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Autore: EleWar    15/02/2020    6 recensioni
Il passato torna sempre e, a volte, certe verità non avremmo mai voluto conoscerle.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Dopo una settimana esatta ecco a voi il cap 4. Spero che questa storia non vi sembri troppo noiosa… però è nata per andare ‘lenta’, in uno scoprirsi continuo ma costante. In ogni caso un MEGA GRAZIE a tutte le commentatrici, nuove e vecchie, a chi legge, a chi lascia un commento, a chi passa e va. Grazie grazie grazie


Cap. 4 RIPORTAMELO A CASA


“Idiotaaa” gli gridò Kaori incollerita, quando si fu ripresa da quella sua uscita infelice.

“Io sto qui con il cuore in gola e tu fai lo stupido?” e già aveva brandito un martello con la scritta “Non cambierai mai” quando Ryo, incredibilmente, le afferrò il braccio per bloccarle il movimento, e lei ne rimase totalmente spiazzata: nella sua lunga carriera di lanciatrice di martelli, solo pochissime volte lui l’aveva fermata o schivata. Spalancò gli occhi allibita.

Lui, sempre tenendole il braccio, le si fece più vicino e addolcì il suo sguardo, fino a che divenne malizioso e sornione; le regalò uno di quei suoi sorrisi irresistibili, e progressivamente, come per magia, il martello di Kaori si rimpicciolì, diminuendo rapidamente di tonnellaggio. Una parte di lei si era ormai arresa alla malia con cui la stava avvolgendo il suo ragazzo, mentre l’altra le gridava di non farsi fregare in quel modo, da quell’impudente che ora usava il suo fascino anche con lei. Infatti, lui le disse, sussurrandole con calore e passione:

“Sugar, te l’ho mai detto che quando t’infuri sei così sexy che non so resisterti?” e già si sporgeva per baciarla; le loro labbra si stavano ormai sfiorando, quando un grido stizzito di Ryoichi li richiamò all’ordine e li fece sobbalzare. Kaori allora constatò improvvisamente che lui era quasi riuscito nel suo intento di sedurla, perché era stata lì lì per cedergli. Gli diede comunque il martello in testa, già che c’era, ma fu poca cosa: solamente 5t.

La botta ebbe solo il potere di farlo vacillare, ma si fermarono entrambi in ascolto, seguendo gli strepiti del loro ospite che, di là, stava dicendo al telefono:

“No, non torno a casa, hai capito? Ho il diritto di sapere chi è mio padre!”

Gli sweeper, immobili, si erano come congelati, impegnati a non perdersi nemmeno una parola del ragazzo che continuava a strillare; Ryo, con ancora il martello in testa, teneva per il braccio Kaori, e lei, che gli stava davanti, era rimasta con entrambe le braccia sollevate sopra il capo nello sforzo dello slancio. Ambedue con i visi rivolti verso la porta del salotto.

Poi si voltarono a guardarsi e sospirarono, e poco prima che il martello scomparisse del tutto, Kaori si avvicinò a Ryo e gli stampò un bacio frettoloso sulle labbra, dicendogli:

“È meglio che vada di là a vedere”.

L’uomo, che non se lo aspettava, ne rimase profondamente turbato; lui, che voleva sedurre, era stato sedotto. Quel bacio a fior di labbra lo aveva piacevolmente sconvolto.
Sorrise beato e soddisfatto: era davvero un piacere stare con una donna fantastica come lei.
Si riscosse e fece per raggiungerli.

Ryoichi aveva già riagganciato il telefono e si sfogava con Kaori: aveva litigato con sua madre, che non solo era morta dalla paura non trovandolo a casa, ma era anche contrariata e arrabbiata per il fatto che fosse partito così all’avventura, per andare a trovare suo padre.

Kaori cercava di calmarlo e di farlo ragionare. Gli stava giusto spiegando che non ci si deve comportare così con la mamma, che non bisogna farla soffrire, e che era fortunato ad averne una premurosa come la sua, quando si bloccò di colpo; stava stringendo a sé Ryoichi e questo aveva preso a vagare con le mani fino al suo fondoschiena. Quando lei l’allontanò da sé, quel tanto per guardarlo in viso, pronta a redarguirlo, lo trovò che già la guardava con aria sognante e adorante.

Sospirò rassegnata.

Stava per dire: “Tale padre, tale figlio” quando si autocensurò.

Ryo, che aveva seguito tutta la scena, si era avvicinato ai due silenziosamente e, schiarendosi la voce, richiamò la loro attenzione.

Ryoichi si voltò di scatto a guardarlo, con aria colpevole: lo sweeper gli indirizzò uno sguardo gelido e penetrante che fece subito abbassare quello del ragazzo. Questi prese a scusarsi al colmo della vergogna.

