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Autore: EcateC    12/02/2020    0 recensioni
Ci sono molte regole non scritte nel manuale di istruzioni dei Death Note. Tra queste ce ne una, la cui diffusione nel mondo umano è stata rigorosamente vietata agli Shinigami. La Death Eraser permette di cancellare qualsiasi nome iscritto nel Death Note. Non importa se la mano dello scrivente sia stata umana o divina: la Death Eraser riporta in vita la vittima, purché la morte di quest’ultima non abbia coinciso perfettamente con quella che sarebbe stata la sua morte naturale.
What if ambientata poco prima della morte di L, che trae le basi da un unico fatto inventato: l'arrivo anticipato di Near e Mello in Giappone.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: L, Light/Raito, Mello, Near, Watari | Coppie: L/Light, Mello/Near
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Light aprì gli occhi, ma poi li richiuse subito.

Lawliet.

Allora non era un sogno, era successo davvero. Il giovane cercò di girarsi di lato, turbato, ma la schiena dolorosamente indolenzita gli lanciò una fitta di dolore. E dire che L aveva dormito su quella sedia per quasi due mesi senza mai accennare a un lamento. Aveva uno spirito di sacrificio davvero encomiabile, pensò Light, quasi quanto il proprio, che si era condannato a una non-vita pur di epurare il mondo dai criminali.

Lawliet. Quindi era questo il suo nome, ciò che per lungo tempo si era domandato incessantemente. Finalmente lo sapeva: Lawliet, Lawliet, Lawliet.

L’entusiasmo e il trionfo erano così potenti che gli veniva quasi da ridere.

Lawliet, Lawliet, Lawliet.

Gli piaceva molto il suono che faceva, era un nome eufonico, e Light si era addormentato con quelle sillabe sulle labbra, vive nel cervello. Certo non poteva scriverlo sul Death Note, visto che gli mancava il cognome… O il nome? Light non conosceva bene i nomi occidentali e non sapeva dire con certezza se Lawliet fosse un nome o un cognome. Sia come sia, restava comunque un dato insufficiente per il Death Note.
Trovava solo strano che L gli avesse detto che ora poteva ucciderlo, come se non avesse altri nomi al di fuori di quello… Poi gli ritornò alla mente il dubbio che lo aveva attanagliato per due ore buone mentre aveva finto di dormire: L poteva non avere un cognome. Era cresciuto in un orfanotrofio, i dirigenti potevano averlo omesso. Trovava però strano che in Inghilterra non mettessero i cognomi ai  figli di ignoti. In Giappone era obbligatorio, visto che il cognome precedeva il nome.

Light, in altri termini, non riusciva a darsi pace. Continuava a elucubrare in silenzio e con gli occhi chiusi, fingendo malamente di dormire. Ma la cosa che lo turbava di più erano le sue emozioni contraddittorie. Perché agitarsi tanto? Che senso aveva tutta questa preoccupazione? Gli sarebbe bastato scrivere nel Death Note “Lawliet” pensando a L e il dubbio si sarebbe risolto.

Solo che…

Solo che.

-Buongiorno, Light-Kun-

Light aprì gli occhi, e subito la luce di un portatile gli ferì la vista.

-Ciao- gli rispose, rigido. Senza rendersene conto, durante la notte aveva sollevato le gambe e appoggiato i piedi sul letto… Anzi, sulla schiena di L, visto che questi era sdraiato prono col pc portatile tra i gomiti e un sacchetto di caramelle ormai vuoto.

-Scusami- gli disse, abbassandole subito appena si rese conto che quella superficie calda non era il materasso.

-Figurati- esclamò L, infilandosi in bocca una manciata di orsetti gommosi -Sono cresciuto in un orfanotrofio, sono abituato a svegliarmi con piedi in ogni dove-

“Piedi in ogni dove?”

-Dormivate in camerate?-

-No, però gli ultimi anni ho diviso la stanza con Mello e Near. In realtà solo con Near, visto che Mello andava di nascosto dal suo fidanzato. E Near ha sempre avuto paura del buio, perciò dormiva vicino a me-

Light annuì, certo che non avrebbe mai sopportato una situazione del genere. Ma la cosa importante era un’altra.

-Perché ieri notte mi hai rivelato il tuo nome?-

-Ho sbagliato?- gli domandò L, addentando un orsetto alla fragola.

