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Autore: LightingThief    05/02/2020    0 recensioni
[FanFiction su Din Djarin, protagonista della serie tv The Mandalorian contiene spoiler riguardo essa]
Prima c’era stata la quasi schiavitù a Corellia, poi c’era stata l’Accademia a Korriban, le sue missioni, nonostante la caduta dell’Impero, ed adesso invece lei si era liberata di tutto ciò che l’aveva da sempre tenuta incatenata.
Aveva scelto sé stessa ed una vita diversa.
Per la prima volta in assoluto Eryn aveva scelto qualcosa da sola, senza che fossero gli altri a scegliere per lei.
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Eryn Laan, conosciuta anche come Speed, è una ex sith che ha deciso di abbandonare l'ordine perché ha sentito il lato chiaro crescere dentro di sé. Si ritrova così a lasciare quella vita fatta di oscurità e per sfuggire all'impero s'improvvisa cacciatrice di taglie. E' proprio nella Gilda dei cacciatori che conosce il Mandaloriano ed è anche insieme a lui che iniziano le sue disavventure nello spazio, alla scoperta delle proprie emozioni e sensazioni che per lungo tempo entrambi si sono negati.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10.
It was just a ship


Lo spazio era sempre così bello.
Eryn ricordava bene la prima volta che era stata su un astronave ed allora si era resa conto di quanto l’universo potesse essere vasto e che lei, prima o poi, sarebbe andata ovunque perché uno dei suoi grandi sogni, quando era ancora piccola e viveva per i bassifondi di Corellia, era quello di viaggiare. Poi, però, quel primo viaggio nello spazio l’aveva portata dapprima su una base spaziale Imperiale e successivamente a Korrbian, quindi non era esattamente un piacevole ricordo quello che riaffiorava ogni volta nella mente della ragazza quando si ritrovava a guardare oltre il finestrino per perdersi nella vastità del mondo che la circondava. Era stanca e le faceva male la testa, anche perché in quell’attimo si rese davvero conto che un capitolo della sua vita si era concluso e che adesso avrebbe dovuto aprirne un altro. Erano riusciti a portare in salvo il bambino, seppur con qualche difficoltà legata alla resistenza da parte della Gilda, cosa più che comprensibile, e lei non solo aveva perso l’unico lavoro che avrebbe mai potuto fare ma la sua nave era stata distrutta ed adesso non aveva più neanche un mezzo di trasporto, oltre che ad aver perso parte dei suoi averi, come i libri od i vestiti che conservava a bordo. Insomma erano cose stupide, a confronto della vita di quel bambino alieno, ma per lei avevano avuto un certo significato perché erano cose che le appartenevano davvero e che erano parte della sua nuova vita. Stava addirittura leggendo un libro che parlava d’avventure, ma adesso era andato e probabilmente non lo avrebbe mai più trovato visto che glielo aveva consegnato la vecchia su Jakku come segno di “buon viaggio”. 
Non si pentiva di ciò che aveva fatto, nonostante la sua faccia dicesse il contrario, solo che adesso la questione sul proprio futuro e destino poteva finalmente prendere forma visto e considerato che il bambino era in salvo. 
Era la prima volta che si addentrava nella nave del Mandaloriano e solamente adesso, mentre navigavano in silenzio da un po’ di tempo, ebbe la lungimiranza di guardarsi intorno incuriosita da quello che era il vero porto sicuro dell’uomo in armatura. La cabina di pilotaggio, la plancia, era abbastanza spaziosa e fatta per due persone, segno che un co-pilota non avrebbe fatto male a quella nave, ed al momento lei era seduta al posto del secondo pilota mentre teneva le gambe distrattamente accavallate. 
Il piccolo, dopo che si era messo a giocare con un pezzo dei comandi, una pallina d’argento, lo avevano messo al suo posto in una sorta di culla improvvisata, e poi si era messo a dormire, perché sicuramente anche per lui quell’esperienza non doveva essere stata semplice. 