Poi l’uomo, rivolgendosi a Kaori, con un tono di voce che avrebbe voluto essere meno freddo, le disse:

“Kaori, è meglio che usciate a fare una passeggiata. Girando per il quartiere potrete trovare più informazioni che stando qui chiusi in casa. Io vi raggiungerò più tardi”.

Lei lo guardò intensamente, cercando di capire cosa nascondesse sotto quella sua espressione impenetrabile: era davvero scocciato e geloso per il comportamento di quel ragazzo? O aveva in mente qualcos’altro?

Di fronte a quei suoi grandi occhi dolci, il viso di Ryo si distese in un sorriso affettuoso: volle tranquillizzarla facendole l’occhiolino.

Si capirono, come sempre.

Così Kaori disse, rivolta al ragazzo che si era andato a sedere sul divano sprofondato fra i cuscini, con le braccia conserte, in un misto di imbarazzo, disprezzo, ribellione, e incomprensione:

“Ryo ha ragione: su, vestiti che usciamo”.

Il ragazzino rialzò il viso verso di lei, speranzoso, e in un attimo perse l’aria imbronciata e irritata. Si rianimò tutto, e corse in camera sua a cambiarsi e poi in bagno a finire di lavarsi.
 



Appena Kaori e Ryoichi furono usciti, Ryo si diresse al telefono del salotto e, premendo il tasto della ri-selezione automatica, si mise in ascolto.

Il telefono squillava libero, poi una voce di donna, alterata e severa, proruppe con:

“Spero per te, Ryoichi, che ci abbia ripensato e che tornerai a casa, subito, altrimenti non sai cosa ti faccio!”

“Pronto?” fece Ryo di rimando.

Silenzio.

Dall’altra parte del telefono la donna rimase senza fiato: quella voce, quella voce, la conosceva.

Poi Ryo, per rompere quel silenzio che si stava prolungando inutilmente, disse:

“Io sono Ryo Saeba, con chi ho il piacere di parlare?”

Ancora silenzio.

Ryo incalzò:

“Tu sei Akiko Munemori, o così ti fai chiamare ora, ma io voglio sapere il tuo nome, quello vero…” disse in tono perentorio e freddo.

“Hai ragione” rispose quella, dopo una pausa: “Hai ragione di voler sapere chi sono in realtà; ma non per telefono”.

“Allora vieni a riprendere tuo figlio e ne parliamo… Evidentemente mi conosci, e magari sai anche dove abito…”

“No, mi dispiace, non posso tornare a Tokyo, è troppo pericoloso per me”.

“D’accordo, non metterò inutilmente in pericolo una donna. Allora dimmi: dove posso trovarti?”

Pausa.

“Allora? Tu sai cosa significa il fatto che Ryoichi è venuto qui cercando suo padre, cercando me. Direi che ho il diritto di saperne di più non credi? Ora ho una compagna, e anche lei vuole sapere…”

“Ah, ti sei trovato una donna… fissa?”

“Sì”.

“Allora deve essere una donna davvero speciale!”

“Sì, lo è” e poi: “Ma non parliamo di lei… è già troppo coinvolta. Allora?”

“E va bene. Per telefono non posso dirti altro, ma chiedi a Ryoichi dove abita e vediamoci qui, diciamo fra… un paio di giorni? Riportamelo a casa, ti prego, lui è… è tutta la mia vita”.

“Vedrò quello che posso fare”.

E riattaccò senza salutare.

Ryo si passò una mano fra i capelli, frustrato. Nemmeno quella voce gli diceva niente, e poi la situazione si stava complicando. Possibile che non ricordasse una donna, una bellissima donna come lei, che fosse stata costretta a lasciare Tokyo per sfuggire ad un pericolo, e che questo fosse ancora così reale da non voler svelare la sua attuale posizione, nemmeno per telefono per paura di essere scoperta?

Si buttò la giacca sulle spalle e si decise a raggiungere Kaori e il ragazzo. Avrebbe dovuto guadagnarsi la sua fiducia per farsi dire da dove veniva, senza che avesse il benché minimo sospetto che era sua intenzione riportarlo a casa. Pensandoci, da che era comparso nella loro vita, l’aveva sempre accuratamente evitato. Il suo senso di rifiuto non gli aveva permesso di instaurare un qualsiasi rapporto con lui. Anche se non fosse stato suo figlio, e lui era sicuro che non lo fosse, avrebbe dovuto parlarci, conoscerlo lo stesso, e invece… In realtà, sotto sotto, ne era anche un po’ geloso: tutte quelle libertà che si prendeva con la sua Kaori! Certo lei non perdeva tempo e sapeva come difendersi, con tanti anni di allenamento fra lui e Mick, però quel Ryoichi era davvero intraprendente! Ed era anche avvenente, doveva ammetterlo… “Tutto suo padre” si ritrovò a pensare. Poi si pentì all’istante di questo pensiero balzano. Ryoichi non era suo figlio, nonostante tutto.

