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Autore: _Amaryllis    16/02/2020    3 recensioni
Fu solo a lavoro, solo soletto in una libreria deserta e poco frequentata, che si ricordò del giornale che aveva nella borsa. Non avendo molto da fare e avendo sistemato gli ultimi arrivi già da qualche oretta, si permise di essere una normale persona con normali interessi e recuperò il giornale, dalla cui prima pagina tuonava con fare minaccioso “Megxit: a rischio la corona?”. Sbuffò, quasi tentato di rimettere in borsa il quotidiano, se non proprio buttarlo, ma si fermò col braccio a mezz’aria, attirato dal nome sull’editoriale in prima pagina: Arthur Pendragon. Ed ecco che gli partì una risata isterica, totalmente fuori luogo, che gli meritò un’occhiataccia perplessa dell’unico signore di mezza età presente in biblioteca – che, a dirla tutta, gli ricordava un po’ Gaius. Non poteva trattarsi di lui. Lui che non si era degnato di tornare con conflitti mondiali, epidemie, osava tornare perché un principe aveva deciso di trasferirsi oltremanica? Questo era il colmo! Un Pendragon a commentare le vicende di un Windsor.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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2. Di mosse asinine e sbadata idiozia
 
 
Le prime settimane di Merlin alla redazione furono movimentate ma non stressanti. Merlin aveva dovuto chiudere per il momento la libreria: non era nei suoi piani fare il giornalista o aspirante tale per sempre, quindi in un futuro prossimo sarebbe ritornato nell’ambiente confortevole che con gli anni aveva tirato su, sempre che il seguire Arthur gliel’avrebbe permesso. Era infatti disposto a lasciare tutto se il suo Re gliel’avesse chiesto. Cosa che sarebbe potuta accadere solo se egli avesse ricordato la sua vita passata.
Arthur, dal canto suo, era più irritabile del solito: dagli occhi cerchiati di rosso e stanchi Merlin dedusse che dormisse poco, eppure alla redazione tutto era nella norma e non c’erano cause evidenti di stress.
Fu una sera in cui Merlin si era fermato oltre il suo orario di lavoro che iniziò a capire che stava accadendo qualcosa ad Arthur: l’asino, dopo non aver controbattuto alle risposte piccate di Merlin, sprofondò tra le carte sulla scrivania, schiacciando il menabò, come se volesse dormire.
«Fatto le ore piccole, Pendragon?» lo stuzzicò Merlin, con una punta di preoccupazione. Arthur in tutta risposta grugnì e fu solo dopo qualche minuto che si raddrizzò sulla sedia e guardò Merlin.
«Sono settimane che non dormo decentemente» rispose laconico Arthur.
«Beh, va’ a dormire a letto presto» provò a consigliare Merlin. Il biondo lo guardò in cagnesco, con una furia che il mago non si spiegava.
«E secondo te non ci ho provato? Il problema non è il quando vado a dormire, è che proprio non riesco a dormire, faccio sogni bizzarri dopodiché resto con gli occhi sbarrati per tutta la notte».
Quella breve spiegazione diede a Merlin alcuni elementi su cui riflettere. Ai tempi di Camelot, Morgana aveva avuto un problema legato ai sogni, segno latente della magia che la ragazza possedeva. E se, nel presente, l’arrivo di Merlin avesse scombussolato Arthur e in particolar modo il suo subconscio?
«Cosa sogni?» domandò, allora, Merlin, col cuore che gli batteva all’impazzata.
«Non è affar tuo, Merlin, e non voglio il tuo aiuto» lo liquidò Arthur, tornando a lavoro.
«Bene, però, se dovessi continuare ad avere questo problema, potrei avere una soluzione» propose Merlin, totalmente ignorato da Arthur.
Fu dopo qualche settimana che Merlin, colto totalmente impreparato, ebbe una richiesta di aiuto da parte di Arthur.
«Ti prego, dimmi che non scherzavi e che veramente conosci un modo per risolvere la mia insonnia» chiese disperato il ragazzo biondo.
