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Autore: Calowphie    19/02/2020    2 recensioni
Esattamente quattro anni prima, Seokjin, mentre camminava verso casa distrutto e arrabbiato per l’ennesima giornata lavorativa finita male, si sedette, stanco, sul muretto di una villa, ficcando le mani nelle tasche del suo grande giubbotto beige: la testa rivolta verso l’alto, faceva penzolare i suoi capelli, mentre stiracchiava le gambe allungandole il più possibile. Mentre la calma e il silenzio cercavano di rimettere in sesto i pensieri sconnessi del ragazzo, il pianto straziante di un bambino lo riportò alla realtà, facendo scattare la sua testa in avanti con gli occhi sbarrati.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Potentilla: significa amore materno








 
[Cinque anni prima]
 
 
Il cielo pieno di nuvole grigie e cariche di pioggia, lampi che iniziavano a squarciare il cielo ormai cupo e il rombo dei tuoni rimbombava nell’aria. Piccole gocce di pioggia caddero da un momento all’altro prendendo alla sprovvista chiunque fosse fuori casa: un via vai di gente iniziò a correre velocemente cercando un riparo così da non bagnarsi troppo. Anche una ragazza, dai capelli legati in un alta coda, correva con una mano sulla testa sperando che, il piccolo fagotto bianco che teneva stretto al petto, non prendesse troppa acqua. Perché quella mattina non aveva ascoltato sua suocera che le aveva raccomandato di portare un ombrello con se?

“Andrà tutto bene, non piangere” sussurrava di tanto in tanto raggiungendo, finalmente, un riparo abbastanza grande per proteggere entrambi: un sospiro di sollievo si levò dalla bocca della ragazza che osservò rasserenata quella piccola bambina finalmente addormentata che aveva smesso di piangere. Un dolce sorriso stirò le labbra di lei accarezzando piano la guancia leggermente fredda della bambina evitando di darle fastidio ma, immediatamente, quel dolce sorriso divenne amaro ricordando cosa avrebbe dovuto fare il giorno dopo. La donna alzò gli occhi al cielo avvicinando nuovamente al petto la piccola, saldamente bardata in quel marsupio bianco di stoffa forse ancora titubante di quella scelta non del tutto concordata.
Il telefono della ragazza squillò qualche istante dopo, facendo vibrare la tasca dei pantaloni in cui si trovava; tremante lo prese in mano osservando quel fastidioso nome che appariva lampeggiando: “Pronto?” rispose anche se di malumore digrignando i denti: “Dove sei?” chiese seccato la voce dell’uomo dall’altra parte della cornetta: “Davanti il supermercato, sto aspettando che spiova perché?” ripose la ragazza, osservando il cielo leggermente più chiaro: “Torna a casa, ora. Dobbiamo parlare” ammise l’uomo riattaccando senza darle ulteriori informazioni.

Deana sbuffò nascondendo nuovamente il telefono nella tasca facendo un piccolo saltello per sistemare meglio la bambina: “Torniamo dalla tua nonna” sottolineò in un sussurro, mettendo nuovamente la sua borsa a tracolla sulla testa della piccola in modo che non si bagnasse più di tanto, rigettandosi sotto quella pioggia fredda che, ormai, non le faceva più alcun effetto.
 

“Sono a casa” disse con le mani strette alla tracolla della borsa togliendosi piano le scarpe, cosa che aveva imparato a fare ormai da quando viveva in Corea da qualche anno: “ Sei arrivata tardi” sottolineò l’uomo seduto sul divano in pelle senza nemmeno girarsi ad osservarla: “Scusami, ho cercato di non bagnarmi troppo” sostenne lei in quel coreano che, ancora, era incespicante: “Non mi importa se pioveva, se ti dico di tornare a casa lo fai immediatamente” sbottò lui sbattendo la mano sul tavolino davanti a se: “Lo hai fatto?” chiese qualche istante dopo alzandosi, avvicinandosi alla donna che cercava di asciugarsi il viso con la manica della felpa scura: “Si” ripose con lo sguardo basso, mentiva: “Bene, hai fatto la cosa giusta” sostenne l’uomo accarezzandole la guancia: “E’ stata la cosa giusta per tutti” proseguì, appoggiando la fronte a quella di lei che, con gli occhi lucidi, lo osservò notandolo finalmente calmo: “Ti amo lo sai?” concluse l’uomo guardandola negli occhi, vedendola poi annuire.