Sbuffò pesantemente.

Aveva bisogno di vedere Kaori, di essere coccolato dal suo sguardo amorevole; aveva bisogno che gli dicesse che sarebbe andato tutto bene. Poi insieme avrebbero pensato al da farsi. Però, se quel moccioso esuberante avesse ancora allungato le mani su di lei, gliel’avrebbe fatta pagare!
 
 
****

 
Come si aspettava, li ritrovò al parco e, appena Kaori lo vide da lontano, con quella sua aria rilassata e vigile allo stesso tempo, col passo dinoccolato e le mani in tasca, si rianimò tutta e alzò il braccio richiamando la sua attenzione. I suoi capelli fiammeggiavano alla luce calda del mattino, e il suo sorriso era solare e avvolgente. Lui si sentì rimescolare tutto: non si sarebbe mai abituato all’effetto dirompente che le faceva quella ragazza, anche ora che stavano insieme. Era quello essere innamorati?

Lui già sorrideva al solo pensiero di vederla e lei gli venne incontro. Lo guardò significativamente e si scambiarono un muto dialogo: Ryo le avrebbe spiegato le novità, ma non adesso e non in presenza del ragazzo. Fiduciosa, la socia annuì impercettibilmente.
Lo sweeper pensò che fosse ora d’interagire con il mocciosetto e propose, in attesa di riportarlo a casa:

“Senti Ryoichi, mi è venuta un’idea: per oggi potremmo visitare i posti più frequentati del quartiere…” e Kaori lo guardò in tralice: non aveva forse intenzione di portarlo nei Love Hotel o nei locali a luci rosse del posto? Ma lui eluse il suo sguardo e proseguì:

“E mentre tu farai un po’ il turista, io e Kaori potremmo fare delle domande ai nostri informatori, ma così, senza dare troppo nell’occhio. Tu mi capisci vero? Questo è il nostro lavoro, un lavoro per City Hunter!”, concluse ammiccando, con un’aria che la sapeva lunga.

“Fantastico!” proruppe il ragazzo “Sì, sì, si capisce che dovete fare le vostre indagini senza destare sospetti… siete due investigatori privati, due sweeper, e la discrezione è il segreto del vostro successo, dico bene?”

Ryo annuì, poi intercettò lo sguardo della socia e le strizzo l’occhio, come a dire “lascia fare a me”. Kaori, per un attimo, pensò e sperò che non s’inventasse qualcosa di assurdo, ma aveva già stabilito di dargli fiducia e fece spallucce, decisa a reggergli il gioco.

Il socio proseguì:

“Bene, ora che siamo intesi, io direi di andare, intanto, al luna-park; sai, mischiati fra la folla, sarà più facile per noi rimanere nell’anonimato e al contempo guardarci intorno”.

Ryo era sicuro di averlo in pugno: infatti, al ragazzino s’illuminarono gli occhi dalla gioia. Avrebbe partecipato ad una vera indagine di City Hunter e, in più, si sarebbe divertito sulle varie attrazioni.


Finì che passarono la giornata al parco dei divertimenti, fra svaghi ed abbuffate colossali. Finalmente Ryo si era lasciato andare, e i tre si divertirono come matti. Ad un certo punto Kaori, che si era allontanata per comprare degli hot dog per tutti, ritornando verso la panca di legno su cui i due erano stravaccati e ridevano scompostamente, rimase quasi senza fiato osservandoli insieme. A guardarli bene, non solo si assomigliavano fisicamente e anche in certe movenze, ma, più di tutto, pensò che insieme, sembravano una vera famiglia. Lei la giovane mamma, che aveva avuto quel figlio prestissimo, dall’uomo che amava; lui il padre affettuoso e giocherellone, che si dilettava a scherzare col figlio; Ryoichi l’adolescente, che ancora non si vergognava di uscire con i suoi genitori. Una famiglia come tante che era andata al parco, per passare semplicemente una giornata spensierata.

Ebbe un’incomprensibile stretta al cuore.

Ora non era più gelosa della mamma di Ryoichi, ma vagheggiava di esserlo lei.

Era forse il suo incredibile e incontenibile senso materno, che la spingeva a provare una tale sconvolgente reazione? Era il suo desiderio di avere un legame completo con il suo Ryo, un bambino, che potesse cementare la loro unione?

