Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    12/02/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando il gatto non c'è i topi ballano

 



-Ho bisogno di entrare.-
Mugolò: entrare dove? Che razza di sogno era quello?
-Gli ordini dicono di non far passare nessuno.-
Una rivisitazione della serata precedente? Interessante, ma non abbastanza da ottenere la sua attenzione, rifletté, strofinando il naso contro la superficie calda e soffice che aveva davanti, con buona probabilità la gola di Koumei.
-Sì sì lo so, “Pisti ha ordinato che non facessimo passare nessuno”, ma un’eccezione è consentita, no?-
Lui però non aveva quella voce, e aveva fatto un discorso molto più figo.
-Sono spiacente, ma gli ordini sono-
-Fanculo i tuoi ordini!-
Lo schianto della porta e l’urlo lo svegliarono. Scattò a sedere, guardando l’ampia stanza alla ricerca di indizi: le finestre erano chiuse e le tende tirate, per cui non filtrava troppa luce, la scrivania era ordinata, giusto un paio di pergamene e un pennello. Spostò lo sguardo alla sua destra, osservando Koumei raddrizzarsi senza degnarlo di uno sguardo: non è che lo stesse ignorando, ma sembrava preoccupato da qualcosa. Sapientemente scelse di seguire la traiettoria dei suoi occhi, e soffermatosi per la prima volta sulla porta capì.
Quelle voci non erano parte di un suo sogno, ma la realtà.
-Nelle favole la bella addormentata è bionda, fuori dal letto.-
Fanalis contro soldatino fresco fresco di caserma, quel poveretto non doveva aver capito molto bene le regole del gioco, e infatti eccolo spuntare dietro le gambe di Myron, evidentemente incosciente.
-Non mi hai sentita? Fuori.-
Sbuffò, contrariato.
-Che razza di ore sono?-
La ragazza assottigliò lo sguardo e serrò il pugno, per nulla contenta della scarsa considerazione che Judal le stava dando.
-Sono le sette, e non sei il solo che avrebbe voluto dormire- disse stringendo ulteriormente il pugno, le ossa le scricchiolarono, quando Judal osò sbadigliare impunemente -e fidati, lo avrei fatto se solo il marmocchio non avesse preso a urlare come un dannato un’ora fa.-
Judal si bloccò, la bocca ancora spalancata, lo sbadiglio a metà. Riabbassò le braccia, e guardò la Fanalis preoccupato.
-Che cos’ha?-
-Non ha NIENTE. È solo un maledetto moccioso che cerca il seno della mamma, come tutti i poppanti, ma piuttosto che usare un po’ di buon senso Pisti ha deciso di non farmi dormire per il resto della settimana. Stronza.-
Se non fosse stato preoccupato per Robin, avrebbe sorriso e avrebbero iniziato una discussione su quanto Pisti avesse bisogno di farsi curare, ma prima del rancore per la ragazza veniva la preoccupazione per Robin.
-Fosse per me l’avrei preso e te lo avrei portato, puoi farci quel che vuoi per quanto mi riguarda, ma non ho intenzione di litigare con Masrur. Quindi, dammi quella maglietta che la porto a quella malefica scimmia urlatrice.-
Sollevò le braccia, sfilando la maglietta e dandola alla Fanalis, mentre Koumei guardava altrove.
-Domattina voglio un’altra maglietta, il più sudata possibile, deve proprio farmi venire il vomito per la potenza dell’odore, chiaro?-
Judal annuì. Quando Masrur gliel’aveva presentata aveva mostrato un carattere completamente diverso, scoprire che in realtà era una sorta di rude scaricatrice di porto fu una sorpresa.
-Oh dimenticavo- disse rigirandosi e puntando lo sguardo su Koumei, che a sua volta sollevò lo sguardo su di lei -non mi interessa cosa voi due facciate, ma non fatevi beccare o giuro che vi ammazzo.-
E se ne andò, scavalcando il corpo esanime della guardia e richiudendo la porta con nonchalance. Rimasero in silenzio per un po’, poi Koumei si batté le mani sulle cosce, guardando Judal con serietà.
-Non so te, ma io andrei in bagno finché quella guardia è svenuta, non amo che degli sconosciuti mi osservino.-
Judal annuì: avevano ricevuto ordine di non farsi beccare, non di non infrangere le regole.
 


