Anime & Manga > Fairy Tail
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Autore: Ray Wings    17/02/2020    0 recensioni
Non c'era al mondo persona che non conoscesse Fairy Tail. La gilda simbolo di Magnolia vantava tra i suoi membri alcuni dei maghi migliori dell'intero continente. Ma ogni medaglia ha due facce e se Fairy Tail ne aveva una sublime, abbagliante, dall'altro lato portava solchi indelebili, segreti che mai sarebbero dovuti uscire da quelle mura. Fairy Tail era nata anche per quello: proteggere, curare, perché la felicità, talvolta, non è altro che una maschera di ferro fusa sulla carne.
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«Sai cosa significa il mio nome?»
«Conoscendo tuo padre, penso non sia qualcosa come "fiore di campo", vero?»
«Sai bene che non ha mai avuto tutto questo riguardo nei miei confronti. Priscilla... è un nome così freddo».
«Qual è il suo significato?»
«Prova a pensare a qual è il mio significato»
«Che ne dici se invece io ti chiamassi Pricchan?»
Una risata candida e timida, gli occhi adornati di una dolce malinconia, imbrattata di un amore che neppure il tormento di quegli anni era stato in grado di sradicare.
«Sembra il verso di un animaletto».
~ Priscilla deriva dal latino Priscus il cui significato è: "antico" ~
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luxus Dreher, Mistgun, Nuovo personaggio, Wendy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Perché non muori?




Priscilla riaprì lentamente gli occhi ma già prima di ritornare a vedere ciò che aveva attorno sentì una strana sensazione di disagio addosso. Un respiro le soffiava sulla punta del naso, qualcuno le stava tremendamente vicino. Aprì un occhio infastidita e trovò così il volto luminoso e infuocato di Natsu eccessivamente e fastidiosamente vicino.
«Priscilla, combatti con me!» urlò come se si trovasse dall'altro lato della stanza e lei per lo spavento reagì con un pugno sul naso. 
«Natsu!» l'ammonì Lucy prendendolo per la sciarpa e tirandolo indietro. «Lasciala in pace!»
«È da quando ha visto il risultato del MPF che non si è calmato un attimo, è sovraccarico» spiegò Erza.
«Priscilla-nee!» Wendy saltò sul suo letto, avvicinandosi a lei. Era sicuramente meno fastidiosa di Natsu, averla vicina anzi era piacevole. «Sei stata fantastica! Dove hai imparato quel colpo?»
Priscilla si leccò le labbra e cercò di inumidire nuovamente una bocca secca e impiastricciata dal sonno: sicuramente aveva dormito a bocca spalancata, per ridursi in quel modo. «Sono stati tre mesi di allenamento intensi» disse, sbadigliando. «Il Gerard di questo mondo è anche più forte di quello di Edoras, non ci andava piano e mi ha aiutata molto. Anche Ultear è stata di grande aiuto».
«Almeno per te sono stati tre mesi di allenamento vero» ridacchiò Lucy, ripensando nervosa al fatto che loro invece l'avessero passati a far baldoria con gli Spiriti Stellari. 
«Non è però un'arma che posso utilizzare in battaglia, come vedete» ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca. Si era addormentata subito dopo averlo usato, aveva a malapena visto il suo risultato e chissà per quanto aveva dormito. A sufficienza, sicuramente, per essere portata in infermeria senza che se ne rendesse conto. 
«Ha permesso però alla tua squadra di prendersi otto punti» disse Erza, con orgoglio. 
«È la prima gara dove dominiamo! Fairy Tail A al primo e Fairy Tail B al secondo! Sono così eccitata!» sorrise Lucy, felice. 
«Sono stata fortunata a prendere il primo turno, se fosse entrata Priscilla al mio posto probabilmente si sarebbe presa lei tutti e cento i mostri e io sarei rimasta a bocca asciutta» disse Erza, sorridendo con un pizzico di orgoglio.
«Non essere sciocca» rise Priscilla. «Non sono mica pazza come te».
«Come ti senti adesso? Hai bisogno di dormire ancora?» chiese Mirajane, materna e gentile come sempre.
«Sto già meglio, grazie» sorrise lei, per poi passare in rassegna con curiosità i volti dei compagni che erano andati a trovarla. Una nota discordante, mentre vedeva Gajeel seduto su una sedia distante e Lluvia vicino al letto insieme a Mirajane. 
«Dov'è Laxus?» chiese dispiaciuta di non vederlo lì.
«Era qui fino a poco fa, ma è dovuto allontanarsi» rispose Mirajane, lasciandosi sfuggire un'espressione più triste e preoccupata di quanto si sarebbe aspettata. Qualcosa le dava da pensare e certo questo non rasserenò l'animo di Priscilla. 
«Hai dormito quasi per un'ora e mezza, si sono svolte le altre battaglie nel frattempo» disse Lluvia, come fosse una spiegazione.
«Toccava a lui, adesso» tagliò corto Gajeel.
«L'hanno chiamato in battaglia?!» sussultò Priscilla, cominciando a irritarsi per il fatto che non l'avesse svegliata. Aveva riposato a lungo e quello era l'incontro di Laxus, perderselo era fuori discussione. «Contro chi?» chiese poi, curiosa, e l'ombra negli occhi dei suoi compagni si fece più scura.
«Raven Tail» disse infine Mirajane, colpendo con quelle due semplici parole dritta nel petto di Priscilla. Raven Tail era di nuovo contro di loro, se l'erano vista prima contro di lei e ora anche contro Laxus. Era assurdo, sembrava fatto di proposito, forse gli organizzatori avevano solo desiderio di vedere figli contro padre. Ma questo non cambiava le cose: lei doveva esserci!