-Tu credi che io sia Kira- osservò Light, sporgendosi verso di lui -Perciò, dicendomi il tuo nome, è come se ti fossi condannato a morte-

-E se anche fosse? Tanto lo sono già. Ho capito di esserlo dal primo momento in cui ho accettato questo incarico. E d’altronde qualcuno doveva pur sacrificarsi… Meglio che sia io a farlo, visto che non mancherei a nessuno-

Light guardò L mentre infilava la faccia nel sacchetto di caramelle, tenendolo aperto con l’indice e il pollice nel suo modo così assurdo e caratteristico.
La durezza di quelle parole scossero il giovane Light. L non si concedeva nemmeno il beneficio del dubbio, era talmente disincantato e duro con se stesso da lasciare interdetti. Istintivamente, Light gli appoggiò una mano sopra la schiena esile e si abbassò verso di lui.

-A me mancheresti, invece- gli sussurrò, sincero e schietto come non lo era mai stato in vita sua. L si irrigidì prepotentemente e non si mosse, rimanendo col viso sepolto nel sacchetto di caramelle. Anche Light rimase fermo, avvertendo la tensione dei suoi muscoli pulsare sotto le dita. Avrebbe voluto fargli un massaggio, allentargli quei nervi così sempre tesi e accartocciati, ma non lo fece. Non poteva farlo.

-Devo andare in bagno- sentì borbottare L, col viso ancora nascosto dentro il sacchetto.

Light sorrise -Anche io-

 

 

 



 

 

Intanto, le indagini di Near e Mello proseguivano silenziosamente.

Grazie a Tota Matsuda, l’agente che nella task force non brillava certo per intelligenza, i due ragazzini riuscirono facilmente a mettersi in contattato con Misa Amane, spacciandosi per due giovani ammiratori, orfani e venuti dall’Inghilterra per stare un po’ con Watari, di cui ne sentivano tanto la mancanza. Intenerire quella sciocca fu un gioco da ragazzi, Near poi era particolarmente bravo nel recitare la parte dell’orfanello dolce e indifeso.

E Misa, quando li vide, rimase folgorata dalla bellezza di Mello e dalla apparente dolcezza di Near, un bambino orfano, vestito di bianco e con un puzzle sotto braccio.

“Povero piccolo” aveva stupidamente pensato, quando li aveva fatti accomodare e aveva firmato loro l’autografo, corredandolo con un bacio al profumo di fragola.

-Quindi tu sei la fidanzata di Light?- chiese Near a Misa, mentre costei era di fronte a specchio e toeletta.

-Proprio così- ammiccò orgogliosamente la ragazza, impolverandosi il viso di cipria. Aveva bigodini in testa e continuava ad ammiccare davanti allo specchio. Mello e Near si scambiarono un’occhiata perplessa. Se esisteva una donna che non era il tipo del geniale e contegnoso Light, quella era Misa.

-Certo… E come vi siete conosciuti?- continuò a domandare Near, cercando di risultare innocente come un bambino.

-Questo non posso dirtelo- gli sorrise Misa -È un segreto tra me e Light-

Mello trattenne un ghigno, Near assottigliò lo sguardo.

-Strano, di solito tutte le coppie raccontano volentieri il giorno del loro primo incontro…- osservò, alzando le braccia di uno dei suoi robot. Misa ci pensò su, ed effettivamente quel bambino biondo platino aveva ragione…

-È vero- concordò con lui -Però io e Light non siamo come gli altri- esclamò, trasognata -Noi siamo uniti da qualcosa di più grande, che sappiamo solo noi due-

Mello non riuscì più a trattenersi -N, direi che è sufficiente- gli accennò appena, divertito, ormai certo che Misa fosse il secondo Kira. Ma Near non aveva tutta questa fretta andarsene, voleva qualcosa in più.

-Davvero molto romantico, sì- concordò, guardandola negli occhi -Ma hai mai preso in considerazione l'eventualità che che Light stesse con te solo per questo vostro segreto e non per un reale sentimento nei tuoi confronti?-

Misa sgranò gli occhi, si voltò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo.

-No, perché Light mi ama davvero!- sbottò, seccata -E poi tu sei solo un bambino, cosa vuoi saperne dell’amore!?-

-La nostra beniamina ha ragione, Near- si intromise Mello, rivolgendosi poi direttamente alla ragazza -Sono certo che Light è davvero innamorato di te, visto che ti ha scelto tra tutti per custodire questo segreto importante-

Near gli sorrise “Bravo, Mello”. E infatti Misa Amane  abbassò lo sguardo e si morse il labbro, sotto lo sguardo attento dei due futuri detective.

-In verità… Non è che mi ha scelto- rivelò loro, ingenuamente.

-Ah, no?- domandò il biondo, fingendo di essere stupito. Misa si rese conto di essersi sbottonata un po’ troppo, pur credendo ciecamente che quei due fossero solo duepoveri orfanelli” venuti in Giappone per stare con L.