 
Ai bambini si insegnava che esistevano 5 sensi, e che questi servivano per indagare il mondo, ma in realtà i sensi erano nove. Ora, pareva nulla, ma il più della gente era convinta che vivere senza vista e udito fosse impossibile.
Ma non era la verità.
Pur aprendo gli occhi, tutto ciò che vedeva era buio. Non c’erano grossi rumori, eccetto il suo tranquillo respiro e quello addormentato di un’altra persona.
Gli odori erano vari, c’era lo stantio di una stanza rimasta chiusa troppo a lungo che permeava il tutto, ma pure il forte odore di un alpha e quello più floreale tipico degli omega.
Il gusto in effetti non gli diceva nulla, mentre il tatto gli rimandava la sensazione di qualcosa di morbido, molto malleabile ad altezza del viso e sapeva di essere sdraiato, grazie al lavoro congiunto di equilibrio e propriocezione.
Non provava dolore ma un discreto senso di appagamento ed era al caldo.
Conclusione finale?
Era in una stanza chiusa, al buio, a letto con Sinbad, dopo una settimana di calore.
Pur non vedendo nulla conosceva la disposizione della stanza, non aveva bisogno della luce per muoversi, per cui senza fare rumore andò in bagno a lavarsi.
Una settimana di sesso senza lavarsi né nulla si sentiva, magari non con tutti e nove i sensi, ma con almeno cinque di sicuro.
 



Quando tornò in camera trovò le ante della terrazza spalancate, Sinbad fuori che guardava la città. C’era un forte vento più autunnale che primaverile e aria di tempesta, il che era piuttosto ironico perché non solo il tempo ma anche la faccia di Sin promettevano guai.
-Cosa è successo?- chiese abbracciandolo da dietro e poggiando una guancia contro la sua schiena. Dopo un calore restava sempre piuttosto dolce e premuroso per un paio di giorni.
Sinbad non rispose immediatamente, guardando il mare in lontananza, pensieroso, poi riassunse brevemente i fatti, e dal nulla la relativa dolcezza e premura di Ja’far sparirono.
Ora erano in due ad avere una tempesta dentro.
 
 


