sua scrivania, Alec cercò di ritrovare un po' di calma dopo quell'inizio di giornata decisamente turbolento.
Chiuse gli occhi e inspirò più e più volte nel tentativo di riacquistare la tranquillità perduta, senza tuttavia riuscirci. Era stanchissimo, per l'angelo! Magnus Bane riusciva a prosciugargli tutte le energie come niente e nessuno al mondo e sembrava quasi che quell'uomo fosse stato creato appositamente per farlo andare fuori di testa.
Anche prima di uscire di casa, ad esempio, era riuscito a bisticciare con quel prepotente che gli aveva soffiato dalle dita le chiavi della sua auto, con cui il moro si recava quotidianamente al lavoro, dichiarando compiaciuto "Guido io!".
Alec aveva sospirato pesantemente, trattenendosi dall'imprecare. "No, lei rimane qui a ripensare al suo comportamento infantile. Al mio ritorno, pretendo più professionalità!" si era limitato a sibilare, stizzito, con un tono che non ammetteva repliche.
Sfortunatamente, però, quel modo autoritario, che solitamente funzionava con chiunque si relazionasse con lui, sembrava non sortire alcun effetto sul suo cane da guardia, anzi sembrava quasi che l'altro avesse un lato curiosamente masochista e che trovasse estremamente divertente farlo arrabbiare e sentirsi apostrofare in malo modo.
Magnus, infatti, non si era scomposto minimamente al suo tono tagliente, anzi aveva sorriso ancora di più e aveva replicato "Niente da fare, tortellino, io vengo con te, ma, visto che ti innervosisci facilmente, sarò gentile e ti lascerò guidare.", lanciandogli nuovamente le chiavi e facendogli l'occhiolino.
"Ohhh, sono davvero onorato che lei mi permetta di guidare la mia macchina!" aveva ribattuto Alec, indispettito, soprassedendo sul nuovo soprannome, mentre Magnus faceva un inchino irriverente, indicando la porta di casa con un plateale gesto del braccio.
Per l'angelo, era così.. così.. molesto. Dio, era come una zanzara che continuava a ronzargli attorno senza dargli un attimo di tregua, punzecchiandolo continuamente e urtando i suoi nervi, già fortemente provati. Era sfiancante.
Come se tutto questo non bastasse, il suo cellulare non aveva smesso di trillare dalle otto di quella mattina, a causa dei continui messaggi da parte dei suoi fratelli che chiedevano maggiori dettagli sul nuovo arrivato. Prese il telefonino e, con uno sbuffo esasperato, tolse la suoneria per avere due secondi di pace.
No, non avrebbe mandato loro una foto di Magnus Bane, né si sarebbe lanciato in descrizioni fisiche, che nulla avevano a che fare con il rapporto professionale che lo legava a quel seccatore, e tantomeno gli passava per l'anticamera del cervello di indagare sull'orientamento sessuale di quel tipo e rivelare loro se era talmente bello da fare comunque un giro sulla sua "carrozzeria", con o senza il suo permesso, ficcandogli la lingua in bocca e le mani nelle mutande.
Quest'ultimo punto, poi, era sicuramente fuori discussione, visto che Alec non aveva alcuna intenzione di avvicinarsi fisicamente a quel bellimbusto ed era fermamente deciso a liberarsi di lui il prima possibile, pretendendo da suo padre una nuova guardia del corpo, se proprio insisteva ad affibbiargliene una, visto che quella attuale era assolutamente incompatibile con lui, oltre che insopportabile!
Quell'uomo ignorava platealmente le sue richieste, fingeva di non ascoltare le sue rimostranze e lo punzecchiava costantemente su tutto. Era un incubo, per l'angelo!
Un leggero bussare preannunciò l'arrivo di Clary, con la sua massa di ricci rosso fuoco che fece capolino da dietro la porta. "Alec? C'è qui Simon." gli annunciò, con un sorriso gentile.
"Grazie, Clary. Arrivo subito." comunicò Alec, con un leggero cenno della testa, prima di prendere un bel respiro profondo.
Si massaggiò lentamente le tempie, pressando la pelle in ampi cerchi concentrici, nella speranza che quel gesto lo calmasse a tal punto da uscire da quella stanza, anche se solo per il tempo necessario ad agguantare Simon e a trascinarlo nella sua "tana", e ignorare il suo logorroico cane da guardia, che aveva piazzato, senza tante cerimonie, a Clary non appena varcata la soglia dell'ufficio.
Già, perché, oltre a essere insopportabilmente bello, quell'uomo non stava zitto un secondo e cianciava del più e del meno, saltando da un argomento ad un altro con una velocità tale che ad Alec era venuto un gran mal di testa lungo il tragitto casa-lavoro in macchina!
Dopo l'ennesimo, lungo, respiro, raddrizzò le spalle, alzò il mento in segno di sfida e uscì a passo deciso dal suo ufficio proprio mentre Magnus stava dicendo, ai due cognati, "Fiorellino è così irascibile!".
Ecco, quella era un'altra cosa che lo mandava fuori dalla grazia di Dio. Erano appena le nove e mezza del mattino e quell'idiota era già riuscito ad appioppargli una decina di nomignoli, che definire ridicoli era riduttivo, e, nonostante le sue accese proteste, pareva non avere alcuna intenzione di smettere. Anzi, più i minuti passavano e più Magnus Bane riusciva a sciorinare soprannomi fantasiosi e incredibilmente imbarazzanti che solo la sua mente bacata poteva elaborare.