Deana non avrebbe mai voluto abbandonare la sua bambina, non voleva allontanarsi da lei, voleva vederla crescere, voleva sentirle dire la sua prima parola o vederla muovere i suoi primi passi ma non avrebbe potuto. Qualcuno l’avrebbe addirittura uccisa se l’avesse tenuta con lei, le avrebbe fatto del male ma Deana non voleva vedere la sua bambina soffrire per una sua decisione ed era per questo che, durante quella lunga notte passata insonne, decise comunque di compiere quell’ardua azione il giorno dopo. L’avrebbe lasciata magari davanti i gradini di una chiesa, come aveva visto fare in un vecchio film, o l’avrebbe lasciata dai nonni ma sarebbe stata la scelta peggiore essendo loro i genitori di colui che l’aveva obbligata a lasciarla andare. Deana provò a dormire non appena osservò l’orologio digitale far brillare l’ormai tardi orario: un sospiro inudibile se non da lei, uscì dalle sue labbra mentre, velocemente asciugava una lacrima solitaria dicendo addio, nel buio e nel disprezzo di quel braccio che le cingeva la vita, a un pezzo del suo cuore che avrebbe dovuto lasciare per il suo bene.


La mattina seguente, non appena suo marito uscì di casa, corse di fretta dalla sua bambina che, come di consueto, era ancora addormentata nella sua culla: la donna anziana che l’accolse, osservando lo sguardo triste di Deana, l’abbracciò intuendo immediatamente quale fosse stata la sua scelta finale: “Mi dispiace” commentò la donna con la voce rotta dalla commozione non volendo lasciarla andare da quell’abbraccio durato forse un po’ troppo. Deana annuì leggermente, prendendo in braccio la bambina che, piano, aprì gli occhi rivelandole un dolce sorriso: “I’m so sorry darling” ammise la ragazza mentre le lasciava un lungo bacio sulla fronte uscendo di casa dopo averla preparata. Nessuno aprì bocca durante tutto il tempo che Deana rimase in quella dimora, unico suo rifugio per scappare dalla pazzia e dall’ira dell’uomo che credeva di amare: se inizialmente sembrava felice anche lui di creare con lei una famiglia, appena la bambina nacque, tutto cambiò facendolo diventare il mostro che Deana non avrebbe mai detto di trovare in lui. L’uomo che la ragazza aveva conosciuto qualche anno prima in Inghilterra, il suo paese natale, l’aveva sempre trattata come una principessa facendola innamorare; chiunque, perfino la sua famiglia, aveva accettato di lasciarla andare a vivere in Corea con lui e la gioia era apparsa nei cuori di chiunque quando avevano saputo del matrimonio. Ma nessuno, se non i genitori di lui, conoscevano quello che era diventato: il padre che rinnega la figlia, il padre che non la vuole tra i piedi perché piange troppo, il padre che aveva tentato di picchiarla per farla smettere di lagnarsi, il padre che egoisticamente aveva preferito spendere i suoi soldi per divertirsi piuttosto che per aiutare la sua nuova famiglia.

“I’m sorry” sussurrò la donna davanti quella grande villa: Deana non aveva avuto il coraggio di lasciarla per strada, aveva pensato che se, l’avesse lasciata sull’uscio di qualche famiglia benestante, avrebbero potuto crescerla al meglio facendola studiare nelle migliori scuole ricevendo l’amore che non era riuscita a darle: “Honey…” disse di nuovo osservandola serena, sistemandole meglio quella coperta bianca con cui l’aveva fasciata forse un po’ troppo stretta: “I love you so much my little darling” concluse, appoggiandola davanti la porta di quella grande casa correndo via prima che potesse svegliarsi e stregarla di nuovo con quei suoi grandi occhi verdi molto simili ai suoi e convincerla a tenerla ancora una volta.

Da quell’istante Deana decise di cambiare la sua vita dato che sapeva che il rimorso e l’amarezza l’avrebbero divorata: prese dalla borsa i fogli del divorzio che si era procurata qualche giorno prima e li compilò lasciandoli sul tavolo della cucina in bella vista così che, una volta tornato a casa, lui li avrebbe sicuramente notati. Finì in fretta di preparare le valigie e osservò, per qualche istante, il biglietto aereo di sola andata per Londra: “ Ora che sei al sicuro da quella bestia posso tornare ad essere felice” pensò tra lei infilandolo nella borsa a tracolla che da sempre l’accompagnava. Con gli occhi lucidi si fermò sull’uscio della porta osservando quel grande appartamento nel quale aveva condiviso gioie e dolori ed uscì gettando il telefono nella pattumiera per poi salire sul taxi che, prima, aveva chiamato lasciandosi alle spalle quella malsana vita con la promessa di essere riuscita a proteggere la sua prima figlia.
 