Solamente allora Speed si lasciò scappare un sospiro accennato, mentre guardava fuori dal finestrino, cosa che andò a richiamare l’attenzione del cacciatore di taglie intento a guidare meticolosamente, così da allontanarsi il più possibile da Navarro. 
L’elmo in beskar si voltò leggermente verso di lei ed esitò qualche istante prima di rivolgerle la parola, segno che entrambi non sapevano esattamente cosa dire. 
«Tutto bene?» 
Le domandò Mando e quella semplice domanda la riportò alla realtà, costringendola addirittura a smuoversi da quella poltrona in modo da potersi, a sua volta, voltare in direzione di lui, ed ecco che annuì in maniera impercettibile. 
«Sì, tu stai bene? Vuoi una mano con i comandi?» domandò a sua volta Speed sperando di poter, per lo meno, essere utile in qualche modo. 
«Sto bene e no, non è necessario.» 
«Oh, allora d’accordo—…» mormorò lei prima di tornare a guadare fuori dal finestrino, perché se il Mandaloriano non aveva bisogno di lei allora Speed poteva tornare a perdersi nei propri pensieri. 
Passarono ben dieci secondi, che stranamente la ragazza contò, prima che nuovamente il suo nome venisse richiamato.
«Speed—…» 
Questa volta usò addirittura il suo nome, o meglio quello che lui conosceva, segno che forse voleva parlare o provare a dirle qualcosa, ma prima ancora che lei potesse dire qualcosa ecco che Mando riprese a parlare. 
«Senti, mi dispiace per la tua nave.»
Lo guardò di sbieco, con aria quasi apatica per via della stanchezza, ed alla fine scosse leggermente il capo e sventolò una mano, com’era solita fare quando voleva liquidare qualcosa. Anche se in realtà trovò stranamente piacevole quella premura nei propri confronti, cosa che non avrebbe mai detto del Mandaloriano. Eppure, da svariato tempo a quella parte, Speed aveva iniziato a credere che effettivamente, dietro quell’elmo, si celasse qualcuno che provava a nascondere le proprie emozioni, ed a controllarle, ma che in realtà si ritrovava ad avere un animo buono, seppur a modo suo. Quindi, sentirlo dispiaciuto per quello che era accaduto alla propria nave, fu più gradito di quanto Speed si fosse mai aspettata. 
«Stai tranquillo, non fa nulla. Era solamente una nave—… ne potrò trovare un’altra.» cercò, ovviamente, di tranquillizzarlo lei, come se fosse un lavoro facile. Per quella nave aveva pagato quasi tutti i propri averi, cambiandola con una nave Imperiale rubata, adesso invece non aveva granché con sé.
«Ti aiuterò a cercarne una.» 
«Mhm? Figurati, al massimo la ruberò—…» provò a scherzarci su lei, beccandosi quello che probabilmente aveva tutta l’aria di essere uno sguardo scettico. «O magari lavorerò così tanto da potermene comprare un’altra, contento?!» 
«Mhm—…»
«Mando a proposito di quello che—…» questa volta fu lei a chiamarlo per nome, così da avere tutta la sua attenzione.
«Senti, Speed, se vuoi biasimarmi o rimproverarmi per quello che è successo, perché immagino tu voglia farlo—… »
Ma Speed si lasciò andare ad un sorrisetto divertito nel sentire quella frase, perché poteva solo immaginare quanto fastidio gli desse essere “preso in giro” per ciò che aveva fatto li su Navarro. 
«In realtà stavo per dirti che sei stato molto coraggioso a scegliere di tornare indietro per riprendere questo bambino e che non devi sentirti in colpa per me e per la mia nave e per il mio lavoro, so badare a me stessa. La mia è stata una scelta ragionata che avevo messo in conto nel momento esatto in cui vi ho visti arrivare su Navarro—…» le parole le uscirono dalle labbra in maniera del tutto spontanea, ritrovandosi però a non guardarlo dritto in volto, forse per via dell’imbarazzo provato, ma semplicemente fissando i comandi dinnanzi a sé, ben più interessanti del beskar. «Non ti avrei mai biasimato per ciò che hai fatto, in questo mondo purtroppo esistono persone buone e persone decisamente po’ meno buone. Tu sei una persona che sta in mezzo e che si è trovato in una situazione cattiva, però hai saputo ragionare con la tua testa. Questo ti fa onore e davvero, non chiedermi scusa, non è necessario, anche perché tu non mi sembri di certo il tipo da scuse, finiamola. Adesso siamo qui e—… e vedremo cosa fare.»