Prese in seria considerazione l'idea di fare un veloce dietrofront e mandare al diavolo tutto e tutti, ma sapeva di non poterlo fare.
Lydia si era rifatta viva.
Neanche quindici minuti prima, infatti, la ragazza non era entrata in agenzia, ma Alec l'aveva vista fare avanti e indietro sul marciapiede, quando era andato a consegnare dei documenti a Clary, fermandosi di tanto in tanto a guardare nella loro direzione, fino a quando il ragazzo non aveva indirizzato lo sguardo verso la vetrata e lei era riuscita a catturare il suo sguardo. Aveva voluto lanciargli un avvertimento? O addirittura una minaccia? Alec non lo sapeva, ma, qualunque cosa fosse, non poteva più aspettare. Il pensiero che penetrasse di nuovo nel suo ufficio lo turbava molto più di quanto non volesse ammettere. Aveva davvero bisogno di quel sistema d'allarme.
"Allora?" brontolò, con le mani sui fianchi, interrompendo il vivace brusio. "La smettiamo?"
Quel tono secco e autoritario, che aveva sempre zittito anche il più maleducato tra i suoi clienti, fece ammutolire all'istante i due cognati, ma, ancora una volta, sembrò non sortire alcun effetto su Magnus che alzò gli occhi su di lui, tranquillo, e lo fissò con un lento sorriso divertito che gli incurvava le labbra piene e seducenti.
Per l'angelo, cosa doveva fare con lui? Se lo insultava, gli sorrideva. Se gli urlava addosso, gli sorrideva. Se lo zittiva in modo brusco, gli sorrideva. Che razza di problema aveva quel tipo? Una paresi facciale?
"Simon." sbuffò, infastidito. "Per cortesia, puoi seguirmi?" chiese, indicando con un cenno della testa il suo ufficio.
"Signorsì, signore!" esclamò Simon, facendogli il saluto militare e facendo ridacchiare gli altri due.
"Ah. Ah. Ah." lo fulminò Alec, con il viso imbronciato. "Clary, hai fatto quella ricerca di cui ti ho parlato prima?"
"Ho trovato qualcosa, ma.."
"Per cortesia, puoi fare più in fretta? Mi serve con una certa urgenza, grazie." la interruppe Alec. "Quanto a lei.." commentò, in direzione di Magnus. "..le sarei grato se la smettesse di far perdere tempo alla mia segretaria." lo incenerì con lo sguardo, agguantando poi il cognato per un gomito e trascinandolo verso il suo ufficio.
"Sono nei guai?" sussurrò Magnus, accostandosi a Clary con un cipiglio curioso.
"Credo di sì." sorrise Clary, divertita, scrollando le spalle.
"FAIRCHILD! Al lavoro! Ora!" ringhiò Alec, voltando appena la testa.
Clary scattò come un soldatino e tornò dietro la sua scrivania, mentre Alec lanciava l'ennesima occhiata di fuoco a Magnus, che roteò gli occhi, ridacchiando, prima di soffiargli un bacio volante sulla punta delle dita, facendogli anche l'occhiolino.
Alec si trattenne per un soffio dal fargli un'infantile linguaccia e un inopportuno, ma sicuramente efficace, dito medio ed entrò nella sua stanza, chiudendo bruscamente la porta.
"Stai bene?" chiese Simon, inarcando un sopracciglio.
"Sì. Grazie." tagliò corto Alec.
Il cognato gli fece un largo sorriso e si protese verso di lui, eccitato, saltellando quasi sulla sedia. "Per tutti gli angeli, Alec! Bel colpo! Quell'uomo è bellissimo!" affermò, entusiasta, alzandosi lievemente per dargli un leggero pugno compiaciuto su una spalla.
"Cosa?" chiese Alec, spiazzato.
"Il tuo nuovo ragazzo! Magnus! E' davvero un bell'uomo!"
Ad Alec andò di traverso la saliva. "C-cosa?" esalò. "N-non è il mio ragazzo." replicò, indignato.
"Oh. Allora Izzy deve essersi sbagliata." commentò Simon, facendo spallucce.
"Certo che si è sbagliata, Simon!" si infervorò Alec, paonazzo. "E' la mia guardia del corpo, non il mio nuovo ragazzo!"
"Guardia del corpo?" chiese Simon, sbalordito.
"Lasciamo perdere." replicò Alec, pizzicandosi la radice del naso, mentre sentiva che gli stava per venire un'altra emicrania.
"Oh, per l'angelo! Avevo promesso a tua sorella che avrei fatto una foto a Magnus!" esclamò Simon, a gran voce. "Ti spiace se esco un attimo e.." iniziò e, senza continuare e attendere risposta, si alzò dalla sedia con il cellulare in mano per andare a compiere la sua missione.
"Simon!" lo bloccò Alec, inorridito. "A cuccia!" ordinò, indicando nuovamente la sedia con un gesto perentorio del dito.
"Ma Izzy vuole.."
"Simon.." lo interruppe Alec, esasperato, tornando a massaggiarsi le tempie. "Non mi interessa cosa vuole quella rompiscatole della tua ragazza che, per disgrazia divina, è anche mia sorella." brontolò, incrociando le braccia al petto. "Possiamo, per cortesia, passare direttamente al motivo per cui sei qui?"