Saltò giù dal letto, scaraventando via le coperte, e spintonando Natsu e Lucy per riuscire a passare raggiunse la porta e infine corse via. 
«Ci aveva chiesto di tenerla qua e farla riposare» disse Lluvia, guardando dubbiosa la porta che era rimasta aperta.
«Come puoi farle una cosa simile? Sai bene cosa significa questo incontro per lei» sospirò Charle, alzandosi in volo e uscendo insieme al resto dei compagni fuori dall'infermeria. 
«Io comunque voglio vederlo» grugnì Gajeel, alzandosi e camminando a passo svelto verso il proprio balcone e Lluvia annuì, concordando con lui. Era la battaglia della loro squadra, indipendentemente dai risvolti che potevano esserci, era comunque la battaglia di Fairy Tail B e loro dovevano essere lì per sostenerlo. Natsu lo sapeva bene, per questo l'aveva molestata al punto da svegliarla. Inoltre Raven Tail era ben famosa, ormai, per i suoi metodi poco morali e anche se si trattava di Laxus era bene tenere lo stesso sotto osservazione la situazione. 
Raggiunsero il proprio balcone poco dopo, trovando Priscilla già affacciata dalla balaustra col fiatone di chi aveva corso con tutte le sue forze. Laxus al centro dell'arena osservava ancora il nemico, immobile, aspettando il via dell'arbitro per quell'incontro. Di fronte a lui c'era Alexei, l'uomo con la maschera da leone che aveva fatto venire i brividi a Priscilla fin dal loro primo incontro.
«Laxus!» chiamò con tutto il fiato che aveva, riuscendo ad attirare così la sua attenzione. Non aggiunse altro, non ce n'era bisogno, aveva solo avuto il desiderio di comunicarglielo: lei era lì. Per lui.
Laxus si lasciò sfuggire un sorriso divertito, prima di tornare a guardare il proprio avversario. «Fate sempre come vi pare, vero?» mormorò tra sé e sé, divertito dal fatto che non solo non l'avessero ascoltato nella sua richiesta di tenerla lontana dall'arena ma anche che con ogni probabilità l'avessero svegliata di proposito.
«Entrambe le parti si facciano avanti!» chiamò Mato, alzando un braccio. Li guardò, assicurandosi delle loro posizioni e che fossero pronti, per poi decretare: «Che l'incontro abbia inizio!»
Il suono del gong ufficializzò quelle parole e Laxus si prese il suo tempo, per studiare la situazione. «Della gilda del mio vecchio, eh?» mormorò, osservando attentamente l'avversario. «Chi sei?» ma a quella domanda Alexei rispose con un attacco che lo colse di sorpresa. Una gomitata e Laxus venne scaraventato via. Roteò a mezz'aria, si liberò del cappotto e puntò piedi e ginocchia a terra per fermarsi e cercare di rimettersi in piedi il prima possibile. Alexei gli fu immediatamente di fronte e gli tirò un calcio che lo scaraventò via di nuovo. 
«Non è possibile!» sussultò Lluvia, preoccupata.
«L'ha colpito per ben due volte!» osservò Gajeel, sorpreso della velocità e della potenza di quell'Alexei.
«Che succede?» mormorò Mirajane, preoccupata. Laxus aveva qualcosa di strano, Alexei poteva anche essere forte ma era assurdo vedere Laxus così in difficoltà con così poco. Alexei unì le dita tra loro, un raggio magico nacque dalle sue mani e colpì Laxus in pieno stomaco, tagliandogli il respiro. Un colpo verso l'alto e sul petto di Laxus si aprì addirittura una ferita che versò sangue, macchiando il terreno su cui cadde nuovamente.
«Qualcosa non va» mormorò Priscilla, prima di chiudere gli occhi.
«Non ci credo che Laxus stia venendo battuto in questo modo!» disse Mirajane e si voltò a guardare il volto concentrato di Priscilla.
«Riesco a sentire il suo respiro» sussurrò infine lei. «È calmo. Immobile. Quasi impercettibile».
«Non si direbbe, guarda come muove il petto per prendere aria» commentò Lluvia, sorpresa. 
«È affaticato!» annuì Mirajane, notando anche lei come faticasse a respirare mentre Alexei continuava a tormentarlo di pugni e calci tanto da riempirlo di ferite.
«Non è lui» disse decisa Priscilla, sempre a occhi chiusi. «Riesco a vederlo».
«Stai usando la magia?» chiese Lluvia, sorpresa e preoccupata. Se li avessero scoperti forse avrebbero passato qualche guaio. Priscilla spalancò improvvisamente gli occhi, guardando ora la scena di suo fratello che veniva maciullato dal nemico. Ma la ignorò. I suoi occhi si posarono su un punto lontano, dove sembrava non esserci niente e lì rimasero. 
«Lui è lì» disse infine, corrucciandosi.
«Come...?» balbettò Lluvia, confusa.
«Che stiano usando uno dei loro trucchetti?» ringhiò Gajeel, furioso.