«Non scherzavo ma non assicuro la riuscita del mio metodo» iniziò a dire Merlin, «domani ti porto una tisana». A quelle parole, Arthur lo guardò accigliato.
«Una tisana, Merlin? Era questa la tua brillante idea?».
«Credimi, è potentissima, mi ha sempre fatto crollare come un ghiro» provò a rassicurarlo Merlin, piuttosto offeso dalla delusione di Arthur alla sua idea di soluzione.
«Va bene ma domani è troppo tardi, ho bisogno di dormire da stanotte» replicò Arthur, ancora scettico.
«Ok, se mi dai il pomeriggio libero, vado a recuperarla e, se passi stasera a casa mia, te la darò» propose il mago. Arthur, ancora più scettico, boccheggiò per qualche secondo.
«Siamo sicuri che sia una cosa legale? Non vuoi drogarmi, vero?».
Con una grassa risata, Merlin negò. «Giuro solennemente che è un metodo totalmente legale e che non prevede l’uso di droghe, asino».
Arthur lo guardò con un’occhiata imperscrutabile.
«Come mi hai chiamato?».
«Asino, perché sei un asino» spiegò Merlin con aria di sufficienza.
«Ci vediamo alle otto, Merlin» lo congedò Arthur, senza commentare oltre il soprannome che il moro gli aveva affibbiato.
 
Negli anni, Merlin era stato tormentato in sonno da ricordi della sua vecchia vita a Camelot. I momenti che più lo avevano torturato erano gli ultimi con Arthur, il loro ultimo saluto, quel grazie sussurrato con un fiato di voce. Per anni Merlin aveva ritenuto fosse la giusta conseguenza per non essere riuscito a salvare il suo Re.
Ma a un certo punto era stato impossibile andare avanti in quel modo. La notte non riusciva a chiudere occhio per la paura dell’arrivo di quei sogni strazianti: non dormiva affatto e ne risentiva la sua stessa magia. Fu allora che recuperò il vecchio quaderno di appunti di Gaius e modificò la ricetta del preparato di Morgana, quello che non funzionava mai: le modifiche che apportò richiedevano uno sforzo magico non indifferente ma il risultato fu la prova che ne valeva la pena. Finalmente Merlin riusciva a dormire.
Ora che Arthur presentava un problema analogo, sebbene Merlin non fosse sicuro che fosse la cosa giusta eliminare la presenza dei sogni dalle notti di Arthur (voleva con tutto sé stesso che il biondo ricordasse chi era davvero), il mago pensò che la pozione, per quanto complicata fosse la preparazione, fosse la soluzione più adatta. Fu così che, tornato a casa, Merlin non perse tempo e si recò nella stanza che teneva sempre chiusa salvo quelle poche emergenze che negli anni si erano verificate.
Dall’esterno sembrava essere un ripostiglio e nulla più, ma, una volta entrati e superata la piccola dispensa, la stanza si rivelava per quello che era realmente: una riproduzione quasi identica al laboratorio di Gaius. Negli anni più duri, Merlin aveva quasi esaurito tutta la sua magia creando una visione illusoria che gli desse l’idea di essere nelle sue vecchie stanze a Camelot: solitamente accadeva in concomitanza di Semain, quando il sapere che il confine che lo separava da Arthur era più labile lo tormentava così tanto da renderlo quasi folle. Era solo da qualche decina di anni che, preso quell’appartamento a Londra, ricavò con l’ausilio della magia un laboratorio sfruttando lo stanzino e ampliandone gli spazi. Perfino l’odore della stanza ricordava quello che caratterizzava gli ambienti del cerusico a Camelot.
Merlin si diresse subito alla ricerca degli ingredienti necessari per il preparato, affinché tutto fosse pronto per l’arrivo di Arthur. Ancora non si capacitava del fatto che per la prima volta avrebbe potuto aiutare il suo Re.
Si ricordò improvvisamente delle parole che Kilgarrah era solito dirgli.
