Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: K ANTHOS    06/02/2020    0 recensioni
Come poteva Sara essere a conoscenza addirittura di due omicidi?
Un fremito di terrore lo colse: ora sarebbe toccato a lui?
Rimase esangue al solo pensiero, era quasi in stato di choc, i suoni della campagna gli giungevano ora ovattati e lontani.
Perché non lo aveva ancora denunciato? Cosa la tratteneva?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Due giorni dopo arrivò il referto dell’autopsia della ragazza ucraina.

-Riccardo, ecco il verbale del medico legale…- Salieri allungò il foglio a Riccardo.  

Lo lesse attentamente e ne commentò il contenuto.

-E’ morta tra l’una e le tre di notte, a quanto pare è stata uccisa da un’altra parte ed il corpo è stato poi gettato nel fossato: la causa del decesso è il dissanguamento provocato dall’incisione della giugulare con un’arma da taglio… Dalla forma e posizione dell’incisione l’assassino deve aver usato la mano destra… Il corpo presenta numerose ecchimosi da colluttazione mentre i polsi sono segnati dalle fascette fermacavo: a giudicare dalla profondità dei tagli, ha provato disperatamente a divincolarsi… bastardo… Ha subito un rapporto sessuale ma non ci sono tracce di sperma, deve essersi protetto e purtroppo non hanno trovato tracce di materiale biologico di nessuna altra natura… Hanno rinvenuto poi sugli indumenti e tra i capelli dei filamenti di paglia.

E’ stato molto scaltro, siamo di fronte ad un altro caso difficile- considerò Riccardo fissando il foglio.  

-Riccardo, ho qui i tabulati telefonici e le celle agganciate… non ci sono buone notizie… sembra che sia partito da casa con l’intenzione di uccidere, non solo di farsi un giro con una prostituta…- osservò l’agente Lotti.

Dai tabulati non emerse nulla di utile, l’ultima cella agganciata risultò essere proprio quella in prossimità del deposito dell’acotral. L’assassino si era assicurato praticamente da subito di mettere fuori uso il cellulare di Iryna: la ragazza doveva aver compreso molto presto le sue cattive intenzioni.

-Ho bisogno di fare due passi e di bere un caffè…- esordì Riccardo.

-Se vuoi ti accompagno… ho bisogno anch’io di un caffè- gli disse Salieri.

Raggiunsero a piedi il vicino bar della stazione di Porta Romana: Riccardo si era appoggiato al bancone assorbito dai suoi ragionamenti, nella mente cercava di farsi un’idea dell’uomo in grado di commettere un omicidio così efferato.

La barista non gli staccava gli occhi di dosso e Salieri non poté fare a meno di notarlo mentre lentamente svuotava la bustina di zucchero nella tazzina.

Nel modo di porsi verso gli altri Riccardo appariva sicuro di sé, calmo e misurato, quasi compassato, era difficile percepirne il pensiero e meno che mai i sentimenti.

Il suo sguardo glaciale, freddo e distaccato, era il suo biglietto da visita, dava la sensazione, a chi lo osservava per la prima volta, di essere insensibile alle passioni umane ma allo stesso tempo conferiva alla sua figura alta ed autorevole un fascino che non passava di certo inosservato, come in questo caso.

Riccardo notò e ricambiò le attenzioni della ragazza che, trafitta inesorabilmente da quello sguardo, emise infine un profondo sospiro.

-Non è imbarazzante essere fissati e desiderati a quel modo dalle donne?- gli chiese divertito Salieri appena furono fuori il bar.

-Ti mentirei se ti dicessi che mi dispiace… ho un debole per le belle donne… e i rapporti liberi- gli esternò sincero.

-Ma sicuramente con una delle donne che frequenti ti sentirai più coinvolto…- osservò lui.

-La verità è che non ci so fare con i sentimenti… nelle donne guardo ad altro…- confessò Riccardo.

 

-Ve l’ho detto, Carola aveva avuto un periodo di allontanamento dal marito la scorsa estate… però… ora che ci penso, quello che ho notato io era che, prima di rimettersi insieme a lui, si prendeva molta più cura di se stessa… inoltre qualche volta ha chiesto ed ottenuto cambi di orario o uscite anticipate. L’ho sentita anche mentire al telefono con Claudio, il marito…- la signora Valli era la collega e amica intima di Carola Rocci e veniva risentita direttamente da Riccardo.