Vestito dei suoi soliti abiti da lavoro marciava per i corridoi del palazzo come un toro infuriato, tanto che Sinbad alle sue spalle doveva affrettare notevolmente il passo per raggiungerlo, come se fra loro non ci fossero 20 centimetri di differenza.
Non badò alle guardie o agli impiegati che incontrarono, né alle cameriere intente a pulire, e pure quando incrociò Pisti la ignorò, finché non raggiunse l’appartamento.
Ovviamente la porta era chiusa, e ovviamente piuttosto che fermarsi a prendere le chiavi la buttò giù.
-Judal!- ruggì, e sentendo un singulto proveniente dal salotto vi si diresse.
Ed eccolo, il potente magi, seduto sul divano a sfogliare un libro di ricette, terrorizzato dall’ira di un ex-assassino.
-Che cosa ti è saltato in mente?-
Se l’urlo pareva averlo spaventato, la domanda parve ridargli vita, perché appoggiò il libro sul divano e si alzò, determinato.
-Non è successo nulla.- ribatté con voce calma, come se stessero parlando di rompere un piatto, perdere un libro o altri incidenti di piccola entità.
-Ma tu ci pensi alle cose? Cos’è il tuo cervello non funziona più per colpa del peso dei tuoi capelli?-
Non si mostrò offeso, continuando a rispondere con calma: se avesse alzato la voce le cose sarebbero solo peggiorate. -Mi dispiace di non aver rispettato gli accordi, ma ho agito solo nell’interesse di Robin.-
-Mettere in mano mio figlio ad un assassino è agire nel suo interesse? Raccontala a qualcun altro.-
Strinse i pugni, cercando di contenersi. Non poteva urlare. Non.Poteva.Urlare. -Non è un assassino. Sa molto di bambini, praticamente fa lui da balia alle figlie di Kouha, non avrebbe mai fatto del male a Robin.-
Ja’far cambiò colore, diventando bordeaux, cosa molto rara per lui vista la carnagione pallida -Tu hai dato mio figlio in mano ad un estraneo.-
-Oh, perché voi cosa avete fatto al banchetto di presentazione eh? Tutto il popolo si passava Robin come se fosse una palla: e se fra loro ci fosse stato qualcuno di pericoloso?- aveva perso. Aveva iniziato ad urlare, ed ora non intendeva smettere -Non gli ho dato Robin per fargli vedere quanto fosse bello o perché avevo voglia di farmi un bagno senza dover pensare ad occuparmi di lui, l’ho fatto solo perché lo aiutasse. Ok, io ho sbagliato, ma cosa avrei dovuto fare, venire a chiedervi consiglio?-
-Potevi aspettare cazzo!- urlò Sinbad, prendendo parte alla conversazione per la prima volta -Ti comporti come se fosse l’unica soluzione praticabile, come se non ci fosse stata lì anche Pisti, come se non stesse per arrivare aiuto!-
Judal spostò lo sguardo su di lui, aprendo e riserrando i pugni per la rabbia -Facile per te parlare, vero? Tu dov’eri quando Robin piangeva disperato? Ti sei mai sentito impotente, incapace di aiutare qualcuno a cui tieni?-
-Qui non si parla di noi, si parla di te!- ruggì Ja’far, e Judal scoppiò a ridere, di quelle risate cattive volte a ferire la gente -Certo che si parla di me, mi pare ovvio, perché se si parlasse di voi poi dovreste ammettere di non essere perfetti, vero? Qui abbiamo tutti ucciso, tu sei un ex assassino e tu non ti sei certo tirato indietro di fronte a chi minacciava Sindria.-
-Ho difeso il mio paese, era giusto che lo facessi!-
-E Koumei ha combattuto per Kou, è la stessa cosa!- abbassò il tono, massaggiandosi i polsi e risedendosi: stare in piedi con una pancia da ottavo mese era veramente un’impresa.