"Uff. Va bene. Tanto gli farò la foto quando avremo finito qui." sorrise Simon, facendo spallucce, tornando a sedersi, mentre Alec gemeva sconfortato. "Allora, Izzy mi ha informato che hai bisogno di un sistema di sicurezza. Cosa è successo?" chiese, in tono professionale.
"Che cosa vuoi dire?" domandò il moro, alzando di scatto la testa verso il cognato.
"Beh, hai sempre odiato i sistemi d'allarme." rispose Simon, assottigliando lo sguardo. "Ricordo benissimo di quella volta che, durante una cena, mi hai accusato di mettere metaforicamente in prigione le persone! Immagino che debba essere successo qualcosa di grave per convincerti a installarne uno."
Alec lo fissò, sorpreso. Aveva sempre pensato che il cognato avesse troppo la testa tra le nuvole per badare a quello che diceva, ma a quanto pare l'aveva sottovalutato.
Si mordicchiò l'unghia del pollice, nervoso. Lavorare con Simon poteva rivelarsi più difficile del previsto, perché era un grandissimo chiacchierone e una sua battuta, seppur detta in modo innocente, avrebbe potuto scatenare un vero e proprio dramma. L'ultima cosa che voleva era che la sua famiglia venisse a conoscenza di Lydia e iniziasse a preoccuparsi per lui. Non ce n'era motivo, davvero. Già si sentiva in colpa che lo sapesse Izzy! Se anche gli altri avessero saputo delle minacce della bionda, non gli avrebbero più dato un momento di pace e suo padre gli avrebbe messo alle calcagna un branco di cani da guardia, anziché uno solo!
Tuttavia aveva bisogno dell'esperienza di Simon e della cura, quasi maniacale, che metteva nei dettagli del suo lavoro per liberarsi definitivamente (almeno sperava) di Lydia.
Decise, quindi, che doveva inventarsi una storia plausibile da raccontare al cognato e, all'occasione, anche al resto della famiglia: si sarebbe tenuto il sistema d'allarme solo fino a quando Lydia non si fosse stancata di lui, indirizzando le sue attenzioni ad altri uomini e facendolo finalmente tornare alla sua solita routine, e poi se ne sarebbe liberato.
"Beh, c'è stata una serie di furti qui nella zona." spiegò, sforzandosi di dare alla sua voce un tono credibile. "Ho lavorato davvero sodo per mantenere quest'attività al top e non voglio che entrino anche qui dentro, derubandomi. E' per questo che sono disposto a mettere da parte la mia avversione per i sistemi d'allarme." terminò, scrollando le spalle, soddisfatto di se stesso e battendosi il cinque mentalmente.
Simon piegò la testa, osservandolo come se stesse soppesando le sue parole e stesse decidendo se quello che gli aveva appena detto era la verità o una panzana colossale. Alec strinse le labbra in una linea sottile e sostenne il suo sguardo senza alcun tentennamento, obbligandosi a non agitarsi sulla sedia per non rivelare l’ansia che gli scorreva dentro.
"Ok." rispose Simon infine, scrollando le spalle e abboccando alla sua bugia. "Posso iniziare domani mattina e, intanto, do un'occhiata in giro per rendermi conto del lavoro da fare. Va bene?"
Alec annuì, intimamente sollevato. "Ho del lavoro urgente da sbrigare, però Clary è a tua disposizione. Non c'è molto da vedere, ma se hai bisogno di informazioni, o hai bisogno di qualcosa, puoi chiedere direttamente a lei."
"Ottimo." disse Simon, alzandosi dalla poltroncina. "Allora, ci vediamo dopo! Passo a salutarti prima di andare via."
Alec annuì, allungando una mano. "Grazie, Simon!"
"Figurati!" sorrise il castano, stringendogliela, uscendo poi dal suo ufficio e chiudendosi la porta alle proprie spalle.

"E così, Sigmund, installi impianti di sicurezza." esclamò Magnus, mettendosi in posa per il selfie che il cognato di Alec gli aveva chiesto di fare, manco fosse un fan in presenza di un vip.
"Simon. Mi chiamo Simon." rispose il castano, distratto, mentre digitava velocemente sul suo cellulare. "E, sì, installo antifurti e telecamere di sicurezza." confermò, prima di sorridere soddisfatto al messaggio appena ricevuto, iniziando poi ad aggirarsi per l'agenzia in compagnia di Clary, prendendo nota dei possibili posti dove piazzare le telecamere.
L’ex militare non poteva di certo dirsi sorpreso per l'iniziativa presa dal moro: Robert Lightwood era stato vittima di e-mail minatorie e trovava quindi logico che il ragazzo si attivasse per difendere il suo posto di lavoro. Quello che proprio non riusciva a inquadrare era perché rifiutasse così categoricamente la sua presenza. Ok, non avevano iniziato quella collaborazione nel migliore dei modi, e forse (ma solo forse, sia chiaro) Magnus si divertiva un po’ troppo a stuzzicarlo, perché adorava vedere le sue guancie assumere una deliziosa tinta color ciliegia quando si imbarazzava e stizziva allo stesso tempo, ma la testardaggine dell’agente di viaggi nel non volerlo al suo fianco era davvero esagerata.