-Cosa vuole dire con “si prendeva molta più cura di se stessa” signora Valli?-

-Semplicemente che si truccava di più ed in modo accurato, che andava più spesso dal parrucchiere… insomma era più attenta del solito ad uscire dal turno in ordine- fece la donna.

-Lei pensa che fosse solo per autostima che si curasse di più o c’era un altro motivo?- le chiese Riccardo valutando la possibilità che frequentasse qualcuno.

-Questo non lo so… negli ultimi mesi si era allontanata anche da me… io come amica ho aspettato che si riavvicinasse, che si confidasse, non le ho mai voluto fare fretta… ci conosciamo dai tempi del corso da infermiera… può capitare a tutti un momento di stanchezza dalla routine quotidiana… io ho voluto aspettare… ma forse ho fatto male…-

-Ha avuto qualche contatto che potrebbe far risalire a Carola? Ricevuto messaggi, telefonate anonime, qualsiasi cosa che possa far pensare sia stata fatta dalla sua amica?- la sollecitava Riccardo.

-Purtroppo no, mi piacerebbe tanto… e vi avrei chiamati subito… ma no, mai purtroppo… sono molto preoccupata che le sia successo qualcosa di grave… non è da lei sparire, era precisa, si preoccupava quotidianamente dei suoi figli, non li avrebbe mai abbandonati per niente e per nessuno…- la donna venne sopraffatta dalla commozione.

-Grazie signora Valli, qualsiasi cosa le venga in mente e voglia dircela noi saremo qui…-

-Grazie commissario…-

Stavano convocando uno dopo l’altro i colleghi più stretti di Carola Rocci, Riccardo sperava che risentendoli avessero avuto modo di ripensare a dei particolari che nel momento stesso della scomparsa della donna potevano essere stati giudicati superflui, inutili, ma che, a distanza di diverso tempo, potevano invece essere riletti in una maniera del tutto diversa.

Come in questa occasione.

 

La mente gli scoppiava, gli spasmi di nervosismo allo stomaco lo tormentavano ed un forte senso di rabbia repressa montava dentro di lui.

Come era stato possibile? Come c’era riuscito? Era presente? Era lì intorno, dentro la sua proprietà? Lo avrebbe denunciato? Queste erano le domande che martellavano senza sosta la sua testa e che erano la causa di un dolore quasi fisico.

Da quando si era imbattuto in quell’assurdo disegno non aveva più trovato pace ed era stato assalito dalla necessità impellente di dare un nome al suo autore.

Passarono alcuni giorni oscillanti tra follia e lucidità in cui si aspettava che accadesse qualcosa, che la polizia lo venisse a cercare, quando riuscì, tramite dei compaesani, a sapere di chi fosse l’auto: con suo grande disappunto scoprì che era di una ragazza che lavorava da poco in azienda, c’era di mezzo una giovane donna e la sua curiosità divenne immediatamente morbosa.

La prima volta che la vide, appostato con il suo binocolo da caccia in una strada poco distante dalla cooperativa, ne rimase fortemente affascinato: era stata per lui una inaspettata quanto gradita sorpresa e cominciò a rilassarsi,  soprattutto perché si rese conto con il passare dei giorni che quel disegno non aveva dato luogo da parte sua ad alcuna denuncia.

Aveva cominciato, compatibilmente con le incombenze del suo lavoro, a pedinare Sara e nel giro di pochi giorni era riuscito a sapere molto di lei. Era a conoscenza degli orari che copriva in azienda, dell’impiego del padre che lo teneva lontano tutta la notte e del liceo che frequentava il fratello; l’aveva inoltre pedinata insieme al suo fidanzato, o almeno così gli sembrava che fosse.

Più la osservava e più ne era attratto, le sembrava ormai di conoscerla bene: il legame assurdo che li univa, pur senza essersi mai visti prima, lo affascinava, lo richiamava come un insensato tormento d’amore.

Ardeva dal desiderio di farsi dire direttamente da lei come aveva potuto fare quel disegno e voleva trovare al più presto un modo per avvicinarla.

La convinzione scellerata di saper gestire ora, a suo modo, il contatto con una donna lo rese sicuro di sé e si apprestò così a cercare una possibile soluzione.

 

Il sabato sera era l’unico momento della settimana in cui Sara poteva incontrare Nicola.