C’erano delle volte in cui Speed non parlava mai, che preferiva lasciare che i propri silenzi venissero interpretati come meglio gli altri credessero, poiché non aveva neanche la forza per dire qualcosa, e certe volte in cui iniziava a parlare e non la finiva più, questo perché ogni tanto, anche lei, aveva bisogno di buttare tutto fuori. Passava giorni e giorni ad accumulare pensieri su pensieri ed alla fine, quando meno se lo aspettava, le parole abbandonavano le sue labbra come un fiume in piena. Una volta si era addirittura messa ad imprecare contro un sasso, perché la missione le stava andando male, e per frustrazione aveva addirittura dato un calcio contro la roccia, cosa che le aveva provocato una quasi storta. 
Quella volta, invece, ecco che a farla parlare era stata la preoccupazione, seppur superficiale, che il Mandaloriano aveva appena mostrato nei suoi confronti, cosa che non credeva possibile e che stranamente le aveva fatto piacere, forse per quel motivo aveva parlato così tanto, ed adesso si sentiva addirittura in imbarazzo al punto da essersi pentita di aver detto tutto ciò, eppure sentiva di doverlo fare, anche per tranquillizzarlo. 
Mando, dal canto suo, senza abbandonare i comandi della propria nave, rimase in silenzio ben più di qualche secondo, come se stesse analizzando e metallizzando tutte quelle parole di Speed, cosa che le fece abbastanza paura, ed alla fine si voltò nuovamente verso di lei.
Quanto avrebbe dato per poterlo guardare in viso senza quell’elmo
«Non pensavo sapessi parlare tanto
Una provocazione bella e buona che però, a modo suo, la fece sorridere ancor di più, perché questo voleva dire che Mando aveva ricevuto il messaggio e che lei poteva stare tranquilla, almeno per adesso e che entrambi non dovevano più scusarsi a vicenda perché tanto quel che dovevano fare era stato fatto. 
«In realtà parlo parecchio, dovresti chiederlo a tutte le taglie che ho consegnato a Karga, potranno confermare.»
«Allora è così che li catturi. Gli parli fino a quando non perdono i sensi.» 
Quello scambio di battute fu esattamente ciò che ci voleva per alleggerire l’atmosfera che entrambi avevano erroneamente creato da quando erano partiti da Navarro. E Speed si rese conto che sì, a modo suo Mando sapeva anche essere divertente. 
«Ovvio, avevi qualche dubbio a riguardo?!» rispose la ragazza a tono prima di assumere una finta aria soddisfatta per quelle rivelazioni. 
«Nessuno—…» mormorò a bassa voce il Mandaloriano prima di spingere alcuni bottoni sul pannello di controllo e poi far ruotare la propria poltrona di comando così da alzarsi in piedi. «Seguimi!»
Il cambiamento repentino non la sorprese più di tanto, in fondo non era neanche troppo abituato a stare con della gente intorno, poiché sulla nave non vi erano membri dell’equipaggio, dunque senza esitazione anche Speed si mise in piedi, anche perché le gambe iniziavano a farle male quando stava troppo seduta, e nell’alzarsi si limitò a stendere le braccia così da stirare i muscoli. Accanto a Mando Eryn si rese conto di essere ben più bassa di quanto le piacesse ammettere, lui la superava di parecchio e per guardarlo meglio aveva bisogno di sollevare lo sguardo, cosa che fece anche in quel momento, solo che prima di domandare che cosa stessero facendo ecco che l’uomo in armatura di beskar si mosse piuttosto rapidamente e si addentrò in quel grande disimpegno che doveva essere una sorta di piccolo salone centrale, anche se di salone quella stanza non aveva niente eccezione fatta per il divano. Ovviamente Speed lo seguì in silenzio mentre lui, grazie alla ripida scaletta, scendeva di sotto al piano di giù, quello che aveva avuto modo di osservare solo qualche istante prima di andare in sala di comando al piano di sopra. 
