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Autore: daemonlord89    18/02/2020    0 recensioni
Manca l'aria.
Manca la luce.
Fatemi uscire.
Perché succede a me?
Genere: Horror, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati già tre minuti da quando ho selezionato il piano terra e ancora le porte non si aprono.

Il piede sinistro comincia a battere nervosamente mentre rimango a fissarle e sbuffo. Va bene che l’ascensore è vecchio, ma tre minuti sono decisamente troppi.

Irritazione, con giusto una vena di preoccupazione.

 

Devo andare al lavoro e sto perdendo tempo prezioso.

Un minuto ancora, poi premo il pulsante di emergenza.

 

55,56,57,58,59 e 60.

Va bene, basta così. Ho resistito fin troppo. Mi avvicino con rabbia al simbolo della campanella e lo premo con forza, un infantile tentativo di far male alla cabina per come si sta comportando.

Avvicino l’orecchio alla cassa in attesa di una risposta. Niente.

Ma dai, cazzo!

Colpisco con la punta del piede destro la parete di metallo, bestemmiando per la scossa dolorosa che mi provoco da solo.

Improvvisamente mi rendo conto di un dettaglio che, prima, non avevo notato. L’ascensore non è fermo, ma si sta ancora muovendo. E’ lento, lentissimo, un processo quasi impercettibile, ma appoggiando la mano al muro riesco distintamente a sentire la vibrazione.

Sollievo misto a furia, è un’indecenza che un ascensore messo così male non venga riparato.

 

Guardo il cellulare. Le 9 meno 10.

Maledizione. Dovrei essere in ufficio tra dieci minuti. Impossibile, ormai.

Scorro velocemente la rubrica fino a selezionare il numero del capo. Faccio partire la chiamata in viva-voce ed ascolto un meraviglioso silenzio.

Niente linea.

In un impeto d’ira scaglio l’apparecchio in un angolo, pentendomene subito dopo. Corro a riprenderlo per controllare che tutto funzioni e sospiro di sollievo notando che è tutto a posto. Riprovo a chiamare in ufficio, nuovamente senza successo.

Nervoso, le mani tremano e le sento formicolare.

 

Riprovo il pulsante di chiamata d’emergenza.

Niente.

Riprovo a prendere la linea con il telefono.

Niente.

 

Batto furiosamente contro le porte, gridando aiuto.

“Qualcuno mi sente?”

La mia voce è strana, distorta nello spazio angusto.

“Dai Cristo, qualcuno mi risponda!”

Ma non risponde nessuno.

Cos’è, il palazzo è stato evacuato?

Apro il colletto della camicia, fatico a respirare.

All’improvviso l’ascensore, impercettibilmente come si stava muovendo, si ferma.

La speranza si riaccende, una sorta di scarica endovenosa. Mentre attendo di uscire finalmente dalla trappola mi asciugo il viso dal sudore e da lacrime che non mi ero reso conto di versare.

Deglutisco, un’impresa titanica con una gola secca come la mia.

Le porte restano chiuse.

Sconforto, ansia, panico.

 

Colpisco ancora con il pugno, più forte di prima.

Grido fino a che ho voce, ma nessuno apre. Nessuno mi sente. Nessuno mi aiuta.

In un delirio di paura mi cade l’occhio sullo schermo del telefono. Sono le 10 e 30. E’ più di un’ora che sono chiuso dentro. Più di un’ora.

Per la prima volta nella mia vita mi piscio addosso.

L’odore di urina si mischia a quello del sudore in un cocktail insopportabile che mi provoca un conato di vomito.

Mi lancio contro le porte con la spalla, gridando per il terrore e per il dolore causato dagli impatti.

“Aiuto! Mi sentite?”

“MI SENTITE?”

 

Non mi sentono.

Io sento ridere.

Lo sento o lo immagino?

Una voce roca, bassa, una risata maligna.

La risata di un demone che, per gioco, ha deciso di tenere chiuse le porte di questo maledetto ascensore. Riesco ad immaginare il suo corpo nudo, orrendo e deforme.

La sua bocca rossa come il sangue che ghigna.

Isterismo, piango e mi artiglio le braccia facendole sanguinare.

 

No.

Il demone non sta semplicemente tenendo le porte chiuse.

No, è all’ultimo piano e tiene la corda della cabina, facendola scorrere lentamente.

Non si era fermato, l’ascensore.

Aveva solo rallentato ancora.

Riesco a percepirlo solamente stando sdraiato a terra.

“Perché? Perché è successo a me? Perché rallenta? Perché non si muove? Perché non si sbriga?”

Il cellulare si è spento, la batteria scarica.

Non ho più modo di guardare l’ora, ma ormai potrebbero essere passati anche dei giorni. Sono sempre più debole, ho sete e fame.

Con l’ultimo barlume di sanità mentale, capisco che è arrivata la fine. Capisco che è arrivata la fine e poi tutto è buio.

Non faccio in tempo a sentire che, solo in quel momento, qualcuno parla all’altoparlante del teleallarme.

 

***

Dal quotidiano del giorno successivo

Inspiegabile decesso in una palazzina del centro città. Un uomo è stato trovato morto nella cabina ascensore dell’edificio. Misteriose sono le circostanze della dipartita; il cadavere, secondo le autorità, si trovava in uno stato tale da far pensare che la vittima fosse morta di fame e sete. Il processo, però, richiede diversi giorni e testimoni giurano di averlo visto entrare in ascensore, in perfetta salute, solamente due minuti prima.

 

Un tecnico della società che si occupa delle emergenze giura di aver ricevuto una chiamata e di aver risposto immediatamente, ma senza trovare nessuno dall’altra parte.

 

Una testimone, intervistata dal nostro quotidiano, riporta quanto segue:

 

Non sapevo che abitasse nel mio stesso palazzo, ma l’avevo visto il giorno prima al supermercato. Era in coda alle casse davanti a me. Sbuffava perché aveva fretta e ha risposto in malo modo ad un signore dall’aria strana che gli aveva chiesto, gentilmente, di calmarsi. Lo stregone (il signore dall’aria strana sembrava uno stregone, a detta della testimone. NdR) gli ha detto che sarebbe arrivato il suo momento in cassa e che non doveva avere fretta. A quel punto l’uomo ha risposto qualcosa del tipo ‘solo chi non ha un ***** da fare non ha fretta! Il tempo vola, non si adatta ai nostri comodi e non si può recuperare quello perso!’ e ha spintonato lo stregone. Lui è caduto e l’uomo, maleducato fino in fondo, non si è preoccupato di aiutarlo. Quando se n’è andato, ho notato che lo stregone, furioso, accarezzava uno strano orologio dorato, che sono pronta a giurare brillasse. L’ho anche sentito sussurrare, a se stesso, ‘il tempo non si adatta ai nostri comodi? Vedremo.’”

   
 
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