Si conoscevano fin dalla quarta elementare, l’anno in cui lui si era trasferito da Roma a Viterbo per seguire il padre pilota militare dell’aeronautica. Si erano subito trovati simpatici e, a dispetto dei pettegolezzi dei compagni di scuola, avevano cominciato a frequentarsi volentieri e senza malizia, lui solare e sorridente, lei bellissima, con uno sguardo dolce, profondo e fragile insieme.

Con le medie divennero più liberi di incontrarsi e passeggiare per la città all’uscita da scuola e Sara intuì molto presto la preferenza per i ragazzi da parte sua.

Durante gli anni del liceo furono oggetto ripetutamente di scherno a causa della strana coppia che avevano formato ed inesorabilmente attiravano gli sguardi. Non era difficile infatti vederli passeggiare abbracciati come due fidanzati, con lui che le cingeva le spalle con il braccio e lei che gli insinuava la mano nella tasca posteriore dei jeans.

Nicola era un ragazzo affascinante, possedeva un fisico asciutto e nervoso ed era attento in modo quasi maniacale al modo di vestire, ma quello che aveva da sempre attratto l’amica era la sensibilità con cui riusciva a rilevare immancabilmente i suoi stati d’animo.

Le donava serenità, il suo affetto avvolgente la rassicurava, la faceva sentire spensierata e felice.

Ora Nicola frequentava un corso da parrucchiere a Roma e tornava a Viterbo il venerdì sera. Si era fidanzato con un altro aspirante parrucchiere conosciuto durante il corso e stava vivendo un amore un po’ travagliato a causa dei continui contrasti con il padre, ma Sara gli era sempre vicina e lo giustificava in tutto a spada tratta.

Aveva persino deciso fin dall’inizio della loro amicizia di proteggerlo da se stessa mettendolo a conoscenza del fatto che soffrisse spesso di incubi ma senza mai permettergli di arrivare ad intuire la stretta correlazione che questi avevano con la realtà. 

Nicola salì le scale che conducevano al pianerottolo di Sara e appena la vide la strinse forte: si abbracciarono in modo avvolgente, con trasporto.

-Ciao Nico, mi sei mancato tanto…-

-Ciao bellissima, anche tu-                                                         

-Ehi… non potete comportarvi così!- sbottò Filippo.

-Sei geloso per caso di tua sorella o hai scoperto di amarmi alla follia bel giovine?- lo prese in giro Nicola.

-Ma ti sembra normale avere questo atteggiamento da fidanzati?-

-Perché, che fastidio diamo?- chiese incuriosito Nicola.

-Non capisci che così per mia sorella sarà impossibile incontrare qualcuno? Automaticamente un ragazzo pensa che è innamorata persa di te e non ha speranze!-

-Non credo ci sia qualcuno là fuori che le voglia più bene di me! Poi in questa città chiusa e bigotta è poco probabile che riuscirà mai a trovare un uomo adatto a lei!-

-E chi sei tu per dirlo, un sensitivo? Ma fammi il piacere…-

-Stai calmo Fili, non mi interessa nessuno dei ragazzi che mi girano attorno… e anzi, Nicola li tiene lontani con il suo modo di fare… Credo sia meglio uscire Nico, sento la necessità di camminare e parlare un po’ con te- fece lei.

Dopo circa venti minuti raggiunsero un piccolo e caratteristico bar in Piazza del Gesù e, accompagnati in sottofondo dal rumore dell’acqua zampillante della fontana, cominciarono a raccontarsi gli avvenimenti della settimana appena conclusa. 

-Come va con tuo padre Nico?-

-Male, molto male… sai che non vede di buon occhio la mia relazione con Andrea… non ci parliamo quasi più- fece lui con rammarico.

-Mi dispiace… forse gli ci vuole solo un po’ più di tempo per farsene una ragione…-

-Non so… non credo che sarà facile per lui accettare le mie scelte sentimentali… è troppo d’altri tempi…-

-Tu vai per la tua strada, è la tua vita Nico, devi cercare ciò che ti rende felice e basta. Hai tutto il mio sostegno, lo sai…- fece lei stringendogli la mano tra le sue.

-Lo so… sei sempre stata una luce per me. Quando sono a Viterbo mi sento meno solo con te al mio fianco…-

-Il corso da parrucchiere come va?-

-Benissimo, più imparo e più mi appassiono… a proposito… quando avremo finito il corso io e Andrea andremo a vivere insieme…- le disse con sguardo innamorato.

