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Autore: sissi149    06/02/2020    4 recensioni
Dopo la fine del World Youth Tsubasa ha chiesto a Sanae di sposarlo e la ragazza ha accettato.
I festeggiamenti sono nel culmine, ma andrà davvero tutto liscio?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Nakazawa, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Kitty aveva deciso che si meritavano una serata fuori per svagarsi un po’, così l’aveva trascinato al Cyborg, una discoteca che si trovava al limite del quartiere latino americano. Ogni volta che ci passava, non poteva fare a meno di domandarsi come una non proprio piccola comunità di brasiliani fosse finita a New Team Town.
Davanti alla discoteca, vedendo l’insegna al neon intermittente, Jason aveva tentato di opporsi.
“Non è proprio il mio genere di locale. – affermò  come ultima spiaggia – E poi dovrei studiare.”
“Sciocchezze! – ribatté Kitty – I libri del tuo amico non sono ancora arrivati.”
Di mala voglia Jason aprì la porta per farla passare e seguirla all’interno del locale sotto lo sguardo vigile di un enorme buttafuori.
Le luci colorate della pista da ballo li avvolsero mentre si facevano strada verso uno dei tavolini con divanetto, incredibilmente libero per essere così vicino alla pista. Il banco del bar era collocato sulla destra e numerosi cocktail ornati di cannucce, ombrellini e palmine luccicanti venivano portati ai clienti da camerieri e cameriere in uniforme con grembiuli verdi fosforescenti. Dietro la pista da ballo c’era un palco dove si esibivano le ballerine del locale con complicate coreografie.
“Desiderate qualcosa?” Domandò loro una cameriera dai capelli rosa.
“Io una caipirinha. – disse Kitty – E tu?”
“Non credo prenderò qualcosa!” Rispose Jason.
“Dai! Non fare il guastafeste, siamo qui per divertirci!”
La donna quasi lo strattonò per convincerlo a prendere qualcosa ed alla fine cedette, ordinando una birra, tanto per farla contenta: non era dell’umore adatto per festeggiare o divertirsi, avrebbe preferito concentrarsi sulle ricerche. Inoltre, era ancora turbato per l’incontro al parco con la moglie del Sindaco.
Kitty sembrò leggergli nella mente, almeno per quanto riguardava una parte delle sue preoccupazioni:
“Rilassati, stasera non avresti trovato in giro nessuno dei cittadini ‘importanti’: sono tutti ad una cena privata dagli Yuma.”
“Sei sempre informata su tutto quello che fanno gli abitanti di New Team Town?” Le chiese sarcastico.
“Quasi sempre!” Ribatté lei.
“Sai, non ti ho ancora chiesto che lavoro fai…” disse Jason pensieroso, portandosi alle labbra il boccale appena consegnatogli dalla stessa cameriera che aveva preso le ordinazioni.
Kitty deglutì prima di rispondere:
“Ti si è risvegliata solo ora la curiosità? Dopo tutti questi giorni?”
Il ragazzo si strinse nelle spalle.
“Prima non ci ho pensato molto, troppo preso dalla questione di Holly. Avremmo dovuto invitarlo…” Aggiunse, colto da un’idea improvvisa.
“No, non è molto gradito qui al Cyborg.”
“Come in qualsiasi altro posto della cittadina. – constatò amaro il giornalista – Peccato, avrebbe potuto essere una buona compagnia.”
La donna gonfiò le guance.
“Ed io cosa sarei, tappezzeria?” Domandò con una punta di cattiveria.
“Certo che no, sei troppo vistosa.”
Jason alludeva alla sua gonna ricoperta di paillettes color rosa ciclamino che faceva pendant con il cerchietto con cui teneva indietro i capelli, lasciati per una volta sciolti.
“Siamo in una discoteca, qui tutto è luccicante!”