-Sentite, chiamate Yamuraiha, fatele lanciare un incantesimo che obblighi a dire la verità e chiedete a Koumei quali siano le sue intenzioni. Non posso cambiare ciò che ho fatto, e ritengo di aver agito per il meglio, quindi nemmeno lo farei.-
Ci fu un attimo di silenzio, l’unico suono che si udiva era quell’assurdo vento che ancora imperversava fuori, rotto dalla voce dura di Sinbad -Perché sei qui?-
Judal alzò lo sguardo, i gomiti poggiati sulle ginocchia -Come scusa?- chiese non tanto sorpreso, ma piuttosto con rabbia.
-Ti sei introdotto qui, abbandonando l’impero a cui hai giurato fedeltà, e ora cerchi di far passare un principe di Kou, un nostro nemico. Che cosa vuoi da noi?-
Si udì un sonoro crack, ed il ramo di un albero andò a sbattere contro la porta finestra del terrazzo. Il secondo dopo la finestra era aperta e quel ramo era puntato alla gola di Sinbad.
-Io mi sono introdotto qui? Tu mu ci hai portato! Non provare a dire che è tutta colpa mia, che ho orchestrato chissà quale complotto. Vogliamo mettere tutte le carte sul tavolo? Bene, facciamolo. Tanto per iniziare, parliamo del fatto che mi hai stuprato.-
Le pupille di Sinbad s’ingigantirono a dismisura, mentre Ja’far andò in confusione, iniziando a spostare lo sguardo da Judal a Sinbad, da Sinbad a Judal, alla ricerca di spiegazioni.
-Questa mi piace proprio, tu smaniavi di avermi.- disse Sinbad sottolineando ogni parola e caricandola di veleno, facendo un passo verso Judal e retrocedendo trovandosi l’appuntita estremità del ramo puntata contro la gola.
Judal rimase tranquillo, abbandonando la schiena contro lo schienale, le gambe spalancate, il pancione più evidente che mai.
-Io non volevo te, volevo qualsiasi cosa o persona in grado di aiutarmi. Se mi avessero dato un dildo me lo sarei fatto andare bene. Non ti ho chiesto di restare, al contrario sono piuttosto certo di averti detto di andartene.- sibilò il magi guardandolo furibondo. Fu molto soddisfatto nel notare che Sinbad fosse offesso.
-Mi hai portato qui per pietà, per permettermi di avere il bambino e lasciarlo qui, con l’idea che poi tanto me ne sarei andato dopo un paio di mesi e tutto sarebbe tornato alla normalità.-
-Adesso stai esagerando.-
Judal reclinò il capo oltre la testiera, scoppiando a ridere -La verità fa male, eh? Ma non ho finito. Mi hai portato qui, e dopo mesi di lavoro, quando finalmente mi sono ambientato e tutto, molli. Decidi che non ne vale la pena, che in fondo sono solo un bastardo, che tanto non hai bisogno di me.- si alzò, andando a fronteggiare Sinbad.
-Sai cosa, hai ragione.- soffiò praticamente sulle sue labbra, affascinante come un cobra -Non hai bisogno di me, ed io non ho bisogno di te.-
Si girò con tutta l’intenzione di andarsene, ma uno schiaffo lo bloccò.
-Torna su quel divano.- intimò Ja’far, parlando ad una lentezza esasperante tale per cui praticamente fece lo spelling di ogni parola -Sin, porta qui i generali e Koumei. Ora.-
Secondo tutti i libri esistenti, era l’alpha a comandare, ma per la verità forse l’alpha comandava in situazioni standard o durante il calore, per il resto un omega poteva raggiungere il controllo con facilità.
E se Ja’far voleva che radunasse i generali e un principe che tenevano prigioniero per la loro sicurezza, Sinbad l’avrebbe fatto.
 