Siete due lati della stessa medaglia.
Anche quelle erano state un tormento perenne nel corso delle centinaia di anni che aveva passato in solitudine. Era un’arma a doppio taglio, sapere di appartenere a un qualcosa che probabilmente non sarebbe più esistito. A qualcuno che probabilmente non sarebbe più ritornato. E ora, invece, aveva l’occasione di recuperare il suo rapporto di amicizia con Arthur, se avesse avuto la giusta dose di pazienza. Rimettendosi a lavoro, si ripromise di non sprecare l’opportunità che il destino gli stava donando.
 
Alle otto in punto, il suono del citofono avvertì Merlin che Arthur era arrivato. Essendo stato assorbito completamente dalla preparazione della pozione, il mago non aveva avuto il benché minimo di tempo per rendere presentabile casa sua, così ora si trovava in un soggiorno pieno di libri e cianfrusaglie. Ebbe solo tempo per piegare alla bell’e meglio il plaid buttato alla rinfusa sul divano prima di sentire un toc toc forte e deciso alla porta.
Fece un bel respiro e andò ad accogliere il biondo, che attendeva muovendo ritmicamente il piede sullo zerbino di casa.
«Arthur, prego, accomodati pure» lo accolse il mago, muovendo il braccio in segno di accoglienza.
«Grazie, Merlin» disse Arthur, entrando e sbottonandosi la giacca. Si sedette sul divano mentre Merlin si diresse all’angolo cottura, dove in precedenza aveva già messo a bollire dell’acqua per fare del tè.
«Allora, tutto bene in redazione questo pomeriggio oppure la mia assenza è stata insopportabilmente insostenibile?» chiese Merlin ironicamente. Gli arrivò una mezza risata di Arthur.
«No, anzi, ho lavorato talmente bene che ho pensato di mettere fine al tuo praticantato» ribatté Arthur. Merlin sorrise, sollevato che lo stress di Arthur non gli avesse fatto perdere la voglia di battibeccare.
«Ti farei causa per inadempienza del contratto» scherzò Merlin, portando su un vassoio tazze, teiera e zucchero con biscottini.
«Non hai idea della schiera di avvocati che mi difenderebbero se solo tu osassi» sentenziò il biondo, versando acqua e latte nella propria tazza.
«A quel punto, non ti darei la tisana che sei venuto celermente a prendere».
«Non scherzare, Merlin, è questione di vita o di morte» disse tutto d’un tratto seriamente Arthur. «Per far dormire Louis e non dargli fastidio, passo le notti sul divano e ho ormai la schiena a pezzi».
Merlin stette in silenzio. La questione Louis era la cosa che più l’aveva stupito dell’Arthur moderno: a quanto aveva appreso dai pettegolezzi della redazione, Arthur era bisessuale e al momento era impegnato in una relazione con un brillante avvocato, tale Louis Hardy, che più volte in quelle settimane era passato a trovare il biondo in ufficio.
La notizia aveva sorpreso Merlin più di quanto volesse ammettere: l’Arthur di Camelot aveva avuto sempre e solo interesse per la dolce Gwen. Il mago non sapeva se l’allora Principe avesse represso ulteriori interessi o se semplicemente la bisessualità fosse una novità dell’Arthur moderno. C’era un fastidio, non del tutto latente, che Merlin provava alla notizia. Sapeva di essere del tutto favorevole a chi era attratto da persone dello stesso sesso, eppure la notizia che Arthur convivesse con quel Louis l’aveva in qualche modo turbato. Si ripeté, ancora una volta, che quel fastidio era dovuto solo alla sua lealtà verso Gwen, assolutamente, e che non ci fossero altri motivi, nossignore. (Quali altri motivi ci sarebbero dovuti essere, per Diana?!?)
Scosse la testa come se così facendo il groviglio di pensieri si smaterializzasse e si avviò verso il mobile dell’ingresso, doveva aveva lasciato una bottiglia con su scritto in un corsivo quasi illeggibile Per la testa di fagiolo.