«Bisca, Warren e anche Lisanna e i Raijisnhuu stanno tenendo d'occhio Raven Tail e master Ivan. Pare però che non abbiano notato niente di strano» disse Mirajane, chiedendosi con preoccupazione quali fossero i loro scopi. Priscilla digrignò i denti, guardando come quelle fittizie immagini stessero umiliando non solo Fairy Tail ma lo stesso Laxus. Non sapeva cosa avessero in mente, ma qualcosa stava succedendo e trattandosi di Raven Tail, lo sapeva, non era niente di buono. Ma lei riusciva a vederlo, lei riusciva a sentirlo. E riusciva a sentire anche tutti i cinque membri di Raven Tail davanti a lui, non solo Alexei. Volevano combatterlo in cinque? Speravano così di soggiogarlo? Quali intenzioni avevano? 
«Laxus!» chiamò con tutto il fiato che aveva prima di alzare in aria indice e pollice, nel loro simbolo di solidarietà e amore. «Sono con te» mormorò, guardando con determinazione il punto dell'arena vuoto dove in realtà li sentiva. 
Alexei, il vero Alexei, bloccato all'interno dell'illusione che aveva creato per imbrogliare gli occhi di giudice e spettatori, si lasciò scappare una risatina vedendo Priscilla sul balcone, alle spalle di Laxus, guardarli come se potesse realmente vederli.
«Quella mocciosa...» sibilò, procurando sul volto di Laxus una contrattura in più. «Era diventata una spina nel fianco già molto tempo fa».
Si portò una mano alla maschera, che cominciò a sollevare, deciso infine a mostrare la sua reale identità. Laxus non si stupì molto, quando si trovò di fronte lo stesso Ivan, suo padre.
«Chissà perché, ma me lo immaginavo» mormorò infastidito, prima di aggiungere, in un'implicita richiesta: «Dici che è una spina nel fianco, ma l'hai tenuta in vita fino ad ora».
«Sì, l'ho fatto» sghignazzò Ivan. «Sono qui proprio per parlartene e in base all'esito della nostra chiacchierata deciderò la vostra sorte, non solo quella della mocciosa ma anche del nostro incontro e del vostro torneo».
«Credi di tenerci tra le dita?» chiese irritato Laxus.
«Fino ad ora è stato così. Ieri la mia bambina di carta si è arresa, ricordi?» ridacchiò e qualche scintilla nacque intorno al corpo ora irrigidito di Laxus. Chiedersi se a infuriarlo tanto fosse stato l'averla chiamata "mia bambina di carta" o l'avergli ricordato del giorno prima era superfluo, tutto di quell'uomo lo mandava in bestia. «Andrò subito al dunque: dove si trova Lumen Histoire?»
«Non ho idea di cosa tu stia parlando» disse Laxus, sempre più nervoso.
«È impossibile che Makarov non te ne abbia parlato! Non fare il finto tonto. O preferisci che lo chieda direttamente a lei?» sghignazzò maligno e per quanto non ci fosse bisogno di specificare a chi si riferisse fu chiaro a tutti che Priscilla era diventata la loro merce di scambio. E Ivan nel vedere la furia crescere nei suoi occhi ridacchiò ancora di più, sapendo di averlo in pugno. «Il vostro legame non era nei miei piani, quando l'ho creata mai avrei pensato che tu fossi tanto debole da prenderla così a cuore. La cosa è andata crescendo negli anni, ancora adesso... è molto importante per te, non è così?»
«La ucciderai?» chiese Laxus, chiedendo conferma di quanto sospettasse.
«Al contrario. Se deciderai di collaborare, la libererò. Per sempre» ridacchiò Ivan. «Esiste un modo, l'ho scoperto. Può diventare un essere completo e finito, senza più essere legata a me. Non vivrete più nel terrore che un suo passo falso possa costarle la vita».
«L'hai portata ad arrendersi ieri per ricordarci questo, vero? Non ti interessava l'esito della gara» osservò Laxus.
«Questo torneo non è mai stato nei miei interessi. Posso regalarti fino all'ultimo punto, da qui alla fine, se lo desideri. Volevo solo incontrarvi... e scambiare due chiacchiere con voi» ridacchiò ancora.
«Ha vissuto nel terrore per tre giorni interi, a causa tua» Laxus digrignò i denti sempre più furioso. Tutto quello era voluto, lui aveva giocato con i suoi sentimenti, con i suoi timori, fino ad allora solo per un personale tornaconto. Come avrebbe fatto a dimenticare le lacrime versate da lei, il giorno precedente? Come avrebbe potuto perdonarlo per averla portata a un simile dolore? «Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma anche se lo sapessimo nessuno di noi due te lo direbbe».
«Lei lo so bene, è così stupida che accetterebbe di morire pur di non tradirti. Ma tu sei davvero disposto a barattare la sua vita per un piccolo segreto... Laxus-chan?» ce l'aveva in pugno, lo sentiva. Da quando avevano messo piede a Crocus e avevano visto entrambi in quelle strade, ogni singola mossa era stata finalizzata a tutto quello. Portare Priscilla alla pazzia per stuzzicare il cuore di Laxus e costringerlo così a vuotare il sacco, legato a un affetto di cui Ivan conosceva ogni segreto. Li aveva visti crescere insieme, li aveva visti combattere insieme, aveva assistito a ogni singola lacrima di ciascuno di loro. Aveva più volte pensato di separarli, impedire a Laxus di legarsi così a lei, ma Priscilla era una marionetta difficile da gestire. Attirava troppo l'attenzione, nei suoi primi anni di vita, con quello sguardo di vetro che si portava appresso. Aveva cominciato ad avere qualche accenno di umanità solo nell'istante in cui Laxus l'aveva presa sotto l'ala, per qualche strano motivo lei l'aveva trovato affascinante e aveva imparato ad imitarlo. Imitava le sue abitudini, imitava i suoi gesti, imitava la sua umanità, le sue espressioni, imitava qualsiasi cosa e questo l'aveva infine resa più simile a un umano di quanto fossero stati in grado di fare i suoi ordini e minacce. Per questo aveva alla fine accettato quel loro bizzarro legame, anche se aveva portato qualche effetto collaterale successivo. Convincere Laxus a combattere contro di lei con tutte le sue forze era sempre più difficile, ma Priscilla aveva il terrore di Ivan e bastava questo a convincerla nel dare tutta se stessa per portare Laxus all'atto estremo di usare tutta la sua magia. Ora, quel legame che aveva deciso di permettere, gli aveva dato delle carte in più da giocare e questo bastò a renderlo orgoglioso e felice delle sue scelte. 