Jason sollevò le sopracciglia, pensando che con una come Kitty averla vinta era un’ardua impresa. Tornò alla domanda originale:
“Che lavoro fai?”
“Ecco che il cocciuto Jason riparte all’attacco!” Rispose lei facendogli l’occhiolino.
L’uomo non poté fare a meno di notare come nel giro di poco tempo la sua compagna fosse stata evasiva per ben due volte alla stessa domanda, come se nascondesse qualcosa. Del resto era più che plausibile, non sapeva quasi nulla di lei, aveva deciso irrazionalmente ed alla cieca di seguirla nella cittadina, senza prendersi la briga di cercare troppe informazioni o di farle qualche domanda. Il fatto che molti degli abitanti di New Team Town la conoscessero aveva messo a tacere i suoi scrupoli. Si ripromise di parlarne con Holly il prima possibile, senza però mollare la presa in quel momento.
“Kitty, non sto scherzando: sono seriamente interessato!”
“Kitty! – furono quasi travolti dall’entusiasmo di una ragazza – Finalmente sei venuta al locale!”
“Meglio tardi che mai! – Sorrise furba la donna, quasi col sollievo di poter parlare di altro che non di sé – Jason, ti ricordi di Amy? L’abbiamo incontrata davanti al Fiore del Nord.”
“Molto piacere, Jason Brown.”
Il giornalista tese la mano alla nuova arrivata, studiandone l’aspetto: altezza media, molto magra, lunghi capelli rossi, occhi chiari contornati da un trucco piuttosto pesante, lucidalabbra con brillantini. Indossava un abito anch’esso di brillantini e paillettes, con una gonna molto corta ed una scollatura decisamente profonda a cui erano aggiunte un paio di aperture sui fianchi: ben poco era lasciato all’immaginazione di chi la osservava.
“Sei il giornalista di cui mezza cittadina parla? Io sono Amy.”
Con un sorriso la donna si accomodò sul bracciolo del divano vicino all’amica, facendosi passare il suo cocktail.
“Stai diventando famoso, Jason! – lo stuzzicò Kitty – Ehi tu, vacci piano o non riuscirai a fare il tuo lavoro!”
Agilmente recuperò il bicchiere, da cui era sparita una visibile parte del liquido.
Amy si strinse nelle spalle.
“Sai che reggo questo e altro.”
Jason percepì un sottile velo di malinconia oscurarle gli occhi e si domandò di cosa potesse trattarsi.
“Non dovresti esagerare comunque!”
“A volte sei peggio del mio medico!”
Il battibecco tra le due donne divertì Jason che si ritrovò a ridacchiare, contrariamente ai suoi propositi di restarsene col muso tutta la sera e di comportarsi da guastafeste.
“Vedo che quasi nessuno riesce ad evitare di litigare con te.”
“Sarà un mio dono di natura!” Kitty lo guardò maliziosa, sollevando il bicchiere nel gesto di un brindisi e lui fu costretto a contraccambiare col suo boccale, facendo tintinnare i due vetri al loro contatto.
Amy si alzò e si stiracchiò prima di congedarsi:
“Ragazzi, è stato un piacere, ma il dovere mi chiama. Ci ribecchiamo più tardi!”
Jason la vide sparire tra la folla della pista da ballo e ricomparire poco dopo, all’inizio di una nuova canzone, sul palco. Si muoveva sicura, morbida e sensuale, catalizzando ben presto su di sé l’attenzione di buona parte degli avventori del Cyborg. Le luci colorate si spostavano sul suo corpo, dando risalto ai punti giusti, il vestito le lasciava libertà di eseguire qualsiasi mossa, dalle più semplici alle spaccate più audaci. Il culmine del numero fu raggiunto quando le altre ballerine presero  Amy e la sollevarono in alto, esattamente sull’ultimo accordo che usciva dagli altoparlanti.
Lo studente si ritrovò in piedi ad applaudire, completamente affascinato.
 