-Wow… sono strafelice per voi… finalmente un rapporto stabile allora… è una cosa veramente seria…-

-Sì, penso proprio di sì… Lo amo da morire, sono al settimo cielo accanto a lui-

-Lo vedo… quando mi parli di lui sprizzi felicità da tutti i pori…-

-Tu invece… ti vedo affaticata più del solito… mi nascondi qualcosa, vero?-

Non gli poteva mentire, Nicola la conosceva così intimamente che avvertiva a pelle il suo malessere interiore.

-Il lavoro va molto bene, sto all’aria aperta praticamente tutto il giorno e mi piace muovermi per le campagne… mi rilassa… le persone con cui lavoro sono tutte gentili e disponibili…- Sara abbassò lo sguardo.

-Ma…- la incalzò lui.

-Ma niente… ho fatto un altro dei miei incubi e… ho difficoltà a dormire…- le occhiaie di Sara confermavano la sua lotta con il sonno.      

-Non vorrai imbottirti di sonniferi spero! Lo sai che sono contro questo tipo di medicinali…-

-Non ho alcuna intenzione di assumere farmaci di qualsivoglia natura, te lo assicuro-

-Meglio… Forse c’è qualcosa che ultimamente ti disturba e che ti  causa con più frequenza questi incubi… Forse la morte di tua madre ha aggravato le tue paure…-

-No Nico, non è per questo… sono solo un po’ agitata…- tagliò corto lei.

-Ma cosa ti rende così fragile e vulnerabile…? E’ da lì che devi partire… Devi capire la causa… e affrontarla… è da tanto di quel tempo che ne soffri e non sono mai riuscito ad aiutarti come vedi- le disse dispiaciuto.

-Ma cosa dici… in tutti questi anni, da quando ci conosciamo, sei stato il mio confidente, la mia spalla su cui piangere, sono io che ti ringrazierò per sempre… ti voglio bene, lo sai…-

Nicola le si avvicinò e appoggiò la fronte sulla sua:

-Idem…- le disse.

Rimasero per un po’ in silenzio a godersi il sole.

-Io e Andrea vogliamo aprire un locale a Roma…- esordì lui.

-E’ una notizia bellissima Nicola… non ho parole. Un ottimo inizio per una relazione stabile- commentò lei sorpresa.

-E se le cose andranno bene ti vorrei con me, potremmo stare sempre insieme Sara…- le propose.

Sara rimase spiazzata.

-Non lo so… ti ringrazio ma… non me la sento di lasciare Filippo e papà soli. Con il turno di notte che fa non ci vediamo quasi mai… non so se mi sentirei di cambiare città…-

-Avrai modo di pensarci… non ti preoccupare, per ora è ancora tutto qui nella mia testa…- fece lui picchiettando ripetutamente con l’indice la tempia.

Nicola si rilassò, appoggiò le spalle sullo schienale della sedia e orientò il viso verso il sole: la sua barba, perfettamente lucida e curata, brillava dell’azzurro del cielo.

 

L’assassino della visione di Sara sentiva sempre più urgente la necessità di sapere altro di lei.

Non gli bastava più pedinarla, ora cercava persone che gli potessero dare informazioni riguardanti la sua personalità, i suoi desideri.

Gli sarebbe piaciuto moltissimo poter ascoltare la sua voce ma non poteva avvicinarla con il rischio di essere riconosciuto.

Armando, l’operaio della cooperativa dove lei lavorava, era piansanese come lui e decise quindi di avvicinarlo un sabato sera al bar della piazza, sapeva che aveva un debole per il vino e avrebbe avuto tutta la pazienza di questo mondo per aspettare che si ubriacasse ed estorcergli così le informazioni che desiderava.

Lo trovò allo stesso tavolino che puntualmente occupava con i compagni di bevute. Si avvicinò in modo discreto alla combriccola e vi si insinuò partecipando alle loro risate.

Offrì poi del vino e quando rimasero a tarda serata in tre mise in atto il suo piano.

-Armando…-

-Si…?- fece lui brillo ma ancora in sé.                         

-Mi hanno detto che lavori con una ragazza…-

-Sara… molto, molto carina… le faccio il filo ma non mi fila…-  terminò la frase con una risata sguaiata a cui fece eco quella dell’anziano amico di bevute.