-Uffa, ma cos’è!? Un’intervista!?- sbottò la ragazza, in uno dei suoi soliti scatti isterici.

-Al limite un interrogatorio, ma immagino che tu non conosca la differenza- la canzonò Mello, e Misa lo guardò, confusa -Va bene dai, possiamo anche andare-

 

 

Loro stanno insieme perché nascondono un “segreto importante” (lett). Lui è stato costretto dagli eventi a scegliere proprio lei.

Ergo: lei è il secondo possessore del dn. Secondo noi lo sta usando anche ora, su ordine di lui.

 

 

L lesse il messaggio di Near scritto questa volta in italiano, un’altra lingua straniera e decisamente poco diffusa, e dopo neanche tre secondi il messaggio si auto cancellò.

-Tutto ok?- gli domandò Light, che era sempre attento a ogni sua mossa.

-Tutto ok- confermò L, mettendosi il cellulare in tasca e un lecca-lecca in bocca. Uscirono dalla camera e andarono verso l’ascensore. Quell’enorme edificio tutto loro aveva infatti almeno una quarantina di piani, per cui scendere o salire le scale era fuori discussione.

-Cos’hai scoperto?- insistette Light.

-Nulla che non sapessi già- gli rispose L, atono come al solito. Aveva le mani in tasca e guardava per terra, dando l’impressione di essere ancora più ricurvo del solito. Entrarono in ascensore, lasciando come sempre un tunnel di distanza tra i loro corpi.

-Mi spieghi che senso ha fare il misterioso a questo punto?- gli chiese Light, rompendo il silenzio -Mi hai rivelato il tuo vero nome, se io fossi Kira…-

-Tu sei Kira- lo interruppe L, rigirandosi il lecca-lecca con la lingua -So che lo sei, anche se mi sfugge il movente. Hai una vita perfetta, Light. Hai una famiglia che ti vuole bene, una bella fidanzata, un rendimento eccellente… Perché rovinarti l’esistenza con il Death Note?-

Light forzò una risata -Sei spassoso, Ryuzaki. Davvero credi che la mia vita sia perfetta? Davvero credi che io sia felice?-

-Non lo sei?-

-No- gli rispose Light, rigido -Non lo sono. Ma questo non fa di me un assassino-

-Però fa di te un ingrato… E uno stupido- continuò L, calmo ma tagliente -Ti renderai conto di tutto quello che avevi solo quando l’avrai perso, e mi dispiace per te-

Light si irritò, toccato nel vivo -Non essere nati pieni di disgrazie o psicopatie come te, non significa automaticamente essere felici. Pensa prima di giudicare-

-Ti garantisco che l’ho fatto, sono mesi che ti osservo. Inizia a goderti ciò che hai, non ciò che potresti avere-

-Ma l’uomo desidera solo ciò che non può avere- gli rispose a tono, guardandolo di sbieco -Sei d’accordo con me?-

L alzò le spalle, senza dare a vedere di essere imbarazzato -Io sono ancora vivo e mi sto gustando questo delizioso lecca-lecca alla cola. Non potrei essere più felice di così-

-Certo- esclamò Light, sorridendo. “A chi la vuoi dare a bere, eh, Lawliet?”

Il cellulare poi gli vibrò in tasca. Diede un rapido sguardo allo schermo e vide che era Misa, che come ogni mattina gli mandava il buongiorno. Light roteò gli occhi, quella donna appiccicosa e insopportabile non gli dava tregua… Ma d’altronde gli era utile, se L presto sarebbe morto, era anche merito suo.

Poi gli venne un’idea.

-Ascolta, ti volevo parlare di una cosa- esordì, mentre le rispondeva -Riguarda Misa. Lei vorrebbe passare del tempo da sola con me, e sinceramente anche io, visto che è da diverso tempo che… Beh, non riusciamo a fare nulla, se capisci cosa intendo-

-Sì… sì, lo capisco- gli sussurrò L, a disagio.

-Per cui mi chiedevo se stanotte potevi liberarmi dalle manette. Solo per una notte-

-No- rispose il detective, rigido. Lo stesso “no” secco e immotivato che gli dava quando si girava a guardarlo mentre era in procinto di farsi la doccia. Light si irritò.

-Ryuzaki… Lawliet, te lo sto chiedendo con cortesia-

-Apprezzo la cortesia, ma la mia risposta non cambia-

Light, senza neanche pensarci, alzò un braccio e spinse il tasto per bloccare l’ascensore. Questo si bloccò improvvisamente e in modo piuttosto brusco, restando sospeso a mezz’aria. L trasalì, il lecca lecca gli cadde dalle labbra.