Come riuscisse a muoversi tanto agilmente con quella pesante armatura per Speed rimaneva un problema, eppure lui scese con ben più agilità di quanta ne avesse usata lei per non cadere negli ultimi gradini, vista la scarsa illuminazione che vi era di sotto. Li si guardò intorno abbastanza incuriosita mentre si andava ad appoggiare contro uno dei muri di metallo, ed ecco che finalmente indicò l’angolo che l’aveva catturata fin da subito, quello dove teneva le sue vittime congelate. 
Era un uomo giusto, non di certo un uomo buono, questo doveva ammetterlo. 
«Posso dire una cosa, Mando?» chiese a bruciapelo lei.
«Dilla pure!» rispose l’uomo fermandosi qualche istante. 
«E’ così che li trasporti? Sono—… congelati?»
Ovvio che era curiosa per quella strana pratica che loro, i Mandaloriani, possedevano. 
«Più o meno. Non tutti.» ci tenne a precisare lui con assoluta calma. 
«E’ davvero efficace, i miei complimenti per un sistema così efficiente che—… aspetta, non vuoi congelare anche me, giusto?!» 
Questa volta la domanda non fu intenzionale, anzi, uscì spontaneamente delle proprie labbra perché, per un attimo, riflettendoci attentamente, magari era esattamente questo il suo piano: portarla di sotto così da rinchiuderla in quella lastra, proprio come le sue altre vittime. In questa maniera si sarebbe tolto un peso, ed a questo Speed aveva riflettuto solamente adesso. 
«Cosa?! E perché dovrei farlo?» 
Domanda più che logica quella di lui, che ovviamente si voltò nella direzione di Speed con quella che sicuramente sarebbe stata un’espressione scettica sul viso. Sì, pur non potendolo guardare negli occhi era chiaro che adesso la stesse osservando con scetticismo per la domanda appena fatta. 
«Non lo so—… magari ti sono più utile da congelata.» 
«Speed—… ti stavo facendo vedere il bambino ed il letto dove puoi dormire.» 
Ecco, quello fu davvero imbarazzante, anche se Speed cercò di minimizzare il tutto oltrepassando la figura di lui e dirigendosi verso la piccola culla creata per il piccolo, una nuova capsula che stava ferma a mezz’aria e dal quale era possibile controllarlo ogni qual volta era necessario. 
«Lui sta bene e sta dormendo beatamente, non preoccuparti.» cercò di rispondere al Mandaloriano dopo aver carezzato delicatamente la fronte del piccolo per poi riportare la propria attenzione in direzione di lui. 
«Infatti non sono preoccupato, spero solo che li non gli abbiano fatto nulla di grave.
» 
«Credo lo stessero analizzando—… non so neanche di che razza sia.» ammise lei per tranquillizzarlo. 
«Lo spero e neanche io so che razza sia. Mi è sconosciuta, credo sia una razza rara.» 
Però, a conti fatti, qualsiasi razza fosse questo piccolo doveva essere sicuramente qualcuno di parecchio importante per l’Impero e questo, a conti fatti, era abbastanza preoccupante. Chi era quell’esserino che avevano con loro? 
Ecco la nuova domanda alla quale Speed avrebbe cercato di rispondere, in qualche maniera anche se ancora non sapeva come. 
«Beh, immagino che lo scopriremo solo che adesso mi sta venendo un dubbio ma—…» ed ecco che cambiò discorso indicando quella che sembrava una stretta branda con ammassate delle coperte ed un paio di cuscini. «Questo è il tuo letto?»