-E’ tanto che lavora con voi?-

-No, è da poco. E’ molto brava… corre come una lepre…- mosse l’indice ed il medio sul piano del tavolo mimando quello che diceva.

-Com’è questa Sara? E’ una che se la tira se è così bella…- insistette lui.    

-Nooo, è una brava ragazza, gentile e seria… una ragazza… una ragazza che… caro figliolo… i tuoi genitori avrebbero sperato di vedere accanto a te… Dovresti proprio trovartene una come quella… stai sempre isolato con quel gregge di pecore… tra un po’ non ti si distinguerà più da loro…- ed un’altra risata scomposta uscì dalla sua bocca.

Non poté fare altro che ridere insieme a lui di quella battuta che aveva sempre odiato sentirsi dire. Non fece trasparire di essersi risentito e continuò la sua piccola indagine.

-L’hanno assunta per quanto tempo?-

-Vieni un giorno che te la presento…- fece lui alzandosi malfermo.

Armando non gli rispose, si era oramai messo in piedi per tornare a casa dalla moglie che lo avrebbe ben strigliato per le sue pessime condizioni.        

Lo guardò andare via, ma l’offesa di Armando rimase lì con lui: iniziò a risalirgli dalle viscere e a bruciargli in tutta la sua odiosità.  

L’assassino della giovane Iryna era un pastore, come lo era stato suo padre e prima di lui suo nonno.

Viveva nel casolare di famiglia vicino Piansano oramai completamente diroccato per mancanza di manutenzione.

Attorno all’edificio si estendeva la sua proprietà di poco più di quindici ettari, prevalentemente adibita a pascolo e punteggiata da ovili di fortuna.

Nell’arco di tre anni erano morti entrambi i suoi genitori e non aveva potuto fare altro che continuare a fare il mestiere che aveva sempre fatto sin da bambino.

Aveva ereditato un discreto numero di pecore da carne che gli permettevano di essere autosufficiente economicamente e niente di più. Conduceva infatti una vita semplice, non faticosa ma sicuramente sacrificata, scandita dalla cura del gregge e senza particolari aspettative, e questo gli era sempre bastato.

Il suo carattere risultava in apparenza accondiscendente e pronto all’ubbidienza ma la condiscendenza in particolar modo aveva sempre avuto in lui l’effetto devastante di scatenare una profonda rabbia repressa.

Da sempre introverso e taciturno, era molto rancoroso e pressoché incapace di relazionarsi con gli altri, con la conseguenza di esplodere facilmente in eccessi d’ira che era solito scaricare su quelle povere bestie che conduceva al pascolo.

Ora viveva in completa solitudine mantenendo pochi contatti umani se non quelli strettamente necessari però, con il passare dei mesi, constatò che la sua esistenza era sì cambiata, ma in meglio.

Si sentiva finalmente libero di agire e prendere le sue decisioni come meglio credeva, senza più nessuno che gli dicesse come comportarsi e cosa fare. La madre non era mai stata infatti una donna molto affettuosa ed il padre era un tipo di poche parole e molto dispotico che non ammetteva di essere contraddetto: fin da piccolo al minimo sgarro partivano da lui cinghiate e calci sotto lo sguardo fin troppo rassegnato della madre.

Adesso si godeva questa inaspettata quanto sconosciuta libertà alterata però da tutte le aberrazioni che la sua mente disturbata gli suggeriva.

 

Domenica mattina Sara raggiunse l’oratorio poco dopo le nove, sapeva che a quell’ora era facile trovare don Alberto coinvolto nelle attività del catechismo, mentre più tardi, alle undici, sarebbe stato impegnato con la celebrazione della messa nella vicina chiesa di S. Maria della Verità.

Il mercoledì successivo sarebbero stati due anni esatti dalla morte della madre e Sara voleva far celebrare una messa in suffragio per lei.

Mentre aspettava fuori la porta dell’ufficio parrocchiale notò che una delle vetrate geometriche del corridoio era danneggiata: i listelli di piombo avevano perso in alcuni punti il loro stucco e la vetrata iniziava a spanciare verso l’esterno.

Il suo sguardo venne poi richiamato dal passaggio dei bambini di seconda elementare che si affrettavano a raggiungere le catechiste in aula.

Uno di loro era accompagnato da un uomo che attirò la sua attenzione:

-Su, sbrigati o farai tardi…-

-Mi vieni a prendere tu dopo la messa?- fece il bambino.