«Con questa dovresti risolvere. In passato ho avuto anch’io problemi di insonnia ed è stato l’unico rimedio che funzionasse» disse il moro, porgendo al biondo la bottiglietta. «Bevila prima di coricarti, un sorso basterà».
«Grazie, ti devo un fa… Per la testa di fagiolo? Davvero, Merlin?» chiese con faccia accigliata Arthur.
«Senza offesa ma sei un po’ una testa di fagiolo, certe volte» constatò Merlin, annuendo con falsa condiscendenza.
«E tu sei un po’ idiota, non soltanto certe volte ma sempre, senza offesa» ribatté Arthur socchiudendo gli occhi a mo’ di sfida.
«Che gratitudine nei confronti di chi si è messo al tuo servizio, che nobiltà d’animo» esclamò il mago con aria scandalizzata.
«A volte sento di essere abituato a questi battibecchi» disse Arthur, senza continuare il gioco di battute sarcastiche.
Merlin sentì una fitta al petto a quelle parole. Era allo stesso tempo felice e triste di sentirgli dire una frase simile. Non parlò, non sapendo cosa avrebbe dovuto dire.
«Troppo strano, vederti così silenzioso, non è da te» scherzò il biondo, per alleggerire il clima teso che sentiva. Forse fu per questo che si alzò e iniziò a studiare le pareti coperte di librerie e scaffali.
«Ma queste sono tutte prime edizioni!» esclamò, dopo un po’. «Come fai ad avere una prima edizione di Frankestein? Quella non ancora pubblicata sotto il nome di Mary Shelley?!?». Arthur ripose impaurito il libro sullo scaffale, non più del tutto sicuro di trovarsi nella casa di un venticinquenne che, a quanto diceva, era squattrinato.
«Collezione dei miei» disse prontamente Merlin. «Non potrei mai venderli» aggiunse, quasi Arthur l’avesse accusato di non farci una fortuna.
«Cos’è questo?» disse all’improvviso Arthur, prendendo con cautela un libro senza titolo in copertina. Lo aprì, era un libro a stampa, senza indicazione dell’autore. Sul frontespizio, anch’esso privo d’indicazioni sull’autore, c’era scritto
 
 
Poems of the Lake
Never before Imprinted
 
 
AT LONDON
Printed by I. R. for M. E. and are to be fold at his
shoppe vnder Saint Dunstons Church in
Fleetstreet, 1605.

 
Arthur iniziò a guardare ritmicamente il volto di Merlin e il frontespizio. 1605! Ma che scherzo era quello?
Merlin, cercando di elaborare una scusa verosimile, gli tolse il libro fra le mani e lo ripose sullo scaffale.
«Sono tutte prime edizioni, Arthur, che ho ereditato dai miei e che essi, a loro volta, hanno ereditato».
«Sì ma, Merlin, un testo del 1605! E poi, non ho mai sentito prima questo titolo! Stai nascondendo un pezzo di letteratura inglese in casa tua?!?».
Assurdo, era veramente assurdo tutto quello, pensò Merlin. Non era abituato ad avere gente in casa e non aveva pensato che fosse del tutto anormale il contenuto di quella libreria nella casa di un venticinquenne. E ora Arthur aveva addirittura trovato il libro...
«No, Arthur, è… non puoi capire ma non è un testo dato alle stampe. Questa è l’unica copia» disse Merlin, senza la forza di mentire.
Arthur lo guardò riducendo a fessure gli occhi. Il biondo semplicemente non capiva. Si poteva definire un cimelio di famiglia un testo del XV secolo mai dato alle stampe?
«Se me lo presti affinché io lo legga, non ti chiederò altro» propose Arthur, incuriosito da quel titolo senza neanche sapere il perché.
Merlin si morse il labbro, vagliando le varie opzioni. Non sapeva cosa aspettarsi da quest’Arthur: e se avesse letto il libro e avesse voluto sapere di più? Non voleva nel modo più assoluto parlargli di quel libro né tanto meno voleva che Arthur lo leggesse.