«Pensaci bene, Laxus-chan. Anche in questo momento potrei ucciderla e se solo tu ti azzardassi a farmi del male anche lei ne risentirebbe gravemente. Lascia perdere, accetta le mie condizioni, non hai che vincerne. Dimmi dov'è Lumen Histoire» insisté.
«Sei un vecchio schifoso» rispose Laxus, fulminandolo con lo sguardo, e Ivan ridacchiò ancora di più. «Ma hai perso il potere persuasivo che un tempo mi portava a fare simili stronzate».
«Cosa?» si corrucciò Ivan, non aspettandosi una simile risposta. Cominciò a irritarsi: «Bada bene a quello che dirai. Voltati e guardala negli occhi, mentre decidi».
«Non lo farò» disse Laxus, deciso. «Perché sono solo stronzate. Tu non puoi ucciderla» e gli occhi di Ivan gli dissero che aveva trovato la verità, in fondo al barile. «Lei è già libera».
«Che stai dicendo?!» ruggì Ivan, colto da una bizzarra rabbia.
«Primo aveva ragione» mormorò Laxus, lasciando che alla mente gli tornasse una fresca chiacchierata di appena pochi minuti addietro, quando aveva da poco lasciato la stanza di Priscilla. Era carico ma turbato per l'incontro che avrebbe affrontato da lì a pochi minuti, camminava a testa bassa. Non riusciva a smettere di ripensare alla promessa che le aveva fatto il giorno prima, lui doveva trovare il modo di liberarla, ma era stato avventato. Non aveva nemmeno idea di dove cominciare.
Ma Mavis -o almeno il suo spirito- , il Primo Master di Fairy Tail, l'aveva intercettato in quei corridoi. 
«Tu sei il secondo nipote di sesto, giusto?» gli aveva chiesto con la sua candida aria innocente. «Secondo?» aveva chiesto lui, non molto contento di essere identificato come "secondo", visto che in realtà tra i due lui era quello di età più grande. E poi l'idea di essere secondo non gli era mai piaciuta.
«Perché sei attratto da tua sorella? È perverso» una domanda diretta, provocatoria, ma sicura di quello che sosteneva e lui non aveva potuto far altro che arrossire e paralizzarsi. Ma era una domanda che aveva invece portato a una riflessione che gli aveva aperto una finestra sul mondo. «Forse perché non è realmente tua sorella, vero? Non la conosco, eppure ho la sensazione di poterla comprendere fino all'ultima cellula. La magia della vita... un miracolo e una maledizione, una delle magie supreme di Zeref. È incredibile che un normale essere umano sia stato in grado di portarla a compimento. Ivan ha sicuramente una mente deviata, ma è stato abile nel riuscire a dar la vita a quella ragazza».
«Il Secondo Master pare gli abbia spiegato come fare» aveva mormorato Laxus, dando qualche risposta.
«Purehito! Certo... capisco. Purehito avrebbe potuto farcela, è vero. La sua abilità era leggendaria, la ricordo bene. Ma nessun essere umano ha davvero la capacità di creare un anima, per quanto abile sia. O sbaglio?» Aveva chiesto, curiosa di sapere come fosse stato possibile. Laxus aveva negato e aveva ancora una volta spiegato: «Pricchan non ha un'anima propria. È legata a quella di nostro padre, un collegamento invisibile che la tiene in vita».
«Certo! Un collegamento spirituale! Solo uno come Purehito poteva pensare a qualcosa di tanto incredibile» aveva detto con gli occhi che le brillavano.
«Lo stai ammirando troppo per i miei gusti» aveva mormorato lui infastidito. 
«Vi ha dato un bel po' di problemi, vero? Adesso comprendo il motivo per il quale ieri lei ha deciso di arrendersi proprio di fronte alla vittoria e comprendo tutte le sue lacrime. Dev'esserne stata tormentata, povera ragazza. Però, vedi, è proprio questo il punto!» aveva detto alzando l'indice, decisa.
«Quale punto?» aveva chiesto lui, infastidito per il fatto che non riuscisse a seguirla. 
«Lei piange! Piange veramente. E ride, l'ho vista con i miei stessi occhi! Ha dedicato un attacco a suo nonno e un altro all'intera gilda. Il suo amore per i suoi compagni glielo si legge negli occhi e quello che prova per te è evidente anche a una sconosciuta come me» tutti quei discorsi gli avevano riportato alla mente le parole di Natsu, sul fatto che lei fosse esattamente come loro proprio perché provava dei sentimenti. E cominciò a rifletterci, per la prima volta, in maniera più attenta. «La magia nasce sempre dal cuore, è qualcosa che non dobbiamo dimenticare, e il miracolo della vita è la magia suprema».
«Che stai cercando di dirmi?»