 

[Presente]
 


Il fatidico giorno in cui Seokjin avrebbe dovuto fare il resoconto della settimana burrascosa alla sua seconda famiglia era ormai giunto: sul calendario era stato perfino cerchiato di rosso, così che nessuno poteva dimenticarsi quella importante serata. Il ragazzo, ancora alla ricerca di un lavoro, era seduto sul divano con le gambe incrociate e il computer sulle stesse scorrendo su una pagina di annunci alla ricerca di qualcosa abbastanza remunerativo per poter continuare a far vivere meglio la sua piccola principessa: “Pronto?” rispose non attento al telefono che stava squillando da qualche minuto: “Jin hyung, sono Yoongi” ammise la voce profonda dell’amico facendolo scattare sull’attenti, il venerdì toccava sempre a lui andare a prendere Maelyeog all’asilo, che fosse successo qualcosa?  “Che succede ?” chiese immediatamente il maggiore, togliendosi il portatile dalle gambe così da potersi alzare in piedi: “Nulla, solo che Mael aveva sete e ci siamo fermati al supermercato più vicino, volevo chiederti se ti serviva qualcosa per sta sera” spiegò facendogli alzare gli occhi al cielo, sollevato: “No, no grazie Yoongi, abbiamo già tutto” affermò osservando la tavola già pronta per accogliere i suoi amici: “Bene. Sei troppo agitato in questi giorni hyung, qualcosa non va?” chiese ingenuamente Yoongi annuendo alla bambina che teneva in mano una bottiglietta di thè alla pesca: “Non preoccuparti, vi racconterò tutto più tardi” concluse sentendo l’amico sbuffare salutandolo poco dopo.

Jin si gettò nuovamente sul divano passandosi una mano sul volto, aveva i nervi tesi da quando Deana si era presentata a casa sua e chiunque se ne era accorto, perfino sua madre, che sentiva ormai solo al telefono, aveva percepito il suo tono di voce preoccupato: ma come poteva stare calmo? Ogni volta che salutava Maelyeog davanti il cancello dell’asilo aveva il terrore di vedere passare accanto a lui quella donna dagli occhi verdi che, come per magia, era apparsa, affermando di volersi portare via l’unica gioia che aveva avuto nella sua vita. Per fino Rin aveva cercato di calmarlo le poche volte che riuscirono a parlarsi di nuovo davanti la porta d’entrata dell’asilo: l’imbarazzo tra loro era palpabile, dopo quel bacio avvenuto così spontaneamente nessuno dei due aveva più saputo come comportarsi malgrado entrambi abbiano gradito quel dolce e romantico gesto che aveva dato loro un forte bagliore in quel buio che li stava circondando: “Sono un disastro” pensò alzandosi, per poi sistemarsi la maglietta e correre ad aprire la porta, dato il suono del campanello: “Papà!” urlò la bambina saltandogli in braccio venendo presa immediatamente dai riflessi pronti di Jin: “Bentornata a casa principessa” sostenne lui, lasciandole un dolce bacio sulla guancia: “ Zio Yoongi mi ha regalato questo” sostenne un attimo dopo, mostrando quel piccolo peluche a forma di paperella che Yoongi le aveva comprato assieme alla bevanda alla pesca di poco prima: “Lo hai ringraziato come si deve?” domandò Seokjin mostrando all’amico un sorriso di gratitudine ricambiato da un leggero movimento del capo: “Certo! Gli ho anche dato un bacio sulla guancia” sostenne Maelyeog fiera di lei, alzando appena il mento tenendo gli occhi chiusi. I due ragazzi risero a quel suo gesto spontaneo per poi vederla scivolare via delle braccia del padre e correre in camera sua, ancora con il piccolo zaino sulle spalle: “Non dovevi Yoongi” ammise sottovoce Jin camminando verso la cucina per offrirgli qualcosa: “Non preoccuparti, l’ho fatto con piacere” rispose il minore ringraziandolo per il bicchiere d’acqua che gli aveva appena dato.