«Non posso, Arthur, e ti assicuro che non è nulla di che» chiuse la questione Merlin con tono perentorio.
Arthur si sedette nuovamente sul divano, guardando Merlin con aria stranita ma senza controbattere.
«Qual è la tua storia?» chiese con curiosità. «Gaius è stato vago, certe volte parli come se avessi cent’anni, ora scopro che hai una collezione di libri con pezzi del XV secolo. C’è qualcosa in te, Merlin, che proprio non riesco a cogliere» sentenziò Arthur.
E Merlin gliel’avrebbe proprio voluto dire, cos’è che non riusciva a cogliere. Gli avrebbe voluto dire tante di quelle cose ma scelse di ignorare il tutto e studiare quella pellicina che aveva sul pollice e che lo tormentava da giorni, veramente un tormento insopportabile…
Fu il cellulare di Arthur a interrompere il silenzio creatosi.
«Pronto?… Sì, certo… Non preoccuparti, davvero… Buon lavoro». La telefonata fu breve e Merlin non avrebbe saputo ipotizzare chi fosse l’interlocutore dall’altro lato del telefono. «Bene, i miei piani della serata sono saltati, quindi andrò a casa a deprimermi per il resto della giornata» disse Arthur riponendo il telefono.
«Potresti mangiare qui, se vuoi» propose Merlin, pentendosene un attimo dopo.Veramente, Merlin? si disse, sei scampato al pericolo e ora ti metti un’altra volta in una brutta situazione?
«Non hai altri piani? Tipo uscire con gli amici? È venerdì» chiese perplesso Arthur.
«Non ho una grande vita sociale, sarei rimasto tranquillamente da solo a casa» rivelò Merlin con sincerità. Arthur guardò nel vuoto per un attimo, perso in pensieri propri, poi fece di sì con la testa.
«Per me va bene, basta che non mi avveleni solo perché sono il tuo capo» scherzò, volendo scuotere il moro da quella che sembrava malinconia.
Ordinarono due pizze da una pizzeria all’angolo della strada, di cui Merlin aveva il numero appuntato sulla bacheca accanto all’angolo cottura. Nell’attesa, disse ad Arthur che sarebbe andato un attimo in bagno, poi lo lasciò solo nel soggiorno.
Andò in bagno, chiuse la porta e fissò la sua immagine nello specchio. Voleva piangere e ridere contemporaneamente per il panico che lo stava assalendo. Si sciacquò la faccia, alla ricerca di un modo per riprendersi, e strofinò forte sugli occhi, antico metodo che aveva escogitato per ricacciare indietro le lacrime.
Iniziò a inspirare e espirare ritmicamente, arpionando le mani sul lavabo. Sentiva il panico allontanarsi con il passare dei minuti e quando sentì la voce di Arthur chiamarlo dalla sala, si era quasi completamente tranquillizzato.
Si guardò un’ultima volta allo specchio. Sarebbe andato di là e sarebbe tornato a fare battute sarcastiche su Arthur come al solito, come una volta, con leggerezza e divertimento. Uscì dal bagno e si diresse dal biondo, che aveva iniziato a sistemare i cartoni di pizza sul tavolo.
«Scusa se ti ho chiamato ma erano arrivate le pizze» si scusò Arthur
«Non preoccuparti, hai fatto bene, sto morendo di fame» borbottò il moro.
«Ah, ma allora mangi? Non l’avrei detto, sembri pelle e ossa» commentò Arthur, facendo finta di squadrarlo.
«Ah ah, molto divertente. Mi duole dirti che mangio, e pure parecchio, ma che ho la fortuna di smaltire il tutto velocemente, a differenza di qualcuno che, se sgarra, mette subito su peso».
«Attenzione a come parli, Merlin, fa’ molta attenzione» lo provocò il biondo, agguantando un trancio di pizza.
«Altrimenti?».
«Altrimenti metterò fine al tuo praticantato e niente lettera di referenze» lo minacciò con aria divertita.