 
 
 
Terminata l’esibizione, Amy tornò nel retro del locale, non senza essersi fatta dare una bottiglia di birra al bancone. Rispetto alle altre ragazze aveva un camerino solo per sé dove potersi cambiare e truccare. Si sedette davanti allo specchio circondato di lampadine e si osservò il trucco cercando di decidere se fosse il caso di ritoccarlo prima del numero seguente. Matita nera e ombretto ancora reggevano alla perfezione, solo il lucidalabbra avrebbe avuto bisogno di una ripassata una volta terminato di bere.
“Una buona esibizione, ma puoi fare di meglio.”
La voce alle sue spalle la fece scattare in piedi e voltare verso la porta.
“Cosa vuoi Francisco?” Domandò, anche se sapeva benissimo cosa ci facesse nel suo camerino il proprietario della discoteca.
Con una mano dietro la schiena l’uomo fece scattare la serratura interna della porta.
“Non posso venire a controllare come sta la mia migliore ballerina?”
Amy cercò di mantenere un’espressione neutra davanti all’idea che il suo capo aveva del controllare come stesse. L’uomo le si avvicinò e senza attendere un suo cenno cominciò a seguire con una mano il profilo della scollatura profonda del suo abito, provocandole la pelle d’oca.
“Francisco…”
La baciò, mentre con l’altra mano saliva lungo la coscia.
Amy riuscì a divincolarsi ed a mettere qualche passo di distanza tra loro.
“Ancora fai la preziosa? – le chiese, mal celando il disappunto per l’ennesimo rifiuto – Lo sai che senza di me saresti ancora in mezzo ad una strada.”
“Di questo ti sono grata, ma non puoi trattarmi come una tua proprietà.” Afferrò la bottiglia di birra e bevve un lungo sorso.
L’uomo fece un ghigno:
“Ti sbagli, tutto ciò che riguarda il Cyborg mi appartiene.”
Gli occhi di Amy saettarono.
“Io non faccio parte dell’arredamento, non sono un oggetto!” Recuperò in fretta la sua borsa e si diresse a passi rapidi verso la porta del camerino.
“Dove vai?”
“Mi licenzio. Troverò un altro lavoro.”
Aveva già la mano sulla serratura, stava per aprirla, ma ebbe un attimo di esitazione, in cui la voce del proprietario della discoteca si insinuò.
“Se vuoi, puoi smettere di ballare per qualche giorno, prenderti una vacanza, ma non puoi andartene per sempre.”
La ballerina si voltò verso Santana, per fronteggiarlo un’ultima volta, consapevole di essere stata dalla parte perdente fin dall’inizio. L’uomo era di nuovo vicino a lei e le puntò un indice minaccioso sul petto, all’altezza del cuore.
“Noi non ti permetteremo mai di andartene, la tua vita è nelle nostre mani.”
Amy abbassò il capo sconfitta. Non sapeva come potesse essere possibile, ma ogni volta che aveva tentato di abbandonare il suo luogo di lavoro e la cittadina si era trovata preda di terribili fitte e costretta a tornare implorante da Francisco perché il dolore cessasse.
Lasciò cadere la borsa per terra, rassegnata.
“Vedo che ragioniamo.”
L’uomo la attirò a sé, facendo aderire i loro corpi in modo da sussurrarle all’orecchio:
“Prima o poi mi stancherò di aspettare che tu ti decida a concederti a me. Fino ad adesso ho avuto pazienza e riguardo, ma non tirare troppo la corda. Non mi accontento solo di guardare le tue grazie come un banale cliente del locale.”
Con due dita le sollevò il mento e la baciò di nuovo. Suo malgrado, Amy si ritrovò a rispondere al bacio.
“Ora sbrigati a sistemarti, tra due minuti va in scena il prossimo numero.”
Sbloccò la serratura ed uscì, lasciandola sola.
Con le gambe che le tremavano, Amy raggiunse la sua postazione di trucco e si lasciò cadere sulla sedia, facendosi consolare dagli ultimi sorsi di birra.
Odiava quella situazione: se da una parte era grata a Francisco per averla salvata quando si era ritrovata al verde, senza una casa e costretta a vivere elemosinando per strada, dall’altra l’aveva resa una sua prigioniera, una prigioniera di Santana e dei suoi soci misteriosi. Odiava anche le sue stesse sensazioni e sentimenti, poiché ricordava perfettamente di essersi sentita lusingata, all’inizio, quando Francisco aveva palesato i suoi interessi verso di lei e non si era tirata indietro dal flirtare, ma poi lui aveva cominciato a farsi più insistente ed a pretendere di più. Allora aveva avuto paura, c’era qualcosa che la inquietava profondamente nell’uomo e che non le consentiva di sciogliersi ed accettare di andare a letto con lui. Almeno due delle sue colleghe avrebbero fatto carte false per farsi scopare dal proprietario della discoteca, ma lei non ci riusciva. Obiettivamente Francisco era un uomo molto attraente e non poteva negare di provare un certo piacere dai suoi baci, ma il modo con la approcciava, con cui si poneva le faceva allo stesso tempo provare  ribrezzo quando la toccava. Odiava lo stallo in cui si trovava la sua vita.
Velocemente si mise il lucidalabbra e si preparò ad andare in scena, passando prima dal bancone dell’angolo bar.
“Felipe, fammi uno shottino. Bello forte.” Bere era l’unico modo che conosceva per togliersi di dosso la sensazione delle mani di Santana sul proprio corpo.
Trangugiò alla goccia la vodka fruttata e salì sul palco, appena in tempo per iniziare a ballare, notando con la coda dell’occhio Francisco che la fissava.
 
