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Autore: AngelCruelty    23/02/2020    6 recensioni
«Partecipa al contest "Scriptophobia" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP.»
Dal testo: "Non riesco a farmi coraggio e muovere braccia e gambe: sono paralizzata. La paura mi invade come un fiume in piena, e allo stesso modo l’acqua inizia a penetrare nelle mie narici. D’impulso urlo a squarciagola ma non emetto alcun suono. Ho soltanto permesso all’acqua di penetrare nella mia bocca e nella mia gola: la sento nei polmoni. Brucia. Tutto brucia."
Retasu e la sua paura per il mare, la sua incapacità di nuotare, appena prima e appena dopo che scopra di essere una guerriera Mew.
Ps. Mi attengo soprattutto a ciò che immagino avvenire nell'anime. Non ho letto il manga.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Retasu Midorikawa/Lory
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FORSE UN GIORNO

Un rumore soffice.
Un suono ovattato giunge alle mie orecchie.
Non riesco bene ad identificarlo eppure sento già il morso della paura attanagliarmi l’animo.
Non oso muovere un muscolo, nemmeno quelli delle palpebre. Pertanto i miei occhi rimangono serrati, chiusi fino a che non arrivo a strizzarli mentre una consapevolezza scivola nel mio cuore, lenta ma inesorabile. Riconosco vagamente la sensazione: il mio corpo sembra ricoperto da uno strato di freschezza pressante, avvolgente, quasi soffocante.
Questo rumore che sento… mi ricorda quelle vacanze in cui io e mio fratello Uri costruivamo i castelli di sabbia sulla spiaggia.
Con crescente terrore mi rendo conto che si tratta del suono delle onde che si infrangono sugli scogli. Onde alte metri, che ricadono pesanti come martelli sull’incudine dell’oceano. Onde che si formano lentamente come correnti d’aria ma poi viaggiano leste come tornado. Onde forti come tori che battendo gli zoccoli a terra si danno la carica per la rincorsa, per poi disarcionare il torero.
Il panico cresce ancora di più quando capisco che quel torero sono proprio io.
Come ci sono finita, quaggiù? Perché anche se sto cercando di non dare voce a quel pensiero mi trovo proprio sotto qualcosa… sotto l’acqua. Un’enorme colonna di liquido mi sovrasta, mi spinge giù, mi seppellisce viva. Non posso più resistere, non posso più fingere. Se lo facessi finirei sul fondo dell’oceano. Allora apro gli occhi: è difficile. Le ciglia sembrano essersi impigliate l’un l’altra e i bulbi oculari bruciano a contatto con l’acqua salata. Tutto è buio intorno a me, come nel peggiore degli incubi. E non ce la faccio. Non riesco a farmi coraggio e muovere braccia e gambe: sono paralizzata. La paura mi invade come un fiume in piena, e allo stesso modo l’acqua inizia a penetrare nelle mie narici. D’impulso urlo a squarciagola ma non emetto alcun suono. Ho soltanto permesso all’acqua di penetrare nella mia bocca e nella mia gola: la sento nei polmoni. Brucia. Tutto brucia. Scoppio a piangere ma le mie lacrime sono soltanto altre gocce del grande mare che mi inghiotte. Il mio corpo ha un violento spasimo. Fa tutto così male… anche volendo, ora non potrei più muovermi in ogni caso. Non ci riesco: sono ormai spacciata. Tremo.
All’improvviso una luce abbagliante appare, mi colpisce gli occhi già profondamente feriti. Sbatto le palpebre in fretta per vedere da dove proviene. Spontaneamente guardo in su. Forse non lo ricordo e sono caduta da una barca, e ora dei sommozzatori sono venuti in cerca della ragazza che non sa nuotare. Eppure è strano, perché la luce sembra provenire dal basso. Ne cerco la fonte e quasi svengo dalla sorpresa: una lucente e folgorante coda di sirena ha preso il posto delle mie gambe immobilizzate dal terrore. Non capisco, io…
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Sto tremando ancora quando mi sveglio di soprassalto nel mio letto. Ansimo e mi porto la mano sulla fronte sudata, l’altra invece scopre con urgenza le gambe coperte dalle lenzuola: sono ancora lì.
Ovviamente! Ingenua Retasu, mi dico.
Eppure questo è stato il sogno, l’incubo, più vivido e realistico che abbia mai fatto. Ancora tremante decido di andare a bere qualcosa, e poggio i piedi nudi sul parquet.
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Le onde sono la fonte di una melodia cullante per la maggior parte delle persone, mi ripeto mentre mi appresto ad affondare le scarpe nella sabbia. Sto andando in spiaggia per convincermi che il sogno della scorsa notte era soltanto un orribile riflesso della fobia che ho nei confronti del mare. Lo guardo da lontano, e già quando sento il rumore dell’acqua che arriva sulla battigia inizio a sentire l’inquietudine montare nel mio spirito. Tutti amano questa grande distesa blu… infondo è tutto quel che è. Eppure… questa distesa può espandersi e inghiottire terre, uomini e persino montagne. Il potere dell’acqua distrugge le conchiglie e erode le rocce. Le creature che vi dimorano sono tra le più pericolose e ignote dell’intero pianeta. Forse tutti gli altri riescono a non pensarci quando immergono i loro corpi dentro questa enorme vasca senza limiti e senza fondo, ma io no. Loro riescono a trarne piacere, perché amano farsi una nuotata a largo e tornare indietro. Ma io no. Io non so nuotare, se solo entrassi lì dentro io… non avrei scampo. Non ci sarebbe dietrofront, per me. Sono ancora lontana dall’acqua, anche se la vedo all’orizzonte e mi sembra un’enorme mostro pronto a crescere e crescere se solo faccio un altro passo. Il mio petto si alza e si abbassa come se mi trovassi sull’orlo di una crisi respiratoria. Scuoto violentemente la testa quando una lacrima scende sulla mia guancia senza permesso. Mi volto e inizio a correre lontano.
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Ho continuato ad avere questo incubo ogni notte prima di scoprire di essere una guerriera Mew. Adesso ne conosco la causa: il mio DNA si è fuso con quello di una neofocena. Io sono lei e lei è me.
Ironia della sorte, la ragazza del gruppo Mew che non sa nuotare, è quella che ha il DNA di un cetaceo marino.
Questo mi incute ancora timore, penso mentre ammiro il sole calare all’orizzonte, proprio sopra la linea che divide cielo e mare.
Tuttavia rende l’oceano più famigliare, meno ignoto. Le dita dei miei piedi vengono solleticate dalle onde più coraggiose, quelle che arrivano nel punto più lontano della battigia. Fino a ieri non sarei riuscita a starmene qui ferma, con il mare a sfiorarmi la pelle e minacciarmi di portarmi via con sé. È un progresso. Non oggi… ma forse un giorno riuscirò a combattere questa paura folle. Forse un giorno la neofocena che è in me mi aiuterà a navigare tra le onde, a salpare i mari, a vivere avventure fantastiche e sorridere al rumore delle onde.
  
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