-Non lo so, o verrò io o verrà la mamma. Ciao Giorgio-

-Ciao…- il bambino lo strinse forte e corse via.

L’uomo doveva avere circa trent’anni, era piuttosto alto ed indossava una tuta nera attillata da moto che metteva in evidenza una muscolatura affusolata ed elegante.

Sara osservò che aveva i capelli arruffati a causa del casco, le sembrò buffo ed un sorriso appena accennato apparve sulla sua bocca solitamente composta e seriosa.

Provò ad immaginare che tipo di moto lo stesse attendendo nel parcheggio del piazzale ma venne presto distratta dal passaggio dei gemelli Antonio e Luana, i figli di Carola Rocci.

Erano accompagnati dal padre: quell’uomo, oramai solo, stava cercando di far tornare ad una nuova normalità la sua famiglia spezzata da un dolore infinito.

In Sara un profondo senso di tristezza venne accompagnato dal formarsi repentino di un nodo alla gola.

Mesi prima, una notte di inizio di dicembre, un’altra visione l’aveva terrorizzata, l’assassinio di una donna, quello della loro mamma. Non l’aveva mai conosciuta personalmente, l’aveva vista qualche volta in oratorio e sapeva chi erano i suoi figli.

La notizia aveva fatto molto scalpore in zona perché frequentavano proprio la parrocchia di don Alberto.

Da circa due mesi le forze dell’ordine cercavano Carola, sembrava fosse svanita nel nulla. Tante ipotesi erano state fatte sulla sua scomparsa e molte energie investigative venivano inutilmente indirizzate in ogni parte d’Italia e d’Europa, ma Sara sapeva bene che non sarebbe più tornata dalla sua famiglia.

Solo lei era a conoscenza del fatto che il problema reale era quello di riuscire a ritrovare il suo corpo.

Sara si aspettava che trovassero da un momento all’altro quell’uomo ma aveva di recente letto che le indagini erano in una fase di stallo, non riuscivano ad andare avanti e la polizia faceva addirittura appello alla popolazione al fine di stimolare una collaborazione più attiva con gli investigatori, chiedendo di riportare loro qualsiasi particolare anche apparentemente insignificante notato quella notte.

Non era la prima volta che le indagini arrivavano ad un nulla di fatto, alcuni casi erano rimasti da anni senza il nome del criminale che li aveva commessi, ma questa volta era differente.

Si sentiva personalmente coinvolta perché c’erano di mezzo dei bambini che settimanalmente rivedeva, la loro vista tormentava la sua coscienza ed era diventata per lei una tortura insostenibile. Riconosceva nel loro sguardo lo smarrimento legato alla sparizione della madre e si sentiva con il passare dei mesi sempre più in colpa per il fatto di avere per le mani la possibilità di dare una svolta alle indagini, ma aveva paura, non sapeva come fare, non lo aveva mai fatto prima.

Sara incrociò per un attimo lo sguardo del papà dei gemelli ma lo distolse subito poiché la sua coscienza era in tumulto.  

Finalmente trovò rifugio in canonica, entrò ed in pochi minuti si mise d’accordo con don Alberto sull’orario della messa.

Prima di uscire però gli chiese:

-Si è accorto che la vetrata qui fuori è danneggiata?-

-Certo, ma è una spesa che per ora rimando, poi vedremo…-

-Se vuole la restauro io… E’ una vetrata moderna e posso sistemarla senza problemi. Ho fatto un corso a Roma e ne sono capace. Non ci vorrà molto tempo, ho avuto modo di notare che solo i piombi sono danneggiati… se mi fa aiutare da qualcuno a smontarla lo posso fare direttamente qui in oratorio un sabato…-

-Veramente?- don Alberto assunse un’espressione sorpresa.

-Sì e non voglio nulla in cambio- si affrettò ad aggiungere lei.

-Nulla non è possibile…-

-Ci sono solo i listelli di piombo da cambiare, niente altro…- fece lei.

-Se la aggiusti… in cambio ti affiderò l’esecuzione del quadro sulla Resurrezione che mi serve per Pasqua. Ho avuto modo di vedere come disegni e mi sei sembrata molto brava, sei d’accordo?- le propose Don Alberto con entusiasmo.

Ogni anno la confraternita parrocchiale raccoglieva un po’ di soldi per la realizzazione di un quadro a tema pasquale: veniva posizionato vicino all’altare per tutto il periodo della festività, successivamente era messo in vendita ed il ricavato devoluto in beneficienza.