Esitazione, sì, Mando stava esitando forse perché credeva che fosse una domanda a trabocchetto. 
«Sì—… volevo dirti che se sei stanca puoi dormire qui.»
«Mando—… ed un materasso?!»
Sì, non riuscì a non fargli quella domanda perché insomma se quelle erano le condizioni della sua nave allora questo voleva dire che il Mandaloriano viveva davvero in maniera spartana, forse un po’ troppo spartana per Speed. 
«Non c’è il materasso.»
«Ottimo—…» provò a mormorare lei non necessariamente convinta della cosa mentre si passava una mano fra i capelli analizzando con attenzione quella piccola branda, dall’aria scomodissima che però era chiaramente il letto del Mandaloriano, e per sembrare addirittura più convincente ecco che lei si andò a sedere su di essa. 
Già, era davvero scomodissima. 
«Tu avevi un materasso?» le domandò, questa volta Mando, forse curioso. 
«Sì, ed avevo anche l’acqua calda nella doccia.» provò ad azzardare la ragazza. «Perché c’è una doccia, vero?»
«Certo, il bagno è qui accanto ma non c’è l’acqua calda, mi dispiace. E poi si può sapere in che razza di nave vivevi? Avevi svaligiato una reggia?!»
«In una nave che avevo sistemato per bene, ecco in che nave vivevo. Forse l’avevo sistemata un po’ troppo bene.» 
E Speed abbassò lo sguardo prima di distendersi sulla branda, lasciando penzolare fuori da essa le gambe mentre cercava di abituarsi a quel nuovo ambiente anche perché non sapeva quanto tempo sarebbe rimasta li, insomma quanto ci sarebbe voluto per cercare una nuova nave e mantenere al sicuro il piccolo?!
«La Razor Crest è più—… essenziale.» 
«Lo sto notando e va benissimo così, anzi, sei gentile a darmi il tuo letto ma giuro che io posso dormire anche di sopra o da qualche altra parte, non voglio rubarti anche il letto. Già mi stai ospitando. E’ tanto.» 
Ci tenne a precisare sentendosi immediatamente in colpa per aver fatto notare quei difetti che la propria vecchia nave non aveva. Magari era stata un po’ un’esagerazione convincere quel tipo, svariati mesi prima, a farle creare una deviazione fra i tubi della nave così da poter avere anche l’acqua calda, ma ne era valsa la pena. In fondo era per queste cose che Speed conservava i propri crediti, preferiva digiunare un paio di giorni però poter dormire su un materasso, oppure avere dei vestiti puliti.
Era pur sempre una ragazza che cercava di sopravvivere, sempre a modo totalmente suo. 
E poi era lui ad ospitarla e gli ospiti, a conti fatti, non dovrebbero mai lamentarsi, anzi, dovrebbero ringraziare ed annuire, e lei provò a farlo per davvero anche se avrebbe dovuto dormire in quelle condizioni, ma era sempre meglio di niente. 
«Prendilo pure, io per ora non ho bisogno di riposarmi. » le rispose tranquillamente il Mandaloriano prima di avvicinarsi verso la stretta scala attaccata alla parete metallica. 
«Beh, solo per questa volta—… hai bisogno di una mano con i comandi?»
«No, per ora sto navigando nell’iperspazio senza una meta precisa, dobbiamo mettere più distanza possibile da Navarro. Te l’ho detto, puoi riposarti, sembri stanca.»
E lo era, se proprio doveva essere sincera con il Mandaloriano ed anche con sé stessa, però annuì in direzione dell’uomo con l’armatura e poi sollevò una mano quasi a volerlo ringraziare, anche se non sapeva bene come o cosa altro dire, visto e considerato che doveva avere anche la faccia stanca. 
«D’accordo, mi riposo solo un’ora e poi giuro che vengo a darti il cambio, d’accordo?!» 