-Soffro di claustrofobia- fu la prima cosa che gli disse, ma Light non lo stette nemmeno a sentire.

-A che gioco stai giocando, si può sapere?- gli domandò, avvicinandosi talmente tanto che L dovette indietreggiare, fino a sbattere contro la parete lucida dell’ascensore -Ti infastidisce il fatto che io voglia passare del tempo con la mia ragazza, è così?-

-Mi infastidisce il fatto che voi possiate accordarvi di nascosto- replicò L spingendolo via, ma Light scacciò le sue mani e gli si avvicinò, fino a farlo aderire alla parete.

-Sei un bugiardo. Avanti, dimmi la verità-

-Non sono un bugiardo e non devo ammettere nessuna verità. Fammi uscire- gli ordinò con un filo di voce, ma Light gli afferrò il colletto della maglietta bianca e spinse un ginocchio tra le sue gambe.

-Ammettilo-

-Ho detto: fammi uscire- ripeté L, col cuore che ormai gli stava fracassando la cassa toracica.

-Sei l’essere più imperfetto, storto e sbagliato che io abbia mai conosciuto- gli sibilò, a un palmo dalle sue labbra -E mi pare di averti già detto che io non sono come te-

-Per me è un complimento non essere come te- gli rispose il detective, spiazzandolo. Quest’ultimo approfittò del suo attimo di esitazione per divincolarsi e sbloccare l’ascensore, che subito riprese il suo corso verso il basso. Con falsa nonchalance, L si chinò e raccolse il lecca-lecca da terra, rimettendoselo in bocca.

Light lo guardò, scosso.

Non si dissero nulla per tutto il giorno.

 

 

L era un genio e, come tutti i geni, aveva grosse lacune nell’ambito delle interazioni sociali. Risolveva ogni tipo di enigma, smascherava gli assassini, localizzava i latitanti e scongiurava gli attentati terroristici, e tanto si sentiva bravo nelle vesti di detective, quanto si sentiva una frana in tutto il resto. I casi da risolvere erano come un rifugio per lui, una barriera dietro cui si nascondeva e dimenticava ogni problema. Dimenticava di essere solo, strano e di avere la sindrome di Asperger, di cui era pienamente consapevole. Dimenticava di non avere amici, di non aver mai fatto l’amore e perfino di esistere come persona, consumandosi giorno e notte davanti a tre schermi a risolvere l’irrisolvibile.

Ma ora che aveva conosciuto Light, dimenticare era diventato più difficile. C’erano nuove sensazioni, nuovi desideri che avevano iniziato piano piano a solleticargli le membra e a incuriosirlo, ma anche a inquietarlo, visto che non si sarebbero mai potuti realizzare.

Quell’istante in ascensore era stato sconvolgente. Non soffriva veramente di claustrofobia, ma ciò che non conosceva e che usciva dalla sua ben limitata comfort zone lo agitava allo stesso modo. In quel momento sembrava quasi che Light avesse voluto dargli un bacio. Ma non un bacio sulla guancia come quello che gli aveva scoccato Misa, bensì un bacio vero, sulla bocca, magari con la lingua…

Non arrossiva mai, L.

A vederlo non sembrava che pensare a quelle cose gli causasse un tremendo e insostenibile imbarazzo. In realtà era proprio una peculiarità della sua sindrome non mostrare alcun segno di emotività facciale, e l’unica spia della sua fervente agitazione poteva essere o il fatto che compilava alla velocità della luce i sudoku o naturalmente il suo riempirsi la bocca di pasticcini fino a gonfiarsi le guance.

Perché se ripensava a quel momento, al suo viso così vicino e alla sua gamba premuta contro il suo…

Il suo cuore riprese a battere come impazzito.

Perché lo aveva fatto? Era una strategia? Un modo per distrarlo? Per fargli perdere definitivamente il senno? Possibile che avesse capito…? Si vedeva così tanto?

Preso dalla sua muta e insospettabile inquietudine, L

per calmarsi fece la prima cosa che gli passò per la testa: chiamare la persona di cui più si fidava al mondo.

-Ciao, L- gli rispose subito Watari, dolcemente.

-Ciao…- borbottò, intimidito.

-Dimmi, hai bisogno di qualcosa?-

Il ragazzo esitò, senza sapere cosa inventarsi -No, scusa. Ho… Ho chiamato per sbaglio-

-L? Sicuro che vada tutto bene?- gli domandò lui, subodorando che c’era qualcosa che non andava

-Sì, sì- esclamò monotono -Ora devo andare, scusa-

E mise giù, interrompendo bruscamente la conversazione.