Ciondolò sul posto, con le mani nelle tasche posteriori dei jeans, seguendo con lo sguardo il castano che prendeva nota di ogni minimo dettaglio di quel posto. A differenza dell'appartamento del moro, l'agenzia di viaggi Cacciatori di sogni trasudava eleganza e buongusto: non era molto grande, ma era accogliente e lo spazio a disposizione era stato suddiviso in modo da dare ad Alec la giusta privacy quando doveva accogliere i propri clienti, creando un ufficio confortevole ed efficiente che si trovava in fondo ad un piccolo corridoio. C'era anche un salottino, presidiato dalla postazione di Clary, che fungeva da sala d'attesa e che aveva dei comodi divanetti in pelle nera su cui torreggiavano vari espositori, pieni zeppi di cataloghi e riviste di viaggi.
Era un bel posticino, ammise Magnus, osservando il tutto ed era così diverso da quell'obbrobrio che Alec si ostinava a chiamare "casa"! Come poteva essere il proprietario di quel posto la stessa persona che viveva in un appartamento con le crepe sui muri?
L'uomo incrociò le braccia al petto e si tamburellò il mento con un dito, pensoso. Forse il ragazzo soffriva di bipolarismo? Magari era anche per quello che era così aggressivo con lui! Si appuntò mentalmente di chiedere a suo padre, così da poter gestire al meglio quella situazione problematica, perché di certo non voleva rischiare di finire con un coltello conficcato nella gola, mentre stava dormendo, solo perché sua madre si era erroneamente messa in testa che quel ragazzo fosse un cucciolo di panda che andava protetto a ogni costo!
"Ok, Clary, qui ho finito." affermò Simon, al termine del breve tour, interrompendo il flusso di pensieri dell'ex militare. "Domani mattina arriverò con la mia squadra per cominciare i lavori di installazione."
"Fantastico!" esclamò la ragazza, visibilmente sollevata, congiungendo le mani al petto. "Sono così contenta che tu sia arrivato Magnus." confessò, posandogli una mano sul braccio e regalandogli un caldo sorriso. "E con un sistema d'allarme mi sentirò ancora meglio."
"Davvero?" le chiese Magnus, curioso. "Perché?"
Clary si avvicinò ai due, con fare cospiratorio, arricciando l'indice perché si abbassassero al suo livello. "E' arrivato un messaggio minatorio." bisbigliò, lanciando un'occhiata alla porta di Alec per controllare che non si aprisse proprio in quel momento.
"Un messaggio minatorio?" mormorò Magnus, alzando un sopracciglio.
Clary annuì. "Non ho idea di chi sia la mittente, ma non mi piace per niente l'idea che entri qui e soprattutto che lasci certi tipi di messaggi ad Alec! Nessuno si deve permettere di minacciare mio cognato!" affermò, con tono deciso, piantandosi le mani sui fianchi e scuotendo energicamente la testa.
Magnus si raddrizzò, sovrappensiero. Una ragazza che lasciava messaggi minatori? Perché il moro non gliene aveva parlato? Era per questo che aveva deciso di installare il sistema d'allarme nell'agenzia? L'ex militare ipotizzò che dovesse essere una cosa seria se Alec si era attivato per quella situazione anziché per le e-mail minacciose ricevute da Robert Lightwood.
"Alec non lo sa, ma stavo depositando nella nostra cassaforte l'assegno di un nostro cliente e ho trovato il messaggio." continuò Clary, in un sussurro.
"E cosa c'era scritto?" bisbigliò Simon, rapito, pendendo dalle labbra dell'amica.
Clary guardò brevemente di nuovo verso la porta chiusa dell'ufficio di Alec. "Volete che ve lo faccia vedere?"
Magnus e Simon si trovarono ad annuire contemporaneamente e fissarono Clary che digitava la combinazione della cassaforte e ne estraeva il biglietto incriminato, consegnandolo poi a Magnus, mentre Simon gli si accostava per leggere le parole impresse nel cartoncino.
La minaccia era chiara: Alec si era rifiutato di uscire con una donna e lei era arrivata a controllare se lui le avesse detto la verità o meno. E ora era arrabbiata.
"Quando è stato lasciato questo messaggio?" interrogò Magnus.
Avrebbe tanto voluto prendere le eventuali impronte digitali e mandarle ad analizzare, giusto per essere sicuro di non avere a che fare con qualche pazza criminale già nota agli investigatori, ma dal modo in cui Clary aveva maneggiato il pezzo di carta, sapeva che erano andate perse del tutto.
La rossa si strinse nelle spalle. "Sabato, quando ho terminato il lavoro, non c'era nella cassaforte, ne sono sicura. Credo sia entrata sabato sera, dopo l'orario di chiusura, o ieri, ma non ne ho la certezza."
"Ha rubato qualcosa?"
Clary scosse la testa. "Ho controllato, ma non credo manchi niente. Non di importante, almeno." replicò, stringendosi nuovamente nelle spalle. "Credo abbia solo lasciato il biglietto ad Alec."
"Hai notato niente di strano nei giorni scorsi, prima di questo messaggio? Qualche telefonata bizzarra? Una cliente fin troppo particolare?"
Clary scosse nuovamente la testa. "Il solito via vai, le solite e-mail di prenotazione e telefonate da parte dei nostri fornitori o di compagnie aeree. Niente di insolito."