 
 
Jason dovette ammettere che la serata si stava rivelando più divertente del previsto, forse perché Kitty era riuscita a sciogliere tutte le sue riserve e, contrariamente ad ogni previsione sensata, era riuscita a trascinarlo in pista a ballare. Non l’aveva mai fatto, nemmeno alle feste universitarie, dove era noto come quello che restava sempre ai bordi a guardare, per quelle poche volte che era stato invitato alle feste. Ora, invece, sotto le luci colorate si stava lasciando andare come poche altre volte aveva fatto.
Doveva anche ammettere che la visione dal centro del locale gli offriva una prospettiva diversa rispetto a quella dal divanetto: riusciva a cogliere molti più dettagli, come ad esempio il fatto che Amy si avvicinasse spesso al bancone terminati i suoi numeri musicali e non era certo acqua quella che chiedeva ogni volta.
“Certo che la tua amica beve parecchio.” Sussurrò all’orecchio di Kitty non appena furono abbastanza vicini da potersi parlare senza gridare.
“Chi?”
“Amy!”
La donna fece una piroetta su sé stessa, prima di rispondere.
“Credimi, ha più problemi di quanti tu possa immaginare.”
La voce di Kitty si era fatta bassa e spenta, come ogni volta che raccontava qualcosa che non le piaceva sugli abitanti di New Team Town. Più li conosceva, più Jason si rendeva conto che quasi tutti coloro che la donna gli presentava, avevano alle spalle una storia ben più triste e complessa di quella dei personaggi di cui Takahashi aveva narrato le gesta. Da come Kitty gli aveva raccontato la faccenda per convincerlo a venire, si era aspettato di trovare una cittadina allegra e colorata, piena di abitanti pittoreschi, che avessero ispirato il maestro a trasformarli nei protagonisti delle sue infinite partite, invece aveva trovato una paese intento a leccarsi le cicatrici di grandi e piccole tragedie personali. Forse era per quello che si era auto convinta che tutti a New Team Town fossero vittime di una maledizione che li aveva resi infelici.
“Come il tizio che continua a fissarla?”
Non gli era sfuggito l’uomo in completo elegante appoggiato al bancone che sembrava scrutare e tenere sotto controllo ogni angolo del locale, ma soprattutto sembrava guardare ai raggi-x la ballerina.
“Quello è Francisco Santana, il proprietario del Cyborg.”
Risposta secca, diretta.
Jason lo osservò con maggiore attenzione, notando l’aria arrogante e supponente di chi guardava ogni cosa con la soddisfazione di considerarla una sua proprietà, incluso il personale che lavorava all’interno della discoteca. Un brivido di disgusto gli scese fino allo stomaco, provocandogli una temporanea sensazione di nausea.
“Non mi piace. – disse alla coinquilina – Ha un qualcosa che non so come definire, ma che non promette nulla di buono.”
Kitty sorrise.
“Il tuo intuito comincia ad affinarsi. Vedi che ho fatto bene a portarti qui stasera?”
“Immagino che conoscerai tutti i suoi scheletri nell’armadio.” La prese in giro Jason.
“Molti. Ma ora goditi la serata.”
Ballando Kitty venne inghiottita da chi la circondava, lasciandolo da solo.
Sul palco Amy e le compagne, che nel frattempo avevano cambiato abito, si stavano esibendo in una danza molto rapida e ad effetto.
La musica catturò anche Jason riuscendo finalmente a fargli mettere in pausa i pensieri.
 