«C'è qualcosa di molto strano in tutto questo, non lo credi anche tu? L'ha tenuta in vita per anni, avrebbe potuto utilizzarla per i suoi scopi, invece l'ha lasciata libera di vivere nella nostra gilda. Davvero credi che uno come Ivan avrebbe accettato di cedere parte della sua anima a una creatura che neanche considera umana, quando non avesse più avuto bisogno di lei?» aveva chiesto pensierosa e sempre più quei dubbi avevano cominciato a insinuarsi nella sua mente. 
«Magari ha ancora bisogno di lei» aveva azzardato.
«Magari sì, ma c'è qualcosa che non consideri, forse perché sei abituato ad averli intorno e non ci hai riflettuto».
«Su cosa non ho riflettuto?» l'agitazione, il nervoso, mille emozioni che l'avevano portato a uno stato di preoccupazione profonda. Cosa, di tanto fondamentale, gli era sfuggito? 
«Il tuo amico Bickslow si è preso una bella cotta per quella ragazza. Lui non ha il potere di vedere le anime? Credi davvero che avrebbe potuto invaghirsi di un'anima sudicia come quella di Ivan?»
L'anima di Ivan era veramente sudicia, lo sapeva e in quel momento ne stava avendo un'ulteriore conferma. Conosceva Bickslow, si sentiva uno stupido a non averci pensato prima lui stesso, ma sapeva che mai avrebbe potuto provare quei sentimenti verso un corpo senz'anima o addirittura verso un'anima orribile come quella di loro padre. L'unica risposta possibile era che Priscilla avesse, in qualche inspiegabile modo, un'anima tutta sua ormai. 
Chissà da quanto tempo.
«Lei era già libera e tu hai comunque giocato al padrone per indurla a cadere ai tuoi piedi. Per usarla come merce di scambio, per ingannarci» la furia lo accecò a tal punto che non contenne più l'elettricità del suo corpo, facendo nascere intorno a lui una scarica continua di scintille e piccole saette. E Ivan si corrucciò sempre di più, sentendosi smascherato e sorpreso. 
«Ti sbagli!» provò a negare, ma la sua faccia non era abbastanza convincente. Ormai Laxus aveva capito e non c'era niente che potesse convincerlo del contrario.
«Da quanto tempo?» chiese, digrignando i denti. Le sue lacrime... come poteva dimenticare le lacrime versate perché costretta a scegliere tra la propria vita e l'orgoglio della sua gilda? Pensare che era stata ingannata, che era stata accecata per tutto quel tempo, pensare che tutto quel dolore non aveva fondamenta su cui poggiarsi. Lo mandava in bestia.
«Da quanto tempo?» chiese talmente furioso che non riuscì a trattenersi dall'urlare, ruggire come un drago. Ma Ivan, di fronte a sé, si rifletteva in quella rabbia e non riuscì a controllare più la propria calma di fronte a quel vergognoso e tanto odiato ricordo: il giorno che aveva trovato i fili della sua marionetta dondolare inermi dalle sue dita, mentre lei correva beata lontana da lui. «È colpa tua!» ruggì con altrettanta furia. 
«Mia?» chiese Laxus, non capendo.
«La magia nasce dal cuore, quello stupido di papà non faceva che ripetermelo. Lui sapeva, ne sono sicuro, lui sapeva tutto fin dal principio! Si prendeva gioco di me. Per questo non c'era giorno che non me lo ripetesse, con quell'aria da paparino superiore, e tu, moccioso, non facevi che portarmela via! Le insegnasti a provare quegli stupidi sentimenti! La mia bambina di carta... lei è mia! Mia! Ridammela!» impazzì e allungò la mano di fronte a sé. Dalla manica della sua giacca nacquero e partirono come un'onda delle piccole marionette di carta, ritagli a forma di uomo stilizzato che obbedendo ai suoi ordini vorticarono l'uno a fianco all'altro e attaccarono Laxus. Il ragazzo alzò un braccio e riuscì a difendersi, anche se sentì comunque la potenza di quel colpo sulla pelle. 
«Non lo è mai stata!» ruggì Laxus, rimandando indietro quel getto di marionette magiche ma altre ne nacquero e arrivarono da ogni direzione, colpendolo ancora.
«Ma lei non lo sa» Ivan sorrise di un sorriso folle e inquietante. «Me la riprenderò con le minacce e la costringerò a portarmi dal Lumen Histoire! Lei mi ascolterà, lei mi teme. Ho aspettato nell'ombra per tutto questo tempo, ma ora... questo è il mio momento! Obra, prendilo! Annulla la sua magia!» ordinò a uno dei suoi sottoposti che scattò senza repliche. «È stato lui a colpire Wendy e Charle, dunque!» disse Laxus e si avvolse in uno dei suoi fulmini. Sfondò senza difficoltà la barriera di marionette di carta di Ivan e raggiunse Obra prima che potesse anche solo pensare di attaccare, colpendolo con una tale forza da atterrarlo immediatamente. Flare e Nulpting intervennero, la prima allungando i propri capelli il secondo caricando un colpo col proprio braccio colmo di spuntoni. Laxus schivò i capelli di Flare e si lanciò su Nulpting, guardandolo in un modo che mai avrebbe probabilmente dimenticato. «Questo è per Gray» disse colpendolo con un pugno  e un tuono subito dopo avvolse l'avversario, tramortendolo. I capelli di Flare gli avvolsero un braccio e lei sorrise, felice di esserci riuscita, ma quella felicità fu mal riposta. 
«E questo è per Lucy!» Il fulmine di Laxus, colmo d'ira, percorse i suoi capelli a ritroso e la raggiunse, colpendola tanto brutalmente da farle perdere i sensi. 