Magnus si massaggiò il mento, pensieroso. Oltre alle e-mail inviate al padre, Alec doveva preoccuparsi anche di una stalker che lo perseguitava. Forse poteva non essere nulla di serio, ma qualcosa gli diceva che non era così, soprattutto considerando che la sconosciuta era penetrata illegalmente in quell'ufficio per lasciare un messaggio intimidatorio.
Quella situazione non gli piaceva per niente.

Chino sui suoi fascicoli, Alec alzò la testa solo quando Simon andò a salutarlo. Dopo pochi minuti spinse indietro la sedia e uscì dall'ufficio, sgranchendosi il collo e stiracchiando in alto le braccia, mentre si dirigeva verso il distributore di bevande per farsi un tè caldo.
"Oh, Alec!" lo chiamò Clary, quando si accorse della sua presenza. "Simon mi ha informato che verrà con la sua squadra questo pomeriggio e che già entro questa sera il sistema d'allarme sarà funzionante."
Alec aggrottò la fronte, sorpreso. "Questa sera? Ma aveva detto che l'avrebbe installato domani. Come mai tutta questa fretta?"
Clary arrossì di botto, guardando poi Magnus, come se stesse cercando il suo aiuto.
"Ok. Che sta succedendo?" chiese Alec, spazientito, dopo aver seguito quello scambio di sguardi.
"Beh.. sai com'è.. non si è mai troppo sicuri a questo mondo e.."
"Clary.." la interruppe Alec, con una mano sul fianco e con uno sguardo ammonitore.
"Per evitare un'altra effrazione."
"Effrazione?" domandò Alec, sgranando gli occhi.
Clary guardò nuovamente Magnus, che annuì, come per infonderle coraggio. "Ho trovato il biglietto minatorio nella cassaforte e l'ho fatto leggere a Magnus e a Simon." esalò la ragazza, tutto d'un fiato.
Alec boccheggiò per un attimo, incapace di formulare un pensiero coerente. Poi scosse la testa, imponendosi di ricomporsi. "Capisco." replicò, asciutto.
"Scusa! Scusa! Scusa! Non volevo ficcanasare, lo giuro, ma era nella cassaforte e l'ho letto prima di rendermi conto di cosa si trattasse e.."
Alec alzò una mano per interromperla. "Clary, è tutto a posto. Davvero. Anzi, sono io che mi scuso per averti fatta preoccupare." la rassicurò, sorridendo dolcemente.
"Oh, Alec!" esclamò la ragazza, scattando in piedi e correndo ad abbracciarlo. "Perché non me ne hai parlato prima? Jace e Izzy lo sanno?"
"Di cosa?" chiese Alec, ricambiando l'abbraccio, mentre fingeva di non capire.
"Della stalker!" esclamò Clary, con foga.
Alec roteò gli occhi. "Non è una stalker." affermò, per rassicurarla. "Si tratta sicuramente di uno scherzo di cattivo gusto. Tutto qua."
"Eh, già. Tutto qua. E' solo uno scherzo di cattivo gusto." mormorò Magnus, seduto sopra la scrivania di Clary con le lunghe gambe accavallate, tutto intento a limarsi un'unghia e a parlare da solo. "Il fatto che abbia deciso di installare un sistema d'allarme, non c'entra niente con l'effrazione. Già." commentò, con una smorfia eloquente.
Alec lo fulminò con lo sguardo. "Qualche problema?"
Magnus alzò la testa e lo fissò, sostenendo l'occhiataccia truce che l'altro gli stava lanciando. "Hai chiamato la polizia?" gli chiese, a bruciapelo.
"Di sicuro non l'hai detto a Jace." brontolò Clary, con le mani sui fianchi. "Altrimenti mi avrebbe già messo al corrente di tutto!"
Alec roteò di nuovo gli occhi. "Smettetela! Tutto ciò non è affatto necessario. Non è niente di serio." replicò, determinato, mentre la sua guardia del corpo alzava un sopracciglio, guardandolo con aria scettica.
In realtà Alec aveva chiamato la centrale di polizia già quella domenica, giusto per togliersi il pensiero, e l'ufficiale con il quale aveva parlato l'aveva informato che avrebbe potuto sporgere una denuncia per molestie ed effrazione. Il moro, però, trovava davvero esagerato quel consiglio e sperava che il sistema d'allarme sarebbe bastato a far desistere la sua ammiratrice indesiderata. Si rifiutava categoricamente di pensare che la cosa fosse più seria di così.
"Alec.." tentò nuovamente Clary, visibilmente preoccupata.
"E' tutto a posto. Davvero." le sorrise Alec, dandole un paio di buffetti rassicuranti sulla testa, come se fosse un cagnolino. "Ora devo uscire. Chiamami se hai bisogno di qualcosa."
Clary sospirò, scuotendo con rassegnazione la testa, mentre il cognato usciva dall'agenzia, sempre con la sua guardia del corpo alle calcagna, per consegnare dei biglietti aerei a una coppia di anziani, che doveva partire dopo pochi giorni per la Norvegia, e per visitare diverse aziende che Alec sperava sarebbero divenute presto suoi clienti fissi.

Era quasi mezzogiorno quando il moro tornò ad ammettere l'esistenza dell'uomo che camminava di fianco a lui. Fino a quel momento, infatti, aveva evitato di rivolgergli la parola e aveva fatto finta di essere completamente solo, nel tentativo di mantenere una certa distanza tra lui e l'uomo incaricato di proteggerlo.