 
 
 
 
Erano le due del mattino passate, anche per quella giornata il lavoro era finito. Amy non vedeva l’ora di andare a casa e buttarsi sul letto fino a mezzogiorno passato, prima che il mondo iniziasse a vorticare senza fine.
Aveva perso il conto di quanti bicchieri avesse bevuto, di sicuro più di quelli che avrebbe dovuto, ma con Francisco nei dintorni non poteva fare a meno di concedersi quel vizio. C’erano serate in cui il capo se ne stava chiuso nel suo ufficio a controllare i conti, oppure se ne stava al locale in compagnia di qualche ospite importante per cui non aveva tempo da dedicare alle sue ballerine, ma c’erano sere in cui sembrava quasi ossessionato da lei e non le staccava gli occhi di dosso. Serate come quella appena trascorsa.
Afferrò il cappotto e se lo mise addosso, sopra il costume di scena, per fare il più in fretta possibile. Un paio di scarpe da ginnastica al posto delle scarpe da ballo e la borsa a tracolla. Anche il trucco sarebbe stato tolto a casa. Era ubriaca, ma non al punto da non rendersi conto che trattenersi troppo a lungo in camerino avrebbe dato a Francisco un’occasione per cercarla di nuovo, anche se, solitamente, non ci provava mai due volte nella stessa sera.
Chiuse la porta alle sue spalle e sentì dall’altro camerino le voci allegre e scherzose delle sue compagne che si stavano cambiando con calma. A volte non avrebbe voluto il privilegio di una stanza personale, essere in gruppo poteva avere i suoi vantaggi. Sorrise alla loro spensieratezza, quando le arrivò un commento malevolo.
“Avete visto come il capo guardava Amy stasera? – era Becky a parlare – Secondo me se la porta a letto.”
“Tu dici?”
“In che altro modo si sarebbe guadagnata il posto da ‘prima ballerina’? Non è poi così speciale.”
“Non mi sembra il tipo, lei. È sempre sulle sue…”
“Lui di sicuro vorrebbe scoparsela, è palese. Ma credo che lei lo tenga sulla corda.”
“In questo caso è una stupida: come si fa a dire di no ad uno come Francisco? Capo o non capo, io ci farei la firma.”
Amy aveva sentito abbastanza. Tutte quelle cattiverie e malelingue le stavano togliendo il respiro.
Spalancò la porta di servizio, quella che usava il personale per non mescolarsi ai clienti, e sbucò nel vicolo sul retro del Cyborg.
Sperò che l’aria fresca le desse la scossa giusta per arrivare a casa.
Per un poco fu così, sbucò dal vicolo e voltò sulla statale.
La testa cominciò a girarle e con essa il marciapiede assumeva linee curve al posto della consueta squadratura.
“Accidenti a te, Amy! Dovevi proprio berti anche l’ultimo bicchierino?” Pensò.
Con la volontà di allontanarsi il più in fretta possibile dalla discoteca, attraversò la strada, senza quasi rendersi conto di quello che stava facendo. Mezza sbilanciata in avanti, voltò la testa verso sinistra, da dove proveniva uno strano chiarore: due luci nella notte si stavano avvicinando velocemente, presto l’avrebbero raggiunta.



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Kitty e Jason decidono di concedersi una serata di svago, anche se il ragazzo comincia a porsi delle domande che avrebbe dovuto farsi tempo prima.
L'uscita in discoteca ci permette anche di conoscere qualcuno degli altri abitanti di New Team Town: se Santana non vi aveva fatto una buona impressione quando l'abbiamo incontrato con il sindaco, la sua posizione ora non è certo migliorata...
  
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