La sabbia si mosse ai suoi piedi e da essa prese forma Kurohebi, alle sue spalle, pronto a fare la sua mossa. Laxus lo fulminò con lo sguardo e la rabbia lo irrigidì nuovamente.
«Tu...» ringhiò, mentre nella testa gli tornarono pesanti come un masso le immagini del giorno prima. Priscilla, inginocchiata a terra, che tremava nel vedere quel vile che aveva preso le proprie sembianze e con esse la attaccava. «Hai riportato alla mia mente il peggiore dei ricordi» lo afferrò per la gola e strinse, furioso, fino a che altri fulmini non scaturirono dalla sua pelle e misero fuori gioco anche quell'avversario. 
«E adesso io e te faremo i conti» disse voltandosi a fulminare quello che chiamava padre. «Hai manipolato tutta la mia vita, mi hai portato a fare cose atroci e hai da sempre ferito la mia famiglia. Per questo sarai annientato».
«Prendertela con me non ti salverà dalle tue colpe, Laxus» ridacchiò Ivan, nervoso e agitato di fronte alla sua intera gilda anti-Fairy Tail sbaragliata con una tale facilità. «Eri tu quello che colpiva, ricordi? I tuoi crimini sono forse anche più gravi dei miei. Io le ho dato la vita, tu gliela toglievi tutte le volte. Ho sentito che eri stato bandito anche tu dalla gilda... sbaglio?»
«Tsk!» sibilò tra i denti Laxus, ascoltando disgustato e furioso quell'ennesimo tentativo di manipolazione. «Delle mie colpe me ne occuperò io stesso, ma non permetterò più a nessuno di far del male alla mia famiglia d'ora in avanti» urlò e riempiendo i polmoni sparò infine il proprio ruggito di drago del fulmine contro Ivan. Dalla polvere e dalle macerie, Ivan alzò appena la testa e guardò l'ombra di suo figlio, sopra di lui, pronto a dargli il colpo di grazia. Aveva pensato attentamente a quella strategia, conosceva perfettamente la mente di Laxus e di Priscilla, li aveva cresciuti lui, sapeva come manipolarli. Tutto era sembrato andare per il verso giusto, persino l'incontro con Kurohebi era stato perfetto perché aveva permesso alla ragazza di cadere completamente nel baratro del suo abbraccio. Tutto era perfetto e corretto, ma allora dove aveva sbagliato? Ancora una volta... aveva commesso un errore inspiegabile ancora una volta!
«Lei doveva morire» ringhiò tra i denti, ormai accecato dalla follia non gli interessava più nemmeno che Laxus l'avrebbe sconfitto e il suo piano sarebbe andato in fumo. Troppa rabbia covava dentro, da troppo tempo. 
«Lei doveva morire! Perché? Perché non è morta?!» una frase, una semplice e viscida frase come tutte le altre, che però aprì l'ultima delle finestre a illuminare l'ultimo angolo buio del suo passato. 
"Perché non muori?!" era stato il suo urlo furioso e disperato, condito dalle lacrime e dalle urla di una Priscilla incapace di muoversi, a svegliarlo da quella specie di coma in cui era entrato tanti anni addietro. Ora ricordava... il giorno in cui Makarov aveva preso l'estrema decisione di esiliare suo figlio, che per quanto folle e pericoloso continuava ad amare e pregare per lui, dandogli una fiducia immeritata.
Ivan quel giorno di tanti anni addietro li aveva costretti a combattere, per l'ennesima volta. Quel giorno Laxus non ne aveva nemmeno particolarmente voglia, c'era da poco stato il funerale di Lisanna, si portava ancora addosso l'angoscia di quel terribile evento. Ma suo padre era persuasivo e manipolatorio, riusciva a muovere i meccanismi dei suoi pensieri con eccessiva sicurezza e tranquillità, e li aveva fatti di nuovo combattere. Era passato molto tempo dall'ultima volta, forse addirittura quasi un anno. Da quando Laxus aveva cominciato a scalare la vetta di Fairy Tail, avvicinandosi sempre più alla classe S, le manie di suo padre sembravano essersi placate. In fondo, non c'era bisogno di ulteriore allenamento, era già perfetto così. Però ogni tanto li faceva combattere lo stesso e portava comunque Laxus a colpirla a morte. La prendeva come una vecchia bambola, la riportava nella sua stanza col volto contratto dalla rabbia e pochi giorni dopo Priscilla tornava ad essere la solita, splendida, sorridente sorellina appiccicosa. Era arrabbiato, a differenza di quando erano più piccoli, gli ultimi anni a fine combattimento lui era sempre furioso. E ora cominciava a capire perché: quei combattimenti non servivano più ad allenare il debole e impacciato figlioletto. I combattimenti dei loro ultimi anni assieme servivano esclusivamente a tentare di ucciderla, perché non serviva più, perché diventata inutile, e perché non averne più il controllo lo faceva impazzire.
Ricordò il giorno del loro ultimo scontro, il giorno dell'esilio di Ivan.
Sicuramente era stata colpa del funerale di Lisanna, non riusciva a scrollarsi di dosso il dolore all'idea della perdita di una sorella, e questo l'aveva portato a colpire Priscilla con meno violenza. Semplicemente, non ne aveva voglia. L'aveva perciò ferita profondamente, come sempre, ma non tanto da distruggerla come aveva fatto molte altre volte. 