Certo, non che fosse stata un'impresa facile, visto che, come sua abitudine, Magnus non aveva smesso di parlare neanche per un minuto, ciarlando del più e del meno e indicandogli, entusiasta, le vetrine piene zeppe di vestiti che vedevano, mentre procedevano lungo il marciapiede affollato. Per l'angelo, era come avere a che fare con Jace e Izzy, ma al quadrato!
Alec sospirò: si stava comportando in modo infantile, lo sapeva, ma non aveva proprio idea di cosa dirgli, senza rischiare di risultare sgradevole o cadere in imbarazzanti silenzi dopo poche parole, buttate là a caso.
Lui non era bravo in queste cose. Negli anni era diventato un vero esperto nell'evitare le domande personali e canalizzare l'attenzione del suo interlocutore sui propri interessi anziché sulla vita privata del moro. Ad esempio, se la cavava egregiamente a parlare di viaggi, portare avanti trattative od offrire pranzi di lavoro, ma quando la barriera professionale cadeva e si trattava di conversare normalmente, con perfetti estranei, si trasformava: balbettava, arrossiva, mormorava parole a vanvera e senza senso. E se si trattava di persone con cui non aveva alcuna particolare affinità, la situazione peggiorava: pur di dissimulare il fastidio che provava in loro compagnia, diventava un disastro ambulante. In un caso, o nell'altro, il risultato finale era che si sentiva sempre enormemente a disagio, cosa che odiava tantissimo, quindi tentava di evitare come la peste di trovarsi in situazioni del genere.
"Hai fame?" chiese ad un tratto Magnus, interrompendo il proprio flusso inesauribile di parole e fermandosi davanti a un ristorante dall'insegna colorata.
La guardia del corpo sorrise quando il moro alzò gli occhi al cielo e fece spallucce, sventolando una mano che poteva significare tutto e niente. Ridacchiò: con Alec Lightwood si poteva essere sicuri di non correre il rischio di sentirsi scoppiare la testa per le troppe chiacchiere. Forse più di qualcuno sarebbe stato felice di questo, ma a Magnus piaceva parlare ed era una qualità che apprezzava anche nei suoi interlocutori. Poco male, comunque: avrebbe parlato lui per entrambi, come stava già facendo da quando era arrivato.
"Entriamo, tartufino?" chiese quindi ad Alec, che sbuffò forte e gli lanciò un'occhiata assassina.
Magnus rise di gusto, ignorò il muso lungo dell'altro e lo acchiappò per un braccio, conducendolo con entusiasmo all'interno del ristorante, che era carino e illuminato da una luce soffusa, con tanti séparé dalle varie fogge e dai vari colori.
Una giovane cameriera li scortò a un tavolo e portò loro il menù, tornando, un attimo dopo, con un cestino pieno di pane. Alec notò la sua guardia del corpo ricambiare il sorriso timido della ragazza con uno molto più ampio e sfacciato, che la fece arrossire come un peperone e sventolare il viso con una mano mentre si allontanava per raccogliere l'ordinazione di una coppia a un altro tavolo.
"Si distrae facilmente, vedo." mormorò il moro, misteriosamente indispettito da quello scambio, sfogliando con finto interesse il menù che aveva in mano.
"Non ero distratto." rispose Magnus, con un sorriso scaltro.
Alec roteò gli occhi. "Certo, come no. Sono curioso di capire come riesce a guardare quanto sculetta quella ragazza e al tempo stesso proteggermi." lo sfidò, con voce piatta, senza alzare lo sguardo.
Magnus gli prese il menù di mano e lo posò sul tavolo, sporgendosi poi verso di lui e fissandolo intensamente. "Mi è piaciuto il suo sorriso." spiegò, con tono significativo. "Sai com'è.. non ne vedo uno vero da quando sono arrivato, se escludiamo Clary e Stuart."
"Non sapevo che fossi obbligato a sorriderle." ribatté Alec, piccato, guardandolo a sua volta. "Forse dovrebbe fare la guardia del corpo a un dentista." continuò, sarcastico. "E chi diamine è Stuart?" domandò infine, allargando le braccia, esasperato.
Magnus fece per ribattere, ma poi, con un sospiro rassegnato, ci rinunciò, sicuro che, qualsiasi cosa avesse detto, il moro si sarebbe comunque irritato. Scosse la testa e restituì il menù ad Alec, appoggiando poi il mento sul palmo della mano e guardando fuori dalla vetrata le macchine che passavano sulla strada, senza più dire niente.
La cameriera tornò per le ordinazioni e, una volta che se n'era andata, il moro si alzò. "Vado in bagno." annunciò. "Per l'angelo, posso andarci da solo! Non è necessario che mi segua anche lì!" esclamò, con un'evidente smorfia di disappunto, quando vide che anche Magnus aveva accennato a muoversi.
"Cinque minuti." rispose la guardia del corpo. "Poi vengo a prenderti. Che tu abbia rimesso Alec junior nelle mutande o meno." dichiarò, con un sorriso ironico ed eloquente.
Alec inspirò bruscamente e arrossì di botto. Si voltò di scatto e marciò verso la toilette, borbottando a denti stretti. Per l'angelo, quell'uomo era davvero insopportabile, volgare, sfacciato e senza il minimo senso del pudore!