Ed anche se Mando non fosse stato d’accordo lei lo avrebbe fatto, sarebbe andata a dargli una mano meglio che avrebbe potuto e tutto solo perché sentiva di essere particolarmente in debito. Lui, dal canto suo, si limitò ad annuire e non aggiunse altro, forse perché in fondo non vi era altro da aggiungere a quel punto, la stava letteralmente lasciando riposarsi per un po’ e poi, magari, anche lui preferiva la solitudine quando guidava, questo Speed non poteva saperlo. 
Così lo guardò arrampicarsi agilmente su quella scala che lo avrebbe riportato al piano di sopra, con la schiena rigorosamente coperta da quel mantello che aveva sempre addosso, e poi lo vide sparire lasciandola da sola con il bambino addormentato nella sua culla. 
Un profondo sospiro abbandonò le labbra di Eryn, che si sollevò leggermente per dare un’ultima occhiata in direzione di quella creatura dalla pelle verde che sembrava dormire beata nel mondo dei sogni, ed a sua volta, dopo essersi assicurata che stesse bene, si limitò a chiudere gli occhi con l’intenzione di dormire solamente per poco, e poi, una volta sveglia, avrebbe fatto qualcosa per essere d’aiuto li sopra, non poteva di certo essere un peso, non lo avrebbe mai voluto. 
Gli occhi le si chiusero in maniera automatica, mentre cercava una posizione comoda, introvabile, su quella branda, ed alla fine prima ancora che se ne potesse rendere conto ecco che la propria mente scivolò via verso il mondo dei sogni, raggiungendo il bambino, mentre abbassava ogni difesa certa che non le sarebbe potuto succedere niente.


Nel mentre...

I comandi puntavano nel vuoto, non aveva stabilito ancora una rotta poiché era deciso a mettere quanta più distanza possibile da Navarro, fino a quando la Razor Chrest fosse stata in grado di andare, perché prima o poi avrebbe dovuto fare rifornimento da qualche parte, il tutto nella speranza che si trattasse di un posto idoneo per loro due. Quello di Din era un piano per lo più campato in aria e se ne rendeva perfettamente conto da solo, ma non poteva fare altrimenti, e poi, vivere giorno per giorno era la sua regola, non gli piaceva mai fare piani a lungo termine, prima preferiva arrivare vivo a fine giornata dopo di che avrebbe pianificato il giorno successivo. 
Ma quella volta era tutto diverso perché adesso, insieme a lui vi era qualcuno di inaspettato che aveva colpito la propria vita fin dal principio senza che il Mandaloriano se ne rendesse davvero conto. Perché quel bambino, seppur suo compagno di viaggio per poco tempo, era stato capace di farlo ricredere sulle proprie stesse convinzioni. Lui che era stato perennemente ligio al dovere, insensibile dinnanzi ad i ricercati, lui che congelava le vittime che non volevano collaborare. Ecco, lui aveva ceduto dinnanzi gli occhi di un bambino, incapace ed impossibilitato a rimanere indifferente mentre veniva portato via dagli Imperiali. Non aveva saputo reggere una cosa simile quindi, seppur la nuova armatura di beskar, aveva cambiato idea all’ultimo secondo ed era tornato indietro sui propri passi, pronto a salvarlo. E li aveva incontrato lei, cosa che non lo sorprese del tutto, in fondo Speed gli aveva detto di fare attenzione nel momento stesso in cui aveva semplicemente nominato l’impero. Non c’era nulla di strano eppure, adesso, era cresciuta in lui la curiosità sul passato di lei, perché era chiaro che avesse avuto a che fare con loro, in qualche maniera, i suoi occhi non mentivano. 
Ed adesso si ritrovava a viaggiare non con una ma con ben due persone, poiché Karga aveva deciso simpaticamente di farle esplodere la nave ed adesso il senso di colpa per averle fatto perdere tutto iniziava a farsi sentire. Insomma lei poteva anche avergli detto di non preoccuparsi, che avrebbe fatto qualcosa, ma alla fine la verità era solamente una: se Din non avesse consegnato il bambino all’Imperiale, o meglio ancora se non avesse accettato quell’incarico, adesso lei avrebbe ancora un lavoro ed una nave ed un futuro, adesso invece erano entrambi condannati per aver tradito la Gilda, senza lavoro e soprattutto senza meta. 