Merlin approfittò del boccone che aveva in bocca per trovare le parole per dire qualcosa che avesse un seme di verità.
«A dire il vero non ci rimarrei male, non voglio fare il giornalista» iniziò a dire. «Ho studiato Letteratura» proseguì, continuando con un’informazione vera, se sceglieva una delle tante lauree che negli anni aveva conseguito, «Ho letto l’annuncio del tuo giornale, mi son detto “perché no?”. Come sai, non so molto del mondo del giornalismo, dunque mi sembrava un’occasione per acquisire ulteriori conoscenze. Ma davvero non credo che il giornalismo sia il mio campo».
Stettero un po’ in silenzio e continuarono a mangiare, finché Merlin non rivelò un’altro pezzetto di verità.
«Ho una libreria, sai?». Arthur lo guardò con interesse. «È piccola e un po’ vecchiotta ma è un posto confortevole. Anche quella l’ho ereditata dai miei genitori».
«E ora che lavori per il giornale come fai? Hai assunto qualcuno?» chiese Arthur con curiosità.
«In realtà no, l’ho dovuta chiudere momentaneamente».
«Eppure, scusami, ma come mai hai scelto all’improvviso di darti proprio al giornalismo? Gestivi la tua libreria e all’improvviso ti è venuto in mente di cambiare vita?».
«È stato il tuo editoriale sui duchi del Sussex a catturarmi» rivelò il moro, pur non svelando i motivi reali dietro quel fatto. «Sia chiaro, non mi ha ispirato nel senso che voglio diventare un giornalista ma le tue parole mi hanno spinto a mettermi in gioco: hai scritto che tutti, perfino chi si ritiene nobile per nascita, deve avere la libertà di esprimersi e beneficiare della soddisfazione derivante da quell’espressione di individualità. Beh, ecco, voglio fare questo, dopo tanti anni in cui mi sono limitato a sopravvivere, più che vivere».
Il silenzio che seguì fu denso ma non in modo ostile. Merlin, forse, aveva detto più di quello che era lecito dire e Arthur aveva ascoltato ogni parola con cura e attenzione.
«Voglio fare un’intervista a Harry e Meghan» sentenziò dopo un po’ Arthur. Merlin lo guardò cercando di capire se stesse scherzando o fosse serio: lui di certo stava scherzando, quando aveva pensato che Arthur fosse tornato per i Sussex.
«Vuoi intervistare i duchi?» chiese allora, giusto per rimarcare il concetto.
«Sì, la mia idea è questa: loro erano di quanto più moderno ci fosse nella monarchia e ora se ne stanno distanziando, voglio dimostrare che possono ancora portare aria nuova a quest’istituzione». Ecco, Merlin si chiese se Kilgarrah avesse questo in mente come momento del bisogno di Albion. Certo, erano comunque nobili le intenzioni di Arthur però Merlin era un po’… deluso, ecco.
«Dopodiché ho altro in mente» aggiunse il biondo, ignorando i pensieri di Merlin. «Voglio lasciare il giornale e darmi alla politica. Ora puoi ridere» concluse Arthur con un rossore crescente sulle guance.
«Ma… ma è magnifico!» fu la reazione di Merlin. «Perché mai dovrei ridere, però?» chiese con incertezza. Arthur lo guardò con l’aria di chi si vede costretto a svelare troppo.
«Ecco… diciamo che non ho rivelato a molti i miei progetti e, di quei pochi che ne sono a conoscenza, qualcuno non mi vede proprio adatto alla politica» rispose il biondo.
«Non so di chi si tratti ma...».
«Louis, si tratta di Louis».
Il silenzio tornò pesante su di loro. Merlin non poteva capire come qualcuno osasse dire al Re di Camelot che non fosse adatto alla politica! Certo, Louis non poteva sapere della vita passata di Arthur, ma era comunque paradossale che… che… trattasse in questo modo Arthur, ecco.