 
 

Fuori ormai imperversava la tempesta. Il cielo era grigio, si sentivano i tuoni e si vedevano i tempi, grossi nuvoloni portavano con loro una pioggia torrenziale che avrebbe certamente rovinato i campi, ma in quel momento nessuno se ne curò.
I Generali erano arrivati, Pisti aveva reso Robin a Ja’far e Koumei era stato messo al centro di un cerchio formato dai generali, tutti intimidatori, e ciò nonostante il principe li ignorò abilmente, mantenendo un’espressione stoica.
Ja’far vedendo il figlio parve dimenticarsi momentaneamente del contesto in cui si trovava, iniziando a baciarlo come se non ci fosse un domani, mentre Robin, pur non disprezzando quella buona dose di attenzione, protendeva le manine verso Judal.
Il magi guardò il gruppo, e una sola parola gli attraverso la mente nello scorgere, sbirciando fra i fianchi di Myron e quelli di Yamuraiha, perché ovviamente lui era stato escluso dal cerchio, Koumei ritto con la sua solita aria svogliata, le occhiaie meno marcate per il riposo forzato che gli aveva imposto in quei giorni con la sua presenza. Avevano avuto anche il coraggio di legargli le mani dietro la schiena, non fosse mai che qualora gli prudesse il naso potesse grattarselo.
Sbuffò furioso, poi notò un lieve movimento di Myron… si dondolava perennemente verso Masrur, lasciando sul lato destro uno spazio tale per cui avrebbe potuto infilarsi nel cerchio, e con la scusa di grattarsi una spalla gli faceva segno di andare avanti.
Non era mai andato pazzo per le donne, preferiva di gran lunga gli uomini, ma quella Fanalis sboccata gli piaceva. Almeno non faceva segreto di avere una doppia personalità ostile e vendicativa come qualcun altro di cui non intendeva fare il nome. Pisti.
Per rendere la recita creativa e non metterla nei guai dovette muoversi piuttosto in fretta e di malagrazia, così badò bene di dare una buona spallata alla ragazza, la quale per buona misura gli urlò addosso imitando un attacco ai suoi danni. A voler ben vedere c’erano due grosse falle nella loro recita:
1- Non era possibile che lui riuscisse a spostare un Fanalis determinato a restare con i piedi ben piantati a terra senza far uso della magia, per cui avrebbe normalmente avrebbe dovuto irrompere abbattendo Yamuraiha, ma nessuno parve farci caso;
2- In un certo senso la reazione di Myron era necessaria, ma nell’altro rischiava di smascherarli: un gestante non può essere fatto cadere, si rischiava di procurare dei danni al bambino, e con buon probabilità Myron questo lo sapeva.
Comunque poco importava, decise prendendo il capo di Koumei e tirandoselo su una spalla.
I ringhi furono immediati, ma essendo lui incinto avevano le mani legate: la cosa poteva tornare molto utile, alle volte.
-Judal, vieni qui.- la voce stentorea di Ja’far non bastò a smuoverlo, e nemmeno ci riuscì il tentativo di Sinbad di strapparlo da lì.
Tutti contro uno era bullismo, ma due contro uno, pur non essendo equo, era più prossimo alla definizione di litigio.
Fissò gli occhi in quelli di Ja’far, che dopo aver mollato Robin a Sinbad si avvicinava deciso. La guancia dove prima aveva ricevuto quello schiaffo pulsava e con buona probabilità si stava gonfiando, ma non fu abbastanza per convincerlo ad allontanarsi.
Ja’far che scioglieva i nodi della stoffa con cui erano fatte le manette di Koumei lo fu.
Non erano molto professionali, erano indubbiamente stretti, ma parevano più due stretti bracciali legati fra loro.
Sciolto il nodo che in qualche modo univa le due mani Koumei lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, e Ja’far si spostò di fronte a lui, facendo segno di fargli largo, prendendogli una mano ed esaminando con attenzione quella fitte rete di nodi per un secondo.
-Ja’far, che stai facendo?- chiese Pisti tesa, osservando il principe che le dava la schiena, pronta ad attaccare in qualsiasi momento.
Ja’far scrollò le spalle senza alzare lo sguardo dal groviglio che aveva per le mani.
-Kou è un nostro nemico, trattare come prigioniero un principe che si è presentato come ospite non ci aiuterà a risolvere nulla.-
-Non è un ospite, nessuno l’ha invitato.- replicò rudemente Sharrkan.
-Ed è scappato da Kou, non vedo perché dovrebbero aiutarlo.- proseguì Dracoon, ma Ja’far non gli diede peso, iniziando piuttposto a sciogliere i nodi.