Si lavò le mani e si sciacquò il viso, guardandosi poi allo specchio con la solita desolazione che lo invadeva ogni qual volta incontrava il proprio riflesso. Con quella faccia da cane bastonato e quella carnagione color mozzarella scaduta non avrebbe mai attirato l'attenzione di nessuno, a differenza della cameriera che, con un semplice sorriso, era riuscita a destare quella di Magnus. Non che lui volesse suscitare l'interesse di quell'idiota, sia chiaro, ma, per l'angelo, era deprimente rendersi conto che lui, al massimo, poteva aspirare a disperati in cerca di compagnia o a ubriaconi che si erano già scolati una bottiglia o due.
Con un sospirò sconsolato, uscì dal bagno e andò a sbattere contro una montagna di muscoli con addosso una camicia a scacchi di flanella e un berretto da baseball.
Una mano nerboruta si appoggiò bruscamente al petto di Alec e lo spinse con forza all'indietro, mentre una zaffata di alito fetido lo investiva. "Guarda dove cammini, stronzo."
Dita maschili si strinsero attorno al polso dell'aggressore, ma prima che Magnus potesse fare altro, Alec passò al contrattacco con una furia alimentata da una lunga mattinata di collera e frustrazione. Strinse gli occhi, lanciò uno sguardo omicida allo sconosciuto e, senza pensarci due volte, fece partire una tremenda ginocchiata in direzione del suo inguine. L'aggressore gridò per il dolore e la sorpresa e il moro rincarò la dose con un pugno nello stomaco.
"Posso cavarmela benissimo da solo." sibilò Alec, con il respiro accelerato, rivolgendosi poi a Magnus. "Quando avrò bisogno del suo aiuto, stia pur certo che la chiamerò." dichiarò, camminando impettito verso il loro tavolo.
Magnus alzò un sopracciglio, sorpreso, poi prese per il bavero l'aggressore ansimante e lo squadrò con un sorriso divertito. "Hai sentito? Se non ti comporti bene, ti lascio nelle sue grinfie." lo minacciò, lasciandolo andare malamente e seguendo poi Alec.
Improvvisamente desiderò avere un mitra con sé, anziché la sua solita pistola, che teneva nascosta sotto il giubbotto di pelle. Con un caratterino del genere, sicuramente portato all'esasperazione anche a causa della sua presenza, era certo che Alec si sarebbe fatto più di un nemico prima che quella storia fosse terminata. D'altra parte, però, non poteva fare a meno di ammirare il suo stile: gli mancava la diplomazia, certo, ma aveva fegato.
Quando tornò al loro tavolo, Alec stava assaggiando la sua insalata.
Il moro sollevò lo sguardo su di lui e parlò con tono calmo. "Mi dispiace di essere stato scortese." si scusò, sospirando pesantemente.
Magnus si sedette e versò della salsa sulla bistecca che aveva ordinato. "Non è la prima volta.. e sospetto che non sarà neanche l'ultima." commentò, scrollando le spalle con un sorriso ironico.
Alec lasciò cadere la forchetta con un gesto indignato. "Mi sta dando del maleducato?"
Magnus rimise a posto la bottiglia di salsa e ridacchiò. "Forse."
"Guardi che sono una persona educatissima. Io. E' lei quello fastidioso e irritante."
Magnus sospirò profondamente: la fragilissima, tacita, tregua che si era instaurata quando si era seduto per mangiare era già andata a farsi benedire. "Ok, senti, Alec.." iniziò, posando a sua volta la forchetta. "So che non ti piaccio e che detesti con tutte le tue forze avermi attorno.."
Alec annuì con vigore, guardandolo corrucciato.
"..ma mi è stato affidato il compito di proteggerti e, modestia a parte, sono bravo in questo." continuò Magnus, alzando il sopracciglio in modo eloquente.
"Non ho bisogno di essere protetto." ripeté, per l'ennesima volta, Alec. Gli sembrava di essere un disco rotto che suona sempre la stessa canzone.
Magnus piegò la testa e sorrise. "Forse, ma visto che tuo padre non è della stessa idea.." rispose, mentre l'altro roteava platealmente gli occhi. "Che ne dici di lasciarmi fare il mio lavoro?"
Alec incrociò le braccia al petto e fissò, imbronciato, un punto imprecisato oltre la vetrata del locale.
"Alec, sono un ex soldato. Se necessario, sono anche in grado di uccidere una persona, qualora non avessi altra scelta. Sono stato addestrato a farlo in qualunque momento e in ogni situazione." gli rivelò Magnus, serio. "E tu? Sapresti fare una cosa così estrema, pur di salvarti la vita?"
Alec riportò l'attenzione sulla sua guardia del corpo e sbarrò gli occhi. "Per l'angelo! Non le pare di stare esagerando? Non.."
"Come pensavo." lo interruppe Magnus, bevendo un sorso di vino. "Io, invece, posso farlo senza pensarci due volte. Posso quindi azzardarmi a chiederti un po' di rispetto? Non voglio che tu mi consideri superiore a te e neanche un tuo amico, se è troppo difficile da accettare, ma gradirei che cercassi di apprezzare la mia capacità di fare qualcosa che tu, invece, non sai fare, specie se consideriamo che questo può salvare il tuo bel sedere tondo e perfetto." continuò, facendogli allegramente l'occhiolino. "Sono fermamente convinto che sarebbe davvero un peccato se gli capitasse qualcosa."