«Arthur, io non sono nessuno nella tua vita e ci conosciamo da poco» iniziò a dire con cautela il moro, «ma non sono gli altri a stabilire in cosa tu sia adatto e in cosa no. In questo periodo, ho potuto vedere il tuo carisma e il tuo gran cuore, così come il voler essere d’impatto nel mondo. Tu sei adatto, anzi tu già adesso esprimi la tua voce attraverso la carta stampata, stai già dando forma a quella che potrà essere la tua impronta. Non farti condizionare dall’idea che gli altri hanno di te. Sii la persona che vuoi essere e non porti limiti, perché con la tua tenacia sarai pronto a tutto».
Arthur lo guardò intensamente e per qualche secondo sembrò sul punto di dire qualcosa ma non aprì bocca. Allora Merlin parlò per smorzare l’atmosfera che si era venuta a creare.
«Certo, ogni tanto ti comporti da asino, sei prepotente e, se sei convinto di una cosa, non ascolti ragioni, ma con il tempo so che diventerai un buon asi… ehm, politico, un buon politico» disse Merlin con ironia.
«Sta’ attento, perché quando avrò potere potrei seriamente reintrodurre la gogna apposta per te, Merlin» scherzò Arthur con fare minaccioso.
«Ancora devi darti alla politica e già mi minacci?».
«Mi sembrava corretto avvertirti».
Risero per un po’ per poi tornare a mangiare in silenzio.
«Allora, ancora so poco e niente di te» ripeté Arthur, mettendo ansia a Merlin. «Da dove vieni?».
«Sono nato a Londra» rispose il mago. «Sono figlio unico. I miei, come ti ho detto, avevano una libreria che andava piuttosto bene. Sono morti un po’ di anni fa, ora non ho più nessuno» concluse, sperando che le domande sulla sua vita fossero finite lì.
«Ti direi “mi dispiace” ma sono due parole che odio» disse Arthur dopo un po’. «Ho sempre odiato sentirmelo dire appena conoscevo qualcuno di nuovo e sapeva che ero stato abbandonato».
Merlin lo guardò con stupore. Fino ad ora, tutto quello che sapeva gli era stato detto da Gaius o da altri della redazione ma Arthur non aveva aperto bocca sul suo passato.
«Sono stato abbandonato tra le rovine di Glastonbury» iniziò a spiegare Arthur. «E siccome Glastonbury, secondo una delle ipotesi, potrebbe essere l’antica Avalon, i tizi dell’orfanotrofio hanno avuto la brillante idea di chiamarmi Arthur Pendragon, come il leggendario re di Camelot».
«Beh, sentiti consolato, i miei genitori mi hanno chiamato Merlin» cercò di smorzare il mago.
«Poi sono stato dato in affido» continuò a dire Arthur, «ma ho sempre saputo che quelli che chiamavo mamma e papà non erano i miei veri genitori. Per me è come se lo fossero, però».
«Li vedi ancora?» chiese Merlin con curiosità.
«Certo, spesso e volentieri passo il fine settimana a Glastonbury, anche se non adoro stare in quella città, sento sensazioni strane».
«Anch’io ho vissuto a Glastonbury per un po’» disse Merlin, desideroso di condividere qualcosa di vero. «Un sacco di tempo fa, quando ero piccolo, poi ci siamo trasferiti di nuovo a Londra. Ti capisco, riguardo alle sensazioni strane, anche io non ero sereno, lì».
Il suo non essere sereno era dovuto ai troppi ricordi mentre quello di Arthur… a cosa, esattamente? Che Arthur sentisse un legame con quella terra? Ma allora perché non aveva recuperato la memoria?
«Ti capita mai di pensare di essere già esistito?» gli chiese d’improvviso Arthur, spiazzandolo. «Nel senso, hai mai avuto la sensazione di aver già vissuto una vita? Perché è così che mi sentivo a Glastonbury, qualsiasi cosa facessi, ed è per questo che, appena ho potuto, sono venuto a studiare a Londra».