-È scappato, ma non è stato diseredato, è possibile che ad un certo punto vorranno venire a riprenderselo. Sarà la nostra cartina al tornasole, se lo trattiamo non dico con garbo, ma non eccessivamente male la cosa potrebbe giovarci.- poi, prima che qualcun altro potesse interromperlo, alzò lo sguardo su Koumei.
-Perché sei qui?- chiese, e il principe sospirò, annoiato, come se quella situazione non lo preoccupasse affatto.
-Mi serviva un posto dove stare, e speravo di poter trovare degli alleati qui.-
-E non credi che possano scoprire facilmente che sei qui? Non era meglio un posto meno appariscente, magari più lontano?-
Koumei alzò le spalle, scompigliandosi i capelli con una mano ancora ammanettata, mentre Ja’far continuava ad occuparsi dei nodi della mano sinistra.
-Ho gestito la burocrazia di Kou da solo per anni, gli altri principi non hanno idea di dove mettere le mani. Hakuei è l’unica che sa qualcosa di come si governa un regno, ma tutti gli altri conoscono solo le strategie militari. Ho mandato tutte le spie di Kou ad investigare su uno strano incidente dalle parti di Katargo e ho fatto in modo che contattarli sia impossibile.-
-Come ti è venuto in mente di scegliere proprio Katargo?- ringhiò Sharrkan, e il principe rispose senza fare una piega.
-Era il posto più lontano da qui e più difficilmente raggiungibile. Mandare tutte le spie di Kou lì in una volta confonderà le idee ai principi, ed essendo un gruppo numeroso saranno più facilmente identificabili. Non sono sicari, solo spie, né Eliohapt né i Toran corrono eccessivi rischi.-
Le labbra di Judal si arricciarono lievemente in un mezzo sorriso: Koumei era senz’altro un mostro, ma sentire tutti i suoi ragionamenti era illuminante, ogni volta.
-Cosa vuoi da noi?- domandò allora Sinbad, liberando il primo polso e prendendo il secondo.
Koumei sospirò -Dopo che vi avrò detto per l’ennesima volta che non intendo farvi del male cosa cambierà? Ciò che conta non sono le mie reali intenzioni, ma quelle che voi credete io abbia: se intendete credere ad ogni costo che io vi stia mentendo non posso fare nulla per farvi cambiare idea.-
Ja’far sorrise, serio. -Vero- constatò alzandosi e tirando fuori un coltello dalla manica: Judal fece per scattare in avanti, ma Masrur fu lesto a bloccarlo mettendogli le mani dietro la schiena. Gli bastava tenerlo con una mano, non gli costava il minimo sforzo, maledizione.
Koumei, al contrario, non mosse un muscolo. Sospirò e chiuse gli occhi, abbassando il capo, rassegnato, per nulla intenzionato a lottare, come se desiderasse morire da martire. Imbecille.
-Grazie.- riaprì gli occhi.
La prima cosa che vide furono i pezzi di stoffa che gli avevano legato i polsi a terra, tagliati da una lama. Ispezionò il cerchio: tutti erano sbalorditi quanto lui. Poi notò una mano pallida protesa nella sua direzione, e lo sguardo serio, ma non ostile di Ja’far.
Protese la mano, esitante. -Niente magia per controllare che non abbia mentito?-
Ja’far sorrise, canzonatorio. -Non l’hai fatto. Credi davvero che slegarti i polsi fosse pura gentilezza? Le parole mentono, le espressioni pure, ma il battito cardiaco o la temperatura corporea  non ingannano mai.-
Koumei non fece una piega, chiudendo gli occhi e scompigliandosi i capelli, senza stringere la mano tesa di fronte a lui.
Ja’far sbuffò, seccato. -Capisco che tu abbia tempo, ma io ho del lavoro da fare, ci muoviamo?-
Il principe riaprì gli occhi, allontanando la mano dalla propria stretta ed andando a stringere la mano di Ja’far, che annuì soddisfatto.
I generali guardarono la scena sbalorditi, e appena quella stretta di mano terminò Judal scattò, approfittando dello shock di Masrur, e stringendo Koumei in un abbraccio.
-Ah Judal.- disse Ja’far dalla porta, girando il capo a guardarlo -Decidi dove vuoi dormire. Per quanto mi riguarda non serve che occupi ancora un letto monoposto costringendo il nostro ospite a diventare una sogliola, ma parlane con Sin.- alzò una mano in segno di saluto e se ne andò.
Demonio. Solo lui poteva capire che aveva passato la settimana a dormire con Koumei solo dall’odore di una persona.
 










Piccoli scleri di cui (volenti o nolenti) finirete per far parte:
non fate l'abitudine a tutti questi aggiornamenti così frequenti, non so quanto dureranno. Questo capitolo, nello specifico, è per festeggiare il mio sette in storia, il primo voto datomi con razioncinio dalla prof dall'inizio dell'anno.
Parlando di cose serie, invece, credo che in otto/dieci capitoli al massimo la storia giungerà al termine.
 
   
 
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