«Ti sei trattenuto! Sei un debole!» aveva ruggito Ivan, furioso per come fosse andato l'incontro e Priscilla, nonostante le ferite che le impedivano comunque di camminare, si era sporta in avanti gridando: «Non fargli del male, ti prego!»
Mai era successo, prima di allora, che lei provasse a interferire. Di fronte a Ivan lei chinava sempre la testa, perdeva la luce dei suoi occhi, si lasciava colpire fino allo sfinimento pregando per una morte che mai sarebbe arrivata. Ma quel giorno no... quel giorno lei aveva parlato. Terrorizzata all'idea che Ivan avesse potuto scaricare su Laxus la stessa furia che scaricava su di lei, era intervenuta. Chissà che forse non fossero state proprio le parole di Laxus a portarla a tanto. Anzi, ora che ci ripensava, ne era certo. La consapevolezza della morte, il terrore di perdere l'unica persona che amasse davvero, era nata proprio da quelle parole il giorno del funerale di Lisanna.
"Se tu morissi, credo che vorrei morire insieme a te".
E ora cominciava a comprendere anche il motivo che aveva spinto Ivan a quella reazione esagerata. Lei aveva cominciato a provare sentimenti, quegli stessi sentimenti le avevano donato la vita perché dal cuore, dall'amore, nasceva ora la magia che la teneva in vita. Ivan non le serviva più, i fili erano stati tagliati, la sua marionetta non era più sua e lui era furioso come un bambino viziato a cui era stato negato il giocattolo preferito. Vederla in quell'atteggiamento protettivo, tanto da sorvolare il suo terrore verso suo padre, vederla rivolgere ancora a lui tutto il suo amore l'aveva accecato completamente e aveva perso la ragione.
Lei doveva morire.
Laxus era stato di nuovo manipolato, i ricordi annebbiati, probabilmente l'aveva addormentato e reso inoffensivo. Ma ricordava, ora, che in quella stanza lui si era risvegliato sotto l'urlo furioso di Ivan che colpiva Priscilla con tutta la furia che aveva e le urlava a gran voce: «Perché non muori? Perché non muori? Perché non muori?» e ogni parola era un colpo, una tortura per quella ragazza che urlando di dolore non poteva che coprirsi il volto impacciatamente e piangere. Semplicemente piangere. 
Priscilla doveva morire, probabilmente era una sentenza che aveva lanciato su di lei ben molti anni prima. Aveva tentato di interrompere il collegamento, rendendosi conto solo allora che non funzionava, che niente aveva effetto, e nonostante le battaglie e le torture lei tornava sempre in piedi. Lei non moriva mai, anche se lui aveva desiderato farlo. Sentirla sfuggire dalle dita l'aveva portato alla pazzia, la sua magia più grande, la sua arma più incredibile, gli aveva voltato le spalle dopo anni di soddisfatto utilizzo. Non le apparteneva più e questo l'aveva logorato più di ogni altra cosa. Priscilla quel giorno, il primo di una lunga vita, era stata accecata dal terrore di morire. Forse per via di quelle parole, forse per i colpi più furiosi del solito volti non a punirla ma ad ucciderla, e quella frase che le martellava la testa.
Se lei fosse morta... Laxus avrebbe provato a morire con lei? Non poteva permetterglielo, non l'avrebbe mai accettato. Lei non aveva mai desiderato altro che restare insieme a lui per sempre, glielo chiedeva ogni notte. Lei aveva cominciato a sognare. 
Aveva colpito Ivan usando le ultime forze rimaste, in lacrime era corsa via, gattonando, strisciando, lasciando una scia di sangue dietro di sé... fino a che Makarov non l'aveva trovata e non l'aveva accolta tra le braccia, disgustato e sconvolto.
«È così che tratti i tuoi figli, Ivan?»
Il giorno dell'esilio di suo padre. E lui non aveva fatto che colpevolizzare Priscilla, accecato dal potere di Ivan, dimenticandosi di ogni cosa, aveva persino accusato lei di tradimento. Per cinque infiniti anni non aveva fatto che odiarla, disprezzarla, insultarla... per il suo semplice desiderio di voler continuare a vivere. 
«Perché non è morta?!» urlò ancora, sempre più furioso, e Laxus decretò la fine di quell'incontro con un ultimo scaricante pugno. L'illusione venne dissolta, tutti nello stadio videro il vero Laxus emergere al posto di quello fittizio. In piedi, i cinque membri di Raven Tail a terra, lo stesso Ivan adesso privo di sensi. 
Una lacrima gli cadde infine dal viso. 
Ignorò la voce di chiunque scoprisse la verità in quel momento. Il pubblico sconvolto, l'arbitro disperato nel scoprire che lui stesso era stato ingannato a tal punto, la rabbia nello scoprire l'imbroglio di Raven Tail, le regole che non erano state rispettate e soprattutto l'incredulità di fronte a Laxus, l'unico che fosse riuscito a sconfiggerli tutti insieme, master compreso. Ignorò ogni cosa e semplicemente si allontanò, tornando all'interno del lungo corridoio che riportava dentro lo stadio, per tornare alla propria postazione. Camminò per qualche metro, mettendo finalmente una decisiva distanza tra lui e le voci, riuscendo infine a nascondersi nell'ombra. Si fermò, tremante, e aprì solo in quel momento la mano che aveva tenuta serrata per tutto il tempo. Sul palmo della mano riposava ora una bambola di carta, una sagoma vagamente umanoide, le armi di Ivan. 