"Il mio sedere non ha bisogno di essere salvato da nessuno! Da lei men che meno!" replicò Alec, scandalizzato, mentre il viso gli andava a fuoco.
Magnus ridacchiò, tagliandosi un pezzo della sua bistecca. "Sai, dovresti smetterla con questo atteggiamento negativo." commentò, puntandogli la forchetta contro. "Immagino che serva a tenere a distanza le persone, ma con me non è necessario. Non devi temere un'intimità fisica o emotiva con il sottoscritto. Ti sto vicino solo per ragioni di sicurezza." spiegò, tranquillo. "Rilassati!"
"Ohhh, ma stia zitto." abbaiò Alec, massacrando la sua insalata con la forchetta.
Magnus sospirò, scuotendo piano la testa, e fece come gli era stato ordinato, mordendosi la lingua ogni qual volta gli veniva spontaneo aprire bocca e intavolare una conversazione.
Finirono di mangiare in silenzio e quando terminarono, Alec finse di tornare alla toilette, mentre, in realtà, approfittò del momento in cui Magnus andò a pagare il conto per uscire dal ristorante. Non voleva davvero scappare, ma l'idea di dare una piccola lezione a quell'uomo arrogante, dimostrandogli che non era in pericolo come si ostinava a pensare suo padre, era una tentazione troppo forte per non essere ascoltata.
Fuori l'aria era fredda e pungente e Alec respirò a pieni polmoni, prima di rischiare di soffocare quando una mano brutale gli tappò la bocca, mentre l'altra lo afferrava per la vita.
"Abbiamo un conto in sospeso, stronzetto." sibilò l'uomo con cui si era scontrato fuori dal bagno.
La sorpresa si mischiò ad una paura latente che gli corse lungo la schiena. La mano sulla bocca gli impediva di urlare, ma Alec tentò di divincolarsi con tutte le sue forze. L'uomo che l'aveva afferrato, però, gli puntò una pistola alla schiena e gli intimò di smetterla di agitarsi, trascinandolo poi verso il vicolo dietro il ristorante, in cui Alec vide altri due sconosciuti che li stavano aspettavano.
Alec pestò i piedi e si dimenò ancora più forte, prima di trovarsi disteso a terra, accanto all'uomo che l'aveva aggredito, mentre nell'aria risuonavano tonfi e grida soffocate.
Il moro vide uno dei compari dell'aggressore descrivere un arco per aria e atterrare sui bidoni pieni e ammaccati che si trovavano sul retro del ristorante. Il terzo uomo, invece, gridava come un ossesso, tenendosi una gamba piegata in modo innaturale.
Una mano sollevò Alec, aiutandolo a rimettersi in piedi e il ragazzo riconobbe subito il tocco di Magnus.
"Muoviti." ordinò l'uomo, secco, trascinandolo fuori dal vicolo e riportandolo nuovamente sul marciapiede che dava sulla strada trafficata. Fermò un taxi, con un gesto imperioso del braccio e, senza tante cerimonie, lo spinse dentro, sibilando un perentorio e gelido "Sali!".
Alec provò a dire qualcosa, ma l'occhiata folle e omicida che gli lanciò Magnus gli fece chiudere bruscamente la bocca.
L'uomo gli rivolse la parola solo quando il taxi li scaricò davanti all'agenzia. "Non so se tu sia sordo o senza un briciolo di cervello." sibilò Magnus, arrabbiato, ficcandosi le mani, tremanti di rabbia, nelle tasche dei jeans e guardando fisso davanti a sé la vetrata dell'agenzia Cacciatori di sogni.
"Signor Bane.. mi dispiace." iniziò Alec, consapevole che il suo era stato un gesto davvero avventato e stupido.
Magnus alzò l'indice per interromperlo. "Taci! Non voglio sentire le tue scuse, soprattutto perché non sono sincere."
"Certo che lo sono!" si difese Alec.
Magnus lo squadrò con occhi glaciali. "Provaci un'altra volta, moccioso, e giuro che te ne pentirai amaramente."
"Non osi minacciarmi!" lo attaccò Alec, alzando la voce.
Magnus lo fissò, sorpreso. "Sei serio?" gli chiese, allibito. "Sei palesemente dalla parte del torto e hai anche il coraggio di urlami contro?"
Alec fece una smorfia infastidita e poi lo lasciò là, marciando impettito verso la porta della sua agenzia.
Magnus fissò la schiena del ragazzo a bocca aperta, incredulo. Gli aveva appena letteralmente salvato il culo e l'altro lo trattava come se fosse colpa sua se si era ritrovato in quella situazione.
Strinse i pugni e respirò profondamente, nel tentativo di non farsi venire una crisi isterica. Al diavolo Alec! Al diavolo sua madre che l'aveva incastrato in quella situazione! Al diavolo tutto e tutti!
Chiuse gli occhi e, prima di seguire il moro, si impose di calmarsi, vista la voglia impellente di strozzarlo con le proprie mani.
Quando finalmente il suo cuore tornò a battere normalmente, alzò lo sguardo e fissò, cupo, l'agenzia: Alec pensava di aver chiuso la faccenda, ma non era così. Ohhh no! Gli avrebbe lasciato credere che la storia finiva lì, ma, alla prossima occasione, non sarebbe stato così magnanimo.
Era ora che l'agente di viaggi si ficcasse in quella bella testolina chi era la persona che comandava.
   
 
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