Se quel ragazzino fosse stato anche orfano di madre, lei lo avrebbe accolto come figlio suo e di Ryo, proprio come era pronta a fare quella volta con la piccola Shiori.

Si scoprì a pensare che, se il suo compagno avesse accettato la sua paternità, lei avrebbe amato lo stesso quel ragazzino come figlio di Ryo e, pur non sostituendosi alla madre naturale, lo avrebbe accolto e si sarebbe presa cura di lui ugualmente, anzi! Si era già affezionata, l’aveva conquistata.



 
***
 

 
Sulla via del ritorno, Ryo, guidando, buttò lì quasi per caso:

“Allora, ragazzo, non ci hai ancora detto da dove vieni. Che posto è quello in cui vivi?”

Ryoichi quel giorno si era immensamente divertito con i fratelli Makimura, che passavano il tempo a bisticciare, a farsi scherzetti e che lo avevano ricoperto di attenzioni, facendolo sentire amato e benvoluto, ed era finito per affezionarsi a loro, come se li conoscesse da sempre. Stava così bene in compagnia di quei due pazzi, che oltretutto facevano un mestiere così tanto pericoloso e affascinante, che quando, di sfuggita, pensava al momento in cui sarebbe inevitabilmente tornato a casa, sentiva già che gli sarebbero mancati terribilmente. Ma poi si consolava ripetendosi che, nel giro di qualche giorno, avrebbe scoperto chi era suo padre e magari lo avrebbe anche incontrato, e sempre grazie a loro. Più conosceva Ryo, poi, e più sperava che suo padre fosse come lui… Erano solo fantasie da bambino, le sue? Si chiedeva.

Quando Ryo gli aveva fatto quella domanda, apparentemente innocente, per un attimo il suo sguardo si era offuscato, ma poi la naturale fiducia e l’affetto che provava per Ryo e Kaori, lo spinsero a rispondere senza remore. Disse:

“Provengo da un piccolo villaggio di pescatori, nei dintorni di Shizuoka”.

“Conosco la zona” disse Kaori “Quando ero piccola una volta, insieme a mio fratello, siamo andati ad Omaezaki a visitare il Faro…” concluse la ragazza sorridendo e perdendosi nei suoi ricordi, ma Ryoichi subito puntualizzò:

“Sei andata con Ryo, allora?”

La sweeper sobbalzò, colta sul vivo, e farfugliò un:

“Sì, sì certo… e con chi sennò?” e pensò: “Dannazione, stavo per tradirmi… a questo qui non sfugge niente… Dovremmo stare anche più attenti io e Ryo a non farci scoprire, soprattutto quando…” e ripensò a quella mattina, quando lui la stava per baciare, e che poi va be’ l’aveva baciato lei, a tutti quei baci che si erano rubati al luna-park, nei posti e nei momenti più disparati, all’insaputa del ragazzo. Sospirò mentalmente. Proprio non riuscivano a resistere nemmeno una giornata, senza!

Si voltò a guardare il suo socio: lo sorprese a sorridere sotto i baffi, e fu certa che anche lui stesse pensando le stesse cose. Le venne da ridere.

Certo, se avessero detto subito che non erano fratelli, ma fidanzati, la situazione sarebbe stata più facile da gestire, soprattutto ora; ma, nel bene o nel male, presto avrebbero fatto chiarezza e sarebbero venuti allo scoperto anche con lui.

In ogni caso Ryo riprese, chiedendogli ancora:

“Quindi vieni da una località di mare… ecco perché la tua carnagione è così scura: hai una bell’abbronzatura”.

“Oh, sai che non ci avevo mai pensato? In realtà anche mia madre è così, in questo assomiglio molto a lei”.

Entrambi gli sweeper memorizzarono l’informazione, e cercarono di ricordarsi la foto che avevano visto quella mattina: quella donna affascinante, effettivamente non era così chiara come una ragazza di città. L’incarnato era roseo, quasi bronzeo: segno di chi sta molto all’aria aperta, oppure era naturalmente così il suo colorito? Anche Ryo aveva quel tipo di pelle, lo stesso di quella donna.
 
 
Il resto del viaggio verso casa, lo passarono chiacchierando del più e del meno. Stavano bene insieme, quei tre, anche se i City Hunter continuavano a provare una punta di amarezza in fondo al cuore; un miscuglio di sentimenti che li frenava un po’ e gli impediva di affezionarsi totalmente a quel ragazzino innocente, che era venuto fino a Tokyo in treno, per trovare e conoscere suo padre, animato da una tenace speranza. In condizioni normali non si sarebbero risparmiati per uno come lui; ma, pur non lasciando nulla d’intentato, i due soci temevano di scoprire la verità.
 
   
 
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