Sara ci pensò un attimo presa in contropiede: non erano molti soldi ma era pur sempre un lavoro, valutò lei.

-Sì… si può fare. Allora sarò qui sabato mattina, ma deve trovare qualcuno che mi aiuti a tirarla giù, al resto penserò io-

-Benissimo!- Don Alberto era visibilmente soddisfatto per quella collaborazione inaspettata.

Sara venne colta da un fremito improvviso valutando che avrebbe potuto parlare proprio con lui di Carola.

Per un istante prese seriamente in considerazione quella possibilità e al momento di andare via si dimostrò infatti titubante, agli occhi del parroco qualcos’altro doveva dirgli e sembrava trattenersi.

-Mi devi chiedere qualcos’altro Sara?- fece il sacerdote.

-N-no…no, nulla don Alberto, arrivederci-

Più tardi Sara rivide l’uomo dell’oratorio sul sagrato della chiesa, era tornato dopo la messa per riprendere Giorgio.

Ne rimase stranamente ipnotizzata, però questa volta quello che la colpì nell’osservarlo meglio furono i suoi occhi: erano glaciali, freddi ed impassibili, gli stessi che aveva anni addietro osservato sul volto di un pilota di caccia militari in una manifestazione dell’aeronautica.

La sua mente aveva scavato inconsapevolmente nei ricordi e lo aveva abbinato a quell’uomo.

Il suo sguardo, che denunciava sangue freddo, calma e sicurezza di sé, le causò un forte senso di rabbia che si ripercosse, con una repentina contrattura, direttamente nello stomaco: era tutto il contrario degli  occhi terrorizzati che vedeva riflessi nello specchio ogni volta che aveva le sue terribili visioni.

Lo osservò mettersi il casco ed infilarlo a Giorgio, assicurarsi che fosse ben allacciato ed andare quindi via con il bambino su una Ducati nera di grossa cilindrata.

Ritornò a casa poco dopo, si sentiva tormentata più di quanto lo fosse stata prima, quindi cercò e ritrovò il disegno dell’assassino dell’infermiera.

Lo guardò e rigirò tra le mani, sembrava cercare in quel foglio il suggerimento, l’idea di come fare per consegnarlo alla polizia senza essere trascinata nelle indagini.

Le ritornò alla mente prepotente quella manciata di secondi della visione di dicembre. 

 

Carola discute animatamente con l’uomo che le è davanti.

Lui è incredulo per ciò che sta ascoltando, Sara lo vede esprimere prima sdegno e poi rabbia, rancore, il contrarsi della mascella glielo fa chiaramente percepire. Ora è lui che le risponde ed è sempre più alterato. Comincia a strattonarla prendendola per le spalle fino a quando le sue mani scivolano sul collo e comincia a stringere, sempre più forte.

La paura e l’adrenalina della donna sono insostenibili.

Lentamente la vista l’abbandona.

Poi più nulla.

 

Avrebbe avuto la conferma di chi era quella donna il giorno successivo con la notizia della sua scomparsa.

Un brivido percorse Sara, le lacrime le salirono agli occhi e scesero improvvise senza trovare alcun ostacolo.

In quel momento entrò in camera Filippo.

-Cosa succede Sara?-

-Lo dovrei far avere alla polizia secondo te?- gli disse mostrandogli il disegno che teneva in mano.

-Non lo so… certo che le indagini sono ad un punto morto da tempo…-

-Si accontenterebbero di risolvere il caso o cercherebbero di risalire a me?- il solo pensiero le faceva tremare le gambe.

-Questo non saprei dirlo… poi dovresti stare attenta quando fai qualche lavoro in giro… potrebbero riconoscere il tuo stile…-

-Sì… hai ragione Fili… ci penserò ancora per un po’… eppure mi sento responsabile, anche se so benissimo che quella donna non è morta per colpa mia. Il solo saperlo però…- Sara era molto combattuta.

-Lo capisco benissimo Sara-

-Ho pensato una cosa… e se mi confidassi con don Alberto? Forse mi potrebbe consigliare o addirittura aiutare a far avere il disegno alla polizia… che dici Fili?-

-Mi sembra comunque rischioso… devi essere prudente…-

-Ogni volta che vedo i gemelli di quella donna… qualcosa dentro di me mi dice di fare qualcosa, che quei bambini hanno il diritto di sapere che fine abbia fatto la loro madre. Resta solo da scoprire dove quest’uomo ha nascosto il suo corpo e più passa il tempo più sarà facile per lui farlo sparire…- disse indicando l’immagine del disegno.