"Sono nata da una delle sue marionette di carta" lei era come loro. La Pricchan di cui aveva ricordo, piccola appena di tre anni, aveva preso forma da una di quelle. Per quanto si fosse da sempre sforzato di vederla diversamente, avere la verità ben visibile, stretta tra le mani, rendeva tutto di una consistenza ben diversa. Era così doloroso, era così accecante. E lei lo sapeva, lei l'aveva sempre saputo che quella era in realtà il suo vero aspetto, il suo legame col mondo. Il desiderio più profondo, il desiderio di diventare umana... come loro. Quanto aveva pianto, quel giorno che lui aveva colpito la gilda e che gli era costato l'esilio. Quanto aveva pianto, nel pronunciare una frase che aveva sempre faticato a comprendere: "Desideravo così tanto essere come voi... essere come te". Riusciva a comprendere, ora, il suo dolore più angosciante. La consapevolezza di essere solo una marionetta di carta che amava fingere di essere umana. Priscilla era la sua bambina di carta, poteva vederlo chiaramente e fece un male incredibile. Tutti quei ricordi, tutte le volte che l'aveva vista cadere per mano sua, i ricordi di una Priscilla che con lo sguardo vuoto guardava il cielo mentre si riprendeva da una "delle sue malattie", o che si nascondeva nell'armadio perché terrorizzata dal temporale. La bambina di carta, che quando aveva appena tre anni non sapeva nemmeno sorridere, era stato lui a insegnarglielo. Era stato lui a insegnarle ogni cosa. Ora che anche l'ultimo tassello era andato al suo posto, l'ultimo ricordo che forse proprio perché il più doloroso era stato così ben nascosto, il più difficile da evocare... ora che anche lui era tornato, sentì che sarebbe potuto cadere nella follia da un momento a un altro. Non c'era al mondo senso di colpa più intenso di quello, non c'era al mondo dolore più accecante. Lei era davvero la cosa più importante che avesse sempre creduto di avere, eppure... come poteva lui essere un mostro del genere? Come aveva potuto farle un male simile per tutta la sua vita? Quanto forte e disperata poteva essere quella ragazza che per anni aveva nascosto la verità, subìto le peggiori barbarie e crudeltà chiusa in un angolo, sola più di chiunque altro, per mostrare al mondo solo il meglio di sé in quello che era il gioco della vita. 
«Laxus!» la sua voce, cristallina, sembrava l'eco di un angelo che lo chiamava dal cielo. Si voltò, riuscendo solo in quel momento ad allentare leggermente la tensione dei suoi muscoli, tesi tanto da fargli male. Si sorprese quando la trovò più vicina di quanto si fosse aspettato: quando era arrivata? Aveva spiccato un salto, probabilmente si era alzata in volo per arrivarci meglio e gli era saltata addosso abbracciandolo con una tale enfasi da sbilanciarlo indietro e farlo cadere. Osservò il suo volto, in quei brevi istanti in cui cadevano entrambi, farsi sempre più vicino al proprio. Sentì il tocco delle sue labbra sfiorare le proprie, il respiro sulla guancia, un bacio velato e nascosto dalla scusa di un incidente nella caduta. La vide, una volta seduto a terra, allontanarsi da lui con un luminoso sorriso in volto, le guance arrossate rigate da lacrime che non sembravano intenzionate a smettere di scendere. 
«Sapevo che ce l'avresti fatta» una sicurezza che aveva riposto in lui fin dal primo momento e a cui mai aveva ceduto. Quelle lacrime, ora le riconosceva, erano lacrime di gioia. Lei era libera, dopo una vita in catene, incubi e terrore, poteva finalmente considerarsi libera e felice. E sapeva che doveva tutto a lui, che aveva combattuto in suo nome.
«Non sono stato io» mormorò con quel poco di voce che ancora gli rimaneva, ancora soffocato dal dolore di tutti quei ricordi e pensieri con cui era stato costretto a scontrarsi. 
«Che dici?» sorrise lei. «Certo che sei stato tu, l'ha detto anche Ivan! La magia nasce dal cuore... giusto?» inclinò la testa da un lato, si strinse nelle spalle. Un ciuffo di capelli scivolò dalla sua testa, accarezzandole la fronte. Sembrava risplendere come il più delicato e scaldante dei soli. Era il suo sorriso più bello, il suo preferito, riusciva sempre a tirarlo via da qualsiasi tenebra, riusciva sempre a far sorridere anche uno scorbutico e sempre cupo come lui. Quel viso... se solo ripensava a quante volte l'aveva ferito, senza consapevolezza.
Tremò, tremò come mai aveva fatto. 
«Laxus?» mormorò lei, preoccupata. E la sorpresa aumentò quando lo sentì stringere i propri vestiti tra le dita, una foga tale che avrebbe potuto strapparglieli. La tirò a sé e nascose il proprio viso sul suo petto. La stringeva, la stringeva tanto da farle male, e tremava tanto che persino i polmoni facevano uscire aria nella sua gola senza controllo, scontrandosi con delle corde vocali altrettanto instabili. Era un lamento, un incessante e doloroso lamento. Aveva mai provato prima di allora qualcosa di così doloroso? 
Pianse, nascosto e protetto dal suo abbraccio, pianse silenzioso se non per i respiri che non riusciva a controllare, i singhiozzi che lo facevano sobbalzare. E lei non poté che tenerlo appoggiato a sé, proteggerlo in quell'attimo di estrema debolezza che persino per lei, che lo conosceva da una vita, era una novità incredibile. 
«Perdonami» riuscì a sussurrare, senza smettere di piangere. 
«Perdonami, Pricchan».
   
 
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