Un modo niente male per farsi degli amici, anzi, non era neanche del tutto certo che a mente fresca la ragazza avrebbe ancora voluto essere sua amica, o quello che erano, perché in fondo era arrivato alla conclusione che forse potevano definirsi tali, e proprio per questo motivo aveva provato, con parecchie difficoltà, a metterla a suo agio sulla propria nave. 
Ma come poteva compensare un materasso e l’acqua calda?
Semplice, non poteva perché lui era da sempre fatto così, non aveva mai avuto un equipaggio che desiderasse qualcosa del genere, dunque si era arrangiato come meglio poteva utilizzando i propri fondi nelle armi e nelle risorse per fare il cacciatore di taglie. 
Per essere il migliore in assoluto.
In quell’istante sentì che stranamente il proprio elmo era più stretto del previsto, quasi soffocante, una sensazione che gli apparteneva poco, e così, dopo essersi assicurato di essere solo e che sia la ragazza che il bambino fossero a dormire, riuscì ad allontanare quel casco poggiandolo sulla consolle dei comandi. 
Immerso nella propria poltrona ecco che Din inspirò profondamente alla ricerca disperata di aria pulita che invase i suoi polmoni e finalmente i suoi occhi videro meglio l’interno della propria nave che conosceva fin troppo bene. I capelli scuri, come i suoi occhi, erano scombinati ed il viso, segnato dagli anni e dai combattimenti, era stanco e provato. Aveva addirittura un accenno di barba incolta, che teneva quasi sempre piuttosto corta, seppur non si mostrasse mai in pubblico e guardando la propria immagine riflessa sul vetro della nave ed ebbe voglia nuovamente di coprire il proprio viso. Non si guardava quasi mai allo specchio, forse per via di quel senso d’insicurezza che si era generato in lui in tutti quegli anni, perché tenendo sempre quella maschera adesso iniziava addirittura a sentirsi vulnerabile quando la levava e questo gli faceva paura. 
Era un guerriero Mandaloriano, uno dei migliori, eppure Din aveva paura di sé stesso certe volte, per questo non si guardava mai allo specchio. 
Ma quella volta aveva bisogno un po’ di libertà prima che entrambi i suoi ospiti si svegliassero, anche per cercare di riflettere attentamente e capire quale sarebbe potuta essere la loro prossima mossa. 
Si alzò nervosamente in piedi, facendo ondeggiare il mantello che portava sulle spalle e tintinnare il nuovo beskar, decisamente troppo per lui, e facendo avanti ed indietro fino a quel piccolo disimpegno che un tempo fungeva da sala riunioni per l’equipaggio esiguo della vecchia nave, ma adesso era semplicemente una zona disabitata, ed ecco che la propria attenzione venne catturata da una piccola nicchia che, se sistemata a dovere con un paio di tavole e qualche cuscino, sarebbe potuta diventare un ottimo letto, sicuramente migliore della propria branda al piano di sotto e di ciò se ne rendeva conto da solo. 
E poi lanciò uno sguardo ad i comandi, non aveva nulla da fare visto che stavano navigando, quindi ne avrebbe approfittato, così, per lo meno, una volta sveglia Speed avrebbe trovato un letto migliore e si sentì quasi stupido nello sperare che potesse anche andarle bene. Ma quel pensiero durò semplicemente un istante, deciso a scacciarlo ed a limitarsi a lavorare per provare a sistemare quella nicchia in modo da farla diventare un posto dove poter dormire e poi, dopo aver sistemato quella cosa, avrebbe pensato anche a cosa poter dare da mangiare al piccolo, altro problema non indifferente. 
Intanto avrebbe affrontato un problema alla volta ed in quell’attimo, libero dal proprio elmo, decise di lavorare così per un po’, aveva proprio bisogno di prendere aria e soprattutto di distrarsi facendo qualcosa. 
   
 
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