-Vuoi chiedere un parere a papà?-

-No Fili, di questo ne sono sicura… ha già tanti pensieri, non lo voglio caricare di una responsabilità come questa… invece… pensavo che se mi confessassi con don Alberto potrei chiedergli un parere, un aiuto e lui non potrebbe parlarne con nessuno… mi potrei salvaguardare grazie al segreto del confessionale…- considerò lei.

-Io non lo farei comunque… ho paura Sara… paura che accada qualcosa…-

Filippo comprendeva la sua necessità di portare sollievo a quella famiglia, ma il senso di protezione verso quella sorella speciale scatenava nel suo cuore un muro di egoismo.   

-Comunque voglio pensarci… questa settimana gli aggiusterò una vetrata dell’oratorio e standogli vicino voglio capire se posso fidarmi veramente di lui… mi affiderò alle mie sensazioni…-

-Ti ha dato da fare un lavoro?-

-Sì, e mi vuole far fare anche il quadro per Pasqua…-

-Ecco, io mi riferivo proprio a queste situazioni… se mandi quel disegno alla polizia ci metteranno un attimo a riconoscere il tuo modo di disegnare e ti troveranno…- a quella notizia Filippo si era di colpo innervosito.

-Fili, non esagerare e poi potrei cambiare stile per i lavori artistici…-

-No, non sono d’accordo… non lo fare, non mandare nulla… niente è più importante della nostra famiglia, non la distruggere Sara… Siamo rimasti solo noi tre… cosa ti succederebbe se ti coinvolgessero nelle indagini?- Filippo aveva gli occhi lucidi per la tensione.

Sara si avvicinò al fratello e lo abbracciò. 

-Non ti preoccupare Fili… per ora non ho intenzione di fare nulla, calmati…- si sentiva tra l’incudine e il martello: voleva proteggere se stessa e la sua famiglia ma sentiva forte il desiderio di restituire giustizia a quella famiglia spezzata.

 

Fu una domenica sera molto tesa e silenziosa:

-Come mai questo silenzio?- fece il padre ai figli.

-Niente papà, domani si ricomincia… siamo un po’ stanchi…- Sara lanciò un’occhiata d’intesa al fratello.

-Sì papà, domani ho un’interrogazione di fisica molto difficile…- fece lui.

-Ma di che ti preoccupi… hai voti alti… se ti agiti tu, gli altri cosa dovrebbero fare? Vai a letto presto e domani avrai la mente fresca e riposata…-

-Hai ragione papà…-

Sara doveva trovare al più presto una soluzione per quella situazione in apparenza senza via d’uscita.

 

-Ho bisogno di fare un’oretta di nuoto, devo schiarirmi le idee. Ci vediamo domani…- disse Riccardo uscendo dall’ufficio.

Spesso, quando aveva necessità di liberare la mente e valutare in completa solitudine i casi più impegnativi, Riccardo si dedicava alla corsa costeggiando le antiche mura cittadine o, come in questo caso, si rifugiava in piscina. Il caso Rocci era per lui una continua fonte di frustrazione, non gli era mai capitata un’indagine così scarna di indizi utili.

In acqua la tensione muscolare si scioglieva e la sua mente era più libera nel fare valutazioni, divenendo più intuitiva e meno pragmatica: già in passato gli era capitato di cogliere illuminanti connessioni proprio in vasca.

Quella sera i pochi dati in suo possesso si accostavano gli uni agli altri quasi con imbarazzo, con riluttanza, come farebbero degli sconosciuti ad una festa che si vedono costretti a formare una coppia in un ballo lento, separandosi poi in cerca di un legame più congruo e soddisfacente.

Il ritmo ipnotico del suo respiro era in perfetto sincrono con i movimenti delle braccia, seguiva la pista scura del fondo piastrellato da quasi un’ora e si fermò alla fine della corsia appoggiandosi con una mano al bordo della vasca.

Purtroppo questa volta neanche il nuoto poté nulla, valutò che solo un elemento inaspettato e fortuito avrebbe potuto dare una svolta significativa alle indagini.

Si sfilò gli occhialini e raggiunse la scaletta per uscire.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: K ANTHOS