Nella testa di Merlin lampeggiava un unica parola: MAYDAY. Come doveva rispondere a quella domanda? Dirgli qualcosa tipo beh, sai com’è, ho vissuto per un millennio e mezzo quindi esisto dai tempi in cui tu, in un’altra vita, eri Re? Del tutto fuori luogo.
«Credo capiti a tutti di avere déjà-vu» rispose, facendo finta di non aver capito cosa intendesse il biondo. E forse fu una scelta saggia perché Arthur decise di non insistere.
 
Il resto della serata passò tranquillamente. Decisero di guardare qualcosa su Netflix, la scelta ricadde su The Crown di cui Merlin aveva già guardato la nuova stagione ma Arthur si era fermato al terzo episodio – quel giornalista mi ricorda un po’ te, Merlin – e, alla fine dell’episodio il biondo disse che era il momento per lui di tornare a casa.
«Domattina parto presto per Glastonbury» disse a mo’ di giustificazione.
«Non preoccuparti. Mi ha fatto piacere che tu sia rimasto, almeno ho costatato che sei una persona passabile fuori dal lavoro» scherzò Merlin con aria di sufficienza.
«E io ho costatato che sei un idiota anche fuori dal lavoro» replicò Arthur, senza lasciarsi passare l’occasione per prendere in giro il moro. «Non è che mi daresti una borsa di carta, se possibile? Non vorrei riporre la bottiglia nella borsa del lavoro»disse poi, riferendosi alla boccetta con il preparato.
«Certo, vado subito a prendertene una». E Merlin così fece, dirigendosi verso il ripostiglio in cui teneva cianfrusaglie varie. Recuperata una borsa di media grandezza, ritornò da Arthur, che lo guardò in maniera strana.
«Grazie mille, Merlin» disse il biondo in maniera frettolosa. «Ci vediamo lunedì».
«A lunedì, Arthur, e buon fine settimana a Glastonbury».
Dopo aver accompagnato Arthur alla porta, Merlin la richiuse dietro di sé, poggiandovi la schiena. Che serata strana e intensa. Guardò il soggiorno-barra-cucina e il suo sguardo si focalizzò sulla libreria: Arthur aveva lasciato un po’ di confusione sullo scaffale delle prime edizioni, notò. Con passo stanco raggiunse la libreria e… mancava il libro. Si guardò intorno, controllò dietro i cuscini sul divano, sul tavolino: niente, non trovò niente. Eppure era convinto di averlo riposto sullo scaffale. C’era solo una spiegazione a quella sparizione e non gli piaceva affatto: Arthur doveva aver preso il libro mentre lui cercava una borsa per la bottiglia con la pozione. Sciocco, sciocco Merlin, a non aver nascosto gli oggetti compromettenti! Ora Arthur avrebbe letto il libro e cosa sarebbe successo?
Sbuffando con aria rassegnata, si lasciò sprofondare tra i cuscini del divano. La sua sbadataggine l’aveva cacciato in un brutto, bruttissimo guaio.






Angolo dell'autrice

Buonasera, gente!
Con questo capitolo si aprono ufficialmente le danze. Merlin e Arthur hanno occasione di passare del tempo insieme e finalmente conoscono qualcosa in più dell'altro (certo, se non contiamo la serie di bugie di Merlin...). Che dite, Merlin ha ragione sui sogni di Arthur? Saranno veramente sogni riguardanti Camelot?
E quel libro. Cosa nasconde il moro? Eh, lo scopriremo presto.
Comunque siete coraggiosi, se siete arrivati fin qui. Mi state dando fiducia, incredibile ma vero c'è chi legge e chi segue e recensisce, quindi: GRAZIE! <3
Fatemi sapere se il capitolo non è troppo brutto.
Il prossimo aggiornamento potrà subire un ritardo: la settimana che sta per iniziare è piena di cose e non so se riuscirò a pubblicare domenica, come stabilito. Spero di riuscirci, però.
Un bacio e a presto!

Amaryllis
  
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