Lanciò uno sguardo al bel giapponese seduto alla sua destra e poi si ficcò in bocca altri tre pasticcini, contemporaneamente.

Quanto era affascinante, Light Yagami.

E quanto era Kira.

Ogni indizio pareva scagionarlo e smentire ogni tesi, eppure L continuava a esserne convinto, non riusciva a farne a meno.

La sua conclamata perfezione, il gelo del suo sguardo, il modo silenzioso con cui camminava, senza farsi notare proprio come un perfetto predatore, gli procuravano i brividi lungo tutta la schiena. Light era un criminale ed era pericoloso, oltreché geniale. L non aveva mai conosciuto in vita sua un avversario così furbo da apparire innocente oltre ogni ragionevole dubbio.

Certo, Light non era sadico e non aveva l’aggravante della crudeltà, visto che i bagni di sangue, le mutilazioni, gli stupri e in generale le torture, che L aveva fronteggiato con orrore in numerosi casi precedenti, non facevano parte della sua condotta criminale.

Tuttavia le sue vittime, per quanto fossero persone abbiette e meritevoli di una punizione, erano comunque persone e Light non poteva innalzarsi al di sopra di esse e decidere della loro sorte.

Light si innalzava, era proprio questo il suo problema, pensava L, mentre sgranocchiava dei cereali zuccherati direttamente dal cartone. Si credeva una sorta di giustiziere, di divinità, quando invece era solo un ragazzo come gli altri.

Beh, no… Non era un ragazzo come gli altri, altrimenti L non si sarebbe preso una cotta così stratosferica per lui.

E d’altronde, dopo averlo spiato ventiquattro ore su ventiquattro e aver condiviso con lui quasi tutto, innamorarsi era stato pressoché inevitabile. Ma tanto il suo era un sentimento destinato a rimanere inespresso e a morire con lui. L non era romantico, era sì stravagante, ma era anche molto razionale e disincantato, non si perdeva in fantasie.

E poi si era messo anima e corpo in pace, da questo punto di vista. Anche se nel mondo era considerato un eroe e le persone  -pur non avendolo mai visto in faccia- indirizzavano messaggi d’amore a lui o ai suoi altri due prestanomi, lui sapeva già che non avrebbe mai avuto un partner, che era fatto per stare solo.

 

 


 

 

 

Watari rimase a guardare il telefono, perplesso.

Conosceva L Lawliet meglio delle sue tasche e quella telefonata era stata una delle sue timide e silenziose richieste d’aiuto. Era sempre così, quando veniva da lui con quegli occhi spalancati e senza dire nulla, allora c’era qualcosa che non andava.

-Credo che L sia in pericolo-

-Ci sto lavorando…- esclamò Near, intento a costruire uno dei suoi puzzle bianchi. Mello lo osservava dall’alto del divano, seduto scomposto con le gambe a penzoloni dal bracciolo.

-Sembrava inquieto- continuò Watari, preoccupato -Abbiamo poco tempo, ragazzi-

-In realtà il caso è già concluso. L aveva già capito tutto- osservò il biondo, sottolineando che il merito fosse di L per non dare soddisfazione a Near -Light e Misa sono i due Kira, solo che non abbiamo uno straccio di prova per dimostrarlo. E poi c’è quella regola dei tredici giorni che complica ulteriormente le cose-

-Dobbiamo trovare il secondo Shinigami- intervenne Near -E parlare con lui. La Shinigami bianca parteggia per Kira-

Watari li guardò, incredulo -Parteggia per Kira? E per quale motivo?-

-Non lo sappiamo. Però ci possiamo arrivare con la logica… Cosa induce una persona a proteggere un’altra?-

-I soldi- rispose subito il disincantato Mello.

-Oppure?-

-L’amore?- soggiunse invece Watari.

Near annuì verso di lui, serio -L’essere bianco si è affezionato a Light. O magari a Misa Amane- rifletté, mentre metteva in fila decrescente i suoi soldatini -Ciò significa che sarà anche disposto a uccidere pur di proteggerli, visto che ne ha il potere. E questo comporta solo una cosa…-

-Che cosa?- chiese il povero Watari, sulle spine.

-Che L è in grave pericolo- gli rispose Mello, per una volta senza il suo solito cipiglio cattivo.












Note
Toh, chi non muore si rivede.
Mi dispiace per essere scomparsa. Ieri ho riguardato l'anime e ho scritto fino a tardi, finendo quasi la storia.
Mi spiace se sono sparita, non accadrà ancora.
Ecate

   
 
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