Maelyeog era tornata la bambina spensierata e allegra che era sempre stata, il suo sorriso era tornato ad illuminare le giornate di Seokjin che ritornavano buie non appena si trovava da solo assorto in mille e più pensieri e dubbi, non lasciandolo respirare. Anche quella sera, dopo aver mangiato tutti assieme la cena deliziosa che il maggiore aveva cucinato per tutti, Mael non riusciva a smettere di sorridere mentre giocava con la sua famiglia: ogni ragazzo riusciva a farla ridere anche solamente con un piccolo gesto come ad esempio fece Namjoon dandole un grosso abbraccio o come fece Taehyung lasciandola acconciargli i capelli in due piccoli codini. Tutti quei ragazzi restituirono a Seokjin la speranza di cui aveva bisogno ed, infondo, Rin aveva ragione: lui non era mai stato solo.

“Jin hyung porto io Maelyeog a letto, prepara il soju” sostenne Jimin che già teneva in braccio la bambina, addormentatasi qualche istante prima mentre, tutti assieme, si erano messi a guardare un film: “Grazie” ammise solamente il maggiore già in cucina alle prese con un pacchetto di pop-corn ormai pronto. Il cuore del ragazzo iniziò a battergli così forte che quasi gli fece male il petto, non aveva mai avuto timore di raccontare loro qualcosa, come mai in quel momento tutto sembrava terrorizzarlo? “Hai bisogno di una mano hyung?” domandò Jungkook comparendo improvvisamente dietro il ragazzo facendolo saltare dallo spavento, portandolo nuovamente alla realtà: “Non farlo mai più!” esclamò con una mano sul cuore mentre la risata leggermente sommessa del maknae riempì la stanza: “Io porto la ciotola” sottolineò un istante dopo, mentre Seokjin prendeva in mano le bevande, tirando poi un grande sospiro riscovando tutto il coraggio necessario per raccontare a tutti loro quello che stava accadendo.

 
Namjoon continuava a guardare di sbieco il suo migliore amico tirandogli, di tanto in tanto, qualche colpo sul fianco vedendolo negare continuamente: “La volete piantare?” sbottò Yoongi avendo osservato quei movimenti per tutta la serata e non riusciva più a stare zitto: “Se hai qualcosa da dirci fallo e basta, sembrate due ragazzini delle medie” concluse incrociando le braccia al petto, bevendo, tutto d’un fiato, il contenuto liquoroso di quel piccolo bicchiere di vetro. Tutti i ragazzi, Seokjin compreso, lo guardarono con gli occhi sbarrati prima di cercare di capire verso chi si riferiva: “ E non fare quella faccia da pesce lesso hyung. Abbiamo notato tutti il tuo comportamento insolito e nervoso, spiegaci che succede, sai che puoi sempre contare su di noi” aggiunse Yoongi, facendo voltare gli sguardi di tutti verso Seokjin che, con lo sguardo basso, osservava le sue dita muoversi tra loro nervosamente: “La vera mamma di Maelyeog è tornata e sta insistendo per riprendersela” ammise tutto d’un fiato senza mai alzare lo sguardo sui suoi amici: “C-cosa?” domandò balbettando Hoseok: “Non credevo che la tua novità fosse così grave” sussurrò tra se Yoongi versando altro soju nel bicchiere: “Non può farlo!” urlò Taehyung alzandosi in piedi, venendo immediatamente calmato da Jimin facendolo risedere: “L’altro giorno è addirittura venuta qui” aggiunse Jungkook ricordando quell’incontro fulmineo.
 
Seokjin annuì passandosi le mani tra i capelli facendo notare a tutti loro gli occhi lucidi: “Quando non sono venuto al lavoro avevo appena detto a Maelyeog che l’avevo adottata” proseguì vedendo Jimin sbiancare: “Voi siete la mia famiglia ormai e sono sicuro che mi aiuterete a tenerla con me. Ma mi dispiace di non avervelo detto prima, non sapevo come farlo, ero in panico e il mio primo obbiettivo era far tornare Mael serena come l’avete vista oggi: era distrutta” concluse sentendo la mano rassicurante di Namjoon sulla sua spalla: “Non preoccuparti hyung” aggiunse prima di ricevere un forte abbraccio da Jimin: “L’importante è che tu sia riuscito a confidarti, sai che noi ci siamo sempre hyung, sei come un fratello maggiore per noi e siamo prontissimi ad aiutarti” spiegò il ragazzo mentre Jin sgranò gli occhi sentendosi finalmente sicuro di se: uno alla volta si unirono a quell’abbraccio fraterno lasciando cadere alcune calde lacrime sulle sue guance fredde, non si sentiva più solo e sapeva, ancora una volta, di poter contare su tutti e sei quei ragazzi così diversi da lui, ma anche così simili.
 
  
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